

Salute e Benessere
Schillaci, ‘vigileremo su etichette farine insetti e non impiego in pasta e pizza’
“Vigileremo con l’ausilio dei Nas sul rispetto dell’etichettatura e delle indicazioni obbligatorie sulle farine di insetti e perché non siano inserite in alimenti dove non dovrebbero esserci, come pasta e pizza”. Lo ha detto il ministro della Salute, Orazio Schillaci, intervenendo a una conferenza stampa, al ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste (Masaf) sui quattro decreti per le etichette obbligatorie per la vendita di alimenti che contengono 4 differenti farine di insetti: Larve, grilli, tarme e locuste. autorizzate dalla Ue. Alla conferenza stampa hanno preso parte i ministri dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e delle Imprese Adolfo Urso e il coordinatore delle Politiche agricole della Conferenza delle Regioni Federico Caner.
Salute e Benessere
Dalle lesioni del midollo alla sclerosi multipla, la promessa dei ‘ponti’ cervello-computer

Mortini (San Raffaele Milano): "Un futuro non troppo lontano. Serve formare una nuova generazione di professionisti"

Le chiamano ‘brain-computer interface’, permettono al sistema nervoso e al cervello umano di dialogare. Il segreto: parlare la stessa ‘lingua’. “Il sistema nervoso funziona con delle differenze di potenziale elettrico, lo stesso modo in cui funziona anche un computer. Oggi c’è la possibilità di far parlare queste due entità. L’alfiere di questa frontiera, dal punto di vista mediatico, è stato Elon Musk, ma i chip da inserimento cerebrale li ho visti fisicamente già più di 20 anni fa. Il problema era tutta la gestione informatica successiva. C’è stato un progresso e il fatto che oggi non solo ne parliamo, ma l’abbiamo fatto, indica che l’evoluzione tecnologica è velocissima. Penso che questo possa essere il futuro per la cura di malattie non solo traumatiche, ma anche di tutte quelle malattie degenerative come la sclerosi multipla e altre che portano alla perdita completa delle funzioni del midollo”. E’ lo scenario tracciato da Pietro Mortini, primario di neurochirurgia dell’ospedale San Raffaele di Milano, a capo del team che ha impiantato un neurostimolatore midollare su una 32enne paralizzata da 5 anni, permettendole di tornare a camminare, con l’aiuto di un deambulatore.
Un futuro da cui ci separano “anni, ma non decenni – evidenzia all’Adnkronos Salute – Mi piacerebbe vedere i miei allievi che tutti i giorni operano un paziente di questo tipo. E penso che sia realistico, però come sempre per fare grandi cose bisogna sognare e avere la determinazione per realizzare i sogni. Questo – puntualizza il professore ordinario dell’università Vita-Salute San Raffaele – oggi non è più un sogno, l’abbiamo fatto, è sotto gli occhi di tutti. E’ una realtà. Partiamo da qui per chiedere soprattutto risorse umane. Perché il problema non è la risorsa tecnologica, quella arriva. La tecnologia ormai nell’elettronica fa passi avanti impressionanti. In questo momento dobbiamo avere gli ingegneri, i riabilitatori, i chirurghi giusti” per questo tipo di attività. “E’ la sfida: se tutto questo diventerà un nuovo campo della neurochirurgia, bisognerà educare dei gruppi di persone con specialità e conoscenze diverse a lavorare assieme, e avere anche uno stile di lavoro diverso, più di squadra che individualista”.
Per il neurostimolatore midollare, spiega Mortini, “abbiamo usato degli strumenti tecnologici che sono già in uso con altre indicazioni (dolore cronico), quello che è variabile è la modalità di funzionamento di questi elettrodi nel midollo e la programmazione di questo stimolatore, che è come un pacemaker di quelli che si usano per le malattie cardiologiche: manda un segnale che è uno stimolo elettrico su questi elettrodi posizionati chirurgicamente sul midollo con un delicato intervento”.
La programmazione di questo stimolatore “avviene a cura di un gruppo di ingegneri dedicati che stabiliscono, in base a una serie di algoritmi matematici, la successione e l’intensità della stimolazione, perché a ogni tipo di stimolazione corrisponde l’attivazione o disattivazione di un gruppo muscolare. Lo stimolo che arriva al midollo è una corrente elettrica che va poi a passare attraverso i nervi e da lì ai muscoli. E’ il primo caso che trattiamo così in Italia. Ci sono già esperienze molto limitate negli Stati Uniti e in Svizzera con alcune varianti”, illustra lo specialista.
“Il nostro Irccs – aggiunge – riesce a concentrare le esperienze necessarie: chirurgica, neurofisiologica, neurologica, riabilitativa. C’è un team di una trentina di persone che lavora su questa paziente da diverse settimane. E’ un classico esempio di come un lavoro d’équipe porta a risultati molto incoraggianti”.
Per questo importante progetto, sottolinea Mortini, “abbiamo la fortuna di collaborare con gli ingegneri della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, veri cervelli con i quali impariamo tante cose e ci scambiamo un sacco di informazioni. Stiamo praticamente convivendo assieme da circa due mesi”, sorride. Loro ci mettono l’ingegneria, il San Raffaele la parte medica. “La medicina – riflette Mortini – ci insegna che i grandi passi sono sempre stati fatti quando uno specialista guarda fuori dal suo campo, a una disciplina diversa, perché da questo confronto nasce sempre un’idea che gli altri non hanno o che tu non hai”. Ovviamente “la meta decisiva è che un protocollo di ricerca clinica avanzata diventi una terapia – ragiona l’esperto – Come con i pacemaker: i primi montati decine di anni fa erano considerati sperimentali, adesso praticamente in ogni famiglia c’è qualcuno che lo porta in maniera assolutamente normale”.
Nel futuro potrebbero diventare comuni queste applicazioni basate su ponti cervello-computer? “Sì – risponde Mortini – Voglio pensare all’utilizzo di queste tecnologie solamente per le funzioni motorie, esiste anche qualche applicazione per la vista, non oso pensare ad altre applicazioni. Mi concentrerei su queste cose semplici e importanti per la vita delle persone. Se cominciamo a immaginare di cambiare il carattere di una persona con la stimolazione cerebrale entriamo in un capitolo che è molto pericoloso”.
Salute e Benessere
Iss, un terzo adolescenti fuma sigarette, e-cig o tabacco riscaldato


Non ha perso il vizio del fumo il 20,5% degli italiani con più di 15 anni: ben 10,5 milioni di fumatori, il 25,1% degli uomini e il 16,3% delle donne. Sono in calo rispetto al passato, ma aumenta il numero di sigarette aspirate. Non solo. I fumatori diventano policonsumatori e l’allarme riguarda soprattutto gli adolescenti: più di un terzo degli studenti tra 14 e 17enni che assumono nicotina, utilizza uno dei prodotti disponibili sul mercato, e una quota consistente li usa tutti. Questa la fotografia scattata dal Rapporto nazionale sul tabagismo dell’Istituto superiore i sanità, diffuso alla vigilia della Giornata mondiale senza tabacco di domani, promossa dall’Oms.
In media si fumano 12,2 sigarette al giorno e un quarto dei fumatori supera le 20. Si fuma di più al Sud (29,7% uomini e 18,9% donne) rispetto al centro (23,0% uomini e 12,5% donne) e l’età media dei fumatori è 46,7 anni. In generale, l’81,1% consuma sigarette confezionate, l’11,2% sigarette fatte a mano, il 14% prodotti a tabacco riscaldato e il 5% e-cig.
A preoccupare è soprattutto il consumo negli adolescenti (indagine Iss-Explora). Il 36,6% degli studenti nella fascia 14-17 anni e il 9,6% tra 11 e 13 consuma almeno un prodotto tra sigaretta tradizionale, e-cig o tabacco riscaldato (almeno una volta nel mese precedente la survey). Contrariamente agli adulti, tra i giovani il consumo è più diffuso tra le ragazze. Tra i 14-17enni che fumano tabacco o nicotina, il 38,7% è un ‘policonsumatore’, utilizza cioè più di un prodotto, mentre il resto del campione si divide quasi equamente tra consumatori esclusivi di sigarette tradizionali e di sigarette elettroniche. Gli adolescenti che consumano tabacco o prodotti contenenti nicotina hanno anche una maggiore propensione all’assunzione di alcol e altre sostanze, e hanno maggiori fragilità a livello emotivo e nei rapporti con scuola e famiglia.
Nella fascia 14-17 anni l’80,3% di chi consuma tabacco o nicotina ha assunto alcol nell’ultimo mese, contro il 37,5% di chi non ne fa uso. Nei consumatori è molto più alta anche la percentuale di chi ha dichiarato di aver assunto cannabis o sostanze psicoattive o di aver preso ansiolitici nell’ultimo mese. Il 68,3% di chi consuma tabacco o nicotina dichiara una cattiva qualità del sonno rispetto al 48,4% di chi non ne fa uso. Più alta è anche la percentuale di chi ha difficoltà a parlare con i genitori, di chi ha peggiori prestazioni scolastiche (bocciato o con un rendimento scolastico più basso della media della classe) e di chi ha un uso problematico dei social.
“E’ necessario monitorare tutti i prodotti in commercio contenenti tabacco e/o nicotina – sottolinea Simona Pichini, che dirige il Centro nazionale Dipendenze e doping dell’Iss – Questo perché si tratta di dispositivi che creano dipendenza in persone molto giovani, che non dovrebbero né utilizzarli né comprarli, e che espongono i ragazzi a sostanze nuove e in quantità che non sono controllabili”.
“Alla luce dei risultati delle indagini condotte sui giovani, sono preoccupanti i dati sui consumi dei nuovi prodotti – spiega Luisa Mastrobattista, ricercatore del Centro nazionale Dipendenze e doping dell’Iss – in quanto tra coloro che consumano almeno un prodotto contenente tabacco o nicotina, l’83,6% degli 11-13enni e il 59,8% dei 14-17enni usa la sigaretta elettronica e il 9,9% degli 11-13enni e il 33,2% dei 14-17enni consuma tabacco riscaldato”. “E’ importante – commenta il presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro – potersi avvalere delle ultime evidenze scientifiche disponibili per poter orientare le scelte dei cittadini”.
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Troppo smog, Consulcesi lancia azione legale collettiva ‘Aria Pulita’

Tortorella, 'presa di coscienza dei cittadini per trovare soluzione'

L’inquinamento è un’emergenza sanitaria globale, per questo motivo occorre garantire a tutti il diritto a vivere in un ambiente salubre, sancito dalla Corte di Giustizia Europea. Parte da qui l’azione collettiva ‘Aria Pulita’, lanciata da Consulcesi all’evento ‘Liberi di respirare’ organizzato da Consulcesi Group in vista della Giornata mondiale dell’ambiente del 5 giugno. Si tratta di “un’azione legale – spiega Marco Tortorella, legale di Consulcesi – che ha lo scopo di accertare la violazione del diritto a vivere in un ambiente salubre, con conseguente richiesta di risarcimento del danno, in favore dei residenti delle zone in cui è stato accertato il superamento dei limiti delle particelle inquinanti contenute nell’aria ambiente”.
L’azione legale “rappresenta la presa di coscienza dei cittadini come stimolo a trovare soluzione – sottolinea Tortorella – Inoltre, è anche l’occasione per spingere le istituzioni affinché intervengano per porre rimedio a tale intollerabile situazione che, nonostante la condanna da parte della Corte di Giustizia Europea, continua a perpetrarsi”.
I cittadini che possono aderire alla nuova iniziativa legale – riferisce una nota – sono tutti i residenti delle zone dove si sono verificate le violazioni, a prescindere dall’aver subìto un danno alla salute. Basterà dimostrare la propria residenza per almeno 1 anno nel periodo compreso tra il 2008 e il 2018, lo stesso per il quale la Corte di Giustizia europea ha accertato la violazione dei limiti, in uno o più dei territori coinvolti. In totale, Consulcesi stima che siano 3.384 i Comuni italiani compresi nelle violazioni accertate dall’Europa per un totale di più di 40 milioni di residenti.
Salute e Benessere
Per dormire bene serve ridurre lo stress


Viviamo un’epoca in cui lavoro e tempo libero si confondono, lo smart working ha letteralmente trasformato in uffici le nostre case, sempre più importante oggi non accumulare troppo stress e quindi ritagliarsi del tempo per “scollegarsi” e riposare. Lo stress fa dormire male e può cronicizzare l’insonnia, si stima che ogni anno almeno 12 milioni di italiani hanno problemi di insonnia e negli ultimi anni la tendenza è in rialzo…
Dormire è fondamentale per il nostro benessere, attraverso un sano sonno il corpo e la mente si rigenerano, facendoci svegliare pieni di vitalità in uno stato di benessere psicofisico ottimale. Durante il sonno e più precisamente nelle fasi di sonno profondo, scarichiamo lo stress mentale e tutto l’organismo attiva tutta una serie di processi essenziali per il nostro equilibrio: tra i più importanti vi è il recupero energetico attraverso il metabolismo, la regolazione delle difese immunitarie, la risposta antinfiammatoria, persino la pelle diventa più luminosa ed elastica…
Le cause riconducibili ai problemi di sonno sono difficili da individuare con chiarezza, perché le componenti sono in gran parte soggettive, legate alla sfera personale, ma ci sono anche fattori causati da “questioni oggettive” disturbi come un mal di testa o dolori come il classico il mal di schiena…
In generale lo stress è il primo fattore a minare il sonno, quando infatti si è troppo sotto pressione possiamo accusare anche sintomi fisici come dolore intestinale o alla schiena…
Lo stress inizia a farsi sentire principalmente la sera o in generale quando stacchiamo da un lavoro, poiché è la nostra risposta psicofisica a compiti emotivi, cognitivi o sociali che percepiamo come eccessivi – troppi pensieri, che se negativi possono portare anche stati di ansia lieve.
Ansia e stress serali sono due elementi da non sottovalutare in quanto possono creare un circolo vizioso con l’insonnia.
Sono stressato, ho troppi pensieri e paure, non dormo, il giorno dopo sarò ancora più stanco e stressato… dopotutto la vita frenetica dell’uomo moderno non aiuta.
Elemento fondamentale per un sonno di qualità è il materasso che usiamo, che deve sostenere il nostro corpo facilitandone il rilassamento.
Importante che mantenga la naturale curvatura della colonna vertebrale e che rilassando la schiena allevi dolori e tensioni muscolari.
Le generazioni precedenti di materassi erano definiti “ortopedici” oggi grazie alle zone a portanza differenziata ed i materiali più evoluti come le molle insacchettate o le schiume memory, abbiamo i materassi “ergonomici”, tra questi spunta il materasso zenO sport che grazie ai suoi 3 livelli di memory super traspiranti su una base ergonomica a 7 zone differenziate riesce a sostenere il corpo riducendo la pressione nei punti più sporgenti e grazie al tessuto innovativo in graphene biobased bilancia la carica elettrostatica accumulata, riducendo lo stress cellulare.
Quel meccanismo interno, come un orologio, che sincronizza le funzioni fisiologiche con il ciclo sonno/veglia luminosità e oscurità.
La ritmicità è creata da “orologi” molecolari, la cui attività genera cambiamenti nella nostra fisiologia con una periodicità di circa un giorno.
Lo stress non è da sottovalutare, poiché crea facilmente uno scompenso a questo nostro bio-ritmo che regola la produzione ormonale e molte attività del nostro corpo.
Il ritmo circadiano è strettamente correlato al sistema endocannabinoide ”ECS”, tutti gli organi che hanno al loro interno questo “orologio molecolare” sono influenzati dai livelli e stimolazione di cannabinoidi endogeni ed i fitocannabinoidi, processi fisiologici come: ritmo sonno-veglia, regolazione della temperatura corporea, senso di sazietà, apprendimento e memoria, risposta antinfiammatoria, regolazione metabolica ed ormonale…
Come viene dettagliatamente spiegato dal team Greenorganics il sistema endocannabinoide è un sistema di comunicazione tra le cellule che dal sistema nervoso centrale si dirama alle aree periferiche del nostro organismo, è composto da recettori – endocannabinoidi – enzimi ed ormoni.
Gli organi che hanno al loro interno “l’orologio molecolare” sono influenzati dai livelli e stimolazione di cannabinoidi sia essi siano endogeni o fitocannabinoidi, tutti processi fisiologici come: ritmo sonno-veglia, regolazione della temperatura corporea, senso di sazietà, apprendimento e memoria, risposta antinfiammatoria, regolazione metabolica ed ormonale…
Per esempio l’anandamide, un cannabinoide endogeno, prodotto dal nostro organismo diminuisce la veglia ed aumenta il sonno profondo e fase REM.
Per quel che riguarda il sonno, esiste una connessione tra i due sistemi direttamente nella ghiandola pineale, dove viene sintetizzata e rilasciata la melatonina, l’ormone del sonno, questo implica che uno squilibrio a questi sistemi, che sono facilmente inibiti dall’eccessivo stress può portarci a passare delle notti in bianco.
Non è un caso che quando si è particolarmente sotto pressione il cortisolo prodotto dal corpo in risposta allo stress, inibisce la quantità di melatonina e serotonina (ormone della felicità) rendendoci più difficoltoso addormentarsi.
In conclusione è bene acquisire una routine quotidiana di rilassamento personale attraverso esercizi come meditazione o yoga, oppure aggiungere alla nostra dieta integratori naturali che possano agire nel ridurre lo stato di stress.
Salute e Benessere
Dolomia lancia prima crema contro il digital aging

Emulsione 24/7 con tre estratti puri vegetali: cellule native di melissa, estratto di abete rosso ed estratto di radice di tarassaco
Dolomia lancia Emulsione 24/7, prima crema contro il digital aging. “Gli strumenti digitali d’uso quotidiano come smartphone, pc e televisori sono tra i responsabili dei danni visibili alla pelle provocando risposte biologiche alterate che ne indeboliscono la struttura e provocano un’accelerazione dei processi di aging – sottolinea il brand -. Il risultato è una pelle spenta, segnata, disomogenea e sensibilizzata fin da giovanissimi. A provocarli è la temutissima luce blu. Dalla ricerca fitocosmetica Dolomia, specialista nella protezione anti-inquinamento, nasce una formula che contrasta l’invecchiamento cutaneo facendo ricorso agli estratti più virtuosi della flora che cresce sulle Dolomiti”.
Al cuore della formula, tre estratti puri vegetali: cellule native di melissa, estratto di abete rosso ed estratto di radice di tarassaco, quest’ultima fra i più efficaci anti-age in natura. Il fitocomplesso agisce al cuore della cellula innescando il Natural Balance: ciclo continuo di detossificazione e ossigenazione della pelle che riattiva il fisiologico processo antietà.
Salute e Benessere
Esperti Sima, ‘8 italiani su 10 respirano aria malsana’

Cresce mortalità per malattie cardiovascolari e respiratorie

Otto italiani su dieci respirano aria “malsana”. A lanciare l’allarme sull’aumento della mortalità per malattie cardiovascolari e respiratorie sono gli esperti della Sima – Società italiana di medicina ambientale. I dati sono stati illustrati oggi all’evento ‘Liberi di respirare’ organizzato da Consulcesi Group in vista della Giornata mondiale dell’ambiente del 5 giugno.
Che aria respirano gli italiani e più in generale gli abitanti dell’Europa? A scattare una fotografia della situazione, e a proporre possibili soluzioni, è la stessa Sima durante l’incontro che ha visto la partecipazione di numerosi esponenti istituzionali e scientifici, tra i quali Fabio Massimo Castaldo, vicepresidente del Parlamento europeo; Roberto Monaco, segretario generale Fnomceo; Veronica Manfredi, direttrice della Zero Pollution Strategy della Commissione Europea; Pier Mannuccio Mannucci, professore emerito di Medicina interna dell’Università di Milano, e David Korn, dirigente medico Pronto soccorso pediatrico e responsabile dei progetti di Digital Health del Policlinico Gemelli Irccs. Nel corso della giornata, Consulcesi ha anche lanciato la prima causa legale collettiva sul tema ‘Aria Pulita’.
Secondo gli esperti Sima circa l’81% della popolazione della Ue respira un’aria con una concentrazione di polveri sottili superiore alle soglie di sicurezza sanitaria fissate dall’Oms già nel lontano 2005. Applicando invece gli attuali limiti di legge, solo il 21% degli europei si trova in una situazione di rischio per la salute legata agli sforamenti di Pm10 e Pm2.5, ma lo stesso discorso vale anche per gli ossidi di azoto. “La questione è ancora più preoccupante perché le soglie di sicurezza sanitaria Oms sono state più che dimezzate nel 2021 – commenta Prisco Piscitelli, epidemiologo e vicepresidente Sima – La rete di monitoraggio della qualità dell’aria, capillarmente distribuita in tutte le nostre regioni, è tarata su limiti di legge, fissati dall’attuale Direttiva europea sulla qualità dell’aria in corso di revisione, che oggi risultano quindi tre volte superiori alle soglie protettive per la nostra salute, rendendo quindi necessaria una maggiore attenzione alla lettura sanitaria dei dati ambientali”.
Sima allerta la popolazione anche sui rischi per la salute connessi all’inquinamento: “L’impatto è diretto ed è oggi ben quantificabile: per ogni incremento di 10 microgrammi su metro cubo delle concentrazioni medie annuali di polveri sottili, osserviamo un aumento della mortalità generale per tutte le cause pari al 7%”. Nello specifico, prosegue Piscitelli, “aumenta del 10% la mortalità per le malattie cardiovascolari o cause respiratorie, mentre l’incidenza di infarti sale del 26%. Ma un’associazione con l’aumento delle polveri sottili è dimostrata anche per il rischio di demenze e disturbi del neurosviluppo come l’autismo. Il problema è tanto più grave dal momento che non ci si può difendere dall’aria che si respira ed è possibile registrare incrementi anche più alti di 10 microgrammi su metro cubo in alcune zone d’Europa come la Pianura padana”.
“È necessario un grande piano di azione per la mitigazione dell’inquinamento atmosferico – sostiene Alessandro Miani, presidente della Sima – partendo dalla Pianura Padana, che presenta forti criticità, espressamente evidenziate dall’ultimo rapporto sulla Qualità dell’aria dell’Agenzia europea per l’ambiente: avviare subito interventi fondati sull’utilizzo di coating fotocatalitici trasparenti al biossido di titanio a base etanolo, che hanno scientificamente dimostrato capacità di ridurre gli inquinanti dell’aria in sottoprodotti innocui per la salute umana, applicandoli sulle superfici murarie e vetrate degli edifici pubblici e privati. E ancora: implementare il verde urbano e peri-urbano con specie a bassa impronta idrica e alta capacità di filtrazione ed assorbimento, sarebbe utile anche a mitigare gli effetti sulla salute delle isole di calore urbano nelle città”.
“Un ulteriore possibile percorso operativo – prosegue – è quello di rimodulare gli interventi del Pnrr fermando i finanziamenti a pioggia ad una molteplicità di micro-progetti per puntare con decisione su interventi strutturali per la mitigazione dell’inquinamento atmosferico e dei cambiamenti climatici, concentrando ogni risorsa su grandi investimenti pubblici per le energie rinnovabili e la sostituzione dei riscaldamenti domestici, maggiori responsabili delle emissioni di polveri sottili in atmosfera, in modo da avere ricadute durature e positive sulla nostra salute”.
Dati alla mano, Eduardo Missoni, professore di Global Health Sda-Bocconi, lancia un appello proprio nella giornata conclusiva dell’annuale assemblea generale dell’Oms a Ginevra: “È assolutamente prioritario che l’Oms dedichi più risorse alla lotta contro l’inquinamento atmosferico in particolare, potenziando i grandi sforzi fatti finora dal suo Dipartimento Ambiente e salute, diretto dalla dottoressa Maria Neira. Siamo di fronte ad una emergenza con un enorme impatto a breve e lungo termine: ciò richiede il massimo impegno possibile, mettendo in campo risorse umane e finanziarie paragonabili a quelle impiegate nel corso della pandemia, per controllare i determinanti sociali ed economici dell’inquinamento, puntando progressivamente ad un vero e proprio cambio di paradigma rispetto all’attuale modello di sviluppo socio-economico”.
A pochi giorni dalla Green week europea che si terrà a Bruxelles la prossima settimana, l’appello all’Europa e agli Stati membri è quello di “recepire le Linee guida Oms 2021 nella nuova direttiva sulla qualità dell’aria a tutela della salute pubblica. La riduzione dell’inquinamento atmosferico richiede un’azione immediata”, chiosa Missoni.
Salute e Benessere
Salute, Sacco (Sin): “Cefalea per 7 mln italiani, un aiuto da gepanti e monoclonali”

'Farmaci che possono tenere sotto controllo l'emicrania per la quale non esiste una cura definitiva'

“Sono tra i 6 e i 7 milioni gli italiani colpiti da cefalea. La prevalenza è del 25% nell’età giovane-adulta e nel sesso femminile”, questo vuol dire che “nelle donne tra i 30 e i 45 anni quasi una su 4 soffre di emicrania che è la forma più comune di cefalea. Per questa patologia non esiste cura definitiva, ma farmaci gepanti e anticorpi monoclonali possono ridurre la gravità degli attacchi e la frequenza con cui si verificano”. Così Simona Sacco, professoressa di Neurologia dell’Università degli Studi dell’Aquila, della Società italiana di neurologia (Sin), nella nona puntata della rubrica mensile ‘Proteggi il tuo cervello, affidati al neurologo’, dedicata alle malattie neurologiche non più appannaggio dei Paesi occidentali. Il progetto, nato dalla collaborazione tra la Sin e l’Adnkronos, ha come obiettivo quello di aumentare la conoscenza sulle patologie neurologiche e sulla figura del neurologo, ma anche e soprattutto sensibilizzare la popolazione ad affidarsi alle cure di questo specialista nel momento in cui compaiono i primi sintomi.
“Cefalea ed emicrania non sono la stessa cosa – chiarisce Sacco, che è anche direttrice Uoc di Neurologia e Stroke Unit Avezzano Sulmona – Cefalea è infatti un temine generico che vuol dire mal di testa, mentre l’emicrania”, di cui soffre il 12% della popolazione, “rappresenta una tipologia specifica di cefalea. Esistono tante forme cefalea, di cui l’emicrania è una delle più comuni”. I sintomi principali dell’emicrania sono “la cefalea, quindi un dolore molto forte alla testa che può essere da moderato a forte, un dolore generalmente unilaterale, in alcuni casi anche bilaterale – sottolinea l’esperta – e generalmente al dolore si associa un fastidio per la luce, per i rumori, nausea, episodi di vomito profuso e durante gli attacchi di cefalea c’è anche un’intolleranza allo sforzo fisico”.
La cefalea, oltre a essere una patologia molto diffusa, in alcuni casi può causare conseguenze anche invalidanti, per questo motivo per chi ne soffre diventa difficile compiere le più semplici attività in casa, in famiglia come al lavoro. “Se si soffre di cefalea – evidenzia Sacco – il primo punto di riferimento è il medico di medicina generale che è in grado di fare diagnosi di emicrania e di gestire le forme meno complesse della patologia. Quando invece la patologia diviene più complessa da gestire, quindi invalidante, è bene rivolgersi a degli specialisti del settore che generalmente si trovano in una struttura ospedaliera dove sono presenti i centri cefalee”.
Grazie ai farmaci a disposizione, “come gli anticorpi monoclonali e i gepanti”, un gruppo di farmaci per il trattamento e la profilassi dell’emicrania che hanno fatto la loro comparsa in tempi relativamente recenti, “siamo in grado di ridurre la frequenza con cui gli attacchi si verificano e ridurre anche la gravità degli attacchi”, rimarca Sacco.
Non solo: “C’è poi l’ampliamento dell’utilizzo degli anticorpi monoclonali all’età dello sviluppo, sotto i 18 anni, per ragazzi giovani che soffrono della patologia e che potrebbero trarre grandi benefici da queste cure”, conclude la neurologa.
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Medicina, un sensore flessibile lavorato a maglia per monitorare ginocchio

Un dispositivo indossabile in maglia progettato per il monitoraggio continuo dell’articolazione del ginocchio in grado di combinare l’acquisizione di dati al comfort dell’utente. A sviluppare il dispositivo è stato un team formato dai ricercatori University of Technology and Design (Sutd) di Singapore, in collaborazione con SingHealth Polyclinics (Singapore). Il lavoro è stato pubblicato su ‘Advanced Healthcare Materials’. “La maggior parte degli approcci esistenti richiede che il tessuto conduttivo sia attaccato esternamente agli indumenti degli utenti o ad altri oggetti non conduttivi attraverso tecniche manuali come la cucitura o la saldatura termica – spiegano i ricercatori -. Questo sensore indossabile completamente lavorato a maglia mira a monitorare la salute delle articolazioni in tutta comodità”.
Per arrivare al risultato finale, il team ha smesso di provare ad aggiungere tessuto conduttivo agli indumenti esistenti e invece “ha lavorato a maglia il dispositivo da zero come un unico tessuto, utilizzando una macchina per maglieria industriale con il controllo computerizzato. Queste macchine – ricordano i ricercatori – sono analoghe alle stampanti 3D multi-materiale, possono infatti integrare senza problemi più filati in vari modelli e densità di punti in un singolo tessuto tridimensionale”. Il dispositivo è stato poi collegato ad una scheda tecnologica Arduino Nano 33 Ble Sense e si è dimostrato in grado di tracciare con precisione i movimenti attraverso l’estensione e la flessione della gamba, mentre si cammina, facendo jogging e salendo le scale.
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Medicina, è morto Harald zur Hausen, Nobel che ha scoperto legame virus-cancro


Il virologo tedesco Harald zur Hausen, Premio Nobel per la Medicina 2008 “per avere scoperto il virus del papilloma umano come agente eziologico del carcinoma del collo dell’utero”, è morto domenica 28 maggio a Heidelberg all’età di 87 anni. Zur Hausen è stato il direttore dell’Istituto di virologia dell’Università di Friburgo e dal 1983 al 2003 direttore scientifico e presidente del Centro tedesco per la ricerca sul cancro di Heidelberg, che ha annunciato la sua scomparsa. Il virologo si è dedicato in particolare allo studio dei legami tra le infezioni virali e lo sviluppo di specifici tipi di tumore. A partire dai primi anni Settanta ha focalizzato la sua ricerca sul ruolo dei virus nell’insorgenza del tumore della cervice uterina, giungendo con la sua équipe di lavoro a isolare alcuni tipi di Papillomavirus umano (Hpv, Human Papilloma Virus) come agenti eziologici del carcinoma della cervice.
La scoperta di Harald zur Hausen, insieme alle sue successive ricerche sull’immunogenicità dell’Hpv, ha aperto la strada allo sviluppo (2006) di un vaccino contro il papillomavirus, la cui trasmissione avviene per via prevalentemente sessuale. Già insignito di numerosi premi nazionali e internazionali, ha ricevuto nel 2008 il Premio Nobel per la fisiologia o la medicina per aver individuato il ruolo dell’Hpv (Human Papilloma Virus) nell’insorgenza del tumore alla cervice uterina. Il virologo tedesco ha condiviso il Nobel con Luc Montagnier e Françoise Barré-Sinouss, che sono stati però premiati per la scoperta del virus Hiv.
Nato a Gelsenkirchen (Germania) l’11 marzo 1936, Harald zur Hausen Ha studiato Medicina presso le Università di Bonn, Amburgo e Düsseldorf conseguendo il master nel 1960. Dopo il tirocinio ha lavorato come ricercatore all’Istituto di Microbiologia di Düsseldorf, quindi nei laboratori di virologia del Children’s Hospital di Filadelfia, dove è stato successivamente nominato professore aggiunto. Nel 1972 è stato nominato direttore e professore di virologia all’Università di Erlangen-Norimberga. Nel 1977 si era trasferito all’Università di Friburgo e nel 1983 fu nominato direttore scientifico del Centro tedesco per la ricerca sul cancro di Heidelberg, incarico che ha mantenuto per vent’anni. Ha ricoperto diversi incarichi speciali, tra cui quello di presidente dell’Organizzazione dei Centri di ricerca europei sul cancro tra il 1993 e il 1996.
Harald zur Hausen ha ricevuto numerosi riconoscimenti: il Robert-Koch-Price, il Charles S. Mott Price della General Motors Cancer Research Foundaton, il Federation of the European Cancer Societies Clinical Research Award, il Prince Mahidol Award a Bangkok, il Raymond Bourgine Award a Parigi, il Coley-Award a New York, il Life Science Achievement Award dell’American Association per la ricerca sul cancro a San Diego. Gli sono stati assegnati 12 dottorati onorari. È membro eletto presso diverse Accademie (Leopoldina, Heidelberg Academy of Sciences, Polish Academy of Sciences, Venezuela National Academy of Medicine, American Philosophical Society, Institute of Medicine of the National Academy of Sciences – Usa, National Academy of Sciences, sempre negli Usa) ed è inoltre diventato membro onorario di molte società biomedico-scientifiche.
Dal 2000 al 2009 zur Hausen è stato caporedattore dell'”International Journal of Cancer” e in quel periodo è stato componente del Consiglio di amministrazione dell’Unione internazionale contro il cancro. Dal 2003 al 2010 è stato vice presidente della German National Academy for Natural Sciences and Medicine Leopoldina a Halle. Il lavoro di ricerca di Harald zur Hausen si è da sempre incentrato sulle cause virali del cancro. Nella prima parte della sua carriera scientifica si è interessato del ruolo del virus Epstein-Barr nei linfomi di Burkitt ed in altri tumori. Nel 1976 la sua importante scoperta: dopo anni di ricerche riesce a dimostrare il ruolo dello Human papilloma Virus (Hpv) nell’eziologia del tumore della cervice uterina, il secondo tumore più comune nella popolazione femminile mondiale.
I risultati delle ricerche condotte dal professor zur Hausen, accolte inizialmente con un certo scetticismo, hanno contribuito allo sviluppo di test diagnostici utilizzabili per lo screening del tumore del collo dell’utero e, più recentemente, di un vaccino preventivo contro l’Hpv. Le applicazioni cliniche di tali scoperte sono particolarmente rilevanti in termini di salute pubblica, soprattutto nei paesi in via di sviluppo dove il cancro del collo dell’utero è la principale causa di morte per tumore nelle donne.
Salute e Benessere
Sma, tappa a Torino per ‘SMAnia di sport’ con i consigli degli esperti

Città della Salute e della Scienza e Biogen insieme per il benessere e l’inclusione dei pazienti

Promuovere il benessere e l’inclusione sociale delle persone con atrofia muscolare spinale (Sma) attraverso lo sport. È questo l’obiettivo di ‘SMAnia di sport’, iniziativa al via lo scorso 26 maggio con tappa al Sermig di Torino. L’incontro – organizzato da Biogen, in collaborazione con gli esperti di malattie neuromuscolari della Città della Salute e della Scienza di Torino, con il patrocinio delle Associazioni dei pazienti, Asamsi, Famiglie Sma, Uildm, e del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino e della Consulta malattie neuromuscolari Piemonte e Val D’Aosta – si è rivolto a tutte le persone con Sma appassionate di sport o interessate a scoprire nuove discipline da praticare e ai loro familiari. Tra i partecipanti, alcuni esponenti del Comitato paralimpico italiano, che hanno condiviso una testimonianza sul valore dello sport come strumento fondamentale di inclusione sociale per le persone con ogni tipo di disabilità, a partire da quelle motorie.
L’idea di fondo che ha ispirato Biogen, azienda leader nelle neuroscienze – si legge in una nota – a trattare il tema dello sport nell’ambito delle malattie neuromuscolari, nasce dal fatto che l’attività fisica è molto più che una semplice pratica per mantenersi in salute ma è anche espressione dell’individualità, un modo di affermare ed esplorare le proprie capacità e, di conseguenza, un importante strumento di inclusione sociale.
“Sono numerosi gli studi che, negli ultimi anni, hanno analizzato i benefici dell’allenamento costante e dell’attività fisica per il miglioramento o il mantenimento delle capacità motorie nelle persone con malattie neuromuscolari come la Sma – afferma Tiziana Mongini, responsabile Centro Malattie neuromuscolari Aou Città della Salute e della Scienza di Torino – In generale, sono sempre consigliati nuoto o altre attività in acqua, allenamento in bicicletta a bassa resistenza, mentre è opportuno evitare sport di contatto o che includano l’utilizzo di pesistica o di macchine per il fitness. Raccomandiamo, invece, gli sport con ausili, come l’hockey o il calcio in carrozzina o anche gli e-sports, soprattutto le attività ibride tramite interfacce virtuali”.
Per quanto riguarda gli adulti con Sma, “ci sono sempre più evidenze che supportano l’introduzione di esercizi aerobici e, in alcune occasioni, di allenamenti ad alta intensità, pensati ‘su misura’ per le esigenze di ciascuno e da praticare sotto supervisione – sottolinea Giuseppe D’Antona, professore associato in Scienza dello sport e dell’attività fisica presso la Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università di Pavia – Queste attività hanno dimostrato di portare benefici a livello muscolare e cardiovascolare ma, soprattutto, psicologici e sociali, garantendo maggiore consapevolezza e inclusione sociale per chi le pratica. È quindi importantissimo condividere queste informazioni con i pazienti e con i professionisti sanitari, perché sono ancora molte le persone con malattie neuromuscolari confinate in un circolo vizioso di inattività fisica”.
La Sma è una delle malattie neuromuscolari “più frequenti in età pediatrica – spiega Federica Ricci, neuropsichiatra infantile presso l’Aou Città della Salute e della Scienza – per chi è affetto da questa patologia è fondamentale cominciare al più presto a praticare attività fisica, oltre alla riabilitazione neuromotoria, come momento di gioco e di socialità. Tale pratica potrà creare le giuste premesse per far sì che l’attività sportiva diventi una buona abitudine o, ancor meglio, una passione da coltivare con costanza anche in età adulta”. Il terapista “dovrà tenere conto della fase specifica di malattia, promuovendo la deambulazione in sicurezza e, quando necessario, l’introduzione di ausili alla motricità che favoriscano l’indipendenza e assicurino al tempo stesso la corretta postura – rimarcano Enrica Rolle e Francesca Rossi, terapiste della Neuro e psicomotricità dell’età evolutiva presso l’Aou Città della Salute e della Scienza di Torino – Quando si tratta di bambini, poi, è importantissimo incoraggiarli a partecipare alle attività spontanee di gioco motorio, sia a scuola che nel tempo libero, rassicurando i genitori sui benefici che il movimento può portare anche da un punto di vista psicologico e sociale”.
“Per una corretta gestione delle patologie neurologiche – commenta Giuseppe Banfi, Amministratore delegato di Biogen Italia – è fondamentale un approccio multidisciplinare, che prenda in considerazione l’impatto che queste malattie hanno su diversi aspetti che influenzano la qualità di vita, come anche lo sport e l’attività fisica. Supportare chi convive con patologie neuromuscolari come la Sma significa ascoltare i loro bisogni ed esigenze, andando oltre le terapie, per dare risposte concrete: per questo abbiamo sviluppato un progetto che dà la possibilità di esplorare e mettere in pratica le opportunità che la pratica sportiva offre, tanto per il benessere individuale quanto per una maggiore inclusione sociale”. L’iniziativa “SMAnia di sport” si pone in continuità con “SMAnia di gusto on the road”, vero e proprio percorso a tappe organizzato da Biogen in diverse città italiane per sensibilizzare le persone con Sma e i loro familiari sull’importanza di ritrovare il gusto della condivisione e della convivialità a tavola.
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