

Sostenibilità
Scordamaglia (Filiera Italia), ‘agroalimentare è primo settore manifatturiero italiano’
“L’industria agroalimentare ha un ruolo fondamentale per questo Paese ed infatti oggi è il primo settore manifatturiero italiano con oltre il 25 per cento del Pil e 570 miliardi di euro di fatturato, partendo dalla produzione agricola fino ad arrivare alla distribuzione”. Così il Consigliere Delegato di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia, a margine dell’iniziativa ‘Dare valore all’Italia’, tenutasi a Roma presso l’Ara Pacis. “Questo è sistema che riesce ad esportare 60 miliardi di export agroalimentare ma,soprattutto, genera oltre 65 miliardi di valore aggiunto, il più alto in Europa con la più bassa emissione di CO2. Quindi, trasformiamo l’agricoltura in eccellenza impattando meno sull’ambiente”, ha ricordato
“Filiera Italia – ha spiegato Scordamaglia – ha l’obiettivo di difendere e valorizzare il Made in Italy, mettendo insieme tutte le tre le fasi della filiera dell’agroalimentare: la produzione agricola; la trasformazione e la distribuzione. La distintività italiana è frutto di queste tre componenti, ma anche di un’agricoltura di eccezionale qualità”, lo ha detto il Consigliere Delegato di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia, a margine dell’iniziativa ‘Dare valore all’Italia’, tenutasi a Roma presso l’Ara Pacis. “McDonald’s è assolutamente la dimostrazione di come non esiste un brand, se non hai consolidato la tua filiera dalla produzione fino alla distribuzione”, ha concluso.
Sostenibilità
A2a, Mazzoncini: “Investimenti in infrastrutture cresciuti del 26% nel 2022”

L'amministratore delegato a margine della presentazione della nona edizione del Bilancio di Sostenibilità Territoriale di Brescia

Dal 9° Bilancio di sostenibilità territoriale di Brescia “Emerge un 2022 in cui ancora gli investimenti in infrastrutture sono cresciuti del 26% rispetto al 2021 (che era stato l’anno record). Investimenti per oltre 400 milioni di valore economico lasciato sul territorio di Brescia”.
Renato Mazzoncini, amministratore delegato di A2A, parla a margine della presentazione della nona edizione del Bilancio di Sostenibilità Territoriale di Brescia che rendiconta le prestazioni ambientali, economiche e sociali del Gruppo sul territorio nel 2022 e i suoi piani di attività previsti per i prossimi anni.
Il documento, illustrato alla presenza della Sindaca Laura Castelletti, racconta di ‘alcuni investimenti importantissimi’, tra questi ‘Un nuovo depuratore della Valle Trompia che riguarda un territorio fortemente industriale con oltre 100.000 abitanti che, proprio nell’anno della siccità, consente di restituire acqua depurata in quantità davvero importante’ – ha dichiarato l’Ad del Gruppo.
L’acqua è per A2A un tema strategico. Il Gruppo investe infatti nel territorio bresciano 118 euro ad abitante, il doppio della media italiana e ben più di quella europea, contribuendo anche a ridurre sensibilmente le perdite di rete in città, oggi al 28% a fronte di una media nazionale del 42%.
E proprio sul fronte della dispersione idrica, A2A ha ‘sensorizzato tutta la rete di Brescia con Aquarius’ un sistema che consente di individuare facilmente le perdite ‘senza spaccare tutta la città’: “Si tratta di onde sonore trasmesse da sensori all’interno delle tubature – spiega l’amministratore delegato – se c’è un buco, l’onda sonora cambia di flusso e in questo modo riusciamo a misurare a che distanza si trova la perdita e a intervenire in maniera puntuale”.
Inoltre, il A2A ha messo in campo una strategia per studiare come si muove l’acqua nelle falde del territorio: “Forse i cittadini Bresciani hanno visto girare un elicottero con appeso un gigantesco esagono di metallo. Abbiamo sorvolato quasi 22.000 km radiografando l’intero territorio su cui operiamo, fino a 400 metri di profondità, per andare a individuare le falde e cercare di capire come si muove l’acqua sul nostro territorio”.
Una tecnologia unica che si rivela importantissima per il contrasto alla siccità attraverso la rimodulazione del sistema idrico e che potrebbe essere esportata anche ad altri comuni italiani, tant’è che il Gruppo si sta proponendo come “partner tecnologico di tantissime aziende, anche nel Sud Italia” dichiara Mazzoncini.
Il Gruppo ha incrementato gli investimenti in impianti e infrastrutture per la transizione ecologica, portandoli a 307 milioni. Fondamentale, in tal senso, il dialogo con gli stakeholders: “Qualunque tipo di investimento infrastrutturale si fa lavorando sul territorio -sottolinea Mazzoncini – gli stakeholder rappresentano il territorio e quindi per noi è molto importante ascoltarli, capire quali sono le loro esigenze e spiegare loro quali sono i nostri progetti”.
E proprio in continuità con l’impegno portato avanti nell’ultimo triennio per l’ascolto e il dialogo con le comunità in cui il Gruppo opera, nel 2023 il percorso dei Forum Multistakeholder di A2A prevede il coinvolgimento di 11 territori in tutta Italia, attraverso momenti di confronto sulla costruzione di progettualità concrete e su misura, per contribuire sinergicamente allo sviluppo sostenibile del Paese.
“Sono incontri che stanno diventando sempre più proficui -fa sapere Renato Mazzoncini – È diventato un appuntamento davvero importante perché ci consente tutti gli anni di prendere tantissime informazioni che servono per adattare i nostri piani strategici”.
Il 9° Rapporto di Sostenibilità Territoriale rinnova dunque un appuntamento che consolida il patto con la comunità bresciana, nel segno di un percorso improntato al dialogo e alla trasparenza e ‘per i prossimi anni’ – assicura Mazzoncini – “stiamo investendo soprattutto in reti elettriche a rete dell’acqua che sono due reti in chiave per affrontare la transizione ecologica”.
Sostenibilità
Brescia, sindaca Castelletti: “A2A partner strategico per transizione ecologica”

Così la sindaca a margine della presentazione del 9° Bilancio di Sostenibilità Territoriale della città

“A2A è un partner strategico per il nostro percorso della transizione ambientale e un partner strategico per la nostra città. L’obiettivo è quello di una sempre migliore qualità della vita, quindi attenzione al tema dell’acqua, dell’energia, dell’ambiente”. Così la Sindaca di Brescia, Laura Castelletti, a margine della presentazione del 9° Bilancio di Sostenibilità Territoriale di Brescia, una fotografia delle prestazioni ambientali, economiche e sociali del Gruppo sul territorio nel 2022 e i suoi piani di attività previsti per i prossimi anni.
Un appuntamento che consolida il patto che il Gruppo ha stretto con la comunità bresciana, nel segno di un percorso improntato al dialogo e alla trasparenza. Dal Report emerge un incremento (nel 2022) del valore economico distribuito sul territorio, pari a 447 milioni, e degli investimenti in impianti e infrastrutture per la transizione ecologica che A2A ha portato a 307 milioni.
Un impegno, quello del Gruppo, che si misura anche con gli sforzi compiuti sul versante dell’economia circolare e della sostenibilità grazie al recupero del 100% dei rifiuti raccolti, agli sviluppi del sistema integrato Ambiente Energia e all’incremento delle infrastrutture per la ricarica elettrica.
Il percorso tra A2A e il Comune di Brescia è “iniziato ormai da tempo e sta dando risultati importanti – sottolinea la Castelletti – ma l’obiettivo è di alzare l’asticella. Puntiamo a candidarci a European Green Capital. Sappiamo che è una grandissima sfida, ma se non avvii dei processi e non lo fai insieme a chi ti accompagna, come in questo caso A2A, difficilmente riesci a dare le risposte che i cittadini bresciani chiedono in questo momento” conclude la sindaca.
Sostenibilità
A2a: bilancio sostenibilità Brescia, ricadute economiche sul territorio per 447 milioni

Presentata la nona edizione del Bilancio di Sostenibilità Territoriale

È stata presentata oggi da Renato Mazzoncini, Amministratore Delegato di A2A, alla presenza della sindaca Laura Castelletti, la nona edizione del Bilancio di Sostenibilità Territoriale di Brescia che rendiconta le prestazioni ambientali, economiche e sociali del Gruppo sul territorio nel 2022 e i suoi piani di attività previsti per i prossimi anni.
“Si rinnova un appuntamento che consolida il patto con la comunità bresciana, nel segno di un percorso improntato al dialogo e alla trasparenza. Nel 2022, rispetto all’anno precedente, abbiamo incrementato sia il valore economico distribuito sul territorio, pari a 447 milioni, sia gli investimenti in impianti e infrastrutture per la transizione ecologica, portandoli a 307 milioni”. – ha dichiarato Renato Mazzoncini, Amministratore Delegato di A2A. – L’impegno che da sempre caratterizza la nostra relazione con la Città di Brescia è tangibile e sono misurabili gli sforzi compiuti dal nostro Gruppo sul versante dell’economia circolare e della sostenibilità grazie al recupero del 100% dei rifiuti raccolti, agli sviluppi del sistema integrato Ambiente Energia e al deciso incremento delle infrastrutture per la ricarica elettrica. Il 2022 è stato anche l’anno dell’inaugurazione del depuratore di Valle Trompia, un impianto atteso da decenni. L’acqua per noi è un tema strategico: A2A investe nel territorio bresciano 118 euro ad abitante, il doppio della media italiana e ben più di quella europea, contribuendo anche a ridurre sensibilmente le perdite di rete in città, oggi al 28% a fronte di una media nazionale del 42%. Oltre ad agire concretamente per tutelare questo bene primario, a servizio dei cittadini, continueremo a investire per favorire lo sviluppo e la transizione ecologica di questo territorio”.
In continuità con l’impegno portato avanti nell’ultimo triennio per l’ascolto e il dialogo con le comunità in cui il Gruppo opera, nel 2023 il percorso dei Forum Multistakeholder di A2A prevede il coinvolgimento di 11 territori in tutta Italia, attraverso momenti di confronto sulla costruzione di progettualità concrete e su misura, per contribuire sinergicamente allo sviluppo sostenibile del Paese. Applicando metodologie proprietarie testate, insieme agli stakeholder aderenti l’azienda ha realizzato l’iniziativa “Il potere delle buone abitudini”.
A partire da un’indagine SWG sono state offerte attività di interpretazione dei risultati, con l’obiettivo di ottenere un quadro di riferimento tra cittadini e sostenibilità nel territorio, al fine di diffondere in modo capillare consigli e buone pratiche. Nel contesto dello stesso programma, A2A ha anche promosso la costituzione dell’Advisory Board Consumi Sostenibili per Brescia. Ai lavori hanno preso parte i principali stakeholder della Città, tra Enti e Associazioni, con l’obiettivo di andare a definire soluzioni condivise per consumare meno e consumare meglio. Con 24 ore di ascolto e quattro incontri, l’Advisory Board ha definito priorità e azioni per i consumi sostenibili di cittadini e imprese, raccolti all’interno della Carta dei Consumi Sostenibili, che fissa i principi per una transizione sostenibile e calata nel contesto territoriale. Le iniziative di ascolto hanno già coinvolto Cremona, Bergamo, Calabria, Sicilia, Valtellina e Valchiavenna, cui si aggiungeranno nel corso dell’anno altri 5 territori: Milano, Seregno, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte e Puglia.
Il racconto del Bilancio di Sostenibilità territoriale di A2A si snoda sul filo di tre parole chiave: Pianeta, Persone, Prosperità. Ambiti identificati dal World Economic Forum con il documento “Measuring Stakeholder Capitalism: towards common metrics and consistent reporting of Sustainable value creation”.
Nella Provincia di Brescia, A2A si occupa di gestione dei rifiuti, teleriscaldamento, sistema idrico integrato, produzione, distribuzione e vendita di energia e gas, mobilità elettrica e illuminazione pubblica. Sul territorio, il Gruppo recupera il 100% dei rifiuti raccolti e pertanto niente viene conferito in discarica, chiudendo il ciclo di economia circolare: nel 2022 il 73% di quanto raccolto è stato destinato al recupero di materia e il 27% a quello di energia, attraverso gli impianti dislocati nella zona circostante. Aprica, società del Gruppo A2A che si occupa della gestione dei rifiuti, ha implementato una serie di iniziative online e offline per coinvolgere i cittadini e sono state avviate nuove partnership con alcune imprese al fine di sensibilizzare la comunità locale.
Inoltre, a testimonianza della sua trasparenza, è stata redatta la «Carta della qualità del servizio integrato di gestione dei rifiuti urbani», approvata nel 2022 dal Comune di Brescia. Lo scorso anno, A2A ha continuato a sviluppare il suo sistema integrato Ambiente Energia, per soddisfare in maniera sostenibile il fabbisogno energetico della città attraverso la produzione alternativa di calore. Il progetto, riconosciuto dalla Commissione Europea come esempio di eccellenza, ha permesso di evitare 917mila tonnellate di emissioni di CO2.
Fondamentale per il sistema è la rete del teleriscaldamento di Brescia, lunga oltre 680 km, che serve circa 180mila appartamenti equivalenti e rende possibile riscaldare le case utilizzando calore da fonti rinnovabili, cogenerazione o recuperato da cicli produttivi industriali e di trattamento dei rifiuti, ovvero dai fumi del termoutilizzatore o dalle acciaierie, che altrimenti andrebbe perso.
Nel 2022 si è completata la prima fase del progetto di “flue gas cleaning condensation” al termoutilizzatore, la tecnologia che consentirà di mettere a disposizione della rete di teleriscaldamento oltre 150 GWh/anno di calore aggiuntivo ad impatto ambientale nullo. Con quest’investimento da oltre 100 milioni, infatti, si recupererà calore dai fumi dell’impianto – pari al fabbisogno di 12.500 alloggi – e al tempo stesso si ridurranno ulteriormente le emissioni.
A Brescia e in 95 comuni della zona A2A gestisce il servizio idrico integrato, con oltre 4.000 chilometri di acquedotto, 2.650 di fognatura e 51 depuratori, trattando circa 44 milioni di m3 di acque reflue. Per garantire una maggior disponibilità della risorsa idrica, è stato realizzato un nuovo serbatoio a servizio dell’acquedotto del Comune di Bovegno ed è stato realizzato un nuovo depuratore in Valle Trompia, per trattare la grande maggioranza dei reflui civili della valle e migliorare la qualità dell’acqua del fiume Mella dove oggi sono convogliati gli scarichi, a fronte di un investimento di 38 milioni di euro.
Il Gruppo, che si occupa anche della distribuzione dell’energia elettrica attraverso Unareti, per garantire la continuità del servizio in particolare nelle zone di montagna – Alto Lago di Garda e Valle Sabbia – e ridurre l’impatto sull’ambiente e sul paesaggio, ha posato reti in Media Tensione interrate e in cavo aereo isolato rinforzato. L’intervento, dal valore di 4,7 milioni di euro, ha permesso inoltre di tutelare la biodiversità locale attraverso cavi più sicuri, riducendo l’impatto delle reti sull’avifauna e sulle specie a rischio.
A2A, in qualità di Life Company, impegnata a creare un ambiente di lavoro sicuro, inclusivo e sostenibile, per accompagnare la sua popolazione aziendale in tutti i territori in cui opera ha organizzato nel novembre 2022 la convention «Light up Life» che ha coinvolto oltre 1.400 persone per condividere le principali evoluzioni del Piano strategico 2021-2030. Inoltre, a cavallo tra il 2021 e il 2022, è stato erogato il corso «Leadership for Life» dedicato a tutti i manager del Gruppo, di cui 672 per Brescia, volto ad approfondire con 10 workshop online i tre pillar del Piano Strategico: sostenibilità, economia circolare e transizione energetica.
Lo scorso anno sono state assunte 235 nuove risorse nelle sedi bresciane, di cui il 38% sotto i 30 anni, e sono state erogate oltre 71.000 ore di formazione complessiva ai dipendenti, di cui il 45% sulla salute e sicurezza. Nel 2022 sono inoltre proseguite le iniziative di sensibilizzazione delle persone del Gruppo, con l’obiettivo di creare consapevolezza sul tema delle questioni di genere e per valorizzare le diversità, ufficializzando il proprio impegno attraverso la sottoscrizione della Dichiarazione di Impegno sui temi di Diversity, Equity Inclusion.
Nel 2022, A2A ha sostenuto lo sviluppo economico e sociale del territorio, contribuendo alla sua prosperità anche attraverso l’implementazione di iniziative di carattere sociale, culturale e ambientale: a Brescia, l’azienda ha generato valore sul territorio pari a 447 milioni di euro (+4% rispetto al 2021), sotto forma di dividendi, imposte, canoni e concessioni locali, ordini a fornitori, sponsorizzazioni e remunerazione dei dipendenti. Inoltre, il Gruppo ha destinato oltre 307 milioni di euro in investimenti infrastrutturali e manutenzione degli impianti: il 26% in più a confronto con il 2021. 447 sono i fornitori locali attivati nel 2022 e l’importo degli ordini ha raggiunto 202 milioni di euro, di cui 80 destinati a micro e piccole imprese. A2A contribuisce inoltre alla crescita del territorio incentivando i consumi sostenibili e investendo in partnership con gli attori locali, servendo 65 Comuni con servizi e tecnologie IoT.
Favorire la mobilità elettrica è uno dei principali impegni dell’azienda per un’economia low carbon, e infatti nel corso dell’anno sono state sviluppate le colonnine City Plug, nuove infrastrutture di ricarica a basso impatto ambientale ed energetico, inaugurate proprio in città nel 2023. Inoltre, sono state erogate 1.281 MWh di energia elettrica e sono stati percorsi 8,5 milioni di km a emissioni zero (+94% rispetto al 2021), a fronte di un risparmio di 930 tonnellate di CO2. Diversi gli appuntamenti di A2A per il 2022 che hanno coinvolto un numero consistente di professori e alunni, con l’obiettivo di educare i ragazzi alla sostenibilità. Tra questi, con AmbienteParco di Brescia scuole e famiglie hanno avuto la possibilità di visitare gratuitamente due percorsi didattici sviluppati insieme – uno sulla valorizzazione della risorsa idrica e l’altro sull’economia circolare – con oltre 6.500 studenti coinvolti. In quasi 10.000 hanno partecipato ai laboratori educativi organizzati dal Gruppo su sostenibilità ambientale e transizione ecologica. Sono stati realizzati diversi percorsi formativi: a quasi 200 alunni di istituti tecnici e licei sono state erogate 40 ore certificate, per apprendere le nuove competenze necessarie per le professioni nel settore energetico mentre 187 docenti bresciani hanno partecipato al progetto “Verso il 2050 con le scuole per un futuro sostenibile e circolare” con Deascuola e 88 classi hanno aderito al contest creativo con il fumettista Gud sul consumo responsabile delle risorse.
Per concludere, Banco dell’Energia – che dal 2016 realizza iniziative legate al contrasto della povertà energetica – attraverso il bando “Doniamo Energia” ha messo a disposizione 390mila euro per tre progetti nella provincia di Brescia: «Più energia – seconda edizione» promosso dalla Cooperativa Sociale Palazzolese, «Ri-Partire Energie» promosso dal Gruppo 29 Maggio ’93 Fabio-Sergio-Guido e «Liberiamo energia» promosso da La Vela società cooperativa sociale. Da ultimo, il Banco dell’Energia, nell’ambito del progetto ACT – Accesso consapevole e sostenibile all’energia lanciato nel 2022 in collaborazione con Croce Rossa Italiana, ha aiutato 70 famiglie di Brescia con il pagamento delle bollette energetiche.
Sostenibilità
Cosa prevede il regolamento Euro 7 approvato dal Consiglio Ue

Entusiasmo da Palazzo Chigi: “Recepite le nostre proposte”

Da Bruxelles arrivano importanti novità per gli automobilisti e le aziende del settore automotive: il Consiglio Competitività Ue ha approvato la proposta di Regolamento Euro 7, il nuovo Regolamento sulle emissioni dei veicoli.
Il provvedimento è volto a continuare il percorso intrapreso dall’Unione nella riduzione delle emissioni, ma difficilmente farà felici gli ambientalisti.
Con questa nuova proposta, infatti, vengono rinviati di due anni e mezzo i tempi di adozione della nuova normativa e viene eliminata l’ipotesi di nuovi vincoli più restrittivi in termini di emissioni, permanendo i valori stabiliti dal regolamento Euro 6 per i motori a combustione interna, per le emissioni di particolato e per le condizioni per i test di emissioni delle auto.
La proposta, suggerita dalla presidenza spagnola, è stata supportata dall’Italia e a larga maggioranza dagli altri Paesi Ue, con una minoranza di Paesi astenuti costituita da Germania, Austria, Lussemburgo, Danimarca e Paesi Bassi. Tutti gli altri Stati membri hanno votato a favore della nuova proposta di Regolamento Euro 7. La posizione negoziale del Consiglio sarà votata lunedì prossimo a Bruxelles dai ministri Ue della competitività e dell’industria.
Per la prima volta, le emissioni di auto, furgoni e veicoli pesanti come i pullman vengono disciplinate in un unico atto giuridico, ma soprattutto la proposta non si limita a regolamentare le emissioni dei gas di scarico.
Il testo, infatti, fissa limiti aggiuntivi anche per le emissioni di particolato prodotte dai freni e nuovi parametri relativi alle emissioni di microplastiche causate dagli pneumatici. Quest’ultima peculiarità fa sì che le nuove norme saranno valide anche per le auto elettriche.
La proposta spagnola, che affievolisce i limiti di emissioni indicati dalla Commissione, prevede un monitoraggio costante dei consumi, da effettuare tramite un dispositivo che permetta di misurare in tempo reale la qualità delle emissioni dei veicoli.
Sotto il profilo burocratico, il testo stabilisce scadenze chiare per l’adozione di atti di esecuzione (da parte della Commissione europea) per fornire agli operatori economici chiarezza e certezza giuridica.
Per molti rappresentanti istituzionali e aziendali l’accordo trovato oggi, dopo una discussione lunga e articolata, rappresenta un ottimo compromesso tra la proposta di regolamento della Commissione e una trasformazione più morbida, che non metta in ginocchio la filiera automotive.
“Dobbiamo essere in grado di rafforzare la regolamentazione su pneumatici e freni [anche] per i veicoli elettrici”, ha commentato il ministro delegato per l’Industria francese, Roland Lescure indicando la necessità di evitare un’ulteriore “regolamentazione ai motori termici” sui quali i Paesi Ue hanno già concordato lo stop a partire dal 2035.
Lo stesso presidente del Consiglio Héctor Gómez Hernández ha presentato così l’orientamento generale dell’istituzione sul tema: “La presidenza spagnola è stata sensibile alle diverse richieste degli Stati membri e con questa proposta riteniamo di avere conseguito un ampio sostegno, un equilibrio nei costi di investimento dei fabbricanti e un miglioramento dei benefici ambientali derivanti dal regolamento”.
La proposta di Regolamento Euro 7 approvata oggi dal Consiglio Competitività Ue è stata accolta con entusiasmo dal governo italiano: “Il fronte della responsabilità sul regolamento Euro 7 è riuscito in quello che molti ritenevano impossibile: un vero ribaltamento delle forze in campo, che cambia la maggioranza in Ue. Il testo approvato oggi, profondamente migliorato rispetto alla proposta iniziale della Commissione, risponde ad una visione finalmente concreta, realistica, pragmatica più volte reclamata dall’Italia. Prevale finalmente la ragione sulla ideologia”, ha dichiarato soddisfatto il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, a margine della seduta di Bruxelles.
Il nuovo testo, ha continuato Urso, “rispecchia nella sostanza le richiesta del ’fronte della responsabilità’ coordinato da Repubblica Ceca, insieme con Italia e Francia, che nel merito ha raggiunto una larga e inedita maggioranza in Consiglio, cambiando per la prima volta gli assetti sulla transizione ecologica”.
La posizione dell’Italia parte dalla considerazione che già lo stop ai motori termici dal 2035 rappresenta una sfida importante per il settore automobilistico. Ulteriori interventi normativi restrittivi sulle emissioni, sostiene Palazzo Chigi, avrebbero messo definitivamente ko un settore in crisi da diversi mesi.
Per questo, l’Italia ha sempre mostrato la propria ostilità alla prima proposta di regolamento avanzata a novembre 2022 dalla Commissione Ue, che presentava limiti stringenti in termini di emissioni.
Come spiega il titolare delle Imprese, l’accordo trovato oggi a Bruxelles consente di ridurre “in modo significativo i costi per le imprese automobilistiche che dovranno distogliere minori investimenti per l’adeguamento alle nuove tecnologie, con di conseguenza meno costi anche per i consumatori”. In questo modo, aggiunge Urso, sarà possibile “indirizzare da subito più risorse per gli investimenti sulla transizione all’elettrico”.
I rappresentanti dell’esecutivo accolgono il testo approvato oggi come una vittoria del governo Meloni: “Recepite le nostre proposte che conciliano tutela dell’ambiente e salvaguardia delle produzioni europee senza regali a Paesi leader dell’elettrico come la Cina”, ha sintetizzato in una nota il ministero dei Trasporti guidato da Matteo Salvini facendo eco al ministro Urso che parla di una visione “finalmente concreta, realistica, pragmatica, più volte reclamata dall’Italia”.
Il percorso pare adesso tracciato e le istituzioni sanno che non si può negoziare ulteriormente sui valori delle emissioni. Il fine ultimo resta tutelare l’ambiente e la salute dei cittadini, soprattutto nelle zone più inquinate d’Europa, con il Nord Italia che detiene un primato per nulla invidiabile.
Sostenibilità
Monitoraggio dei mari italiani, coralli da record e rifiuti sotto osservazione

Il Sistema nazionale per la protezione ambientale presenta i risultati di alcune tra le più rilevanti attività di monitoraggio dell’ambiente marino condotte in tutti i mari italiani ai sensi della Direttiva quadro sulla Strategia Marina

Fondali ricchi di coralli e rodoliti al largo di otto regioni costiere italiane; delineato lo stato di salute delle praterie di Posidonia oceanica, ricchezza del Mediterraneo. Calcolato il numero delle specie aliene giunte nel Mediterraneo dagli anni Settanta ad oggi, come anche quello dei rifiuti nei nostri mari. Sono stati presentati a Palermo – nel corso del convegno ‘Strategia Marina. Il monitoraggio dei mari italiani’ – i risultati di una selezione degli 11 descrittori qualitativi utilizzati dalla Strategia marina per definire lo stato ambientale dei mari.
La Direttiva 2008/56/CE è il pilastro ambientale della politica marittima dell’Unione europea, volta al raggiungimento del ‘buono stato ambientale’ per tutte le acque marine degli Stati membri. L’attuazione in Italia, coordinata dal ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, è supportata da Snpa-Sistema nazionale per la protezione ambientale, costituito da Ispra e dalle Arpa, e vede il coinvolgimento delle amministrazioni centrali, delle Regioni, degli enti locali, nonché delle Università e degli altri Enti di ricerca.
CORALLI – Censite formazioni coralligene in 8 regioni italiane e 160 siti oggetto di studio: Eunicella, Pentapora e Paramuricea i nomi scientifici (generi) delle principali specie target osservate nei fondali. In 9 regioni sono presenti anche ‘letti a rodoliti’: si tratta di piccole alghe calcaree simili nella forma ai popcorn, rinvenute in 37 aree di monitoraggio.
POSIDONIA OCEANICA – Tornando ai dati, si registra una situazione meno incoraggiante per la Posidonia oceanica al largo delle coste italiane. Il monitoraggio delle praterie, condotto nel quadro della Strategia marina, ha evidenziato segnali di disturbo: il 25% dei siti monitorati presenta infatti una bassa densità di fasci al metro quadrato. Tuttavia, nelle circa 100 aree indagate, ciascuna della grandezza di 3 chilometri quadrati, la densità è di tipo ‘normale’ nel 63% dei casi ed ‘eccezionale’ nell’11%. La Posidonia è una pianta endemica del Mediterraneo monitorata in tutte le regioni tirreniche, ioniche e in basso Adriatico (Puglia).
RIFIUTI MARINI – Per quanto riguarda i rifiuti marini, si osserva una riduzione significativa pari a quasi la metà dei rifiuti spiaggiati, ovvero i rifiuti presenti sugli arenili ogni 100 metri. Il dato è sotto osservazione, ma comunque ancora lontano dall’obiettivo europeo: dai 460 del 2015 sono 273 nel 2021, mentre l’Europa pone come target non oltre 20 per un buono stato ambientale. Quanto ai rifiuti in acqua, nel periodo 2018-2022 si registra una densità costiera media di 105 oggetti per chilometro quadrato e una densità media offshore di 3 oggetti. Più dell’80% degli oggetti monitorati è composto da polimeri artificiali, di cui circa il 20% sono plastica monouso.
SPECIE ALIENE – Il granchio blu è uno degli ultimi casi di specie aliena marina: in base ai dati presenti in letteratura sono 289 le specie non indigene (introdotte, tramite attività umane, in un’area geografica che è al di fuori del suo naturale areale di distribuzione) presenti nei nostri mari. Le attività di monitoraggio condotte dalle Arpa soprattutto nelle aree portuali, dove è maggiore il rischio di introduzione, hanno rilevato 78 specie, tra cui 25 anellidi, 18 crostacei e 11 molluschi. Di queste 20 sono esclusive del Mar Adriatico, 9 del Mar Ionio e 17 del Mar Tirreno, mentre 11 specie sono comuni ai tre mari italiani. Alcune di queste specie, considerate invasive, sono state rinvenute per la prima volta nell’area di interesse.
EUTROFIZZAZIONE – Passi in avanti sul fenomeno dell’eutrofizzazione in mare, il processo che innesca fenomeni di fioriture di alghe e riduzione di ossigeno per un eccesso di nutrienti (composti di azoto e fosforo) che arrivano da terra. Le misure prese negli ultimi 40 anni, come la diminuzione del fosforo nei detergenti, i migliori impianti di depurazione e fognari, la riduzione nell’uso dei fertilizzanti hanno portato ad una significativa riduzione del fenomeno.
“Quella che presentiamo è solo una piccola parte del lavoro che tutto il Sistema, in collaborazione con gli enti di Ricerca e le università italiane, sta portando avanti per fornire elementi utili ad una Strategia per il mare che sia efficace e coerente con gli obiettivi che ci derivano dagli obblighi europei e internazionali – ha dichiarato Maria Siclari, direttore generale dell’Ispra intervenendo al convegno – Risponde anche alla necessità di comunicare il dato ambientale e rappresentare il lavoro di un Sistema che opera ormai da tempo in stretta sinergia e che è cresciuto, negli ultimi anni, acquisendo nuove professionalità e capacità tecniche”.
“La Sicilia ha un’estensione costiera di ben 1.637 Km e la salvaguardia dei mari è per noi un tema di primaria importanza – ha dichiarato Vincenzo Infantino, direttore generale di Arpa Sicilia intervenendo al convegno – L’ambiente marino è un patrimonio prezioso che deve essere protetto, salvaguardato e ripristinato al fine ultimo di mantenere la biodiversità e preservare la vitalità dei mari. Siamo quindi lieti di aver ospitato questo evento in Sicilia, in collaborazione con l’Università di Palermo, ed aver fatto sintesi dei dati e dei risultati raggiunti, grazie all’impegno assunto da tutto Snpa, dal 2015, nelle attività di monitoraggio realizzate per proteggere e preservare gli ecosistemi marini”.
Sostenibilità
Sostenibilità, Enel è la settima azienda al mondo per impegno climatico

Il rapporto di Influence Map sorride all’Italia, ma il percorso green è ancora lungo

La sfida imprenditoriale più importante, oggi e nel prossimo futuro, è senza dubbio quella della sostenibilità. Per questo, il fatto che tra le 27 aziende che si sono distinte a livello globale per il proprio impegno climatico ci sia anche l’italiana Enel è una buona notizia per il nostro Paese.
A stilare la classifica delle società che si stanno distinguendo nella transizione climatica è stato Influence Map con il report Corporate Climate Policy Engagement Leaders. Su un totale di 500 aziende contenute nel database, nel rapporto aggiornato al 2023 il think tank ne ha individuate 27 (poco più del 5% del totale) che soddisfano tutti i criteri di successo: punteggio sull’organizzazione, l’intensità di engagement e l’influenza indiretta. Ecco quali sono le 27 aziende leader per impegno climatico [Tabella di Esg News su dati di Influence Map]
Per essere incluse tra le aziende leader nell’impegno alla sostenibilità, i requisiti sono:
Organizzazione ovvero politica climatica attiva
Punteggio ≥ 75%: Impegno positivo verso una politica climatica attiva
Punteggio tra 50% e 75%: Mix di coinvolgimento positivo e negativo
Punteggio
Engagement ovvero sostegno alla politica climatica (target diversi in base alle zone)
Europa, ≥ 35%: Intensità di engagement elevata
Nord America, ≥ 30%: Intensità di engagement elevata
Asia, ≥ 15%: Intensità di engagement elevata
Influenza Indiretta ovvero i rapporti avuti dalla società
Punteggio positivo: non risultano particolari legami con associazioni poco green;
Punteggio negativo: indica legami con più di tre associazioni di settore che non rispettano obiettivi climatici o mancanza di trasparenza nella comunicazione riguardo al loro allineamento rispetto a tali obiettivi
Lo standard di engagement cambia in base alle regioni perché Influence Map tiene conto di quanto sia incisiva la politica climatica nelle diverse aree. Per questo in Unione Europea, dove la politica ambientale è molto sostenuta, le aziende devono raggiungere un livello di engagement più alto rispetto ad America e Asia.
I settori più rappresentati in questa speciale classifica sono servizi di pubblica utilità, informatica, industria e vendita al dettaglio, e le regioni analizzate sono l’Europa, gli Stati Uniti e l’Asia Pacifico, anche se la maggior parte delle aziende ha sede in Europa.
[Fonte: Influence Map]
Le 27 aziende considerate leader nella transizione climatica secondo Influence Map appartengono a diversi settori e provengono da diverse aree geografiche, ma la maggior parte di loro ha la sede centrale in Europa, dove c’è un contesto politico e legislativo favorevole alle politiche climatiche. Non a caso, sono europee ben 16 delle 27 aziende individuate dal think tank, tra cui l’italiana Enel, che occupa il 7° posto in classifica.
Il sostegno delle aziende europee alla politica climatica è migliorato nel tempo ed è sempre più allineato all’Accordo di Parigi, tanto che dal 2021 al 2023 il numero delle aziende leader europee nella classifica redatta da Influence Map è passato da 12 a 16.
Ecco quali sono le società che sono rimaste in lista durante gli anni: Nestlé, Unilever, Ørsted, EDP, Verbund, Enel, Iberdrola, Acciona, H&M, IKEA ed EDF. I nuovi arrivati, invece, sono SSE, ABB, Danone, DSMFirmenich e Saint-Gobain.
Come è noto, la sostenibilità ambientale include tante azioni, per questo le tattiche con cui implementare la strategia green cambiano in base al settore di appartenenza dell’azienda: le aziende del settore dei beni di consumo si sono impegnate principalmente nel migliorare l’impatto sul settore agricolo; per quelle del settore industriale il focus sono state le energie rinnovabili, mentre il settore retailing ha sostenuto in particolare la transizione energetica. Ad esempio, IKEA nel febbraio 2023 ha firmato una lettera aperta sostenendo obiettivi vincolanti di acquisto di veicoli a zero emissioni per le flotte aziendali come parte dell’iniziativa Greening Corporate Fleets della Commissione europea.
Le società appartenenti al settore delle utilities, tra cui Enel, si sono impegnate nello scambio di emissioni e nella riduzione delle emissioni di gas serra. Sul proprio sito, la società italiana leader nella somministrazione di energia scrive: “decarbonizzazione, rinnovabili, elettrificazione, digitalizzazione e centralità del cliente sono i binari su cui stiamo costruendo il percorso per centrare questi target e realizzare una transizione energetica equa per tutti”.
Il percorso di Enel verso la transizione green sta ottenendo ottimi risultati, come dimostra il posizionamento nella classifica stilata da Innovation Group, e l’azienda fa sapere che entro il 2040 le proprie attività non avranno alcun impatto netto sul clima dovuto alle emissioni di carbonio. Con 59,1 Gw di capacità rinnovabile nel mondo, Enel si posiziona come la più grande azienda globale nel settore delle rinnovabili.
Il think tank, che pubblica periodicamente un’analisi per identificare le aziende che hanno raggiunto le migliori pratiche nella difesa delle politiche climatiche, scrive che le politiche messe in campo dalle istituzioni sono molto distanti da quello che è necessario fare per il clima. “Il settore aziendale – si legge a margine del report – a livello globale esercita un’enorme influenza sulla politica climatica, ma la ricerca di Influence Map mostra che la maggior parte delle aziende al di fuori della catena del valore dei combustibili fossili rimane in gran parte in disparte, senza dare priorità al clima”.
Il centro di ricerche indipendente evidenzia un miglioramento nell’impegno delle aziende per la transizione globale, e sottolinea come sia fondamentale non solo l’apporto diretto al cambiamento climatico, ma anche quello indiretto. Dal report, è infatti emerso un gruppo di 17 aziende molto attive nella transizione ma che non sono entrate nella classifica del report Corporate Climate Policy Engagement Leaders per l’incapacità di affrontare in modo trasparente e deciso l’influenza negativa della politica climatica attraverso le associazioni di settore, elemento che non soddisfa uno dei tre parametri, ovvero quello dell’influenza indiretta.
Partendo dai risultati dell’analisi, InfluenceMap ha infine identificato 7 aziende europee che potrebbero essere leader nella sostenibilità in futuro: Vestas Wind Systems, Philips, Novo Nordiks, Schneider Electric, Siemens, Moller Maersk e Volvo Cars.
“Mentre ci avviciniamo a un altro incontro della COP e la crisi climatica continua a peggiorare, il sostegno del settore privato per una politica climatica significativa a livello nazionale è più che mai necessario. La ricerca di InfluenceMap mostra che esiste un numero crescente di aziende che sostengono la politica del governo per contribuire a portare avanti i loro piani di transizione verso l’energia pulita. Ma il più grande ostacolo all’azione è il settore dei combustibili fossili. La ricerca mostra sforzi coerenti e persistenti per ritardare le ambiziose politiche governative sul clima da parte delle aziende produttrici di combustibili fossili e di coloro che le sostengono”, chiosa Catherine McKenna, Ceo di Climate and Nature Solutions, presidente del gruppo di esperti di alto livello del Segretario generale delle Nazioni Unite sugli impegni Net-Zero.
Sostenibilità
Sostenibilità e governance, aziende italiane al top in Europa

Cresce il numero dei comitati ESG nei CdA. Lo dice un osservatorio Altis e Csr Manager Network

La sostenibilità risulta sempre più integrata nella governance aziendale delle aziende italiane. In un numero crescente di imprese, infatti, è stato istituito un comitato con deleghe specifiche in temi di sostenibilità all’interno dei Consigli di Amministrazione. Non solo. Risulta in crescita anche il peso dei fattori ESG negli schemi di remunerazione. Per contro, spesso risultano ancora scarse le competenze nei temi di sostenibilità all’interno dei board aziendali. Sono questi alcuni dei principali indicatori dell’osservatorio Governance della sostenibilità condotto da Altis e Csr Manager Network, che mette a confronto le aziende quotate nel listino Ftse-Mib Italia con quelle quotate nei listini paragonabili di Francia, Germania, Regno Unito e Spagna.
Entrando nel dettaglio dei dati dell’osservatorio emerge che 35 aziende italiane su 40, ovvero l’87,5% del totale, integrano la sostenibilità nelle strutture di governance avendo assegnato un comitato ad hoc all’interno del Cda. Per fare un confronto, in Francia tale percentuale raggiunge il 72,5%, nel Regno Unito il 65%, in Spagna il 40%, in Germania solo il 13,3%. Un altro indicatore interessante che emerge dall’osservatorio è che le imprese italiane concedono spazio crescente all’ESG negli schemi di remunerazione dei vertici aziendali. Nello specifico, oggi 25 aziende italiane su 40 ovvero il 62,5% adotta questo genere di politica, era il 40% nel 2017, un dato che ci pone al secondo posto in Europa dietro alla Francia con l’87,5%. Discorso diverso, invece, riguardo l’incidenza degli indicatori di sostenibilità sulla remunerazione che risulta in media del 15% per gli esecutivi e del 17% per gli Amministratori Delegati.
Anche con riferimento alle competenze in temi ESG all’interno dei CdA, le aziende italiane mostrano performance in crescita: circa il 57% di esse ha un consigliere su sei con competenze specifiche. Fondamentali in questo senso sono stati i programmi aziendali specifici sui temi ESG a cui hanno partecipato in media il 76% dei consigli di amministrazione. In aggiunta, per il 43,3% delle aziende italiane sono considerate importanti le esperienze professionali legate alla sostenibilità accumulate negli anni, per il 30% delle aziende la formazione e le competenze tecnico-scientifiche. Infine, in 9 aziende italiane su 10, ovvero nel 93,3% dei casi, è presente un manager della sostenibilità che svolge, principalmente, attività di stakeholder management.
Sostenibilità
Riscaldamento globale, acque profonde a rischio

Gli effetti del riscaldamento globale sarebbero più duraturi sui fondali piuttosto che sulle superfici degli oceani. È quanto sostiene un gruppo di ricercatori in un articolo pubblicato su “Nature Climate Change”. Gli esperti sono giunti alle loro conclusioni dopo aver misurato l’impatto delle recenti ondate di calore sull’ambiente floro-faunistico delle acque profonde. Intensità e durata degli effetti si sono rivelati maggiori, con un gruppo di specie non migratrici seriamente minacciate dall’aumento delle temperature. Tra queste, i gioielli della Grande Barriera Corallina.
Sostenibilità
Solo l’11% delle Pmi europee ha un piano per la decarbonizzazione

L’84% delle imprese è consapevole della crisi ambientale, ma la transizione è ancora lontana

Nonostante gli imprenditori siano consapevoli della crisi ambientale in atto, solo l’11% delle Pmi europee ha un piano strutturato per la decarbonizzazione.
Questo è il dato che emerge dallo studio “Mid-market Climate Transition Barometer” di The Argos – Bcg, che ha coinvolto 700 leader delle Pmi nel luglio 2023 in 6 Paesi europei (Italia, Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo).
Con la loro sinergia Argos Wityu e Bcg (Boston Consulting Group) hanno inaugurato la prima edizione di un barometro che valuta i progressi delle piccole e medie imprese europee nel loro processo di decarbonizzazione.
Il dato che emerge dallo studio è piuttosto preoccupante e assume una particolare rilevanza di fronte alle stime della Commissione europea, secondo cui le piccole e medie imprese producono fino a 2/3 dei gas serra emessi a livello comunitario. Dati alla mano, l’Ue conta 25 milioni di Pmi che costituiscono il 99% di tutte le imprese, e generano circa il 56% del Pil europeo.
È evidente che occorra un netto cambio di marcia dal punto di vista della produzione ma anche giuridico. In questo senso interviene la Direttiva Csrd sulla rendicontazione della sostenibilità aziendale che impone alle imprese con più di 250 dipendenti e 40 milioni di euro di fatturato di rendere noto il loro impatto sul clima, comprese le emissioni di Scope 3. La direttiva stabilisce un periodo di rendicontazione annuale a partire dal 1° gennaio 2026.
Si tratta tuttavia di una norma che, visti i requisiti di dipendenti e fatturato, non riguarda le Pmi se non quelle quotate. Inoltre, la Germania sta spingendo per esentare oltre 7.000 aziende dall’obbligo di rendicontazione non finanziaria, proponendo di rivedere i criteri europei che definiscono le Pmi.
In questa fase cruciale per il dibattito politico attorno alle normative green, è di cruciale importanza conoscere il punto di vista degli imprenditori sul tema.
La scarsa organizzazione per ridurre le emissioni non è frutto di una scarsa consapevolezza: l’84% delle Pmi intervistate nell’ambito dello studio “Mid-market Climate Transition Baromete” considera la riduzione delle emissioni di gas serra “importante” o “critica”.
Si potrebbe quindi pensare che l’ostacolo alla transizione green sia di natura economica, ma la ricerca smentisce anche questa ipotesi. Infatti, tra le aziende che considerano importante la riduzione delle emissioni, il 71% la percepisce come un’opportunità, soprattutto per due ragioni:
– Migliore redditività: la transizione energetica rende le aziende meno dipendenti dalle oscillazioni dei mercati e meno vulnerabili di fronte alle catastrofi naturali;
– Accesso a nuovi mercati: trattandosi di un orizzonte per niente saturo, gli investimenti sostenibili possono generare un vantaggio competitivo immediato o a lungo termine
Una conferma arriva da Simon Guichard, Partner di Argos Wityu secondo cui: “Non c’è dubbio che la decarbonizzazione delle medie imprese possa generare forti opportunità in tutti i settori. Molti investitori, dai family office alle grandi istituzioni, sono disposti a sostenere queste imprese nella loro transizione Grey to Green e ad aiutarle a diventare leader sostenibili”.
Il 38% delle Pmi intervistate dichiara di aver già investito molto nella decarbonizzazione, ma in realtà solo l’11% ha un approccio strutturato che richiede questi 3 requisiti:
– misurazione delle proprie emissioni di gas serra;
– progettazione di una roadmap per ridurre le emissioni;
– realizzazione di investimenti rilevanti
Dalla ricerca emerge un po’ di confusione sul tema, visto che il 27% degli intervistati ha dichiarato di avere un piano strutturato, ma in realtà non ha ancora misurato la propria carbon footprint né organizzato una tabella di marcia per ridurre le emissioni di Co2. D’altra parte, ci sono un 35% che ha misurato la carbon footprint e costruito una tabella di marcia senza però aver ancora investito e un altro 27% che né ha dichiarato di aver investito né ha previsto azioni per la misurazione delle emissioni e per la pianificazione verso la decarbonizzazione.
“A differenza delle grandi aziende, le PMI raramente hanno dimensioni sufficienti per assumere i talenti necessari o per sviluppare competenze interne e fissare obiettivi ambiziosi di decarbonizzazione. Ora dobbiamo aiutarle a trasformare il loro ottimismo in investimenti strutturati”. Spiega Fabio Cancarè, Partner and Associate Director, Climate Impact di Bcg.
Di fatti, i diversi investimenti che emergono dallo studio dipendono dalla proprietà e dal settore di appartenenza.
Il 62% delle società quotate in borsa dichiara di aver effettuato “forti investimenti”, rispetto al 35% delle imprese non quotate. A livello settoriale ci sono differenze molto marcate, con il 51% delle imprese del settore dei trasporti e della logistica che dichiara di aver investito in modo considerevole, a fronte di un mero 24% delle imprese delle industrie ad alta temperatura (ad esempio, metalli, vetro, ceramica) che pure utilizzano molta energia.
Nonostante in ogni Paese europeo oltre 1/3 delle Pmi abbia dichiarato di aver fatto ingenti investimenti green, la percezione sulla transizione ecologica cambia molto tra gli Stati.
In Germania e Francia, per esempio, oltre 1/5 delle Pmi considera la transizione climatica un adempimento normativo, mentre solo il 73% delle piccole e medie imprese tedesche e il 63% di quelle francesi considera la transizione un’opportunità di sviluppo.
Al contrario, in Italia meno di 1/10 delle imprese intervistate considera questi investimenti un mero adempimento normativo, mentre l’86% delle Pmi italiane considera decarbonizzazione e sostenibilità un’opportunità di sviluppo economico.[Grafico, fonte: ESG360.it su dati “Mid-market Climate Transition Barometer” di The Argos – Bcg]
Nonostante gli investimenti ancora insufficienti, le piccole e medie imprese europee sono ottimiste sul raggiungimento degli obiettivi fissati per il 2030, ritenuti raggiungibili dal 70% delle imprese intervistate.
Tuttavia, le imprese hanno bisogno di un vero e proprio sostegno per superare i tre principali ostacoli che si trovano ad affrontare, quali la mancanza di risorse finanziarie, la complessità normativa e la carenza di competenze.
“A differenza delle grandi aziende, le imprese del mid-market raramente hanno dimensioni sufficienti per assumere i talenti interni necessari o per sviluppare competenze interne e realizzare ambiziose tabelle di marcia per la decarbonizzazione. Ora dobbiamo aiutarle a trasformare il loro ottimismo in investimenti strutturati” ha dichiarato Benjamin Entraygues, Managing Director e Senior Partner di Bcg.
Gli fa eco Louis Godron, Managing Partner di Argos Wityu: “Per completare con successo la transizione ambientale, le medie imprese avranno bisogno di un forte sostegno, di esperti specializzati e di finanziamenti. Siamo convinti che le prime ad avviare profondi cambiamenti verso la decarbonizzazione beneficeranno di un vantaggio competitivo duraturo”.
Per continuare il percorso green occorre individuare i driver che guidano le aziende verso la riduzione delle emissioni e la sostenibilità, come riassunti nella tabella di ESG360.it Dallo studio “Mid-market Climate Transition Barometer” emerge che il 70% delle Pmi ha preso iniziative sostenibili spinto dall’introduzione di nuove normative europee e nazionali; il 60% spinto dai timori legati alla crisi energetica e il 51% per rispondere alle richieste del mercato, sempre più attento alle tematiche Esg.
“Le aziende del mid-market sono nelle fasi iniziali del loro percorso di sostenibilità e i loro investimenti sono ancora prevalentemente guidati dalle normative, dai prezzi dell’energia e dalla domanda dei clienti. Il percorso verso un approccio strutturato e completo è ancora lungo. È assolutamente fondamentale sostenere le Pmi con misure e strumenti dedicati se vogliamo raggiungere i nostri obiettivi climatici”, ha chiosato Pietro Romanin, Managing Director e Partner di Bcg.
Sostenibilità
7 italiani su 10 hanno bici o monopattino, solo 26% li usa spesso

Il focus sulla mobilità sostenibile dell’Osservatorio Findomestic: il 57% ha una bicicletta tradizionale, l’8% una e-bike, il 7% un monopattino elettrico o simili

Quasi 7 italiani su 10 possiedono almeno una bici o un monopattino elettrico ma quelli che li utilizzano spesso (almeno tre o quattro giorni alla settimana) sono molti meno: il 19% per quanto riguarda le biciclette e il 7% per quanto riguarda i monopattini. È quanto emerge dal focus sulla mobilità sostenibile dell’Osservatorio Findomestic.
Nello specifico, il 57% ha una bicicletta tradizionale, l’8% una e-bike, il 7% un monopattino elettrico o simili. Se i possessori di almeno una bici sono il 61%, chi dichiara di utilizzarla è il 74% del campione: la maggior parte di questi usa la propria (57%), uno su tre (31%) la noleggia. Gli altri alternano mezzo proprio e mezzo noleggiato. Diametralmente opposto è il rapporto proprietà-noleggio quando si tratta di monopattino: il 25% dichiara di usare questo mezzo, solo il 14% di questi utilizza il proprio, la stragrande maggioranza (il 78%) lo noleggia.
“Tutti o quasi sono d’accordo che la bicicletta e il monopattino siano ecologici e pratici - commenta Claudio Bardazzi, responsabile dell’Osservatorio Findomestic – I due mezzi, però, non sono sempre visti di buon occhio sia per la sicurezza dei pedoni (49%) sia per quella degli stessi utilizzatori (42%). L’80% del campione intervistato, inoltre, punta il dito contro bici e monopattini ritenendoli fonte di disordine urbano. Più nel dettaglio, il 39% addossa tutte le colpe ai monopattini mentre solo il 3% esclusivamente alle bici. Il 38% non fa, invece, distinzione e ritiene che entrambi i mezzi creino caos in città”.
Il sondaggio si è concentrato anche sulle bici elettriche. In Italia risultano ad oggi poco utilizzate: 9 ciclisti su 10 (87%) si muovono solo con il modello tradizionale e di questi solamente il 28% ha provato una e-bike. Chi ha provato un modello elettrico ne dà quasi sempre (85%) un giudizio positivo ma non lo compra perché troppo costoso (51%), perché preferisce la bici tradizionale (21%) o altri mezzi di trasporto (17%), perché ritiene di poter noleggiare una e-bike al bisogno (13%) o perché teme il furto (13%). Non a caso il 55% del campione ritiene che, qualora dovesse valutare l’acquisto di una bici elettrica, sarebbe interessato a un’assicurazione sul furto.
Tra chi oggi non possiede una e-bike il 54% sarebbe disposto ad acquistarla usata e al 26% non dispiacerebbe una proposta di credito. Il 76% si rivolgerebbe ad un rivenditore specializzato mentre il 17% la acquisterebbe anche presso la grande distribuzione organizzata. Solo il 9% si affiderebbe ad un marketplace.
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