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Ritorna ‘Proteggi il tuo domani’, sesto appuntamento sul tema protezione di Banca Mediolanum 

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Va in onda stasera 17 maggio alle ore 19.30 il sesto appuntamento del format ‘Proteggi il tuo domani’ il percorso informativo di Banca Mediolanum per sensibilizzare i risparmiatori e le famiglie sulla importanza della protezione assicurativa. L’evento viene ospitato presso il Centro Congressi di Irccs Istituto Clinico Humanitas con i seguenti ospiti: Alberto Mantovani, Presidente Fondazione Humanitas per la Ricerca; Giulio Tremonti, Presidente Aspen Istitute Italia; Marco Mazzucco, Amministratore Delegato Blue Assistance; Alexia Bertuzzi – Oncologa di Humanitas Cancer Center e Responsabile del progetto Aya; Anna Torretta, Guida Alpina della Società Guide di Courmayeur; Massimo Doris, Amministratore Delegato Banca Mediolanum; Alessandro Marchesi, Responsabile Sviluppo Commerciale Credito e Protezione Banca Mediolanum. Conduce Laura Gioia, giornalista del Tgcom24.

L’evento potrà essere seguito in streaming su tutte le piattaforme social e web di Banca Mediolanum a partire dalle 19.30. “Abbiamo la responsabilità di mettere in sicurezza la vita degli individui e delle famiglie tramite una pianificazione finanziaria e patrimoniale che parta sempre prima di tutto dalla copertura assicurativa dai rischi e dagli imprevisti. Questo è quello che chiedo a tutti i miei Family Banker per ciascuno dei nostri clienti. Ecco perché proseguiamo senza sosta in iniziative di sensibilizzazione come quella odierna con l’obiettivo di creare maggiore consapevolezza nel pubblico verso un tema di così elevata rilevanza sociale,” commenta Massimo Doris Amministratore Delegato Banca Mediolanum.

“Siamo qui per riflettere sul tema della protezione e dell’attenzione alla salute. Mi piace sottolineare che immunità e vaccinazioni costituiscono una cintura di sicurezza per l’individuo e l’umanità intera. Covid-19 ce lo ha ricordato. Queste aree della ricerca biomedica rappresentano anche una speranza per affrontare problemi ancora senza soluzione, come i vaccini terapeutici contro il cancro”, commenta Alberto Mantovani, Presidente Fondazione Humanitas per la Ricerca.

L’incontro è stato anche un’occasione per dar vita ad una nuova collaborazione: Fondazione Mediolanum Onlus sosterrà infatti il progetto Aya attraverso Fondazione Humanitas per la Ricerca. Il programma Aya, sviluppato e sostenuto da un team di medici e ricercatori guidato dalla dott.ssa Alexia F. Bertuzzi, responsabile dei sarcomi e dei tumori neuroendocrini del Cancer Center di Humanitas, diretto dal Prof. Armando Santoro, si propone di rispondere ai bisogni clinici e psico-sociali di un particolare gruppo di pazienti oncologici: gli adolescenti e i giovani adulti (Aya, Adolescents and Young Adults), compresi nella fascia d’età tra i 16 e 39 anni.

Questi pazienti rappresentano la “terra di nessuno”, a metà strada tra il mondo pediatrico e quello dell’adulto, dove l’incidenza (circa 1 milione di nuovi casi per anno nel mondo), le caratteristiche cliniche e biologiche della malattia oncologica (“tumori rari”), la necessità di un percorso di cura in centri specializzati e di un peculiare follow-up hanno richiesto lo sviluppo nel mondo di programmi dedicati.

“Ringraziamo Fondazione Mediolanum per l’attenzione ai nostri giovani pazienti oncologici del gruppo Aya. Gli studi che stiamo portando avanti ci daranno la possibilità di comprendere sempre meglio patologie uniche nel loro genere. Con il vostro aiuto riusciremo a rispondere agli innumerevoli bisogni ancora senza risposta dei giovani,” commenta Alexia Bertuzzi, oncologa di Humanitas Cancer Center e responsabile progetto Aya.

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Smart working, sindacati: “Fragili Pa esclusi è discriminazione inaccettabile”

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Stop dal 30 giugno senza una proroga nel Decreto lavoro

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“Il Decreto Lavoro proroga le norme sullo smart working agevolato, a tutela dei lavoratori e delle lavoratrici fragili, solo per il settore privato fino a dicembre 2023, lasciando nel limbo migliaia di lavoratori pubblici per i quali, se non si interviene con urgenza, la proroga scadrà il 30 giugno 2023. La discriminazione, già di per sé intollerabile, diventa irricevibile se applicata a quella parte di lavoratori e lavoratrici le cui condizioni di salute potrebbero subire un peggioramento dall’inserimento in un’organizzazione del lavoro che non tiene in considerazione le legittime esigenze soggettive”. E’ la protesta dei sindacati della Usb pubblico impiego dopo il via libera di ieri alla proroga del lavoro agile solo per il comparto privato.

“Come abbiamo scritto ai ministeri interessati e come successivamente ripreso in una dichiarazione pubblica dal ministro Zangrillo, la condizione di fragilità non termina con la fine dello stato d’emergenza causato dalla pandemia determinata dal Covid”, spiega ancora il sindacato.

“Ci aspettiamo dunque che il ministro della Pa, in coerenza con quanto dichiarato e con l’insistenza con la quale sottolinea l’importanza delle persone che lavorano nella Pa, intervenga urgentemente per porre fine a questa discriminazione. Se davvero è alla ricerca dei motivi della poca attrattività della Pa noi siamo pronti ad offrirgliene un’altra: oltre ai bassi salari e alla precarietà si aggiunge l’assenza di tutele per i suoi lavoratori, a partire dai più vulnerabili!”, conclude Usb Pubblico impiego.

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Minamol e Sijo dall’India all’Italia per fare gli infermieri: “Opportunità di crescita”

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Oggi marito e moglie, i due operatori raccontano il percorso che li ha portati a Milano, al Policlinico San Donato. "Il nostro consiglio, fare un corso di italiano prima di partire"

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Sono arrivati dall’India in Italia a fine 2009, giovanissimi, lui poco più che 25enne, lei 22enne. E in Italia hanno trovato lavoro come infermieri, si sono conosciuti e innamorati ‘in corsia’, e hanno messo su famiglia. Sijo e Minamol George oggi hanno 3 figli, due femmine e un maschio – età 8, 6 e 3 anni – e raccontano all’Adnkronos Salute il loro percorso di vita che li ha portati, terminati gli studi di infermieristica e accumulati 2-4 anni di esperienza in ospedali del loro Paese, a lasciare il Kerala, Stato nel Sud dell’India in cui sono nati e cresciuti. Destinazione: Lombardia. Un salto nel vuoto all’inizio, spiegano, perché in Italia non conoscevano nessuno. Una storia, quella della coppia che, in un futuro prossimo, potrebbe diventare quella di tanti altri colleghi indiani, dopo l’annuncio del ministro della Salute Orazio Schillaci di guardare ad accordi con l’India per reclutare personale a fronte della cronica carenza di infermieri in Italia.

“Siamo partiti da zero”, racconta sorridente Sijo, che adesso ha quasi 40 anni e più di un decennio di esperienza lavorativa alle spalle. Anni trascorsi quasi totalmente al Policlinico San Donato (che ha sede alle porte di Milano, a San Donato Milanese ed è l’Irccs cardiovascolare del Gruppo San Donato), dove oggi lavora in un reparto molto delicato, la Terapia intensiva cardiochirurgica adulti. Sua moglie Minamol, invece, lavora con i bambini nella Terapia intensiva cardiochirurgica pediatrica. In un ospedale, il San Donato, che è un riferimento a livello internazionale per il cuore.

“Siamo fortunati – spiega Minamol, oggi 36enne – perché lavoriamo in un ospedale importante, perché siamo stati accolti a braccia aperte e dobbiamo ringraziare i colleghi per il supporto che ci hanno dato in particolare all’inizio. Ci hanno aiutato tantissimo e l’ambiente lavorativo è bello e molto avanzato”. In Italia i George hanno trovato impiego “attraverso un’agenzia di lavoro, ‘JOB Just on business’, con sede a Milano. Era un periodo in cui, come oggi, c’era carenza di infermieri qui. E negli anni, oltre un centinaio di colleghi indiani sono arrivati in strutture della Lombardia, in particolare, e di altre regioni del Nord. Anche adesso, dopo la pandemia di Covid, l’agenzia sta agevolando la collocazione di altri infermieri dall’India e da altri Paesi”. Questa agenzia, tiene a precisare Sijo, “non chiede soldi agli infermieri per il reclutamento. A pagare questi servizi sono le strutture che hanno bisogno che venga selezionato personale per loro. Lo dico perché ci sono tante agenzie che in India stanno chiedendo soldi ai colleghi, oltre a essere retribuite dalle strutture”.

Come si diventa infermieri in India? Ci sono due percorsi di studio, diploma e laurea. “Uno prevede 3 anni di studio e tirocinio, l’altro 4 anni e tirocinio. Il riconoscimento del titolo in Italia è oggi possibile se hai almeno 4.600 ore di teoria e pratica”, dicono. Quando Sijo e Minamol sono approdati nel nostro Paese hanno seguito il percorso standard per avere il riconoscimento del titolo e, ricorda Minamol, “poi bisognava sostenere un esame” in quelli che allora – prima degli Ordini attuali – erano i collegi territoriali Ipasvi, “per iscriversi all’albo”.

Oggi, sulla scia della necessità di velocizzare in tempi di Covid l’inserimento di personale sanitario anche straniero, e più di recente con il decreto Milleproroghe, è prevista la possibilità di svolgere la professione temporaneamente in deroga alle vigenti norme sul riconoscimento delle qualifiche professionali. “Senza iscrizione all’albo – spiega Sijo – serve solo il riconoscimento dalla regione competente. Questo sarà valido fino al 31 dicembre 2025”.

Tornando alla storia dei coniugi George, entrambi, dopo aver ultimato il percorso del riconoscimento del titolo, hanno fatto il colloquio con Tiziana Fiorini, che è la direttrice Sitra (Servizio Infermieristico Tecnico Riabilitativo Aziendale) del San Donato. Minamol è stata la prima ad essere assunta a tempo indeterminato. Poi Sijo che, dopo una brevissima parentesi a Bergamo, è tornato al San Donato e da allora è sempre rimasto in questo ospedale. La difficoltà più grossa che hanno dovuto superare? “La lingua”, dicono in coro.

Prima di arrivare in Italia entrambi hanno frequentato un corso di italiano, per avere una base. “E’ questa la parte più difficile – ammettono – La nostra lingua è molto distante dall’italiano. E’ più facile ovviamente parlare inglese per noi e quindi spesso la prima scelta è andare in Paesi anglofoni. Abbiamo scelto l’Italia per imparare da un punto di vista tecnico, per la cultura, la tradizione”. “Noi studiamo e facciamo pratica in India, ma andare in un Paese estero – spiega Minamol – ti permette di accumulare esperienza e crescere. Sicuramente alle persone che come noi si formano in India piacerebbe andare fuori per lavorare”. E c’è senz’altro anche la motivazione economica. “In India – spiega Sijo – gli stipendi sono più bassi, guadagniamo più o meno 300-400 euro al mese, e andare all’estero offre una migliore opportunità”.

“Il nostro Paese di origine – continuano i due professionisti – è molto grande, ha superato la Cina per numero di abitanti, è la nazione più popolosa del mondo e ci sono tanti infermieri, ben formati”, elenca Sijo. “C’è una buona scuola, ci sono tanti ospedali – aggiunge Minamol – e ogni infermiere ha un numero di pazienti inferiore da seguire, quindi può dedicare molta attenzione, assistenza e cura”. L’intenzione della famiglia George è di restare in Italia a lungo, per ora. “I nostri figli amano vivere qui, hanno i loro amici, essendo nati qui l’India per loro è come un altro mondo. A noi manca tanto la famiglia, ma in Italia stiamo bene, siamo ben integrati, e non ci sono mai capitati episodi di discriminazione o razzismo. Il rapporto con i pazienti è sempre stato buono e senza problemi nel complesso. Il nostro consiglio a chi vuol venire in Italia a lavorare in strutture sanitarie è di studiare l’italiano prima di partire. Per imparare ci vogliono almeno 4-6 mesi. Noi oltre al corso fatto prima di arrivare, abbiamo continuato a studiare anche in Italia”.

Il ministro della Salute Orazio Schillaci, conclude Sijo, “fa bene a guardare all’India” e a valutare, insieme tutte le opzioni, anche la possibilità di aver professionisti da quest’area per ridurre le carenze, come da lui prospettato nei giorni scorsi. “Perché gli infermieri che si formano nel nostro Paese sono bravi – assicura Sijo – L’unico punto è la lingua. Occorre avere la possibilità di impararla. Solo questo. E ai colleghi dico: avendo una base di conoscenza dell’italiano potete venire qui senza paura”. Sicuramente, chiosa Minamol, “troverete una buona fortuna. Per noi è stato così”.

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Covid, dottoressa no-vax radiata: “Ne sono fiera”

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La dottoressa De Mari: "Le mie affermazioni hanno salvato migliaia o forse decine di migliaia di persone"

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“Con infinita fierezza comunico che in data 6 giugno mi è arrivata la comunicazione della decisione della commissione per gli iscritti all’Albo dei Medici Chirurghi della provincia di Torino sulla trattazione del mio procedimento disciplinare: radiazione dall’Ordine dei medici”. Ad annunciarlo nel suo blog su Facebook è la stessa Silvana De Mari, radiata dall’Ordine dei medici di Torino, che l’aveva sospesa nel 2021 per non essersi vaccinata contro il Covid.

“Per tutto il tempo della cosiddetta pandemia ho fatto affermazioni, anzi esternazioni come scrivono i colleghi, che hanno salvato migliaia o forse decine di migliaia di persone – afferma commentando il provvedimento – Ho consigliato l’olio di fegato di merluzzo: pochi mesi fa è stata confermata dall’università di Oslo la sua azione prodigiosa nel prevenire l’infezione Covid 19 o almeno nel diminuire la gravità. Ho affermato che è sbagliato iniettare farmaci sul cui foglietto illustrativo è scritto: non si conoscono gli effetti a distanza e non si conoscono gli effetti della cancerogenicità”.

De Mari è una convinta no-vax. “In questo momento in cui il popolo italiano è flagellato da strane nuove epidemie di malore improvviso, e mortale, di miocarditi e pericarditi, di cancri e di cancri talmente violenti che è stato coniato il termine turbo cancro, è un onore essere radiata dagli Ordini che hanno imposto questi farmaci – chiosa – Grazie alle mie parole migliaia di persone hanno rifiutato l’inoculazione dei farmaci in questione. Ne sono infinitamente fiera. Nei prossimi giorni discuteremo tutti i punti delle 14 pagine di motivazione”.

“Silvana De Mari è stata finalmente radiata dall’Ordine dei medici di Torino per le sue posizioni no-vax e antiscientifiche. Molti medici, tra cui il sottoscritto, sono stati oggetto di attacchi, anche violenti, da parte sua. Speriamo che sia solo la prima radiata di una lunga serie di altri medici, che hanno scelto di andare contro le evidenze medico-scientifiche. Chi è contro i vaccini non deve e non può fare il medico. Deve essere una regola che vale per tutti gli Ordini dei medici. Non solo per quello di Torino, a cui vanno i complimenti per il coraggio e la forza di questa azione”, commenta su Twitter l’infettivologo Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive del policlinico San Martino di Genova.

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Ricci, ‘così Sace si è evoluta davanti alle crisi, prossima frontiera è la sostenibilità’

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“Se parliamo di prospettive di Sace, guardando al futuro” uno dei ‘nuovi’ compiti che aspetta il Gruppo è quello di lavorare sulla sostenibilità: “Ci è stato affidato un ruolo importante come facilitatori del Green new deal in Italia e ne abbiamo fatto il cuore della nostra missione con le nostre Garanzie Green”. Lo sottolinea all’Adnkronos Alessandra Ricci, ad del gruppo Sace, evidenziando come questa sia “un’operatività particolarmente importante nell’attuale contesto economico, perché fa da acceleratore della transizione ecologica ed energetica, e consente allo stesso tempo di rendere le nostre imprese molto più resilienti e competitive di fronte alle sfide del caro energia”. “In questo ambito – ricorda – abbiamo già garantito 9 miliardi di euro a supporto di oltre 400 progetti green di cui oltre il 90% a supporto di PMI”.

Per Sace, questo compito si inserisce in un processo di rapida evoluzione – e adattamento – agli scenari del nostro tempo: “Se da 45 anni il nostro core business è stato sostanzialmente concentrato sul sostegno all’export e all’internazionalizzazione, dal 2020 – spiega l’ad – siamo stati chiamati a sviluppare risposte a esigenze nuove, spesso critiche, che il nostro tessuto economico ha dovuto affrontare: la pandemia, l’emergenza liquidità e, oggi, a seguito dell’invasione russa ai danni dell’Ucraina, il caro energia, ne sono un esempio”.

“Gli strumenti con cui abbiamo sostenuto le imprese in questo contesto emergenziale sono principalmente due: Garanzia Italia, messa in campo per sostenere le imprese italiane colpite dall’emergenza Covid-19 e Garanzia SupportItalia, per sostenere le esigenze di liquidità delle imprese impattate dal conflitto russo-ucraino. E complessivamente, in questo ambito – rivendica la Ricci – dal 2020 al 2022 abbiamo garantito 60 miliardi di euro di finanziamenti”.

D’altronde, spiega, “nonostante le incertezze ancora presenti nello scenario internazionale, secondo le nostre proiezioni, l’export italiano di beni crescerà a un ritmo sostenuto, seppur ancora in parte amplificato dell’effetto-prezzo, superando quota 650 miliardi di euro nel 2023 e confermando l’Italia nella top 10 mondiale dei Paesi esportatori”. “E le nostre esportazioni registreranno dinamiche eterogenee, in funzione del prolungarsi del conflitto e degli impatti della crisi sui principali mercati di domanda per il Made in Italy”.

“Questi numeri – aggiunge – ci fanno comprendere due cose: in primo luogo che, nonostante il mondo sia diventato più complesso e caratterizzato da una fragile stabilità, le opportunità per esportare e investire all’estero non mancano; in secondo luogo, che le imprese italiane sono resilienti e non stanno perdendo il loro grip”.

Le aziende – osserva la manager – “stanno ripensando le loro strategie internazionali in una logica agile e flessibile e guardando a clienti e fornitori in geografie diverse da quelle storiche e tradizionali: diversificando i propri mercati di sbocco, mettendo in sicurezza la propria supply chain”.

Per le nostre imprese “tra i mercati di opportunità citerei: Medio Oriente, India, Vietnam, Emirati Arabi Uniti, Brasile e Messico, grazie a profili di rischio in sostanziale miglioramento sotto tutti gli aspetti. Registriamo grandi opportunità affiancate tuttavia da maggiori criticità nell’Africa Subsahariana. Ed è proprio in queste geografie e situazioni che Sace può fare la differenza con tutta l’offerta assicurativo-finanziaria e gli strumenti di accompagnamento e formazione”.

“Ad esempio – osserva – facendo da apripista alle imprese italiane per migliorare il posizionamento nelle catene di fornitura di buyer esteri con la Push Strategy e i Business Matching, attraverso i quali abbiamo generato oltre 2 miliardi di nuove esportazioni italiane”.

Insomma, spiega, “il trend dell’export parla chiaro, così come il successo dei nostri business matching: la percezione del Made in Italy all’estero è sempre molto forte e le nostre esportazioni hanno saputo ‘assorbire’ la componente inflattiva che quest’anno è stata veramente importante, con una sostanziale una tenuta dei volumi, che rappresenta un risultato eccezionale in una congiuntura così complessa per l’economia globale”.

“Ogni mercato – spiega – ha un percepito diverso del Made in Italy e del suo potenziale. Un esempio lampante sulla diversità di percezione è proprio nel contenuto del Made in Italy che, nell’immaginario collettivo, è tendenzialmente associato alle “3F” icone dell’italianità, Food, Fashion, Furniture”. “Eppure – ricorda la Ricci – il primo settore per le nostre esportazioni è la meccanica strumentale in tutte le sue applicazioni”. In questo scenario l’ad di Sace vede “una nuova frontiera” testimoniata “ad esempio dalla partnership che abbiamo siglato in Vietnam con il colosso della nutrizione Nutifood, sostenendo l’export di macchinari e tecnologie agrifood italiani in mercato che ha un potenziale ancora tutto da esplorare in questo comparto”.

Ma l’ad ci tiene anche a sottolineare l’importanza – nella trasformazione del Gruppo – del Piano industriale ‘Insieme 2025’ presentato alla fine dello scorso anno: “Siamo all’inizio” ed “è ancora presto per parlare di risultati, ma la linea è tracciata – ribadisce – e stiamo lavorando sulle tre direttrici del nostro Piano: garantire maggiore resilienza al tessuto economico nazionale, consolidare la competitività sui mercati esteri e rilanciare la crescita sul mercato domestico”.

“Ci stiamo muovendo – spiega – partendo da un nuovo paradigma che pone al centro della nostra azione la sostenibilità e che prevede il coinvolgimento di tutti i nostri stakeholder – imprese, istituzioni, sistema bancario – come partner della nostra azione”.

“Il riscontro da parte dei nostri partner – imprese in primis – è molto positivo, e ne abbiamo la percezione nelle nostre attività quotidiane, ma anche nelle tante occasioni di incontro –co-design, business matching, formazione – che ci offrono un ritorno immediato rispetto a quanto stiamo facendo” osserva l’ad. In Sace – conclude – “siamo sempre più convinti che solo agendo ‘insieme’ riusciremo a raggiungere una crescita sostenibile e durevole per tutti”.

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Infrastrutture, Munari (Deloitte Legal): “Logistica determinante, sul digitalizzazione Italia indietro”

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I porti italiani e la svolta digital ed ecosostenibile

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Quello legato alla logistica, al movimento delle merci e delle persone, è diventato un argomento fondamentale soprattutto dopo il Covid. In quel momento qualunque cittadino medio si è reso conto che le merci arrivavano negli scaffali perché dietro c’era un lavoro. Ora che succede? La digitalizzazione è fondamentale in questo settore perché consente un risparmio di tempi, risparmio di costi, una fluidità di procedure, un aiuto all’integrazione.

”Informazioni che sono sempre crescenti – spiega nel secondo Talk di Forum Legal Next 2023 in corso a Milano, Francesco Munari, partner, Deloitte legal head of practices, porti, trasporti e shipping – e che devono essere selezionate nel modo migliore. In una attività complessa come quella della catena logistica, concorrono moltissimi attori, moltissimi operatori, istituzioni, amministrazioni, imprese e quindi condividere dei dati per rendere più fluido lo spostamento delle merci è centrale in questa prospettiva. Anche il ruolo degli avvocati cambia nella misura in cui l’avvocato non diventa più colui che risolve un problema che è sorto in questa catena, ma deve diventare un attore che contribuisce a facilitare il cambiamento individuando quelle che sono le regole e i processi più virtuosi e più efficaci per garantire la trasformazione digitale, ecologica e di fluidità del trasporto, in linea con gli standard che ci sono gli standard legali, gli standard operativi e con tutte le regole che vengono impattate da questa attività. Pensiamo alla privacy, pensiamo alla cyber security, pensiamo a 1000 altre questioni di cui oggi”.

La discussione si è poi spostata sullo stato del nostro Paese a livello di infrastrutture e non solo: “A livello di hardware – ha continuato Munari – cioè quelli di infrastrutture fisiche, l’Italia non è messa male, salvo situazioni un po’ critiche in Liguria. E’ sulla digitalizzazione, sul software che invece questa velocità va aumentata e incrementata. Abbiamo perso un po di anni. Da qualche mese abbiamo un nuovo player statale che deve darsi carico di formare, di costruire la piattaforma logistica nell’interesse di tutti gli stakeholder. Questo lavoro verrà implementato nei prossimi mesi e auspicabilmente nei prossimi anni. Quando tutto sarà in rete, anche l’Italia potrà giocare un ruolo ancora più importante in un settore comunque già cruciale per l’economia del nostro paese”.

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Musica: Arctic Monkeys, Imagine Dragons e Paul Weller a Rock in Roma

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Si parte questa sera con Lovegang126 all'Ippodromo delle Cappannelle - Le novità 2023 sono il Rock Me Pride e la selezione di artisti emergenti con le finali di Hit Week Talent

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Parte questa sera subito con Lovegang126 Rock in Roma all’Ippodromo delle Capannelle. Dall’8 giugno al 22 settembre concerti rock e rap avranno come scenario tre location: Capannelle, Circo Massimo e Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone. L’evento, organizzato da The Base di Maximiliano Bucci e Sergio Giuliani, direttori artistici, con la consulenza di Armando Perticaroli, è giunto alla sua tredicesima edizione dopo la pausa di due anni per Covid. Tornano per la seconda volta gli Arctic Monkeys, insieme a loro altri nomi importanti come Imagine Dragons, Paul Weller, Maluma e italiani come Articolo 31, Lazza, Geolier, Coma_Cose. La novità di quest’anno sono le finali di Hit Week Talent, in cui si esibiranno 8 finalisti del contest Hit Week 2023, il più importante festival al mondo dedicato alla diffusione della musica e della cultura italiana. I due vincitori si esibiranno in apertura agli show di Miami e Los Angeles. Inoltre, per la prima volta all’interno del festival è stato inserito un concerto del Roma Pride, Rock Me Pride alimentato da Muccassassina e diretto artisticamente da Diego Longobardi, in cui canteranno sabato 10 giugno all’Ippodromo delle Capannelle 50 artisti, tra cui le madrine Paola & Chiara, Big Mama, Sem&Stènn, Vergo e le vincitrici della prima e seconda stagione di Drag Race Italia, Elecktra Bionic e La Diamond. In console dal Brasile ci saranno Tommy Love, Bradshaw, Jonathan Heitch, Dj Anto, Dominik, Tompi (Latte Fresco).

“Un progetto così importante ti dà la forza di essere determinato – afferma Sergio Giuliani – L’anima invisibile del festival è un progetto sociale di inclusione, in cui tutte le persone sono accolte. E’ un luogo dove non ci sono differenze, né identità di genere né di colore o di ceto. Tentiamo di proporre un festival aperto su qualsiasi tipo di mondo”. Il direttore artistico ha espresso il desiderio di voler creare una scuola di musica gratuita all’Ippodromo delle Capannelle per “poter ripagare la città del disagio creato con il pubblico” dei concerti. “Non è mai facile organizzare le cose e a volte è capace si faccia peggio – osserva l’assessore agli eventi Alessandro Onorato – Roma che ha nel suo Dna di essere la capitale dei grandi eventi, soltanto lo scorso anno dopo 11 anni si riprende questo ruolo. Secondo Assomusica, infatti, per la stagione concertistica Roma ha venduto più di 2 milioni di biglietti, 500mila in più di Milano”. Conferma questa tendenza anche Maximiliano Bucci, che fa sapere che Rock in Roma in fatto di numeri è “tra i primi cinque-sei festival in Europa”.

Ad accompagnare l’evento ci sarà Rai Radio 2, con loro dal 2017, con la trasmissione ‘Rock and Roll Circus’ condotta da Carolina Di Domenico e Pier Ferrantini, che intervisteranno in esclusiva i performer. Sui social potranno essere seguite interviste e curiosità del backstage. La radio sarà presente in postazione fissa all’Ippodromo delle Capannelle con un dj set nel preshow dei concerti. “Trovo sia un orgoglio per noi poter dare voce ad uno spirito della Città Eterna che non è solo quello dei monumenti ma quello rock – riferisce Simona Sala, direttrice di Rai Radio 2 – Racconteremo i concerti in tutti i nostri programmi con la playlist settimanale dedicata”. Altro official media partner insieme alla radio è Rockol, testata rock italiana.

Gli artisti ospiti e gli eventi su Red Stage e Black Stage saranno: 8 giugno Lovegang126 (Ippodromo delle Capannelle), 10 giugno Rock Me Pride (Ippodromo delle Capannelle), 18 giugno Geolier (Ippodromo delle Capannelle), 20 giugno Bresh (Ippodromo delle Capannelle), 23 giugno Rancore (Ippodromo delle Capannelle), 24 giugno Teenage Dream Summer Camp (Ippodromo delle Capannelle), 25 giugno Naska (Ippodromo delle Capannelle), 27 giugno Coma_Cose (Ippodromo delle Capannelle), 28 giugno Nu Genea (Ippodromo delle Capannelle), 1 luglio Paky e Villabanks con special guest Shari (Ippodromo delle Capannelle), 3 luglio Lazza (Ippodromo delle Capannelle), 5 luglio Capo Plaza (Ippodromo delle Capannelle), 6 luglio Mezzosangue (Ippodromo delle Capannelle), 9 luglio Coez (Ippodromo delle Capannelle), 12 luglio Maluma (Ippodromo delle Capannelle), 13 luglio Salmo (Ippodromo delle Capannelle), 16 luglio Arctic Monkeys con special guest The Hives e Willie J Healey (Ippodromo delle Capannelle, già sold out), 17 luglio Manuel Agnelli (Ippodromo delle Capannelle), 19 luglio Articolo 31 con in apertura WLady, ospiti speciali Tiger Fregna (Ippodromo delle Capannelle), 21 luglio Carcass e Candlemass (Nightfall Special Show) e ospiti (Ippodromo delle Capannelle), 22 luglio Rosa Chemical (Ippodromo delle Capannelle), 26 luglio Sfera Ebbasta e Shiva (Ippodromo delle Capannelle), 28 luglio Ozuna (Ippodromo delle Capannelle). Il 5 agosto si esibiranno gli Imagine Dragons al Circo Massimo in uno special evento estivo (sold out). Concluderà la rassegna rock Paul Weller il 22 settembre all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone.

Ci saranno treni di Trenitalia appositi per la manifestazione e i bus-navetta di Eventi in Bus, per collegare il centro alla periferia di Roma in cui si trova l’Ippodromo. Nei luoghi dei concerti saranno posizionate delle isole ecologiche per la raccolta differenziata.

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Salute, Micheletto (Aipo): “Bpco terza causa di morte in Italia, continuare lotta al fumo”

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"Bronchite cronica ostruttiva e asma bronchiale colpiscono 12% popolazione, qualità aria fondamentale"

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“Le malattie dell’apparato respiratorio sono particolarmente frequenti, solo l’asma bronchiale e la bronchite cronica ostruttiva colpiscono circa il 12% della popolazione italiana. Non solo: rimangono motivo di frequente ospedalizzazione le infezioni polmonari (polmoniti) e le neoplasie polmonari che ad oggi rappresentano la prima causa di mortalità tra gli uomini nell’ambito delle neoplasie. Seguono tutte le interstiziopatie polmonari e la sindrome da apnee del sonno. La Bpco è la terza causa di morte in Italia e nel mondo. A influire la qualità dell’aria, quindi inquinamento atmosferico, e soprattutto il fumo. Ecco, per quanto riguarda la Bpco la battaglia che non abbiamo ancora vinto è quella contro il tabagismo”. Lo afferma all’Adnkronos Salute Claudio Micheletto, direttore Unità operativa complessa di Pneumologia dell’Azienda ospedaliera universitaria di Verona, snocciolando dati sulle malattie respiratorie protagoniste, insieme ai temi di politica sanitaria legata all’attuazione del Pnrr e della pneumologia post-Covid, del XXIV congresso nazionale della pneumologia italiana in programma alla Fiera del Levante di Bari, dal 9 all’11 giugno.

In Italia il numero dei fumatori è stabile intorno “al 23% – ricorda Micheletto – percentuale ancora molto alta, se pensiamo che la principale causa della bronchite cronico ostruttiva è il tabacco. Ma a preoccupare è anche il numero dei fumatori tra i giovani perché il fumo in età giovanile, soprattutto continuativo, predispone nei confronti della Bpco. Anche l’inquinamento atmosferico agisce come fattore scatenante, la qualità dell’aria è fondamentale per la salute respiratoria. L’apparato tracheo-bronchiale muove litri e litri di aria tutti i giorni e quindi i nostri bronchi sono a contatto con l’ambiente”. Sotto accusa non solo le polveri sottili “ma anche le polveri ultrasottili in grado di raggiungere gli alveoli e di andare in circolo, quindi rappresentano un fattore di rischio anche per le malattie cardiovascolari”.

E sulla pneumologia del futuro, l’esperto non ha dubbi: “Si sta ridisegnando anche nell’ambito di una nuova organizzazione del Ssn – evidenzia – La lezione positiva che possiamo trarre dalla pandemia riguarda il monitoraggio a domicilio di molti pazienti – in particolare per quelli più gravi che hanno bisogno di ossigeno-terapia o di ventilazione meccanica non invasiva. La telemedicina si è dimostrata fondamentale e può consentire un attento monitoraggio delle condizioni dei pazienti evitando, allo stesso tempo, inutili accessi nelle strutture ospedaliere”.

Come “specialisti stiamo”, inoltre, “costruendo un nuovo rapporto con il territorio, visto che la normativa che istituisce le Case della salute, prevede che nei centri hub (una ogni 50.000 abitanti) vi sia lo spirometro tra le dotazioni tecnologiche e la possibile consulenza dello specialista pneumologo. Questo permetterebbe, in particolare per i casi di minore complessità – spiega – una gestione territoriale con strumenti adeguati. Nella Case della salute sarà anche previsto l’accesso di specialisti per le malattie respiratorie: cardiologo, pneumologo e diabetologo. Obiettivo è uscire dalle mura dei nostri ospedali e fare in modo che il paziente possa trovare anche sul territorio – conclude Micheletto – una modalità adeguata di diagnosi di controllo e di monitoraggio”.

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Adolescenti italiani si sentono poco compresi da adulti, al primo posto mettono famiglia e amici

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Fondazione Con il Sud e Demopolis illustrano un'indagine sui teenager, cosa pensano e vogliono

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Chi sono oggi gli adolescenti italiani? Per rispondere alla domanda arriva l’indagine di Con i Bambini e Demopolis sul punto di vista degli teenager e quello degli adulti, con l’ascolto diretto di ragazze e ragazzi tra 14 e 17 anni e interviste a genitori, insegnanti ed educatori. La presentazione odierna di “Come Stai?” è stata anche l’occasione per il lancio del Bando da 30 milioni di euro per il benessere psicologico e sociale degli adolescenti promosso da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile.

Ma vediamo a cosa credono, cosa pensano e come si sentono i giovanissimi nel contesto attuale, difficile e faticoso anche per gli adulti: secondo quanto hanno affermato credono nella famiglia (90%) e nell’amicizia (86%) e proprio i rapporti con gli amici (64%) e il tempo libero (53%) sono il perno della loro soddisfazione, assai più delle relazioni familiari (52%) e della vita scolastica (35%). Al confronto con il mondo adulto ragazze e ragazzi prediligono quello coi pari, ma non sono troppo critici sulle figure adulte che li circondano: poco più di un quarto degli adolescenti ne lamenta la distrazione. Al contrario, più di un adulto su due si rimprovera proprio di essere distratto (52). Su un dato, grandi e piccoli pressoché concordano: “gli adulti non capiscono i ragazzi”. Lo pensa il 54% degli adolescenti e il 45% dei genitori.

Sono solo alcuni dei dati emersi dalle indagini multi-target promosse dall’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile e realizzate dall’Istituto Demopolis in percorsi di ascolto parallelo e comparativo di un campione nazionale di adolescenti (1.080 intervistati fra i 14 e i 17 anni) e di un campione della popolazione italiana maggiorenne (2.820 interviste), integrato con un focus demoscopico su un triplice target di genitori con figli tra i 6 e il 17 anni (800), insegnanti (260), educatori e rappresentanti del Terzo Settore (298).

Le ragioni di molte incomprensioni sono solo all’apparenza contingenti: è una faccenda di periodo storico (troppo diverso l’attuale da quello in cui i genitori furono adolescenti); la variabile “internet e social” è misteriosa per i non “nativi digitali” e allarga le distanze di pensiero fra le generazioni. Su questi elementi c’è piena convergenza. Ma gli adulti, intervistati da Demopolis per Con i Bambini, sottovalutano quanto i ragazzi non si sentano compresi nei desideri, nelle passioni e nei sentimenti.

Agli adolescenti invece è chiaro quanto si pensi al loro futuro e apprezzano le premure del mondo adulto in quest’ottica (52%). Ma, per i grandi, si tratta in realtà di una ragione d’ansia, di preoccupazione: quasi 7 adulti su 10 esprimono paura per il futuro lavorativo dei giovani e le loro difficoltà di orientamento. Del resto, mentre l’ottimismo dei figli vacilla ma resiste, il 65% dei genitori è pessimista tout court sul futuro degli adolescenti. Anche per questa ragione, il mondo adulto si dichiara prevalentemente inadeguato per far fronte al disagio crescente dei ragazzi (48%).

“Dopo la pandemia, un’esperienza non vissuta, a loro tempo, da genitori né nonni, abbiamo voluto ascoltare direttamente gli adolescenti -spiega Marco Rossi-Doria, presidente di Con i Bambini- per impegnarci a capire come stanno dopo questo lungo periodo di difficoltà, per conoscere il loro punto di vista su sé stessi e il rapporto con il mondo adulto. Da questa doppia indagine emerge uno spaccato diverso e parallelo, con i giovani più ottimisti e molto attenti alla dimensione relazionale della loro vita, dunque preoccupati dagli effetti della pandemia, e gli adulti molto più distratti, per loro stessa ammissione, ma consapevoli che occorre prestare ascolto alle giovani generazioni.

L’attenzione alle sofferenze, ai rischi, alle attese che sono emersi e l’ascolto diretto dei ragazzi e delle ragazze stessi -aggiunge Rossi-Doria – è anche alla base del nuovo bando annunciato oggi da Con i Bambini dedicato al benessere psicologico e sociale degli adolescenti: mette a disposizione 30 milioni di euro nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Un tema, quello del benessere psicologico, emerso da una attenta campagna di audizioni che ha compreso anche un gruppo di ascolto ristretto di under18 che, per la prima volta, Con i Bambini ha utilizzato per elaborare un bando rivolto proprio a loro.

’L’attenzione per i vissuti e i pensieri degli adolescenti è al centro di questa prima indagine Con i Bambini-Demopolis che chiede al campione di oltre mille adolescenti informazioni cruciali sulla loro vita in un momento in cui oltre un terzo dei genitori (36%) dichiara di aver notato la tendenza dei figli ad evitare con scuse varie la scuola, le uscite o altre occasioni di socialità, con un forte incremento dell’ansia e della depressione. La risposta va costruita da tutta la comunità educante, con un’azione di competente prossimità e sostenendo un nuovo protagonismo dei ragazzi, che comunque mostrano ottimismo”.

Il Bando scade il 20 settembre ’23 e ha l’obiettivo di promuovere il benessere psicologico e sociale di ragazzi e ragazze, a fronte della diffusione di situazioni di disagio psicologico, soprattutto in contesti di marginalità sociale. L’approccio consiste nella sperimentazione di modelli di intervento comunitari, integrati e sistemici per la prevenzione e la cura della salute psicologica di ragazze e ragazzi.

Dalla prima indagine Con i Bambini – Demopolis emerge dall’ascolto diretto di ragazze e ragazzi tra 14 e 17 anni un segmento adolescenziale piuttosto bonario nel valutare le precedenti generazioni. Per il 40%, agli adulti si rimprovera per lo più che non si mettono in discussione (38%), i continui paragoni con i tempi passati (37%), la troppa importanza data ai voti scolastici (33%). Ma il 52% apprezza quanto stia a cuore il futuro degli adolescenti.

“In molti casi è la difficoltà di dialogo uno dei punti più controversi del rapporto tra genitori e adolescenti italiani -precisa il direttore dell’Istituto Demopolis Pietro Vento- dei propri problemi, gli under 18, parlano con gli amici e sono convinti che gli adulti non comprendano le loro idee e passioni, i desideri e i sentimenti. Ancora più complesso appare il dialogo a scuola: appena il 3% dei giovanissimi intervistati, se avesse un problema, ne parlerebbe con un insegnante. In modo del tutto inedito – conclude Pietro Vento – le due indagini demoscopiche incrociano lo sguardo del mondo adulto con quello degli adolescenti, offrendo indicazioni di grande interesse su quanto, nel confronto fra generazioni, possa e debba essere migliorato”.

I ragazzi si confrontano parecchio fra di loro. Più limitatamente, si raccontano agli adulti. Un terzo degli adolescenti dichiara di condividere spesso idee e pensieri, ma lo fa prevalentemente con gli amici: il 79% dei ragazzi predilige un dialogo fra coetanei. Così, le figure adulte si rivelano interlocutori solo per una minoranza. Quasi un terzo, il 31%, confessa invece di faticare a condividere le proprie idee: la paura è di essere incompresi e giudicati. Dei problemi si parla per lo più con gli amici, ai genitori si rivolge appena il 43% di chi ha un problema, con un dato che scende al 39% fra le ragazze. Solo il 3% ne parlerebbe con un insegnante. Coi grandi la principale incomprensione è contingente: per il 62% di loro gli adulti non capiscono quanto differente sia la contemporaneità; né comprendono idee (46%), quotidianità online (41%), desideri, passioni, priorità (37%) e sentimenti (36%).

L’impronta del triennio pandemico è un dato distintivo degli under 18 intervistati. Sebbene il Covid sia un ricordo opportunamente sbiadito, resta l’esito delle limitazioni pandemiche, che si rivela soprattutto nella centralità attribuita oggi dai ragazzi alla dimensione relazionale, nel bene e nel male. Nei mesi del lockdown agli adolescenti è mancata la libertà di stare con i coetanei (74%), la possibilità di vivere spazi di socialità (54%) e praticare attività sportive (50%). Assai meno è mancata la scuola (24%). Sui banchi scolastici, però, qualcosa è cambiato; e non solo perché le tecnologie sono più usate (56%). I ragazzi segnalano maggiore difficoltà di socializzazione (35%), l’aumentato stress dei docenti (34%) e la maggiore timidezza di alcuni compagni (33%).

Anche in virtù di un’esperienza collettiva inedita come la pandemia, lo sguardo degli adolescenti sul futuro rivela indici di complessità: un quinto non riesce a definirlo. Pessimista è il 12%; indifferente il 16%. Il 53% guarda al proprio futuro con ottimismo. Le cose importanti della vita sono la famiglia (90%) e l’amicizia (86%); confidano nelle passioni personali (72%) e nell’amore (71%). Di contro, poco più della metà degli intervistati considera il lavoro fra le cose che contano, 10 punti sotto l’aspirazione a ‘carriera e successo’. Accanto alla centralità delle relazioni amicali, è questa una delle più evidenti mutazioni nel pantheon valoriale delle nuove generazioni: il 44% cita soldi e ricchezza, il 26% la bellezza fisica. Agli ultimi posti, invece, l’impegno politico.

Il rapporto con i pari è la principale dimensione di soddisfazione per le nuove generazioni (64%), insieme alla gestione del tempo libero (53%), più ampiamente citati rispetto alle relazioni familiari (52%), alla vita scolastica (35%) e sentimentale (25%). Per i tre quarti dei teenager il tempo libero è dedicato ad amici e musica, contrappunto costante della vita giovanile, in compagnia e in solitudine. Il tutto accanto alle attività online, ormai una circostanza ordinaria della quotidianità.

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Altroconsumo, continua la crescita dei prezzi +9% su 2022: + 30% su 2021

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La situazione fotografata dall’analisi periodica di Altroconsumo sui prezzi degli alimenti

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I prezzi dei beni alimentari nei supermercati non accennano a diminuire, salvo qualche eccezione. Questa la situazione fotografata dall’analisi periodica di Altroconsumo sui prezzi degli alimenti, effettuata analizzando dieci tipologie di prodotti in ipermercati, supermercati e discount italiani, realizzata grazie ai dati Iri, aggiornati ad aprile 2023. Sotto la lente dell’Organizzazione durante lo scorso aprile i prezzi di pasta, farina, olio extravergine d’oliva, olio di semi di girasole, zucchero, caffè in polvere, latte a lunga conservazione, passata di pomodoro, zucchine e banane. Per l’acqiuisto di questo prodotti si spende il 9% in più rispetto a un anno fa, e il 30% in più rispetto a 2 anni fa.

Dall’analisi Altroconsumo emerge che solo olio di semi di girasole, caffè e zucchine hanno registrato una flessione nel prezzo rispetto allo scorso anno, mentre per tutti gli altri prodotti gli aumenti ci sono e in alcuni casi sono anche importanti. L’olio di semi di girasole ha registrato una riduzione del 21%. Dopo i balzi dovuti al conflitto in Ucraina il prezzo si sta assestando su valori più contenuti, ma comunque superiori al periodo pre-crisi. Il prezzo delle zucchine segna un -5%, mentre il calo del prezzo del caffè è meno marcato pari all’1% rispetto al 2022.

Per quanto riguarda la passata di pomodoro, dopo un inizio anno con qualche segnale di rallentamento, il prezzo è tornato a crescere invece. Gli aumenti su questo prodotto sono cominciati già nel periodo della pandemia da Covid-19, ma si sono intensificati poi a partire dalla scorsa estate. Ad aprile 2023 il prezzo medio della passata di pomodoro è stato di 1,59 euro al chilo, quindi è tornato ai livelli record già registrati lo scorso gennaio. Il prezzo è ben al di sopra di quello registrato ad aprile 2022, quando costava 1,31 euro al chilo: l’aumento in un anno arriva al 22%. L’analisi mette in oltre in evidenza quanto l’affidarsi alle promozioni non assicuri gli stessi margini di risparmio rispetto al passato. Nel 2019, scegliendo i prodotti scontati, si spendeva in media il 30% in meno rispetto al prezzo pieno. Nel 2020 e nel 2021 le promozioni aiutavano a risparmiare il 27%, percentuale che è scesa poi al 25% nel 2022. Dall’andamento dei primi mesi del 2023 è evidente come il risparmio sia calato ulteriormente: oggi i prodotti in promozione assicurano un risparmio solo del 23%.

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Minamol e Sijo infermieri dall’India all’Italia: “opportunità di crescita”

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Oggi marito e moglie, raccontano il percorso che li ha portati a Milano, al Policlinico San Donato. Molti colleghi potrebbero seguire il loro esempio dopo l'annuncio del ministro della Salute, Orazio Schillaci, di possibili accordi con Paesi extraeuropei, come l'India, per reclutare personale e fronteggiare la carenza di infermieri

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Sono arrivati dall’India in Italia a fine 2009, giovanissimi, lui poco più che 25enne, lei 22enne. E in Italia hanno trovato lavoro come infermieri, si sono conosciuti e innamorati ‘in corsia’, e hanno messo su famiglia. Sijo e Minamol George oggi hanno 3 figli, due femmine e un maschio – età 8, 6 e 3 anni – e raccontano all’Adnkronos Salute il loro percorso di vita che li ha portati, terminati gli studi di infermieristica e accumulati 2-4 anni di esperienza in ospedali del loro Paese, a lasciare il Kerala, Stato nel Sud dell’India in cui sono nati e cresciuti. Destinazione: Lombardia. Un salto nel vuoto all’inizio, spiegano, perché in Italia non conoscevano nessuno. Una storia, quella della coppia che, in un futuro prossimo, potrebbe diventare quella di tanti altri colleghi indiani, dopo l’annuncio del ministro della Salute Orazio Schillaci di guardare ad accordi con l’India per reclutare personale a fronte della cronica carenza di infermieri in Italia.

“Siamo partiti da zero”, racconta sorridente Sijo, che adesso ha quasi 40 anni e più di un decennio di esperienza lavorativa alle spalle. Anni trascorsi quasi totalmente al Policlinico San Donato (che ha sede alle porte di Milano, a San Donato Milanese ed è l’Irccs cardiovascolare del Gruppo San Donato), dove oggi lavora in un reparto molto delicato, la Terapia intensiva cardiochirurgica adulti. Sua moglie Minamol, invece, lavora con i bambini nella Terapia intensiva cardiochirurgica pediatrica. In un ospedale che è un riferimento a livello internazionale per il cuore.

“Siamo fortunati – spiega Minamol, oggi 36enne – perché lavoriamo in un ospedale importante, perché siamo stati accolti a braccia aperte e dobbiamo ringraziare i colleghi per il supporto che ci hanno dato in particolare all’inizio. Ci hanno aiutato tantissimo e l’ambiente lavorativo è bello e molto avanzato”. In Italia i George hanno trovato impiego “attraverso un’agenzia di lavoro, ‘JOB Just on business’, con sede a Milano. Era un periodo in cui, come oggi, c’era carenza di infermieri qui. E negli anni, oltre un centinaio di colleghi indiani sono arrivati in strutture della Lombardia, in particolare, e di altre regioni del Nord. Anche adesso, dopo la pandemia di Covid, l’agenzia sta agevolando la collocazione di altri infermieri dall’India e da altri Paesi”. Questa agenzia, tiene a precisare Sijo, “non chiede soldi agli infermieri per il reclutamento. A pagare questi servizi sono le strutture che hanno bisogno che venga selezionato personale per loro. Lo dico perché ci sono tante agenzie che in India stanno chiedendo soldi ai colleghi, oltre a essere retribuite dalle strutture”.

Come si diventa infermieri in India? Ci sono due percorsi di studio, diploma e laurea. “Uno prevede 3 anni di studio e tirocinio, l’altro 4 anni e tirocinio. Il riconoscimento del titolo in Italia è oggi possibile se hai almeno 4.600 ore di teoria e pratica”, dicono. Quando Sijo e Minamol sono approdati nel nostro Paese hanno seguito il percorso standard per avere il riconoscimento del titolo e, ricorda Minamol, “poi bisognava sostenere un esame” in quelli che allora – prima degli Ordini attuali – erano i collegi territoriali Ipasvi, per iscriversi all’albo”.

Oggi, sulla scia della necessità di velocizzare in tempi di Covid l’inserimento di personale sanitario anche straniero, e più di recente con il decreto Milleproroghe, è prevista la possibilità di svolgere la professione temporaneamente in deroga alle vigenti norme sul riconoscimento delle qualifiche professionali. “Senza iscrizione all’albo – spiega Sijo – serve solo il riconoscimento dalla regione competente. Questo sarà valido fino al 31 dicembre 2025”.

Tornando alla storia dei coniugi George, entrambi, dopo aver ultimato il percorso del riconoscimento del titolo, hanno fatto il colloquio con Tiziana Fiorini, che è la direttrice Sitra (Servizio Infermieristico Tecnico Riabilitativo Aziendale) del San Donato. Minamol è stata la prima ad essere assunta a tempo indeterminato. Poi Sijo che, dopo una brevissima parentesi a Bergamo, è tornato al San Donato e da allora è sempre rimasto in questo ospedale. La difficoltà più grossa che hanno dovuto superare? “La lingua”, dicono in coro.

Prima di arrivare in Italia entrambi hanno frequentato un corso di italiano, per avere una base. “E’ questa la parte più difficile – ammettono – La nostra lingua è molto distante dall’italiano. E’ più facile ovviamente parlare inglese per noi e quindi spesso la prima scelta è andare in Paesi anglofoni. Abbiamo scelto l’Italia per imparare da un punto di vista tecnico, per la cultura, la tradizione”. “Noi studiamo e facciamo pratica in India, ma andare in un Paese estero – spiega Minamol – ti permette di accumulare esperienza e crescere. Sicuramente alle persone che come noi si formano in India piacerebbe andare fuori per lavorare”. E c’è senz’altro anche la motivazione economica. “In India – spiega Sijo – gli stipendi sono più bassi, guadagniamo più o meno 300-400 euro al mese, e andare all’estero offre una migliore opportunità”. (segue)

“Il nostro Paese di origine – continuano i due professionisti – è molto grande, ha superato la Cina per numero di abitanti, è la nazione più popolosa del mondo e ci sono tanti infermieri, ben formati”, elenca Sijo. “C’è una buona scuola, ci sono tanti ospedali – aggiunge Minamol – e ogni infermiere ha un numero di pazienti inferiore da seguire, quindi può dedicare molta attenzione, assistenza e cura”. L’intenzione della famiglia George è di restare in Italia a lungo, per ora. “I nostri figli amano vivere qui, hanno i loro amici, essendo nati qui l’India per loro è come un altro mondo. A noi manca tanto la famiglia, ma in Italia stiamo bene, siamo ben integrati, e non ci sono mai capitati episodi di discriminazione o razzismo. Il rapporto con i pazienti è sempre stato buono e senza problemi nel complesso. Il nostro consiglio a chi vuol venire in Italia a lavorare in strutture sanitarie è di studiare l’italiano prima di partire. Per imparare ci vogliono almeno 4-6 mesi. Noi oltre al corso fatto prima di arrivare, abbiamo continuato a studiare anche in Italia”.

Il ministro della Salute Orazio Schillaci, conclude Sijo, “fa bene a guardare all’India” e a valutare, insieme tutte le opzioni, anche la possibilità di aver professionisti da quest’area per ridurre le carenze, come da lui prospettato nei giorni scorsi. “Perché gli infermieri che si formano nel nostro Paese sono bravi – assicura Sijo – L’unico punto è la lingua. Occorre avere la possibilità di impararla. Solo questo. E ai colleghi dico: avendo una base di conoscenza dell’italiano potete venire qui senza paura”. Sicuramente, chiosa Minamol, “troverete una buona fortuna. Per noi è stato così”.

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