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Salute e Benessere

Spadea (Asl Rm1): “2.500 fragili immunizzati contro l’herpes zoster dal 2014”

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“Dal 2014 al 30 giugno 2022 abbiamo vaccinato contro l’herpes zoster circa 2.500 soggetti fragili residenti nel territorio della Asl Rm1. Fino a dicembre 2021 avevamo a disposizione solo il vecchio vaccino a virus vivo attenuato (Zvl) anti-herpes zoster, che si somministra in singola dose ma è controindicato nei pazienti che sono immunocompromessi a causa di una malattia o di una terapia immuno-soppressiva. Dalla fine dello scorso anno, fortunatamente, abbiamo un’arma in più contro la malattia; il nuovo vaccino ricombinante, non contenente virus vivo, da somministrare per via intramuscolare a distanza di due mesi e raccomandato in tutte le categorie per le quali è indicata la vaccinazione anti herpes zoster nel Piano nazionale prevenzione vaccinale. Alla Asl Rm1 ne sono arrivate 2.168 dosi delle 20mila acquistate dalla Regione Lazio, pari a 10mila cicli”. Così Antonietta Spadea, direttore Uoc Vaccinazioni della Asl Rm1, nel suo intervento in occasione del webinar “Vaccinazioni in ospedale rivolte a specifici gruppi a rischio: focus sulla vaccinazione anti-herpes zoster in pazienti immunodepressi”, promosso e organizzato dalla Fondazione Policlinico Universitario Gemelli Irccs.  

“Il vecchio vaccino – rimarca Spadea – era poco maneggevole e i medici di medicina generale non facevano molto per ‘sponsorizzarlo’, inoltre era indicato per una platea ristretta, quindi anche gli specialisti non potevano consigliarlo. Difficile in questo modo raggiungere entro il 2020 almeno il 50% della popolazione target, come raccomandava il ministero della Salute. Un obiettivo ben lontano dalla realtà, non a caso lo stesso ministero l’8 marzo 2021 ha pubblicato una circolare con la quale annunciava che entro pochi mesi sarebbe stato disponibile il nuovo vaccino contro l’herpes zoster, gratuito anche per pazienti over18 con una immudepressione congenita o acquisita per la quale non c’è alternativa di cura. Tuttavia, anche il vecchio vaccino aveva dimostrato la sua efficacia, riducendo la nevralgia post erpetica del 65% e tutti i casi clinici di herpes zoster del 50%”.  

Poi Spadea si sofferma sull’importanza della vaccinazione contro l’herpes zoster anche, e soprattutto, dal punto di vista del risparmio per il Servizio sanitario nazionale. “Se nel 2016 avessimo vaccinato il 30% degli aventi diritto avremmo risparmiato 3.081.760 euro. Vaccinando un ulteriore 30% nel 2017, in aggiunta agli immunizzati contro l’herpes zoster dell’anno precedente, avremmo risparmiato 7.704.480 euro, fino ad arrivare a un risparmio di 13.868.063 nel 2018. Tale valore, secondo dati e studi a nostra disposizione, è destinato ad aumentare di anno in anno, in quanto i soggetti vaccinati restano immunizzati per un lungo periodo e a questi si aggiungono quelli vaccinati negli anni successivi”, conclude.  

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Salute e Benessere

Italiani bocciati in prevenzione, solo 19% mangia verdura e 49% non fa sport

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(Adnkronos) – Alimentazione, prevenzione, comportamenti virtuosi continuano a confermarsi come i principali fattori in grado di incidere sullo stato di salute e di benessere delle persone. Gli italiani ormai lo sanno, ma non sempre lo fanno. Solo il 19% consuma le 5 porzioni raccomandate di frutta e verdura al giorno, solo il 17% mangia i legumi e solo il 16% il pesce. Uno sparuto 11% limita l’uso di grassi animali. E ancora, appena il 51% ha praticato sport nell’ultimo mese. Tra le motivazioni che impediscono farlo, la più citata è la mancanza di tempo (49%).  

Questo il quadro che emerge dal report “Abitudini alimentari e stile di vita” realizzato da Fondo Asim – Fondo di assistenza sanitaria integrativa dedicato a lavoratrici e lavoratori delle imprese esercenti servizi di pulizia, servizi integrati/multiservizi – in collaborazione con la Fondazione Airc e presentato oggi nella sede del Fondo Asim a Roma. Sono 2.608 gli intervistati, il 73% donne.  

La maggioranza dei partecipanti (il 70%) è consapevole del fatto che mantenere uno stile di vita attento, attraverso una serie di comportamenti e atteggiamenti virtuosi, possa aiutare, ma pensa anche che non metta davvero al riparo da problemi e disturbi e, dunque, che nella quotidianità non sia poi così urgente adottare alcune accortezze. Dalle risposte emerge la fatica di cambiare abitudini nonostante la consapevolezza dell’importanza di doversi nutrire diversamente. “Sbaglio e infatti vorrei cambiare”, ma poi non ce la fanno.  

Se la maggioranza non segue stili di vita salutari, anche sul fronte della prevenzione non va meglio. Tra i programmi di screening che hanno coinvolto il maggior numero di persone ci sono quelli dedicati all’Hpv (73%); tumore della cervice uterina (57%); tumore al seno (51%). Tra le motivazioni più citate da chi ha ammesso di non aver eseguito questi controlli, c’è “perché nessuno mi ha mai raccomandato di farlo” e “perché non c’ho pensato”.  

“Di qui l’obiettivo di comprendere i comportamenti messi in atto rispetto a una selezione di tematiche – spiega Massimo Stronati, presidente del Fondo Asim – per individuare le cause di questo gap. Il 70% sostiene che mantenere uno stile di vita attento può aiutare, ma non evita i problemi di salute. E sulla base di questo nella quotidianità non presta attenzione a pratiche che invece potrebbero essere impattanti. Insomma, è evidente come la semplice informazione non si traduca necessariamente in un comportamento migliore, perché intervengono barriere pratiche e psicologiche che indeboliscono il legame tra i nostri valori, le nostre intenzioni e le nostre azioni. E’ necessario fare un ulteriore sforzo – sottolinea – nella direzione di un maggior coinvolgimento delle persone rispetto all’urgenza di adottare determinate pratiche nel quotidiano”. 

“Bisogna intervenire sulla cultura della prevenzione e veicolare l’importanza di compiere quotidianamente gesti concreti per la nostra salute – afferma Niccolò Contucci, Chief Fundraising Officer Fondazione Airc – Oggi sappiamo, grazie ai progressi della ricerca, che abitudini più salutari potrebbero evitare la comparsa di circa un tumore su tre. La prevenzione è fondamentale – rimarca – per ridurre la probabilità di sviluppare un cancro ed è alla nostra portata ogni giorno attraverso l’adozione di buone pratiche come: l’adesione agli screening raccomandati, un’alimentazione equilibrata, un’attività fisica regolare, e soprattutto la rinuncia al fumo, il maggiore fattore di rischio per i tumori polmonari e per altre innumerevoli altre malattie”. 

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Schillaci: ‘Lavorare insieme per far tornare Ssn punto di riferimento’

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(Adnkronos) – “Dobbiamo lavorare tutti insieme per far sì che il nostro sistema sanitario nazionale torni ad essere un punto di riferimento per tutti i cittadini e possa riuscire a rispondere nel miglior modo possibile alle richieste di sanità”. Lo ha dichiarato il ministro della Salute Orazio Schillaci, che ieri sera ha ricevuto uno dei premi speciali dei Life Science Excellence Awards 2022, promossi da Sics – Società italiana di comunicazione scientifica e sanitaria (Consulcesi Group) per riconoscere, e far conoscere, i migliori progetti che hanno contribuito all’eccellenza e alla trasformazione del settore della salute.  

“Il nostro Servizio sanitario nazionale vanta professionisti di altissimo livello – ha sottolineato il ministro – che hanno dimostrato tutto il loro valore durante i tre anni di pandemia. E’ giunto ora il momento di riformare il sistema sanitario nell’interesse di tutti i cittadini, affinché possa mantenere il suo carattere universalistico e per continuare a garantire le migliori cure a tutti i pazienti”. 

Oltre al riconoscimento al ministro Schillaci, sono stati assegnati altri due premi speciali. Sul palco Marco Cavaleri, responsabile Vaccini e prodotti terapeutici contro il Covid dell’Agenzia europea del farmaco Ema, per aver contribuito a mantenere rigore scientifico e serietà comunicativa circa il ruolo fondamentale che i vaccini hanno avuto nel mitigare le conseguenze della pandemia, e Monica Spada, Head of Research & Technological Innovation di Eni, che ha ritirato il premio conferito all’impegno dell’azienda anche in ottica One Health con il supercomputer HPC5, il supercalcolo al servizio dell’energia, dell’ambiente e della salute. 

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Docente diritto alimentare: “Da Governo intervento corretto su farine d’insetti”

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(Adnkronos) – “Il 90% delle proposte presentate dai ministri Schillaci, Lollobrigida e D’Urso, con i decreti in materia di farine d’insetto, è compatibile con il diritto europeo. La mia opinione da tecnico è che il Governo è intervenuto sul tema in maniera corretta”. Lo afferma all’Adnkronos Salute Francesco Bruno, professore ordinario in diritto ambientale e alimentare all’Università Campus Bio-Medico di Roma. “Quando le farine di insetti per uso alimentare si sono affacciate sul mercato, l’Unione europea ha deciso di normare il settore perché già si usavano, ad esempio, per gli animali o per scopi ludici come la pesca, ma il diritto europeo richiede delle procedure precise affinché possano essere immesse in commercio per essere mangiate – avverte – Parliamo di ‘novel food’ (farina di grillo, della locusta migratoria, del verme della farina e della larva gialla) che per l’Italia sono, appunto, abbastanza nuovi, ma lo sono meno in molti Paesi Ue che hanno una fetta di popolazione immigrata o, ad esempio, in Asia dove sono mangiati da sempre”.  

L’avvocato Bruno analizza i punti principali dell’intervento del Governo sulle farine d’insetto che diventeranno 4 decreti. “Sono tre i punti su cui, da quello che ho letto sulla stampa, si focalizzeranno i decreti: obbligo di una etichetta chiara con la provenienza del prodotto e i rischi connessi al consumo, lo stop all’utilizzo di questi insetti per alcuni prodotti tradizionali e nella grande distribuzione la separazione in scaffali ‘ad hoc’. Ebbene – evidenzia – sul primo punto il Governo fa un discorso giusto: le etichette devono essere trasparenti e corrette e le informazioni devono essere messe in evidenza e non nascoste. Si interviene nel diritto europeo per ribadire che il consumatore – osserva Bruno – deve avere tutte le informazioni necessarie per una scelta consapevole quando acquista il prodotto”.  

“Nel secondo punto, oggi c’è una normativa europea che prevede un nome legale per ogni alimento, ad esempio il latte deve essere fatto con il latte altrimenti devi scrivere latte di soia e così vale per la pasta: se viene fatta con la farina di insetti, non puoi scrivere solo pasta. Non è possibile vendere pasta con farina di insetto – spiega il giurista – Qui il Governo sottolinea la peculiarità dei prodotti italiani, ad esempio Dop o Igp che però già oggi non prevedono nei disciplinari le farine di insetto. La terza indicazione è più problematica perché la normativa europea non prevede scaffali separati nella grande distribuzione, esclusi i prodotti senza glutine. Quindi – avverte – il profilo della destinazione separata che vuole dare il Governo potrebbe suscitare qualche perplessità in Europa”.  

C’è anche un altro fronte che è stato più volte attenzionato dal ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, quello della carne sintetica. C’è necessità di un intervento normativo da parte dell’Italia? “Siamo ancora in alto mare e mi pare che la bolla scoppiata con il Covid e le tante start-up nate per sviluppare la carne sintetica si sia un po’ sgonfiata – risponde Bruno – E poi non è un ‘novel food’, siamo lontani rispetto al momento che l’Europa li normi”.  

Mentre “c’è una zona grigia a livello di regolamenti europei sui probiotici e prodotti funzionali – precisa Bruno – Ci sono caratteristiche dell’alimento che vanno verificate, non si possono scrivere indicazioni salutistiche in libertà, ma va chiesta autorizzazione all”Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa). In ogni caso le indicazioni sono solo nutrizionali, ovvero se ci sono meno grassi. E’ una zona grigia – conclude – su cui, forse, servirebbe un maggior intervento normativo”. 

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Salute e Benessere

Dietologo Mocini: “No pregiudizi su farine insetti, mixare tradizione e innovazioni”

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(Adnkronos) – “Per quanto possano sembrare disturbanti o poco familiari con la nostra cultura, le farine di insetti e in generale i prodotti da loro derivati rappresentano una fonte proteica potenzialmente benefica e con un bassissimo impatto ambientale”. Il loro arrivo nei supermercati e nel piatto “non significa cancellare le nostre tradizioni dall’oggi al domani o stravolgere le tavole degli italiani in maniera forzata o impositiva, ma vivere i cambiamenti da protagonisti del settore, governando le evoluzioni per non rischiare di doverne subire, in ritardo, le conseguenze. La cucina italica è da sempre in grado di integrare tradizione e innovazioni”. Così Edoardo Mocini, medico specialista in Scienza dell’alimentazione e ricercatore dell’università Sapienza Policlinico Umberto I di Roma, commentando all’Adnkronos Salute le regole per la vendita delle farine derivati da insetti, con scaffali separati ed etichette a caratteri cubitali.  

L’esperto invita a tenere i pregiudizi fuori dal piatto. “Ricette che percepiamo come eternamente appartenenti alla tradizione, come la pasta alla carbonara, sono relativamente recenti – ricorda Mocini – Tradizione vuole si tratti di una ricetta nata nel primo dopo-guerra, in un momento di grande penuria di materie prime, in cui per la prima volta, con il bacon, si combina questo piatto proprio applicando l’ingegno, e coniugando tradizione e novità nell’uso delle materie prime. Pur comprendendo che la farina di grillo non abbia lo stesso effetto su di noi che può avere il bacon, l’importante è non ragionare solamente di ‘pancia’, ma governare i fenomeni – sottolinea – con un atteggiamento aperto e soprattutto scientifico”.  

“Il tema dei cambiamenti nella produzione del settore agro-alimentare è un tema complesso che non va banalizzato o affrontato in maniera ideologica, ma scientifica”, prosegue il dietologo, autore del libro ‘Fatti i piatti tuoi’ (Rizzoli).  

“Negli ultimi 20 anni la popolazione mondiale è aumentata di 2 miliardi. Crescerà quasi altrettanto nei prossimi 20 arrivando ai 10 miliardi nel 2050. Esiste un tema legato alla sostenibilità della produzione di fonti proteiche – rimarca Mocini – L’idea che si possa continuare a produrre e consumare il cibo come abbiamo fatto fino un secolo fa è ridicola. E infatti questo già non accade, la tecnologia ha stravolto le modalità di produzione, trasformazione, trasporto, conservazione”. Il punto, dunque, “non è cambiare o non cambiare, ma affrontare il tema in maniera scientifica, che non significa indifferente rispetto alle necessità dei produttori o al valore culturale delle nostre tradizioni, ma nemmeno completamente permeabile agli interessi lobbistici. Non va tenuto come unico punto di riferimento un nostalgico e pregiudiziale atteggiamento di conservatorismo tout court. Bisogna piuttosto cercare di capire cosa si può integrare e soprattutto intercettare i settori strategici su cui l’Italia potrebbe mantenere la sua posizione di leader – chiosa l’esperto – nel settore della produzione alimentare”. 

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Geriatra: “Cucina italiana ha ricchezza e varietà uniche, elisir longevità”

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(Adnkronos) – “Dopo la dieta Mediterranea, già patrimonio dell’umanità, l’allargamento di questo riconoscimento a tutta la cucina italiana credo che sia una iniziativa giusta. La nostra dieta ha nel suo cuore i capisaldi della dieta Mediterranea, l’uso di elementi molto vari che vanno dalle proteine animali a quelle vegetali, dal pesce alla frutta e la verdura, e poi l’olio Evo. Elementi che vengono interpretati nelle tante ricette regionali che sono una unicità e varietà a livello mondiale. E che hanno contribuito a fare dell’Italia uno dei Paesi con l’aspettativa di vita più alta, mangiare sano e in modo equilibrato è una spinta alla longevità”. Così all’Adnkronos Salute il geriatra Nicola Ferrara, docente di Medicina interna dell’Università Federico II di Napoli ed ex presidente della Società italiana di geriatria e gerontologia, interviene sulla candidatura ufficiale del Governo italiano della cucina italiana a patrimonio dell’umanità Unesco.  

“Nel nostro Paese c’è una cultura della qualità del cibo, del lavoro sulla filiera, ad esempio il ‘km 0’, dell’apprezzamento per il gusto e la socialità legati a cibo. Quindi è giusto difendere la cucina italiana – continua il geriatra – perché aiutiamo anche un lavoro sulla prevenzione, sappiamo che l’Italia vive una epidemia di obesità infantile che nasce, in parte, dall’avere aperto ad alimenti che non appartengono alla nostra storia e cultura alimentare”.  

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Farine d’insetti, dietologo Mocini: “No a pregiudizi, cucina italica integra da sempre tradizione e innovazioni”

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(Adnkronos) – “Per quanto possano sembrare disturbanti o poco familiari con la nostra cultura, le farine di insetti e in generale i prodotti da loro derivati rappresentano una fonte proteica potenzialmente benefica e con un bassissimo impatto ambientale”. Il loro arrivo nei supermercati e nel piatto “non significa cancellare le nostre tradizioni dall’oggi al domani o stravolgere le tavole degli italiani in maniera forzata o impositiva, ma vivere i cambiamenti da protagonisti del settore, governando le evoluzioni per non rischiare di doverne subire, in ritardo, le conseguenze. La cucina italica è da sempre in grado di integrare tradizione e innovazioni”. Così Edoardo Mocini, medico specialista in Scienza dell’alimentazione e ricercatore dell’università Sapienza Policlinico Umberto I di Roma, commentando all’Adnkronos Salute le regole per la vendita delle farine derivati da insetti, con scaffali separati ed etichette a caratteri cubitali.  

L’esperto invita a tenere i pregiudizi fuori dal piatto. “Ricette che percepiamo come eternamente appartenenti alla tradizione, come la pasta alla carbonara, sono relativamente recenti – ricorda Mocini – Tradizione vuole si tratti di una ricetta nata nel primo dopo-guerra, in un momento di grande penuria di materie prime, in cui per la prima volta, con il bacon, si combina questo piatto proprio applicando l’ingegno, e coniugando tradizione e novità nell’uso delle materie prime. Pur comprendendo che la farina di grillo non abbia lo stesso effetto su di noi che può avere il bacon, l’importante è non ragionare solamente di ‘pancia’, ma governare i fenomeni – sottolinea – con un atteggiamento aperto e soprattutto scientifico”.  

“Il tema dei cambiamenti nella produzione del settore agro-alimentare è un tema complesso che non va banalizzato o affrontato in maniera ideologica, ma scientifica”, prosegue il dietologo, autore del libro ‘Fatti i piatti tuoi’ (Rizzoli).  

“Negli ultimi 20 anni la popolazione mondiale è aumentata di 2 miliardi. Crescerà quasi altrettanto nei prossimi 20 arrivando ai 10 miliardi nel 2050. Esiste un tema legato alla sostenibilità della produzione di fonti proteiche – rimarca Mocini – L’idea che si possa continuare a produrre e consumare il cibo come abbiamo fatto fino un secolo fa è ridicola. E infatti questo già non accade, la tecnologia ha stravolto le modalità di produzione, trasformazione, trasporto, conservazione”.  

Il punto, dunque, “non è cambiare o non cambiare, ma affrontare il tema in maniera scientifica, che non significa indifferente rispetto alle necessità dei produttori o al valore culturale delle nostre tradizioni, ma nemmeno completamente permeabile agli interessi lobbistici. Non va tenuto come unico punto di riferimento un nostalgico e pregiudiziale atteggiamento di conservatorismo tout court. Bisogna piuttosto cercare di capire cosa si può integrare e soprattutto intercettare i settori strategici su cui l’Italia potrebbe mantenere la sua posizione di leader – chiosa l’esperto – nel settore della produzione alimentare”.  

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“In Italia 1 bambino ogni 10 giorni muore per soffocamento”

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(Adnkronos) – “Ogni anno in Italia circa 65mila persone muoiono per mancanza o ritardi nel primo intervento. Solo per soffocamento, in Europa perdono la vita 500 bambini all’anno, in Italia uno ogni 10 giorni, con 1.000 ospedalizzazioni annuali legate a questi incidenti”. Così Marco Squicciarini, docente di Consulcesi e medico coordinatore dell’attività di formazione Blsd del ministero della Salute, che aggiunge: “In oltre la metà dei casi è presente un adulto non preparato ad intervenire con manovre di disostruzione”.  

“Ai giovani medici neo-laureati che cercano di inserirsi nel settore lavorativo – afferma l’esperto e formatore in rianimazione cardiopolmonare – viene fin da subito richiesto il certificato Blsd come primo documento per iniziare a lavorare. Eppure, sono gli stessi che escono da un sistema che al momento non prevede questi corsi di formazione neanche nella maggior parte dei casi nei piani extracurriculari e spesso non riconosce i crediti esterni di chi ha conseguito la certificazione attraverso il 118 nazionale”. Da qui, secondo l’esperto, la necessità di colmare questo gap anche con corsi Ecm come quello da poco lanciato con Consulcesi dal titolo ‘Blsd e disostruzione: prevenzione e primo soccorso dal neonato all’anziano fragile’, corso strutturato in 34 ore che offre 5 crediti – riporta una nota – utili per mettersi in regola con l’eventuale debito formativo.  

“Dai caregiver degli anziani ai genitori fino al professionista della salute – evidenzia Squicciarini – si sta diffondendo sempre di più la consapevolezza di dover saper agire prontamente in situazioni emergenziali come l’arresto cardiaco o eventi di soffocamento”. Guardando in particolar modo all’anziano e al bambino, l’esperto ribadisce “l’importanza della buona conoscenza del Blsd per ogni tipo di assistenza attraverso il personale deputato all’alimentazione, che si trova ogni giorno di fronte a patologie neurologiche, alla gestione ed al trattamento di disturbi della deglutizione come la disfagia, che di certo sono soggetti più esposti ad episodi di ostruzione delle vie aeree”. 

Un importante passo avanti in Italia in materia di pronto intervento in caso di arresto cardiaco improvviso – prosegue la nota – è rappresentato dalla legge 116 del 2021. “Il Governo – conclude l’esperto – ha iniziato una importante distribuzione di defibrillatori ed entro il 2025 tutto il comparto pubblico dovrebbe essere dotato di questi e di personale formato, mentre dal 2025 l’obbligo sarà esteso anche ai privati, come avviene in molti paesi in Europa. Ma è fondamentale lavorare per colmare la mancanza di queste conoscenze partendo in primis da medici e operatori sanitari, che a loro volta possono contribuire a preparare genitori e caregiver alla gestione dell’emergenza”.  

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Chirurgia, Matilde (1 anno) salvata da intervento record al cuore a Milano

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(Adnkronos) – Il primo intervento Matilde lo aveva subìto già a 20 giorni di vita. Nata con il cuore segnato da una complessa cardiopatia congenita, già da neonata i medici avevano dovuto praticarle un bendaggio dell’arteria polmonare, per proteggere i suoi piccoli polmoni (con riduzione ulteriore dopo due mesi). Il tutto per prepararla all’operazione record subita a febbraio all’Irccs Policlinico San Donato, alle porte di Milano. Oggi Matilde ha poco più di un anno e per lei i chirurghi dell’ospedale hanno scelto insieme ai genitori la via più difficile, ma risolutiva. E la bimba ha potuto far rientro a casa. A raccontare i dettagli dell’intervento i camici bianchi della struttura.  

Che il cuore di Matilde fosse complicato come un rebus era chiaro già dal pancione. La piccola aveva una diagnosi prenatale di trasposizione congenitamente corretta delle grandi arterie (Cctga), difetto del setto interventricolare (Div) e anomalia di Ebstein a carico della valvola tricuspide. In utero era stata seguita all’ospedale Vittore Buzzi, con cui il San Donato ha una convenzione di collaborazione da anni. Una volta raggiunto, a 15 mesi di vita, un peso idoneo a sopportare l’operazione (tra gli 8 e i 10 kg), la bambina, ormai lattante, è stata ricoverata nell’Irccs per subire l’intervento di “doppio switch modificato, uno dei pochi mai effettuati al mondo”, spiegano dalla struttura. In gergo tecnico, sono stati eseguiti “uno switch atriale e arterioso e, contemporaneamente, un Hemi-Mustard e Glenn (Bdg) con chiusura del difetto interventricolare (Div)”. In questo modo, oltre a riportare l’arteria polmonare in connessione con il ventricolo destro e l’aorta in connessione con il ventricolo sinistro e a ripristinare la connessione tra circolazione sistemica e polmonare, si è provveduto a chiudere il buco nella parete che separa le due camere inferiori del cuore.  

L’intervento chirurgico è stato eseguito “con successo”, evidenziano i medici, tanto che la bambina è rimasta ricoverata, dopo l’operazione, solo 15 giorni, di cui 5 in terapia intensiva e 10 in reparto. “Ora possiamo guardare al futuro della nostra famiglia con grande serenità”, hanno dichiarato, commossi, i genitori di Matilde. 

“In questo viaggio in cui abbiamo accompagnato nostra figlia, la forza più grande, che ci ha permesso di affrontarne ogni fase con coraggio, ci è stata data soprattutto dalla grande professionalità e dal sostegno affettivo che abbiamo ricevuto dai medici”, hanno raccontato mamma e papà, ricordando anche “l’empatia che abbiamo avvertito in ogni momento del nostro doloroso percorso con Matilde”. In tutto il percorso la piccola è stata seguita da Antonio Saracino, responsabile dell’Unità operativa di Cardiologia pediatrica clinica del Policlinico San Donato. 

L’Area Chirurgica cuore-bambino dell’Irccs è il primo centro in Italia e uno dei più attivi in Europa nella diagnosi e nel trattamento delle cardiopatie congenite. Ogni anno vengono realizzati circa 500 interventi cardiochirurgici per il trattamento delle cardiopatie congenite, a cui si aggiungono gli oltre 600 pazienti trattati con procedure di cardiologia interventistica. “Avevamo due opzioni – racconta oggi Alessandro Varrica, chirurgo della Cardiochirurgia pediatrica e dei congeniti adulti, diretta da Alessandro Giamberti – o la correzione anatomica, ad altissima complessità, completamente risolutiva del quadro patologico della bimba, oppure un intervento meno rischioso, la correzione fisiologica, che non avrebbe risolto completamente il problema anatomico, e quindi con la prospettiva, per la bimba, di dover subire, dopo qualche anno, altri interventi chirurgici mai definitivi”.  

“Abbiamo scelto coraggiosamente la prima strada, forti della competenza per interventi ad elevata complessità della Cardiochirurgia pediatrica del San Donato e forti della fiducia dei genitori della bambina che si sono affidati completamente a noi”, ha detto Varrica. L’intervento, inoltre, informa Mauro Cotza, responsabile del Servizio di perfusione e dell’Unità Ecmo del San Donato, “è stato il primo al mondo, di così alta complessità, ad essere eseguito con un nuovo sistema di perfusione avanzata di ultimissima generazione che l’Irccs aveva da poco testato per primo in ambito pediatrico, particolarmente indicato nel contenere il rischio di esposizione a lunghi tempi di circolazione extracorporea”. 

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Geriatra: ‘Sì a cucina italiana patrimonio Unesco, ha qualità per aiutare longevità’

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(Adnkronos) – “Dopo la dieta Mediterranea, già patrimonio dell’umanità, l’allargamento di questo riconoscimento a tutta la cucina italiana credo che sia una iniziativa giusta. La nostra dieta ha nel suo cuore i capisaldi della dieta Mediterranea, l’uso di elementi molto vari che vanno dalle proteine animali a quelle vegetali, dal pesce alla frutta e la verdura, e poi l’olio Evo. Elementi che vengono interpretati nelle tante ricette regionali che sono una unicità e varietà a livello mondiale. E che hanno contribuito a fare dell’Italia uno dei Paesi con l’aspettativa di vita più alta, mangiare sano e in modo equilibrato è una spinta alla longevità”. Così all’Adnkronos Salute il geriatra Nicola Ferrara, docente di Medicina interna dell’Università Federico II di Napoli ed ex presidente della Società italiana di geriatria e gerontologia, interviene sulla candidatura ufficiale del Governo italiano della cucina italiana a patrimonio dell’umanità Unesco.  

“Nel nostro Paese c’è una cultura della qualità del cibo, del lavoro sulla filiera, ad esempio il ‘km 0’, dell’apprezzamento per il gusto e la socialità legati a cibo. Quindi è giusto difendere la cucina italiana – continua il geriatra – perché aiutiamo anche un lavoro sulla prevenzione, sappiamo che l’Italia vive una epidemia di obesità infantile che nasce, in parte, dall’avere aperto ad alimenti che non appartengono alla nostra storia e cultura alimentare”.  

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Salutequità, nel 2022 quasi 9 mln visite in meno rispetto a pre-Covid

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(Adnkronos) – L’effetto Covid sta progressivamente rallentando e il Ssn nel 2022 ha recuperato i livelli di prestazioni erogate del 2019, ma restano sempre più indietro le persone che hanno bisogno di visite per giungere a una diagnosi o per controllare patologie o condizioni pregresse. E l’Istat certifica che si ricorre sempre di più al portafoglio per superare le liste d’attesa: aumenta chi ha pagato interamente a proprie spese sia visite specialistiche (dal 37% del 2019 al 41,8% nel 2022) sia accertamenti diagnostici (dal 23% al 27,6% nel 2022). 

Rispetto all’anno pre-Covid mancano all’appello ancora quasi 3,4 milioni di prime visite (-15,5%) per raggiungere i circa 22 milioni del 2019 e oltre 5,5 milioni di visite di controllo (-17%) per eguagliare gli oltre 32,5 milioni sempre del 2019. A mostrarlo sono i dati pubblicati da Agenas, elaborati dall’Osservatorio di Salutequità, che evidenzia dunque come manchino ancora all’appello nel 2022 rispetto al 2019 circa una prestazione di specialistica ambulatoriale su 10, escludendo gli esami di laboratorio, a livello nazionale.  

“E’ grave e preoccupante che nel 2022 la capacità di presa in carico del Ssn dei bisogni di salute dei cittadini sia ancora inferiore a quella pre-pandemia – commenta Tonino Aceti, presidente di Salutequità – Infatti, tutto questo accade a fronte di circa 1 miliardo stanziato tra il 2020 e il 2022 dallo Stato proprio per il recupero delle liste di attesa, ma per una buona parte ancora non speso dalle Regioni, mentre i cittadini sono costretti a mettere mano sempre più al portafoglio per curarsi. Il recupero delle liste di attesa attraverso l’utilizzo delle risorse pubbliche stanziate, anche con l’ultima Legge di bilancio, deve diventare elemento centrale di misurazione e valutazione ai fini Lea dell’operato delle Regioni – sottolinea – Ad oggi però questo praticamente ancora non accade”. (segue) 

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