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Dall’Iraq alla Siria, ecco dove si rischia lo scontro...

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Dall’Iraq alla Siria, ecco dove si rischia lo scontro diretto tra Usa e Iran: gli scenari e i timori

Dagli Hezbollah agli Houthi fino ai Pasdaran, la Repubblica Islamica, che da tempo si oppone alla presenza delle forze Usa, ha costruito, addestrato, finanziato e armato negli anni una rete di milizie sciite antioccidentali e anti-israeliane

Pasdaran  - Afp

L'allargamento regionale della guerra tra Israele e Hamas aumenta sempre più il rischio di uno scontro diretto tra potenze, in particolare tra Stati Uniti e Iran. Fazioni legate alla Repubblica islamica hanno di recente preso di mira i militari americani di base in Iraq e Siria, che hanno risposto al fuoco. La tensione è salita alle stelle anche in Pakistan e Yemen, accrescendo i timori che il conflitto per procura tra i due Paesi possa trasformarsi in guerra aperta.

La Repubblica Islamica, che da tempo si oppone alla presenza delle forze statunitensi in quello che considera il suo 'cortile', ha costruito, addestrato, finanziato e armato negli ultimi anni una rete di milizie sciite antioccidentali e anti-israeliane. Alcuni di questi gruppi, fa notare la Cnn, hanno fatto un salto di qualità negli ultimi tempi, in particolare i ribelli Houthi dello Yemen, che con i loro attacchi nel Mar Rosso hanno causato danni enormi alla navigazione e spinto Usa e Gran Bretagna ad intervenire. Gli Stati Uniti, che da anni valutano un'uscita di scena dal Medio Oriente, si trovano ancora bloccati nella regione, dove già prima della guerra potevano contare su oltre 30mila soldati. Questo contingente, sostiene la Cnn, è aumentato dopo lo scoppio del conflitto tra Israele e Hamas, con Washington che ha fatto confluire altre migliaia di militari.

Hezbollah, il 'proxy' più forte della Repubblica Islamica

In alcuni Paesi, tra cui Iraq e Siria, la presenza militare statunitense si sovrappone a quella dell'Iran e dei suoi alleati, ma è in Libano che la Repubblica islamica può contare sul suo 'proxy' più forte: Hezbollah, ritenuto la forza paramilitare più potente del Medio Oriente. Il gruppo, che è vicino a Hamas, ha la sua base principale al confine tra Israele e Libano ed è protagonista di continui scontri a fuoco con lo Stato ebraico fin dall'inizio della guerra di Gaza. Sebbene non si conosca l'esatta dimensione dell'arsenale del gruppo sciita, gli esperti stimano che possa contare tra i 150mila e i 200mila missili, razzi e mortai in gran parte forniti dall'Iran. Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, sostiene che il gruppo conti 100mila combattenti.

In Iraq Teheran esercita un'influenza significativa su diverse milizie sciite strettamente legate ai Guardiani della Rivoluzione come Kataib Hezbollah, Harakat al-Nujaba e Kataib Sayyid al-Shuhada. Secondo gli esperti, alcuni di questi gruppi, come Kataib Hezbollah, rispondono più alle autorità iraniane che al governo di Baghdad. Queste fazioni hanno effettuato decine di attacchi contro le forze statunitensi dall'inizio della guerra di Gaza, a cui gli Usa - che oggi dispongono di circa 2.500 forze nel Paese - hanno risposto con raid aerei. Nei giorni scorsi, personale americano è rimasto ferito in un attacco con missili balistici contro la base aerea di al-Asad. Temendo che il suo Paese diventi un teatro di guerra, il primo ministro iracheno, Mohammed al-Sudani, ha chiesto il ritiro della coalizione guidata dagli Stati Uniti.

La Sira e l'elite dei Pasdaran

Scenario simile a quello iracheno si registra in Siria, dove l'Iran ha una presenza diretta. Qui la sua Forza Quds, l'unità di elite dei Pasdaran che gestisce le operazioni all'estero, è schierata a sostegno del regime di Bashar al-Assad dalla rivolta del 2011. I suoi uomini hanno ricoperto il ruolo di consiglieri militari e combattuto in prima linea. La Siria ospita anche le Brigate Zainabiyoun e Fatemiyoun, milizie sciite legate ai Guardiani della Rivoluzione che si ritiene reclutino combattenti afghani e pakistani. Gli Stati Uniti hanno 800 militari in Siria nell'ambito della missione per sconfiggere il sedicente Stato islamico. La maggior parte è di stanza nella Siria orientale, dove sostengono le forze filo-curde Fds, ma c'è anche un contingente nel sud-est. Nelle ultime settimane sono aumentati gli attacchi dei gruppi sostenuti dall'Iran contro le truppe statunitensi in Siria e anche in questo caso gli Usa hanno risposto con raid.

Gli Houthi al centro del conflitto per procura

Ma oggi al centro del conflitto per procura tra Iran e Stati Uniti ci sono i ribelli Houthi dello Yemen, che hanno intensificato i loro lanci missilistici contro le navi nel Mar Rosso, affermando di voler penalizzare Israele. Il gruppo ha attualmente il controllo dello Yemen settentrionale e per quasi otto anni ha tenuto testo a una coalizione sostenuta dagli Stati Uniti e guidata dall'Arabia Saudita con cui lo scorso ha raggiunto un accordo per un cessate il fuoco. Le armi a disposizione degli Houthi, sostiene la Cnn, prima erano in gran parte assemblate con componenti iraniani introdotti clandestinamente nello Yemen, ma i ribelli oggi hanno fatto grandi progressi dal punto di vista della produzione bellica. Nell'ambito della missione 'Prosperity Guardian' per salvaguardare i traffici marittimi, l'esercito americano ha dispiegato navi da guerra nel Mar Rosso che, insieme alle forze britanniche, in più occasioni hanno colpito obiettivi Houthi.

Hamas, un ruolo a parte

A differenza di tutti gli altri alleati di Teheran nella regione, Hamas - che prima della guerra con Israele contava su circa 30mila miliziani - è un'organizzazione musulmana sunnita e non sciita e non subirebbe la stessa influenza degli altri 'proxy' iraniani in Medio Oriente. Non ci sono prove che Teheran fosse a conoscenza in anticipo degli attacchi del 7 ottobre, ma gli Stati Uniti ritengono che la Repubblica islamica abbia fornito fino a 100 milioni di dollari all'anno ai gruppi militanti palestinesi come Hamas e la Jihad islamica.

I timori degli Stati arabi del Golfo, alleati Usa

Sebbene la guerra tra Israele e Hamas non si sia ancora estesa agli Stati arabi del Golfo, alcune delle monarchie si sentono a rischio poiché sono state già prese di mira da gruppi legati all'Iran. E' il caso dell'Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti, che sono stati attaccati dagli Houthi. Gli Stati del Golfo, alleati degli Stati Uniti, ospitano anche alcuni dei maggiori dispiegamenti di truppe statunitensi nel mondo.

Se ne contano 13.500 in Kuwait, la più grande presenza militare americana nella regione, e circa 10mila nella base aerea di al-Udeid in Qatar, la più grande base militare americana in Medio Oriente dove ha sede anche il quartier generale avanzato del Comando centrale degli Stati Uniti. Più di 2.700 forze statunitensi sono di stanza presso la base aerea Prince Sultan in Arabia Saudita, mentre gli Emirati Arabi Uniti ospitano 3.500 militari statunitensi presso la base aerea di al-Dhafra, che ospita il Gulf Air Warfare Center. Altri hub militari statunitensi sono il Bahrein, che ospita la Quinta Flotta della Marina, la Giordania con circa 3.000 soldati statunitensi, e la Turchia, dove si trovano 1.465 militari nella base aerea di Incirlik.

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Nuove minacce dell’Iran a Israele – Ascolta

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(Ipa/Fotogramma)

Nuova minaccia contro Israele da parte del presidente iraniano, Ebrahim Raisi, lanciata durante un intervento all'università di Lahore in Pakistan dove si trova per una visita ufficiale di tre giorni. Le sue parole: "L'Iran ha punito il regime sionista per il crimine commesso, ovvero l'attacco al consolato della Repubblica islamica a Damasco. Se il regime sionista commettesse l'errore di invadere la Terra Santa dell'Iran, la situazione cambierà ed è improbabile che rimarrà qualcosa di questo regime".

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Iran minaccia Israele: “Se ci attacca non ne rimarrà...

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Il nuovo monito lanciato dal presidente iraniano, Ebrahim Raisi

Il presidente iraniano, Ebrahim Raisi - (Afp)

Se Israele attaccasse l'Iran, è "improbabile" che rimarrà "qualcosa" dello Stato ebraico. E' il nuovo monito lanciato dal presidente iraniano, Ebrahim Raisi, durante un intervento all'università di Lahore. Raisi, citato dall'agenzia di stampa Tasnim, si trova da ieri in Pakistan per una visita ufficiale di tre giorni.

Sottolineando che l'Iran "ha punito il regime sionista per il crimine commesso", ovvero l'attacco al consolato della Repubblica islamica a Damasco, Raisi ha affermato che "se il regime sionista commettesse l'errore di invadere la Terra Santa dell'Iran, la situazione cambierà ed è improbabile che rimarrà qualcosa di questo regime".

Ministro Esteri Iran: sanzioni Ue 'deplorevoli'

Da parte sua il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian, ha bollato le sanzioni varate dall'Unione Europea a seguito dell'attacco iraniano contro Israele come "deplorevoli". "È deplorevole vedere l'Ue decidere rapidamente di applicare ulteriori restrizioni illegali contro l'Iran solo perché l'Iran ha esercitato il proprio diritto all'autodifesa di fronte alla sconsiderata aggressione di Israele", scrive in un commento postato su X. "L'Ue non dovrebbe seguire il consiglio di Washington" di rispondere alle richieste del "criminale regime israeliano".

"È anche deplorevole", prosegue, "che, mentre il regime israeliano continua il suo genocidio contro i palestinesi attraverso diversi crimini di guerra, attacchi missilistici e carestia, la reazione dell'Ue a tali crimini non sia quasi nulla più che parole vuote. L’Ue deve agire in modo responsabile e sanzionare il regime israeliano", conclude.

L'esperto: da tensione Israele-Iran per ora nessun impatto duraturo su economia globale

"Per quanto riguarda l’acuirsi del conflitto in Medio Oriente, nonostante i mercati finanziari abbiano la tendenza a trascurare le incertezze geopolitiche, la prospettiva di un’espansione delle ostilità non manca di sollevare preoccupazioni, soprattutto se si considerano due fattori di rischio. Il primo è il sentiment di mercato, poiché durante le crisi gli investitori liquidano gli asset rischiosi e investono in “beni rifugio”, come oro o titoli di Stato. Questo sentiment può cambiare rapidamente, in entrambe le direzioni. Il secondo è l'impatto macroeconomico, con il rischio di una crescita più lenta e di un’inflazione più elevata, trainata dalla combinazione di sentiment e pressioni sulla catena di approvvigionamento". Così Richard Flax, chief investment officer di Moneyfarm, società di consulenza finanziaria indipendente con approccio digitale, specializzata in investimenti di medio-lungo termine.

Secondo Flax "La situazione attuale rimane molto incerta, ma è troppo presto per concludere che ci sarà un impatto a lungo termine sull'economia globale. La geopolitica sta complicando le prospettive a breve termine e ha pesato sull’andamento dei mercati negli ultimi giorni, oltre che sulle sfide che i policymaker si trovano a dover affrontare mentre ricercano il punto di equilibrio tra inflazione e crescita.

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Da yacht a sottomarino, ecco Migaloo M5: ultima tendenza...

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L'imbarcazione, lunga 165 metri, potrà scendere fino a 250 metri di profondità e rimanere sommersa fino a quattro settimane

Migaloo M5 (Foto dal sito)

Superyacht in grado di trasformarsi in sottomarini personalizzati che possono scendere a 250 metri sotto la superficie dell'oceano e rimanere sommersi fino a quattro settimane. Dopo le Iceberg Home, le case di lusso apparentemente normali all’esterno, ma che nascondono spettacolari dimore sotterranee con tutti i comfort, dalla piscina al cinema: sembra essere questa l'ultima tendenza tra i miliardari con il desiderio di una maggiore privacy.

A realizzare l'ambizioso progetto sarà lo studio di progettazione austriaco Migaloo, che ha presentato "l'unico superyacht sottomarino privato al mondo", per offrire "un'alternativa non ancora esistente alle grandi navi di superficie di proprietà privata".

Questo sottomarino, denominato M5, misurerà 165,8 metri di lunghezza e 23 metri di larghezza nel punto più largo, con un'autonomia di circa 15.000 chilometri e una velocità fino a 20 nodi in superficie (o 12 nodi in immersione). Tuttavia, afferma Migaloo, "le dimensioni, lo stile esterno e il design degli interni dipende dalle preferenze dei proprietari".

Quindi, come ogni superyacht miliardario degno di questo nome, il design predefinito include un eliporto, una piscina e un centro benessere, una palestra, un cinema con gallerie d'arte, un'area per feste con cabina DJ, oltre a numerosi spazi per rilassarsi o cenare. Gli extra opzionali includono una mongolfiera e una stazione subacquea per l'alimentazione degli squali.

"I proprietari cercano privacy, sicurezza e protezione per se stessi, per i loro ospiti e i loro oggetti di valore", afferma il CEO Christian Gumpold sul sito web di Migaloo. I sistemi di sicurezza personalizzati saranno forniti dal partner statunitense SAFE, promettendo "una protezione oltre il livello militare" per quella che definisce una "fortezza sottomarina privata".

Qual è il prezzo di questa meraviglia acquatica? Bene, non esiste un prezzo specifico per il progetto, a causa di tutte quelle opzioni di personalizzazione, ma la stima ampiamente riportata per il Migaloo M5 è di circa 2 miliardi di dollari, senza considerare la manutenzione.

L'M5 utilizza tecnologie collaudate prese in prestito da yacht a motore e sommergibili esistenti, come la costruzione a doppio scafo e scafi multipli a pressione, che aiutano sui fronti della sicurezza e della fattibilità. Anche se rimane ancora la domanda su chi abbia le tasche abbastanza profonde da poterselo permettere.

Non è il primo tentativo di creare un sottomarino di lusso. Aston Martin ha rivelato i piani per una nave da 4 milioni di dollari nel 2017. E non è la prima volta che Migaloo fa notizia per aver fatto 'galleggiare' le sue straordinarie visioni. Al Monaco Yacht Show del 2015, ha presentato i piani per Kokomo Ailand, la sua isola galleggiante privata alta 80 metri (con cascata) su cui è possibile navigare.

Quindi la concept nave Migaloo M5 navigherà felicemente verso la realtà o affonderà senza lasciare traccia? È difficile dirlo, ma probabilmente c'è del tempo per iniziare a risparmiare.

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