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Sanremo 2023, Schillaci al festival per appello a prevenzione tumori

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(Adnkronos) – Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, sarà presente domani alla terza serata del Festival di Sanremo. Secondo quanto apprende l’Adnkronos Salute, l’obiettivo è che i riflettori del Teatro Ariston possano accendersi anche sull’importanza della prevenzione oncologica, dell’adesione della popolazione agli screening anticancro, più che mai cruciale in questa fase in cui è prioritario recuperare i ritardi causati dalla pandemia di Covid-19 in termini di diagnosi, controlli, terapie e interventi mancati. 

La necessità di promuovere e consolidare una cultura della prevenzione fra gli italiani è un tema molto caro al ministro Schillaci, che sempre domani lancerà da Casa Sanremo al Palafiori la campagna #laprioritàseitu. L’evento, un talk show in programma dalle 10.30, sarà aperto da un saluto di Amadeus, direttore artistico del festival. Il dicastero di Lungotevere Ripa sarà presente a Casa Sanremo anche con uno stand informativo sui tre programmi di screening che riguardano i tumori al seno, al colon-retto e al collo dell’utero. 

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Droga sempre più ‘delivery’ e web, così cambia lo sballo post Covid

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(Adnkronos) – “Qualche mese fa mi ha telefonato una madre preoccupata per il figlio 15enne. Mi ha raccontato che il ragazzo prendeva allucinogeni e le aveva motivato questa scelta col fatto di aver letto numerosi articoli in cui c’era scritto che gli allucinogeni aumentano la plasticità cerebrale e vengono usati in modalità ‘microdosing'”, quantità piccole, “anche da persone importanti negli Usa. Aveva letto queste cose su Internet e poi era passato all’azione. Come capita con la cannabis, il messaggio che passa è: siccome queste sostanze possono essere terapeutiche, fanno bene e non male, e si costruisce una sorta di campagna alla fine della quale il prodotto va sul mercato e, se è legale o illegale, chi se ne frega”. Sono alcuni dei percorsi che portano verso il ‘mass market’ della droga.  

Dopo il Covid “è cambiato tutto”, racconta all’Adnkronos Salute Riccardo Gatti, direttore del Dipartimento area dipendenze dell’Asst Santi Paolo e Carlo di Milano, da anni al lavoro sul tema delle sostanze e delle dinamiche che portano al consumo. Per spiegare una di queste dinamiche parte dalla storia riportata dalla mamma di un adolescente. La pandemia ha ancora una volta inciso su scenari e meccanismi. “Anche il mercato delle droghe è molto cambiato: il ‘delivery’ delle sostanze è meglio organizzato di un tempo – evidenzia – Quando c’era il lockdown i venditori non potevano più” spacciare “nei luoghi di aggregazione, quindi si sono organizzati, hanno perfezionato qualcosa che già c’era, un servizio che un tempo era per il cliente di un certo tipo, la persona socialmente inserita e disposta a pagare di più, che si serve in privato e non in una piazza di spaccio. Quel servizio è stato perfezionato e adesso è più esteso”.  

Ed è poi “più facile acquistare prodotti in rete”, evidenzia Gatti. “E’ vero”, ammette, che sul web “c’è un lavoro di controllo e c’è il rischio che ti becchino. Però è anche vero che in un mare così grande di pesci ne passano cento”, per uno che si prende. “Contemporaneamente – aggiunge – notiamo che l’Europa sta diventando una destinazione sempre più importante di sostanze, è invasa da droghe e altre ne arriveranno”.  

“Da noi – rileva l’esperto – si sta diffondendo anche il consumo di crack. Una sostanza derivata dalla cocaina che ha un effetto devastante. Se non crolli fisicamente prima, il destino è un pericoloso stato di follia. Un incubo da cui è difficile uscire integri”. Alcune dinamiche c’erano anche prima del Covid, riflette Gatti: “Dopo la pandemia va considerato anche l’impatto dell’insicurezza sociale per tante persone. Non sono più gli anni spensierati dei ‘boomer’. C’è una specie di scollamento che favorisce situazioni di autocura. Alcuni fenomeni come il ‘chem sex’ sono segno di questa grande insicurezza: anche per fare cose normalmente piacevoli si sente il bisogno di additivi. Alterarsi in questo periodo difficile ad alcuni sembra essere una risposta, ed è pericoloso. Si aprono falle a vantaggio di mercati che diventano sempre più aggressivi”. 

Se “diminuiscono alcuni consumi e mode, attualmente tutto quello che può diventare sostanza psicoattiva – legale o illegale che sia – è potenzialmente oggetto di vendita e di consumo, legale o illegale che sia. Le persone sembrano improntate a fare questi consumi perché gli vengono proposti, non perché hanno bisogni particolari – continua Gatti – C’è chi lo fa per autocura, come detto, e c’è sempre l’emarginato e il deviato, ma il grosso dei consumi è di persone che pensano di fare un uso consapevole di qualcosa che gli piace e se la procurano. Quello che non è distribuito dal mercato illegale i ragazzi lo possono trovare anche in casa o sotto casa”.  

“Adeguarsi ai mercati in una sorta di conformismo” è qualcosa che, osserva il medico, “paghiamo a caro prezzo”. I numeri parlano. Oggi “c’è tanta gente che va nei Sert”, i servizi per le tossicodipendenze. “A Milano avremo un giro di persone che più o meno che si aggira sulle 10mila all’anno. Sono numeri che non fanno capire però che cosa c’è dietro. Perché quando le persone arrivano ai nostri servizi hanno già dei grossi problemi. Fra i nuovi arrivi del 2022, i numeri preponderanti sono tra i 18 e i 44 anni ma poi ci sono anche over 65 e altri nella fascia fra 55-64. Vediamo anche età abbastanza giovanili: il gruppo 18-24 è ben rappresentato ed è leggermente superiore ai 25-34enni ma direi che le età sono le più varie, abbiamo dai ragazzini agli anziani”. E c’è chi osserva che si è abbassata l’età in cui si comincia con la dipendenza.  

Gatti evidenzia che “un tempo il mercato degli stupefacenti vendeva a certe fasce di popolazione, ma il grosso ruotava intorno a quartieri a rischio, famiglie un po’ problematiche, persone un po’ devianti. Adesso non è più lì il cuore del problema: ci piace rappresentare i boschetti della droga, circondiamo le scuole di telecamere, ma in realtà il posto sicuro non c’è più”. Oggi “si può comprare dallo spacciatore, dall’amico che si mette in commercio. O sulla rete, dove con un minimo di preparazione si può trovare qualsiasi cosa, e non sai però se quella cosa ti arriva davvero o è altro, contraffatto. Poi c’è il giro delle ricette false per procurarsi farmaci che possono dare alterazione. Insomma, tutto cambia. E oggi si vende e si compra non più con i significati di 20-30 anni fa”.  

Per Gatti, contrastare questi fenomeni implica la necessità di “task force di esperti, modelli previsionali. Serve un lavoro più a lungo termine di strategia di comunicazione e interazione con la gente, che non stiamo facendo. Se negli Usa un tranquillante per animali chiamato xilazina (resistente tra l’altro ai trattamenti standard per l’inversione dell’overdose da oppioidi) viene usato per tagliare il fentanil illecito, con un impatto devastante, e lo si rileva in una quota crescente dei campioni di droga” che si intercettano, “il rischio che succeda anche qui in un mondo globalizzato c’è. E occorre prevedere e intervenire”. 

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Lancet: un malato su 10 lascia il lavoro per il long Covid. Sioot: “L’ossigeno-ozono terapia può aiutare ad affrontare il problema”

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(Adnkronos) – La Società italiana di Ossigeno Ozono Terapia annuncia il buon esito delle prime applicazioni del trattamento sulla patologia  

Bergamo, 22 marzo 2023. A tre anni dall’inizio della pandemia si stima che almeno 65 milioni di persone nel mondo soffrano di long Covid, ovvero di una “condizione multisistemica post-infezione debilitante”, che ha come sintomi comuni affaticamento, mancanza di respiro e disfunzione cognitiva. A riportare i numeri è un articolo pubblicato sull’autorevole rivista scientifica Lancet, secondo la quale “sebbene la maggior parte dei pazienti infettati da SARS-CoV-2 guarisca entro poche settimane, si stima che il long Covid si verifichi nel 10-20% dei casi e colpisca persone di tutte le età, compresi i bambini”.  

Il permanere dei sintomi legati al long Covid provoca criticità a più livelli nella vita delle persone. Si tratta, si legge ancora nell’articolo, di “un danno globale diffuso alla salute, al benessere e ai mezzi stessi di sussistenza delle persone: si stima che una persona su dieci che sviluppa il long Covid smetta di lavorare, con conseguenti ingenti perdite economiche”. Il tema, sottovalutato all’inizio della pandemia, appare invece decisamente importante. Al punto che la comunità scientifica internazionale si è attivata per studiare sia le cause del long Covid sia possibili rimedi, al momento in fase di sperimentazione.  

Le persone che soffrono di long Covid – il nome scientifico è Post Acute Sequelae of Sars-Cov-2 (Pasc) -mostrano affaticamento, dolore e disagio muscoloscheletrico, disturbi cognitivi e problemi sociali. Di recente, inoltre, è stato rilevato come la malattia abbia un impatto anche sui mitocondri delle cellule: la perdita del potenziale della membrana mitocondriale può essere un importante fattore causale di una sindrome post-Covid.  

Una soluzione, in questo senso, arriva dall’ossigeno e ozono terapia. La Società Scientifica di Ossigeno Ozono Terapia (Sioot), infatti, ha recentemente introdotto l’ozono come possibile terapia per il long Covid, con esiti incoraggianti, che seguono quelli riscontrati nel trattamento del Covid-19. A dimostrare l’efficacia dell’ossigeno-ozono terapia sono i dati relativi a 100 pazienti affetti da long Covid nella Clinica Tirelli Medical Group di Pordenone e nella Clinica Comunian di Gorle, in provincia di Bergamo, al momento in fase di pubblicazione. “Questo approccio – spiegano dalla Sioot – deve essere ulteriormente confermato ma è una possibilità, poiché l’immunologia e la biologia cellulare stanno valutando il ruolo dell’ozono nel ripristino della funzione dei mitocondri”. Questo e altri temi di attuale importanza saranno al centro dell’agenda del prossimo Congresso mondiale di Ossigeno Ozono-Terapia che si svolgerà a Roma dal 16 al 18 maggio 2024. 

Contatti: https://www.ossigenoozono.it/It/Home
 

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“Per ogni dollaro speso in vaccini se ne risparmiano 44”

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(Adnkronos) –
Per ogni dollaro speso in vaccini si risparmiano 16 dollari per le spese mediche e 28 dollari per costi indiretti legati alla produttività del lavoro: in totale 44 dollari. I dati di uno studio della Johns Hopkins University, che ha analizzato gli effetti degli investimenti in prevenzione sul contenimento della spesa sanitaria, sono stati presentati questa mattina a Roma in occasione dell’incontro ‘Investire sul futuro: la prevenzione vaccinale come volano di salute, benessere e sostenibilità’, presso il ministero della Salute. Durante il dibattito, promosso da Adnkronos insieme a Senior Italia Federanziani e Federsanità Anci, e realizzato in collaborazione con FB&Associati e con il contributo non condizionante di Gsk, istituzioni, stakeholder, clinici e associazioni dei pazienti hanno affrontano il tema della prevenzione nell’adulto come strategia economica, sociale e di salute pubblica per lo sviluppo del Paese, ribadendo il valore della prevenzione vaccinale come volano per la salute delle persone, il benessere di un invecchiamento attivo, i vantaggi di una società più produttiva.  

La prevenzione vaccinale – è emerso – può e deve essere considerata un investimento poiché consente un risparmio di costi diretti e indiretti che, nel medio e lungo termine, favorisce la sostenibilità del sistema sanitario e socio-economico del Paese. Basta leggere i risultati di una ricerca di Altems che ha considerato il numero di casi per influenza, malattia pneumococcica e Herpes zoster nella popolazione italiana occupata, malattie oggi prevenibili grazie alla presenza di vaccini efficaci, che hanno un impatto annuo complessivo di circa 1,1 miliardi di euro, di cui 185 milioni relativi alla parte fiscale e 915 milioni a quella previdenziale. Tuttavia, quasi l’80% dei Paesi europei spende meno dello 0,5% della propria spesa sanitaria per i programmi di immunizzazione; escludendo i vaccini contro il Covid-19 che ad oggi, anche in Italia, dispongono di un fondo dedicato.  

Per raggiungere gli obiettivi di copertura prefissati dal Pnpv (Piano nazionale di prevenzione vaccinale) – è stato ribadito – solo per queste tre vaccinazioni bisognerebbe investire il 229% in più, ovvero 2,4 miliardi di euro, senza considerare i soggetti cronici e immuno-compromessi che sono fortemente raccomandati alla vaccinazione, ma per i quali il piano non fissa obiettivi di copertura.  

L’attenzione ai vaccini, con particolare riguardo alla popolazione sopra i 60 anni e nei soggetti immunodepressi, va quindi oltre il Covid e l’influenza. Ci sono infatti alcune infezioni virali e batteriche che possono essere prevenute efficacemente. I vaccini contro pneumococco, antimeningococco e Herpes zoster rappresentano una grande opportunità contro patologie dalle gravi conseguenze e, inoltre, intervenire nella limitazione di queste infezioni può costituire un’arma in più nella lotta all’antibiotico-resistenza che rappresenta la minaccia più significativa dei prossimi decenni.  

Per tale motivo – è stato evidenziato durante l’evento – l’esperienza fatta con le vaccinazioni anti-Covid di massa nell’adulto potrebbe rivelarsi preziosa per creare anagrafi vaccinali e campagne informative efficaci.  

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Andreoni: “Immunizzarsi anche contro malattie banali in realtà letali”

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(Adnkronos) – “Malattie che riteniamo banali, come può essere una semplice influenza, ogni anno uccidono in Italia tra le 5.000 e le 15.000 persone. Questo è un esempio per dimostrare come i vaccini possano aiutare a combattere tutto questo”. Lo ha detto Massimo Andreoni, professore di Malattie infettive all’Università Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), a margine dell’incontro “Investire sul futuro: la prevenzione vaccinale come volano di salute, benessere e sostenibilità” che si è svolto al ministero della Salute. La vaccinazione – è emerso dall’incontro – è il secondo intervento più importante dopo la potabilizzazione delle acque nell’aumentare salute e speranza di vita delle popolazioni ed è uno degli interventi di salute pubblica più efficaci dal punto di vista dei costi, con un ritorno sull’investimento a livello individuale, di sistema sanitario, economico e sociale.  

“Il Covid, se ce n’era bisogno – prosegue Andreoni – ha dimostrato quanto sia importante la vaccinazione soprattutto nei soggetti fragili e nelle persone anziane. Nonostante tutto, l’essere sottoposti così frequentemente alle vaccinazioni ha creato una sensazione di ‘esitazione’. La giornata di oggi qui al ministero – conclude – credo che serva va proprio a capire quali sono le strategie migliori per arrivare alle persone e spiegare loro l’importanza della prevenzione vaccinale”.  

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Al 24%degli ‘over 65’ manca informazione vaccinale

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(Adnkronos) –
“Al 24% degli over65 manca l’informazione riguardo i vaccini antinfluenzale, anti-Covid e anti-Herpes zoster, nonostante i soggetti anziani e fragili siano maggiormente esposti alle infezioni”. È quanto emerge da sondaggio condotto da Senior Italia FederAnziani nel mese di marzo su un campione di circa 1.400 soggetti ‘over 65’, per analizzare quale sia la percezione che la popolazione anziana ha rispetto alle vaccinazioni, non solo quella antinfluenzale ma anche quelle che prevengono le infezioni da pneumococco o il fuoco di Sant’Antonio.  

Secondo la survey, presentata oggi in occasione dell’incontro ‘Investire sul futuro: la prevenzione vaccinale come volano di salute, benessere e sostenibilità’, al ministero della Salute, “il 42% del campione conosce questi vaccini, è informato sulla gratuità e sa di avere diritto alla somministrazione ma, contemporaneamente, ben il 24% non riceve informazioni o ne ha troppo poche”.  

Circa 1/3 del campione (34,3%) – si legge nel report – conosce questi vaccini grazie al proprio medico mentre più del 2% ne ignora del tutto l’esistenza. Alla domanda se sono a conoscenza che il Servizio sanitario nazionale raccomandi la somministrazione di alcuni vaccini per adulti e anziani e li renda usufruibili gratuitamente, quasi l’80% degli intervistati risponde di essere a conoscenza dell’accesso gratuito alla somministrazione dei vaccini, il 15,3% dichiara di avere ricevuto poche informazioni mentre il 4,4% afferma di non averne mai sentito parlare. La ricerca è stata eseguita su un campione di 1.370 persone costituito in prevalenza da donne (54,7%) rispetto agli uomini (45,3%), e dal Centro Italia (54%, a seguire Sud con 38% e Nord con 8%). “I numeri che sono stati presentati oggi sono estremamente chiari alla politica”, afferma Roberto Messina, presidente Senior Italia Federanziani.  

Dall’indagine, spiega Messina, “emerge un buon livello di conoscenza generale ma esistono ancora alcuni bisogni non soddisfatti. Gli anziani vogliono sapere di più dei vaccini di cui hanno diritto a titolo gratuito, ma soprattutto quello che vorrebbero è poter essere vaccinati all’interno degli studi dei medici di medicina generale, anche perché non tutti gli anziani abitano vicino ai centri vaccinali e avendo i caregiver lontani non riescono ad accedere a questi strumenti di prevenzione. Il mio appello è: vaccinare, informare e rendere le cose più semplici a tutti gli anziani, in particolare a coloro che vivono nei piccoli centri ”.  

Durante l’incontro, Istituzioni, stakeholder, clinici e associazioni dei pazienti hanno affrontano il tema della prevenzione nell’adulto come strategia economica, sociale e di salute pubblica per lo sviluppo del Paese ribadendo il valore della prevenzione vaccinale come volano per la salute delle persone, il benessere di un invecchiamento attivo, i vantaggi di una società più produttiva. L’iniziativa è stata promossa da Adnkronos insieme a Senior Italia Federanziani e Federsanità Anci e realizzata in collaborazione con FB&Associati e con il contributo non condizionante di Gsk.  

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Rezza: “In Italia fine sociale della pandemia, situazione sotto controllo”

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(Adnkronos) – “Sarà l’Oms a decretare la fine biologica della pandemia da Covid-19, poiché si tratta di un fenomeno globale e non nazionale. In Italia, comunque, possiamo parlare di fine sociale della pandemia: la situazione delle varianti è sotto controllo, l’incidenza dei casi è molto bassa e abbiamo una immunizzazione molto alta. In tanti si sono sottoposti ai vaccini anti-Covid e hanno avuto l’infezione. Spero che l’Organizzazione mondiale della sanità riunisca nelle prossime settimane la commissione che potrebbe esprimersi sulla fine dell’emergenza sanitaria”. Così il direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza, a margine dell’incontro ‘Investire sul futuro: la prevenzione vaccinale come volano di salute, benessere e sostenibilità’, che si svolge questa mattina a Roma presso il ministero della Salute, promosso da Adnkronos con Senior Italia Federanziani, Federsanità, Anci e realizzato in collaborazione con FB&Associati e con il contributo non condizionante di Gsk.  

“Portare le fasce più adulte della popolazione alla vaccinazione non è facile. Il problema maggiore per gli anziani è la cosiddetta ‘triade maledetta’ costituita da influenza, pneumococco e herpes Zoster” ha continuato il direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute. 

“Durante gli anni della pandemia – sottolinea Rezza – c’è stato un problema di coperture vaccinali non ideali. Per quanto riguarda l’influenza, il primo anno pandemico ha visto addirittura un aumento del numero dei vaccinati solo perché non era ancora disponibile il vaccino contro il Covid e quindi c’è stata una corsa a vaccinarsi nei confronti dell’influenza. Per la prima volta gli anziani hanno raggiunto delle coperture rilevanti. Dopo, invece, abbiamo assistito ad un crollo anche nelle coperture dell’antinfluenzale”.  

“Per quanto riguarda i vaccini anti-pneumococco e anti-herpes Zoster – sottolinea Rezza – sappiamo che per il primo le cose non vanno particolarmente male, mentre per l’anti-herpes Zoster le coperture sono del tutto insufficienti. È vero che il noto ‘fuoco di Sant’Antonio’ non è una patologia letale e che la percezione del rischio è bassa, ma è una malattia molto fastidiosa per cui bisogna in qualche modo agire per aumentare le coperture e stimolare i cittadini a vaccinarsi, ovviamente su base volontaria. E questo è possibile farlo – conclude – coinvolgendo di più i medici di medicina generale ma anche gli specialisti che hanno in cura persone anziane, soggetti fragili e immunodepressi”. 

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Schillaci: “Attenzione per adulti e anziani al centro delle campagne vaccinali”

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(Adnkronos) – “L’importanza delle vaccinazioni per la popolazione adulta e anziana è un tema al centro delle politiche condotte dal ministero della Salute a tutela della salute pubblica e individuale, con un’offerta vaccinale attiva, gratuita e omogenea su tutto il territorio nazionale. L’Italia è tra gli Stati europei con maggiore longevità e in futuro si prospetta un ulteriore invecchiamento della popolazione, che porta con sé un incremento delle malattie croniche e una perdita di autonomia che colpisce maggiormente gli anziani con reddito più basso. Promuovere la cultura della vaccinazione attraverso campagne di comunicazione mirate, come quelle che abbiamo realizzato per la vaccinazione antinfluenzale e anti-Covid, rappresenta un tassello importante a tutela della salute degli anziani, che sono oggi al centro di un forte impegno, da cui è nato il cosiddetto Ddl Anziani, proprio in questi giorni all’approvazione del Parlamento”.  

Così il ministro della Salute, Orazio Schillaci in una nota di saluto agli organizzatori dell’incontro ‘Investire sul futuro: la prevenzione vaccinale come volano di salute, benessere e sostenibilità’, che si svolge questa mattina a Roma presso il ministero della Salute, promosso da Adnkronos con Senior Italia Federanziani, Federsanità, Anci e realizzato in collaborazione con FB&Associati e con il contributo non condizionante di Gsk 

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Migranti, Meloni: “Opposizione usa morti naufragio per propaganda”

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(Adnkronos) – “Noi oggi siamo davanti a un fenomeno che ha un impatto che non aveva in passato, oggi il problema è enorme” e “facciamo ogni giorno tutto il possibile mentre altri muovono accuse inaccettabili”. Sulla tragedia di Cutro e su quella avvenuta in acqua libiche “la mia coscienza è perfettamente a posto, spero lo sia anche quella di chi usa povera gente per fare propaganda”. Così la premier Giorgia Meloni, in Aula al Senato per la replica alle comunicazioni in vista del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo. Rivolgendosi quindi alla senatrice dem Tatiana Rojc -“mi scuso se mi sono rivolta a lei direttamente, è un retaggio dei mie anni in Aula”, dice Meloni scusandosi con la presidenza -, la premier ha poi affermato: “Lei citando Pasolini ha detto che ‘tutti sappiamo chi è il colpevole ma non abbiamo le prove’. Ebbene, voi avete stabilito un colpevole senza avere prove. Non ci sono prove che il governo potesse fare di più, se avesse potuto farlo lo avrebbe fatto come fa ogni giorno, con una media di 2.000 salvataggi” al dì”. “Io sono una madre, una madre – scandisce il premier -. Quando noi, al cospetto dell’Ue, diciamo che l’Italia non li ha voluti salvare vanifichiamo gli sforzi che stiamo facendo, perché se si continua a lasciare l’Italia sola” a fronteggiare i salvataggi in mare “sfuggirà sempre qualcosa, qualcosa sempre andrà storto. Ma la mia coscienza, lo ribadisco, è perfettamente in ordine”.  

“Rispetto alla collega che parlava di Visegrad – ha poi aggiunto Meloni -, credo che il manuale degli slogan vada aggiornato. Vedete, i Paesi Visegrad stanno accogliendo milioni di profughi ucraini e lo stanno facendo da soli. Se qualcuno venisse al consiglio Ue, scoprirebbe che tra quelli che chiedono muri c’è il governo austriaco, che è retto anche dai Verdi”.  

“Confesso – ha aggiunto – che sul tema immigrazione non mi è chiara la proposta che si leva dai banchi delle opposizioni. La senatrice Lorefice dice che occorre sicuramente fermare gli scafisti, cooperare con l’Africa, lavorare su un decreto flussi: ebbene, è esattamente quello su cui lavora il governo”, impegnato “a colpire il traffico di essere umani”, ma anche a instaurare “un diverso rapporto tra Ue e paesi africani”, nel nome di quel “piano Mattei che ci sta vedendo andare in giro in lungo e in largo, portando investimenti e chiedendo a Ue di investire sull’Africa”, perché “la risposta più efficace è metterli nelle condizioni di vivere delle molte risorse che hanno, con un approccio non predatorio ma da pari a pari”, puntando su “investimenti, lavoro e formazione”. 

E ancora: “Non andrò mai in Europa a sostenere e a chiedere un decreto flussi europei. Vi segnalo che gli altri stati membri i flussi ce li hanno, è l’Italia che li ha azzerati perché le quote sono coperte da chi in Italia entra illegalmente. E questo equivale a dire che i flussi sono nelle mani degli scafisti, a mio avviso irragionevole. Noi riapriamo i flussi, li immaginiamo triennali, diamo una prospettiva e lavoriamo con i paesi africani. Mi pare un ragionamento sensato, non vedo proposte alternative o forse non le ho comprese”.  

MIGRANTI – “Ho scritto ai leader europei per ribadire che noi non possiamo attendere oltre, non possiamo aspettare inermi il prossimo naufragio”, ha detto in Aula al Senato la premier. “Le frontiere marittime dell’Italia sono le frontiere dell’Europa, che è chiamata a difendere quelle frontiere”, ha rimarcato la presidente del Consiglio. E’ necessario per Meloni il “coinvolgimento degli Stati di bandiera delle Ong nelle operazioni Sar” e “gli Stati di bandiera che finanziano le Ong devono assumersi le responsabilità che il diritto del mare attribuisce loro”, ha continuato.
 

Un “tema centrale” del prossimo Consiglio Ue è quindi “quello dell’immigrazione, un tema che il nostro governo ha ottenuto che venisse discusso in gran parte nell’ultimo Consiglio europeo. Noi siamo di fronte a un’emergenza che sta diventando strutturale, è una definizione che può sembrare un “ossimoro è la fotografia” di quel che sta accadendo. “Stiamo assistendo a una pressione migratoria senza precedenti”, “come ben dimostra la tragedia di Cutro”, l’immigrazione “è il primo banco di prova” per l’Europa, ha spiegato la premier. 

Meloni ritiene che “adeguati stanziamenti” di fondi europei debbano essere “dedicati a contrastare i flussi irregolari lungo le rotte del Mediterraneo centrale” così come è stato fatto con la Turchia. 

Nella battaglia da condurre in Europa sul dossier immigrazione “sono certa di avere dalla mia la maggioranza degli italiani, e spero anche di avere la più ampia maggioranza” in Parlamento, “anche delle opposizioni. Perché, vedete, la battaglia politica si può efficacemente fare senza dipingere l’avversario come un mostro. C’è un limite che non andrebbe mai oltrepassato, il limite che, per gettare ombre sull’avversario, si finisce per mettere in cattiva luce l’Italia, mettendo in dubbio anche l’operato” delle forze dell’ordine e di polizia, della marina, della guardia Costiera e della guardia di finanza, nonostante l'”Italia si stia assumendo responsabilità che sarebbero anche di altri”, ma colpendo l’Italia “si finisce anche per indebolire la nostra capacità negoziale”, ha aggiunto Meloni. 

“Quindi criticate ferocemente il governo, me e le scelte che questo governo sta portando avanti, i nostri provvedimenti – dice il premier – ma fermatevi un secondo prima di danneggiare l’Italia, perché questo fa la differenza”. 

“Rendere effettive le procedure di rimpatri degli irregolari è un tema che abbiamo posto con forza e che sta molto a cuore dell’Italia”, sui risultati ottenuti “non possiamo dirci ancora soddisfatti”. Rispetto allo “stato di attuazione degli accordi assunti 5 settimane fa – ha aggiunto – l’Italia intende ribadire che non c’è più un minuto da perdere: è questo il momento di agire, è questo il momento di lavorare a soluzioni”.  

“Vigileremo affinché” l’azione europea sul dossier migranti “sia effettivo, rapido e incisivo: non vogliamo più piangere morti nel Mediterraneo, non vogliamo più che gli ingressi dei migranti siano decisi da mafie scafisti”. 

“Ho visto molte polemiche sul ruolo che il conflitto in Ucraina può giocare nella destabilizzazione del continente africano: sono temi che richiedono concentrazione e attenzione. Abbiamo visto come i flussi siano stati utilizzati come arma di ricatto, penso ai confini tra Polonia e Bielorussia poco prima che scoppiasse la guerra, credo sia una particolare situazione che richiede un approccio approfondito”, ha continuato. 

Migranti, lettera Ue ai 27 Stati. Meloni sente Scholz

 

UCRAINA – “Questo governo non ha mai fatto mistero di voler aumentare i propri stanziamenti in spese militari, come del resto hanno fatto i governi precedenti senza il coraggio di metterci la faccia. Noi non abbiamo paura di dire che rispettare gli impegni assunti è vitale per la nostra credibilità e sovranità nazionale”, ha poi detto la premier intervenendo a Palazzo Madama sul conflitto russo-ucraino. “La libertà – ha rimarcato la presidente del Consiglio – ha un prezzo: se non ti difendi tu lo faranno altri, ma non gratuitamente”. “Giudico puerile – ha poi aggiunto – la propaganda di chi racconta che l’Italia spende soldi inviando armi sottraendo risorse alle necessità degli italiani, è falso e in questa Aula lo sappiamo tutti. L’Italia sta inviando” all’Ucraina “armi di cui è già in suo possesso e che per fortuna non dobbiamo utilizzare, e le inviamo anche per tenere lontana la guerra da casa nostra. Raccontare agli italiani il contrario è una menzogna che intendo chiamare col suo nome”. 

“Le pressioni esercitate su Mosca sono fondamentali per assicurare il rispetto del diritto internazionale e favorire il percorso negoziale per il raggiungimento di una pace giusta”, condizioni “che non sono ancora maturate ma che dobbiamo perseguire con tenacia”, ha quindi sottolineato. 

“Questo governo è abituato a difendere l’interesse nazionale: non abbiamo mai fatto mistero di voler aumentare i propri stanziamenti in spese militari, come hanno fatto i governi precedenti, magari di soppiatto, senza metterci la faccia. Noi la faccia ce la mettiamo convinti che rispettare gli impegni sia vitale per tutelare la sovranità nazionale. La libertà ha un prezzo: se non sei in grado di difenderti lo fanno altri ma lo faranno imponendo un prezzo”, ha aggiunto la premier. 

“L’unità dell’Europa sulla guerra di aggressione russa è fondamentale: l’Ucraina non sta difendendo solo la propria terra, ma sta difendendo i valori di libertà e democrazia su cui si fonda il progetto europeo”, che sono il “fondamento del diritto internazionale, senza il quale” prevarrebbe “il diritto del più forte”, ha detto. 

“Con la mia presenza a Kiev ho testimoniato il pieno sostengo all’Ucraina, un sostegno che verrà assicurato in ambito militare, civile umanitario senza badare all’impatto che queste scelte possono avere sul consenso, sul gradimento della sottoscritta. Continueremo a sostituire l’Ucraina perché è giusto farlo”.  

L’Italia ha “formalizzato un sesto pacchetto aiuti militari”, con invio di armi che “rafforzano soprattutto le difese aeree” di Kiev, questo “significa difendere i civili dai bombardamenti, fornire all’Ucraina uno scudo, sperando che l’Ucraina non si pieghi dopo esser stato privato dell’acqua e dell’elettricità”. 

Sarà “centrale anche il tema della futura ricostruzione dell’Ucraina, sulla quale credo che il sistema Italia sia pronto a dare il suo contributo”, ha detto ancora in Aula.
 

UE – “Il prossimo Consiglio europeo, il terzo dal giuramento del governo, ha in agenda sfide prioritarie per l’Ue”, già “al centro del dibattito del 9-10 febbraio scorsi”, dunque Ucraina, immigrazione, energia e contraccolpi per le imprese europee. “In questa fase complessa, l’Ue è chiamata al compito più arduo degli ultimi decenni, garantire la sicurezza del continente minacciato dall’aggressione russa all’Ucraina, proteggere il nostro tessuto economico, predisporsi al cambiamenti radicali che potrebbero profilarsi a livello internazionale”. Il tutto guardando ai “valori che ispirano”, l’Ue, “ma che questo tempo ci ha insegnato a non dare per scontati”, ha detto la premier. 

L’Europa, ha sostenuto Meloni, deve rispondere alle sfide che ha davanti, “con visione e tempestività” e “l’Italia ha tutte carte in regole per recitare in Ue un ruolo da protagonista e non da comprimario”. “La voce dell’Italia – ha aggiunto – è e sarà sempre più forte in Europa nei prossimi anni, perché questo è il mandato che abbiamo avuto. L’Italia vuole tornare a essere protagonista, anche per rafforzare e migliorare la casa europea”, ha sottolineato, per poi aggiungere: il nuovo quadro temporaneo degli aiuti di Stato “non deve creare disparità e deve prevedere aiuti circoscritti e temporanei”. 

“La flessibilità necessaria sull’utilizzo dei fondi esistenti, Pnrr compreso, si accompagna all’altro grande tema oggi sul tavolo, decisivo per l’Italia: la revisione del Patto di stabilità e crescita. C’è ancora tanto da fare ma riteniamo fondamentale arrivare entro il 2023 a nuove regole per dotarsi di principi credibili, realistici e coerenti con la situazione post Covid”, ha detto ancora. 

“Stabilità e crescita – ha proseguito Meloni – meritano finalmente un equilibrio effettivo. Noi abbiamo avuto un Patto di stabilità e crescita che negli anni passati era molto più attento al tema della stabilità, oggi abbiamo bisogno di attenzione al tema della crescita: questa deve essere la nostra priorità”. “Il tempo dell’austerità è finito. E il percorso di riequilibrio dei bilanci pubblici degli Stati più indebitati non dovrà sacrificare la dimensione dello sviluppo economico. La crescita economica stabile e duratura è l’unica vera garanzia di sostenibilità del debito pubblico”, ha rimarcato la presidente del Consiglio. 

“C’è una politica che ha due facce, una faccia la usa quando bisogna trovare soluzioni, trattando nei consessi internazionale, e un’altra faccia” entra in campo “quando si fa propaganda. Tutti facciamo propaganda, ma io metto la faccia sulle scelte che faccio. Qualcuno ha detto che io andrò in Europa a prendere ordini. Ebbene, questo qualcuno non mi vedrà mai farlo: preferisco piuttosto dimettermi, ma non andrò mai in Europa con i toni che Conte usava al cospetto di Angela Merkel, dicendo che quelli del M5S erano ragazzi ma alla fine avrebbero fatto quello che gli si diceva… Preferisco dimettermi che rappresentare una nazione del genere”, ha poi detto nella replica alle comunicazioni. 

ENERGIA – “La decisione dell’Ue, fortemente lavorata e perseguita dall’Italia, di fissare un tetto massimo al prezzo del gas, ha interrotto i fenomeni speculativi ai quali avevamo assistito nei mesi scorsi, con un enorme beneficio per le imprese e le famiglie italiane ed europee. Ed è in gran parte merito dell’Italia che, una volta tanto e a 360 gradi, è riuscita a lavorare insieme. Penso che, su questo, tutti quanti dobbiamo essere fieri di noi”. Così il premier Giorgia Meloni in Aula.
 

GREEN – “Il processo verso l’economia verde deve essere sostenibile dal punto di vista sociale ed economico. Per questo ci opponiamo a proposte come il regolamento sulle emissioni di anidride carbonica delle auto e la direttiva sull’efficientamento energetico degli edifici”, provvedimenti che “rischiano di esporci a nuove dipendenze strategiche proprio quando stanno andando in porto gli sforzi per liberarci dalla dipendenza dal gas russo”, ha detto ancora. 

La direttiva sull’efficientamento energetico degli edifici “rischia di diventare una tassa patrimoniale sugli italiani”. Lo dice poi, rivolgendosi al M5S nella replica. “Determinati obiettivi devono essere perseguiti con una sostenibilità di fondo, sia sul piano sociale che su quello economico”, sottolinea Meloni. 

“Condividiamo gli obiettivi della transizione verde, di azzerare le emissioni di CO2 nel 2035. L’Europa può stabilire gli obiettivi ma non è lei che può dire come raggiungerli”, dice, aggiungendo: “Non cambio idea sul tema dell’elettrico e su alcune posizioni che secondo me hanno un approccio troppo ideologico nell’affrontare materie molto pragmatiche, e che rischiano di assecondare quel processo che sull’altare della decarbonizzazione ci consegna dritti alla deindustrializzazione”. 

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Covid, Zangrillo: “E’ morto, da 6 mesi non uso la mascherina neppure in ospedale”

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(Adnkronos) – “Ho passato mesi a rincuorare e informare. Abbiamo peccato dal punto di vista etico e morale. È venuto meno il prendersi carico del paziente che dovrebbe restare al centro della nostra professione, in qualsiasi circostanza. Sono mancati i servizi sul territorio, vicini alle persone. Non voglio parlare male dei medici di famiglia, alcuni dei quali hanno lavorato benissimo. Però non trovando ascolto i cittadini hanno avuto come unico punto di riferimento i Pronto soccorso. Il rapporto medico-paziente è saltato. Ci siamo dimenticati di curare le paure e i timori delle famiglie che hanno visto la nostra figura diventare impotente. Poi l’informazione spettacolarizzata ha fatto il resto”. Lo afferma Alberto Zangrillo direttore della Anestesia-rianimazione dell’ospedale San Raffaele di Milano, in un’intervista al ‘Corriere della Sera’. 

“Farei esattamente tutto da capo. Quando affermai nel maggio del 2021 che la malattia era clinicamente inesistente dicevo il vero. In quella fase lo era. Di solito i medici si riferiscono a ciò che osservano sul campo. Io sul campo osservavo che la malattia non era grave come nei mesi precedenti. Quando c’erano motivi di allarme sono stato però fra i primi a prendere iniziative – continua Zangrillo – Per me il virus è morto. Da sei mesi non indosso la mascherina, neppure in ospedale. Qualcuno mi guarda male, non mi importa. Nel complesso oggi la mascherina è inutile come tante cose probabilmente inutili, ad esempio l’eccesso di tamponi, fatte in questi anni di delirio”. 

 

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Forum Incyte su presente e futuro della ricerca clinica in Italia

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(Adnkronos) – L’oggi e il domani della ricerca a livello nazionale sono stati al centro del “Forum Incyte sulla ricerca clinica in Italia. Promuovere la leadership dell’Italia: obiettivi e prospettive per il futuro”, evento organizzato da Incyte, innovativa biotech americana, in occasione dell’inaugurazione, oggi, a Milano, della nuova sede, un edificio innovativo, costruito con materiali ecosostenibili e che ospiterà anche la nascente Business Unit “Autoimmunity & Inflammation”.  

“L’Italia – dichiara Jonathan E. Dickinson, Executive vice president and General manager, Europe – è un Paese strategico per la grande qualità e gli elevati standard di ricerca e delle accademie che fanno da supporto ai nostri trial clinici. Si è distinta, non solo a livello europeo ma anche globale, per la capacità di fornire gli strumenti e per lo sviluppo delle nostre soluzioni terapeutiche innovative, questo ad assoluto vantaggio dei pazienti e dei loro bisogni insoddisfatti, della classe medica e delle Istituzioni per l’accesso a queste terapie. Da 20 anni – continua – Incyte segue la scienza per trovare soluzioni per i pazienti con bisogni medici critici e si pone l’obiettivo di concentrarsi su aree in cui poter avere un impatto significativo, indipendentemente dalla malattia o dalle dimensioni della popolazione di pazienti. E, in questo, l’Italia sta dimostrando di essere un esempio e un Paese di grande valore”. 

Durante la Tavola rotonda, a cui hanno partecipato rappresentanti della politica, delle istituzioni e della ricerca, si è ricordato che nel 2019 in Italia sono state approvate 672 nuove sperimentazioni cliniche, pari al 23% di quelle approvate nell’Unione europea e che ogni anno sono circa 35mila i pazienti direttamente coinvolti negli studi clinici a beneficiare di trattamenti innovativi, con grande anticipo rispetto alla loro disponibilità generale. Più del 50% delle sperimentazioni cliniche analizzate nel rapporto Altems, presentato nel 2022 (dati del quadriennio 2017-2020), fanno riferimento alle aree terapeutiche di oncologia e onco-ematologia (con investimenti che rappresentano 2/3 degli investimenti totali sugli studi clinici), seguite dall’immunologia (8%).  

Dal rapporto – riporta una nota aziendale – emerge che sono in aumento gli arruolamenti nelle sperimentazioni cliniche che riguardano le malattie virali (legate agli studi sul Covid-19), le malattie del sistema ematico e linfatico e quelle dell’apparato digerente. E’ stimato che, per ogni euro investito erogato dalle aziende sponsor per studi clinici, il Sistema sanitario nazionale (Ssn) realizzi un vantaggio complessivo di quasi 3 euro, dato che sale a 3,44 euro se si considerano anche gli studi monobraccio o con placebo. L’investimento finanziario complessivo nelle sperimentazioni cliniche, da parte delle società farmaceutiche operanti in Italia, viene stimato in 700 milioni di euro all’anno. Il vantaggio economico per il Ssn, quindi, si aggira attorno ai 2 miliardi di euro. 

La ricerca clinica ha anche un effetto positivo sull’occupazione con l’impiego di profili professionali di elevata specializzazione, non solo medici. L’effetto leva occupazionale (“employment multiplier”) della ricerca clinica viene stimato ad un fattore 1,66. “La ricerca e lo sviluppo clinico hanno diversi vantaggi per le aziende sanitarie anche di tipo economico – sottolinea Claudio Jommi, Dipartimento di Scienze del Farmaco, Università del Piemonte Orientale – Con riferimento, nello specifico, alle sperimentazioni cliniche, uno studio effettuato su un pool di aziende sanitarie ha stimato in una quota tra il 40% ed il 50% il differenziale tra fee per paziente e costi sostenuti per le sperimentazioni cliniche. A questo si aggiunge il potenziale costo evitato dal mancato utilizzo, per i pazienti in trial, di eventuali farmaci alternativi rimborsati dal Ssn”. 

“La dermatologia è stato il terreno privilegiato di ricerca per l’uso dei nuovi farmaci, per la frequenza delle patologie sia infiammatorie che oncologiche, in cui la modulazione del sistema immunitario gioca un ruolo chiave nella patogenesi ma anche nella cura della malattia. La dermatologia italiana ha giocato un ruolo chiave anche a livello europeo, dato che gli autori italiani sono al secondo/terzo posto come numero di pubblicazioni”, precisa Piergiacomo Calzavara-Pinton, Direttore della Uo Dermatologia Asst degli Spedali Civili e Clinica dermatologica Università di Brescia e past president società italiana di dermatologia (Sidemast).  

“L’industria farmaceutica è prima al mondo per investimenti in Ricerca & sviluppo con 1.600 miliardi di dollari dal 2023 al 2028 – conclude Carlo Riccini, vicedirettore generale e direttore del Centro studi di Farmindustria – Il nostro settore è protagonista di un’innovazione travolgente in uno scenario globale anch’esso in rapidissima trasformazione. È un sistema che richiede qualità in tanti fattori: risorse umane, aziende, ricerca pubblica e privata, Ssn e centri clinici, manifattura, accademia, regolatori. L’Italia ha tutte queste caratteristiche, ecco perché possiamo attrarre ancora più investimenti”. 

Con sede a Wilmington, Delaware, Stati Uniti, Incyte ha uffici in 10 Paesi europei (Austria, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, Svizzera e Regno Unito), Canada, Giappone e Cina con oltre 2.200 dipendenti, tra cui più di 800 scienziati di livello mondiale. In Italia la biotech è in grande crescita, per l’ampliamento del proprio listino, guidato dalla recente approvazione di due nuovi farmaci in area ematologica ed oncologica, oltre che alla creazione della nuova Business Unit dedicata alla dermatologia, in particolare alla vitiligine e altre malattie dermatologiche su base autoimmune. 

In Italia Incyte ha investito oltre 80 milioni di euro in ricerca negli ultimi 5 anni, con un tasso di investimento in sperimentazione clinica pari a oltre l’80% del fatturato generato nello stesso arco temporale (nel 2022 il fatturato ha raggiunto 29 milioni di dollari); oltre 60 le persone nello staff, per la maggior parte composto da donne. 

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