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Esteri

Ucraina, ambasciatore francese a Roma: “No piani...

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Ucraina, ambasciatore francese a Roma: “No piani invio truppe ma non si può escluderli. Bisogna essere credibili con Mosca”

Briens al Forum dell'Adnkronos: "Al momento il consenso non c'è, il dibattito è stato lanciato ieri, vediamo come evolve. Nessuna contrapposizione Macron-Meloni, Piano Mattei utile"

L'ambasciatore francese in Italia, Martin Briens - (Adnkronos)

La proposta del presidente Emmanuel Macron di inviare truppe occidentali in Ucraina, il presunto 'sgarbo' all'Italia dell'inquilino dell'Eliseo, assente al G7 - il primo sotto presidenza italiana - che sabato Giorgia Meloni ha presieduto da Kiev. Ma anche le accuse di atteggiamenti predatori francesi nei confronti dell'Italia, il Piano Mattei - stella polare della politica estera italiana in Africa - i timori per le interferenze russe sulle prossime Europee e la questione dell'instabilità del Sahel, teatro di una serie di colpi di Stato. Infine l'Europa e la difesa comune. Sono questi i temi principali di un'intervista a tutto campo rilasciata dall'ambasciatore francese in Italia, Martin Briens, al Forum dell'Adnkronos.

E che è iniziata proprio con un commento sulle parole pronunciate da Macron al vertice straordinario di Parigi sull'Ucraina, che in queste ore stanno scatenando un'ondata di reazioni tra tutti i leader europei e non solo. Provocazione o proposta reale? "Non c'è un piano per l'invio di truppe in Ucraina, ma se vogliamo essere credibili nei confronti della Russia non è possibile escluderlo", risponde l'ambasciatore, che riconosce come sul tema non ci sia consenso. "Il presidente non ha detto che stiamo per inviare truppe in Ucraina oggi - precisa - Ci sarà un dibattito su questo tema e poi vedremo come evolverà".

Briens definisce "cruciale" la fase che la guerra in Ucraina sta attraversando e mentre la Russia "chiaramente vuole continuare", l'Europa è chiamata a dimostrare la sua determinazione. "A volte si parla di stanchezza nel mondo occidentale, per me è un po' sorprendente perché noi non combattiamo", puntualizza il diplomatico, secondo cui per quanto riguarda il sostegno a Kiev "spetta agli ucraini dirci se è sufficiente o meno. Oggi dicono che vogliono più armi, più velocemente. In qualche modo il nostro sostegno collettivo forse è un po' troppo poco, troppo tardi, troppo prevedibile. Quindi dobbiamo fare molto di più".

Lo 'sgarbo' di Macron al G7

Il Forum dell'Adnkronos è stata l'occasione per Briens per chiarire i motivi dell'assenza di Macron al G7. Un'assenza pesante, che ovviamente ha fatto discutere, ma - specifica - non frutto di una contrapposizione tra Macron e Meloni. "L'assenza è stata davvero una questione di agenda. L'Italia in un primo momento aveva proposto la riunione per giovedì e Macron era disponibile, poi per venerdì e anche quel giorno Macron era disponibile, ma non potevano altri", assicura Briens, sottolineando che dall'Eliseo "avevano detto che il sabato non era possibile perché c'era l'inagurazione del Salone dell'Agricoltura che in Francia è un evento importantissimo, un evento al quale da tanti anni partecipano i presidenti della Repubblica".

"Quindi nessun problema - insiste l'ambasciatore - Anche perché per noi il G7 ovviamente è importantissimo, il momento è cruciale, a causa della guerra ovviamente, ma anche per il Medio Oriente. Dunque non c'era nessuna ragione di non partecipare a questo vertice tranne che per il fatto che coincideva con il Salone dell'Agricoltura". E in ogni caso "tra il presidente Macron e il presidente Meloni ci sono scambi che molto spesso avvengono direttamente tra loro o a margine dei vertici a Bruxelles e altrove".

'Esagerate le accuse di atteggiamenti predatori francesi'

Le accuse di atteggiamenti predatori francesi nei confronti dell'Italia "sono molto esagerate": tra l'Italia e la Francia c'è reciprocità a livello economico. La vera sfida sarà quella con i paesi extra Ue e in particolare con la Cina, prosegue l'ambasciatore in merito alle tensioni tra Italia e Francia sul piano economico. "Gli scambi economici tra la Francia e l'Italia - afferma Briens - sono molto equilibrati. E' vero per le esportazioni e le importazioni ed è vero anche per gli investimenti. La Francia oggi è il primo investitore in Italia e investiamo oltre 74 miliardi di euro che rappresentano circa 300 mila posti di lavoro e circa 2mila imprese. Ed è reciproco. L'Italia fa parte dei primi cinque investitori stranieri in Francia: ci sono 2 mila imprese italiane in Francia e gli investimenti italiani sono aumentati del 45% in tre anni. Quindi i rapporti economici tra i nostri due paesi si stanno riequilibrando".

La vera sfida comune per la Francia e l'Italia, rileva Briens, "non è la nostra competizione. La sfida più importante è quella che riguarda i Paesi terzi, per esempio la Cina nell'ambito automobilistico. Le auto cinesi stanno per invadere l'Europa ed è una realtà già oggi. Per le imprese francesi e italiane la vera priorità è come rispondere. Non è una questione solo per le nostre aziende ma anche per i nostri governi: è la sfida più importante per la nostra industria".

'Piano Mattei è segnale positivo, ora coordinare nostre strategie'

La Francia ritiene "un segnale positivo" la strategia dell'Italia per l'Africa con il Piano Mattei, ora la questione sarà "coordinare le nostre strategie, anche con l'Ue", aggiunge l'ambasciatore, rimarcando che "le sfide e anche le opportunità in Africa sono immense per la Francia, l'Italia e tutta l'Europa". A poposito dell'instabilità del Sahel, Briens chiarisce che "né la Francia né l'Italia né altri Paesi sono in grado di affrontare "da soli" le principali sfide che rendono instabile la regione africana.

'Aumentata disinformazione russa, va contrastata'

"E' necessario" contrastare eventuali interferenze russe in occasione delle elezioni europee, "ma è molto difficile. Non solo la Russia ma principalmente la Russia, ha già fatto nel passato tante operazioni di disinformazione e di interferenze: negli Stati Uniti in occasione delle elezioni presidenziali del 2016, in Francia durante le elezioni presidenziali del 2017 e altrove", mette in evidenza l'ambasciatore transalpino, secondo cui di recente c'è stato un aumento di queste operazioni di disinformazione e "la settimana scorsa abbiamo denunciato un'operazione massiccia che si chiama 'portal Kombat' con 193 piattaforme usate dalla Russia per disinformare. Questa sfida, quindi, è importantissima per le nostre democrazie e per queste elezioni". Poi cita i temi "importantissimi" della campagna: agricoltura, sicurezza del continente europeo, immigrazione, transizione ambientale ed energetica, allargamento, riforma dell'Ue.

'Difesa comune europea è un imperativo'

La difesa comune europea è "un imperativo" visto il contesto di sicurezza in cui si trova l'Europa, dalla guerra in Ucraina a quella in Medio Oriente fino all'instabilità in Africa, scandisce Briens, evidenziando come la missione navale Aspides nel Mar Rosso - nata da un accordo tra Francia, Italia e Germania per contrastare la minaccia Houthi - rappresenti "un altro passo" verso la difesa comune.

Si tratta di una missione "molto importante per la nostra sicurezza e anche per la nostra economia", prosegue l'ambasciatore, evidenziando come gli attacchi degli houthi contro il traffico marittimo rappresentino "una sfida per l'Europa". Ma non è la prima missione navale comune, conclude l'ambasciatore, che alla domanda sull'eventuale interesse della Francia per il ruolo di commissario alla Difesa risponde: "E' una proposta nuova, ma non ancora decisa. Vedremo. Di certo nessun Paese può prenotare posti".

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Esteri

Israele-Iran, l’esperto Litvak: “Da Tel Aviv...

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Se ci sarà la rappresaglia di Teheran? La Repubblica islamica "non è uno Stato monolitico, le opzioni sono diverse"

(Afp)

Con l'attacco 'limitato' della scorsa notte contro l'Iran, Israele ha mandato il messaggio di "non essere interessato all'escalation", quanto ad una possibile rappresaglia di Teheran, le opzioni "sono diverse", perché diverse sono le voci nella Repubblica islamica, che "non è uno stato monolitico". E' l'interpretazione che Meir Litvak, professore di storia del Medio Oriente all'Università di Tel Aviv, dà dell'operazione della scorsa notte, scattata in risposta all'attacco iraniano del 13 aprile contro Israele.

"Credo che Israele abbia voluto inviare a Teheran il messaggio che non è scoraggiato dal recente attacco iraniano, che l'Iran è vulnerabile e che Israele dispone di una buona intelligence, e che quindi continuerà a impegnarsi per cercare di interrompere le forniture di armi avanzate a Hezbollah", spiega Litvak all'Adnkronos. Per il quale poi è "altrettanto importante la portata e il modo con cui è stato condotto l'attacco", perché così Israele "ha anche inviato il messaggio di non essere interessato a un'escalation, dando all'Iran il modo di minimizzare l'attacco e il suo significato, in modo che Teheran non debba rispondere di nuovo", sostiene l'esperto.

Litvak dice poi di "non avere idea se ci sarà o meno un'escalation: molto dipende da quale sarà la reazione iraniana". "L'Iran non è uno Stato monolitico - sottolinea il professore dell'Università di Tel Aviv - Una fonte potrebbe negare la necessità di rispondere, mentre i Pasdaran potrebbero cercare di spingere la Guida Suprema Khamenei a vendicarsi in qualche modo".

"Non so come reagirà l'Iran se Israele dovesse attaccare in Siria un altro convoglio di armi consegnate a Hezbollah", l'affermazione di una fonte anonima di Teheran secondo cui "non ci saranno ritorsioni potrebbe essere autentica, ma potrebbe anche essere una disinformazione deliberata - conclude Litvak - Non lo so davvero, e ci sono molte opzioni diverse".

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Israele Iran, Blinken: “Usa non coinvolti in...

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(Fotogramma)

L'attacco attribuito a Israele nella zona a Isfahan, in Iran, è stato al centro dei lavori dell'ultima giornata del G7 degli Esteri a Capri. I ministri hanno invitato alla prudenza e convenuto sulla necessità di evitare una escalation nell'area dove va avanti il conflitto tra Israele e Hamas. Le parole del segretario di Stato americano Antony Blinken:"Non siamo coinvolti in alcuna operazione offensiva".

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Mo, gen. Tricarico, attacco Israele?: “Non escluso...

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'Forse un ruolo dei dissidenti nella risposta israeliana'

(Gen. Leonardo Tricarico - Fotogramma)

"La risposta di Israele è il minimo, e forse sotto il minimo, per poter raccontare di aver risposto all'attacco dell'Iran". Lo afferma all'Adnkronos il generale Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell'Aeronautica e attuale presidente della fondazione Icsa, riguardo all'attacco di Israele contro l'Iran.

Riguardo all'attacco alla base Isfahan, il generale Tricarico osserva: "Credo che, se si è trattato di un drone, sia un drone che non è partito da Israele, ipotesi questa assolutamente inconcepibile dal punto di vista militare considerata la velocità molto limitata dei droni, la loro vulnerabilità, la distanza così importante e il fatto che non avesse bisogno dei sensori elettro-ottici per individuare un obiettivo sicuramente già nella lista degli obiettivi dell'esercito israeliano". Secondo l'ex capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica "se di drone si trattava potrebbe essere partito dal territorio iraniano ad opera di gruppi della dissidenza, in questo momento, a sostegno dell'azione di Israele".

Per il gen. Tricarico "auspicabilmente e verosimilmente la questione con l'Iran dovrebbe essere chiusa mentre non ci sono elementi per ritenere che sia esaurita la bellicosità dei gruppi riconducibili all'Iran disseminati in Siria, Libano, Yemen e Iraq. Particolarmente delicata pare la condizione del Libano perché vi sono dislocate le forze, espressione dell'Iran, più consistenti e militarmente capaci che però ormai la popolazione non tollera e la cui presenza viene guardata con insofferenza dalla popolazione libanese". "Il riacutizzarsi del confronto militare in quell'area - osserva il gen. Tricarico - potrebbe destabilizzare l'intero Libano anche se, dal punto di vista israeliano, neutralizzare Hezbollah in Libano significherebbe far rientrare, nel proprio luogo di residenza, decine di migliaia di israeliani perché in una zona ritenuta pericolosa".

Il generale Tricarico osserva che "un'evoluzione che comporti una guerra tradizionale tra Iran e Israele è quasi impossibile", ma "se le tensioni dovessero sfociare in un confronto armato" sarebbe caratterizzato da "numerose anomalie prima tra tutte l'intensificazione di gruppi armati riconducibili all'Iran e dislocati nell'area".

"Un'altra ipotesi è quella del terrorismo, che potrebbe essere scatenato con una chiamata alle armi e potrebbero essere un obiettivo non solo Israele ma tutte le società occidentali considerate ostili all'Iran e al mondo sciita - conclude il gen. Tricarico - Senza considerare i Paesi vicini geograficamente all'Iran e con o quali si sta materializzando, per ora a livello solo concettuale, un'alleanza che comprende Israele ed è ostile all'Iran".

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