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Salute e Benessere

Lotta ai tumori: Laboratorio Valdes punta sulla prevenzione

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Lotta ai tumori: Laboratorio Valdes punta sulla prevenzione

in collaborazione con: Laboratorio Analisi Valdès

Laboratorio Valdès, laboratorio analisi cliniche di riferimento per la Città Metropolitana di Cagliari, ha deciso di lanciare una campagna di comunicazione per sottolineare l’importanza della prevenzione che comprende screening mirati alla lotta contro il cancro.

La prevenzione è l’arma più potente nella lotta contro i tumori ed una diagnosi precoce consente terapie meno aggressive e riduce notevolmente la mortalità.

Abbiamo intervistato Dott. Valdes responsabile della comunicazione del Laboratorio Valdès.

Dott. Valdes, cos’è un esame di screening?

Per test di screening si intende un esame condotto su una fascia selezionata della popolazione allo scopo di individuare una malattia prima che manifesti sintomi.

In particolare, gli screening oncologici servono a individuare precocemente i tumori quando non hanno ancora dato segno di sé. L’obiettivo è individuare la malattia quando è ancora localizzata e più facilmente curabile.

I test di screening devono soddisfare alcune caratteristiche:

  • Devono essere sicuri e accettabili: l’esame di screening deve avere basso rischio di effetti collaterali ed essere tollerabile per il paziente.
  • Devono essere affidabili e attendibili.
  • La diagnosi precoce deve poter cambiare il decorso della malattia.

Chi deve effettuare un test di screening?

Gli screening si rivolgono alla fascia di età della popolazione che può trarre i maggiori benefici dalla diagnosi precoce. Lo screening deve essere eseguito ad intervalli regolari.

L'obiettivo è eseguire i test a una cadenza tale da non consentire all'eventuale malattia di svilupparsi oltre una soglia che ne renderebbe difficile il trattamento.

Può parlarci dello screening per il tumore della mammella?

Il tumore della mammella è la neoplasia più frequente nelle donne.

Lo screening per la diagnosi precoce del tumore mammario si rivolge alle donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni e consiste in una mammografia ogni 2 anni.

La mammografia è un esame radiologico della mammella, che consente di identificare precocemente i tumori del seno, in quanto è in grado di individuare i noduli, anche di piccole dimensioni, non ancora percepibili al tatto.

Vi sono altri tipi di screening consigliati per le donne?

Sicuramente lo screening del tumore del collo dell’utero: il Pap-test e il test per Papilloma virus (HPV-DNA test).

Il test impiegato finora è il Pap-test, offerto ogni 3 anni alle donne di età compresa tra i 25 e i 64 anni.

Dai 25 a 30 anni l’esame di riferimento è il Pap test da eseguirsi ogni tre anni.

Sopra i 30 anni è più costo-efficace il test per il Papilloma virus (HPV-DNA test) effettuato ogni 5 anni.

Se il test HPV risulta positivo la donna dovrà sottoporsi a un Pap-test che seleziona le donne che hanno modificazioni cellulari e che devono fare la colposcopia. Se invece il Pap test non presenta alterazioni importanti la donna ripeterà il test HPV dopo un anno.

Nei casi in cui il PAP-test risultasse positivo, il protocollo dello screening per il cancro del collo dell’utero prevede l’esecuzione di esami di approfondimento come la colposcopia. Si tratta di un esame che, attraverso l’utilizzo di un apposito strumento (il colposcopio) permette la visione ingrandita della cervice uterina allo scopo di identificare la presenza di lesioni pre tumorali o tumorali.

Una delle neoplasie più diffuse è il cancro del colon-retto, vi sono degli screening dedicati?

Si tratta del test del sangue occulto nelle feci, eseguito ogni 2 anni nelle persone tra i 50 e i 69 anni.

Consiste nella raccolta (eseguita a casa) di un piccolo campione di feci che poi sarà analizzato per ricercare la presenza di tracce di sangue non visibili a occhio nudo.

Qualora l’esame evidenziasse la presenza di tracce di sangue è necessario sottoporsi all’esame di approfondimento, vale a dire la colonscopia. Questo perché la presenza di tracce di sangue potrebbe essere un indizio della presenza di forme tumorali oppure di polipi che potrebbero, in futuro, degenerare.

Ringraziamo il Dott. Valdès per l’intervista e rinnoviamo l’invito a pianificare con il proprio medico curante un programma di screening periodico per identificare precocemente eventuali patologie la cui diagnosi precoce rappresenta un importante vantaggio nella lotta ai tumori.

Per approfondire potete visitare le pagine social del laboratorio Valdès o il sito ufficiale www.laboratoriovaldes.it

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Salute e Benessere

Disturbi della memoria, scoperto come il cervello distingue...

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Lavoro del team di ricerca del dipartimento di Neuroscienze dell'Università di Torino

Cervello e ricordi (Foto )

Una ricerca condotta da un team di ricerca del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino potrebbe fornire informazioni utili per sviluppare nuove strategie terapeutiche per i disturbi della memoria. Formare ricordi di eventi simili costituisce una vera e propria sfida per il nostro cervello. "È essenziale che ogni evento venga memorizzato in maniera separata per preservarne la specificità. Tuttavia, è altrettanto importante riconoscere e ricordare gli aspetti comuni tra gli eventi. Se questo delicato processo viene compromesso, le persone rischiano di confondere un evento con un altro, perdendo così la chiarezza e la specificità dei propri ricordi". Lo ha rilevato un nuovo studio pubblicato su 'Cell Reports' che ha identificato un intricato processo cerebrale che consente di distinguere e memorizzare eventi simili in maniera separata, mantenendo al contempo le somiglianze tra di essi. La ricerca è stata condotta principalmente dalle ricercatrici Giulia Concina, Luisella Milano e Annamaria Renna coordinate dal professor Benedetto Sacchetti del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino.

I ricercatori hanno studiato l’attività cerebrale durante l'apprendimento di due eventi distinti ma con elementi in comune, scoprendo che nell'amigdala, una regione cerebrale chiave per la formazione dei ricordi, gruppi separati di neuroni si attivano per memorizzare separatamente eventi distinti. "Tuttavia, alcuni neuroni rispondono a entrambi gli eventi, aiutando a ricordarne le somiglianze. Il numero di questi neuroni comuni - sottolinea lo studio - è regolato da un particolare tipo di cellule chiamate neuroni inibitori. Bloccando queste cellule, i ricercatori hanno notato come il numero di neuroni comuni aumentasse notevolmente causando la confusione e sovrapposizione dei due eventi. Secondo i ricercatori, in conclusione, i neuroni inibitori contribuiscono quindi a mantenere distinti i ricordi di eventi simili".

La ricerca è stata condotta adottando un approccio multidisciplinare che ha integrato metodologie di analisi comportamentale, biologia molecolare, microscopia ad alta risoluzione e modulazione dell'attività cerebrale. In particolare, grazie all'utilizzo della tecnica innovativa della 'marcatura chemogenetica', i ricercatori hanno potuto visualizzare i neuroni coinvolti nella percezione sia degli aspetti distintivi di due eventi, sia delle loro caratteristiche comuni. Questa analisi ha permesso anche di individuare le cellule in grado di limitare il numero di neuroni condivisi, ovvero i neuroni inibitori. Infine, combinando le tecniche di marcatura chemogenetica e di inattivazione dell'attività neuronale, i ricercatori hanno selettivamente bloccato queste cellule, notando che ciò portava i soggetti a confondere gli eventi tra di loro.

"Questa ricerca - spiega Sacchetti - riveste un'importanza significativa poiché mette in luce l'esistenza di neuroni il cui ruolo è quello di mantenere separate le memorie di eventi distinti ma con aspetti in comune, consentendo così di conservare i ricordi di tali eventi in modo preciso e nitido. Considerando che una delle caratteristiche tipiche dei disturbi della memoria, come le demenze e il disturbo post-traumatico da stress, è la tendenza a confondere gli eventi passati, questa ricerca potrebbe fornire nuove informazioni utili per sviluppare nuove strategie terapeutiche".

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Salute e Benessere

Università, Gesualdo (Fism): “Nettamente contrari a...

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"D'accordo con Ordine medici e Anaao. Serve programmazione razionale, le Scuole di Medicina non possono accogliere 70mila iscritti per mancanza di spazi e risorse"

Loreto Gesualdo (Adnkronos)

"La decisione di eliminare il numero chiuso per l'iscrizione alla Facoltà di Medicina, Medicina veterinaria e Odontoiatria e protesi dentaria rappresenta una minaccia alla qualità della formazione medica e prelude un grave rischio di sovraffollamento del mercato del lavoro medico. Come l'Ordine dei medici e Anaao anche la Fism è nettamente contraria a stop al numero chiuso". Così all'Adnkronos Salute il presidente della Federazione italiana società medico-scientifiche (Fism) Loreto Gesualdo commenta l'adozione da parte della Commissione Istruzione del Senato del testo base che elimina il numero chiuso nelle Facoltà di Medicina.

La Fism "ribadisce l'importanza di una programmazione razionale e basata sui reali bisogni del Servizio sanitario nazionale - spiega Gesualdo sottolineando "la necessità di una selezione accurata dei futuri medici già durante il percorso scolastico, al fine di garantire una formazione di qualità e una corretta distribuzione sul territorio". Inoltre, "occorre estendere la programmazione non solo al numero dei medici, ma anche a tutte le altre professioni sanitarie, come infermieri, fisioterapisti, dietisti e altre figure professionali - evidenzia il numero uno di Fism - essenziali per supportare i percorsi di intelligenza artificiale e l'evoluzione tecnologica nel settore della salute".

Gesualdo suggerisce di "potenziare i licei con inclinazione biomedica" per preparare "adeguatamente gli studenti interessati a intraprendere percorsi universitari" nel campo della salute. "Tuttavia - avverte - è importante ricordare che attualmente le scuole di medicina non sono in grado di accogliere un numero così elevato di studenti, con circa 70.000 iscrizioni previste, a causa della mancanza di spazi e risorse necessarie".

La programmazione delle professioni sanitarie "deve essere inclusiva e mirata a garantire un equilibrio tra domanda e offerta di competenze specialistiche, al fine di garantire un corretto sviluppo del settore e una gestione ottimale delle risorse umane nel campo della salute". La Fism "si impegna a promuovere una visione olistica della programmazione delle professioni sanitarie, che tenga conto delle nuove sfide e opportunità offerte dalla digitalizzazione e dall'intelligenza artificiale nel campo della salute" conclude.

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Salute e Benessere

25 aprile, il pediatra: “Ecco come spiegarlo ai...

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"Per ogni età c'è il giusto modo di raccontarlo, a seconda della fase evolutiva"

Una mamma con bambini

25 aprile data importante per gli italiani. E, come tutti gli anni, al centro in questi giorni di dibattiti, ricordi, commemorazioni. Ma come spiegarlo ai bambini che ci chiedono chiarimenti? "Per ogni età c'è il giusto modo di raccontarlo, a seconda della fase evolutiva", spiega all'Adnkronos Salute Italo Farnetani, docente di Pediatria dell'Università Ludes-United Campus of Malta.

"Ai bambini di meno di 10 anni, per esempio - suggerisce il medico - direi semplicemente che in questo giorno è finita la guerra che veniva combattuta in Italia. Bisogna tener conto del fatto che in questa fascia di età i bambini ragionano per operazioni concrete, su ciò che vedono e che gli va spiegato nella sua concretezza. Possiamo raccontargli, quindi, che nel nostro Paese c'era una guerra come quelle che vedono in televisione e il 25 aprile se ne festeggia la fine". Dagli 11 anni in poi, soprattutto a chi frequenta le scuole superiori, prosegue Farnetani, "si può parlare con i ragazzi dei contenuti ideali, politici, legati alla Festa della liberazione". Mentre "dai 14 anni in su, cioè quando l'adolescente entra nella fase delle 'operazioni formali', il discorso può ampliarsi ai concetti di pace, guerra, libertà, dittatura, diritti umani, cioè fare un discorso formativo. In questa fase dell'adolescenza, in cui predominano i concetti di bene e male, giustizia e ingiustizia - sottolinea il pediatra - si fa strada una visione utopica della realtà. Gli adulti, considerando questa particolare fase dello sviluppo del ragionamento degli adolescenti, possono aiutare i ragazzi a fare un'analisi oggettiva di ciò che è avvenuto il 25 aprile perché possa partire da una valutazione storica, etica e politica dei fatti per farsi, autonomamente, un'idea precisa dell'origine e delle motivazioni del significato simbolico della data. Successivamente potrà esaminare i decenni successivi della storia della politica italiana".

Un'informazione che tenga conto delle fasi evolutive, conclude Farnetani, è una modalità utile a fornire "all'adolescente strumenti per capire le problematiche alla radice. In caso contrario, si rischia di proporre concetti preconfezionati o di parte che non aiutano lo sviluppo della persona".

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