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Pena di morte con azoto, il medico legale: “Uomo...
Pena di morte con azoto, il medico legale: “Uomo trattato come un insetto”
Il professor Sapone: "E' lo stesso procedimento che si usa per eliminare il tarlo dai mobili di legno". Il professor Macrì: "E' una modalità di esecuzione di una condanna a morte incerta che potrebbe anche allungare l'agonia"
"Usare l'azoto per una esecuzione capitale è trattare un uomo come un tarlo perché è lo stesso procedimento che si usa per eliminare il parassita dai mobili di legno quando viene deprivato dell'ossigeno. Personalmento non la reputo una scelta corretta, non siamo insetti". Così all'Adnkronos Salute Antonio Sapone, specialista in Medicina legale di Roma, commenta il destino che attende Kenneth Eugene Smith, rinchiuso dal 1996 nel braccio della morte di un carcere in Alabama, che rischia di passare alla storia come il primo condannato negli Stati Uniti - e nel mondo, secondo la denuncia de Death Penalty Information Center - ad essere giustiziato con azoto.
Secondo il medico legale, in questa proceduta con la maschera d'azoto, "la differenza la fa la sedazione e, se è prevista" Kenneth Eugene Smith "non si accorgerà dell'asfissia provocata dalla mancanza di ossigeno e la morte arriverà in pochissimo tempo entro 10 minuti. Se non è prevista la sedazione la cosa è differente e soffrirà durante l'asfissia con la maschera d'azoto".
Ma cosa c'è dietro la scelta di questo metodo? E' più efficace rispetto ad altri o c'è una questione economica? "E' efficace - risponde il medico legale - l'azoto non è tossico ma depriva il cervello, un organo molto più sensibile di altri, dell'ossigeno. Così si arresta velocemente il metabolismo dell'organo e sopraggiunge il decesso".
La maschera d'azoto per eseguire una condanna a morte "è una metodica assolutamente mai usata sull'uomo e in medicina veterinaria è stata usata solo sui suini ma poi abbandonata perché sui mammiferi ha dei rischi, ovvero non provocare subito il decesso ma ictus e stati vegetativi. Insomma, ha diversi rischi sia etici che medico-scientifici. Possiamo dire che è una modalità di esecuzione di una condanna a morte incerta che potrebbe anche allungare l'agonia", spiega all'Adnkronos Salute Pasquale Giuseppe Macrì, docente di Medicina legale e responsabile Area dipartimentale Medicina Legale e Gestione della Responsabilità sanitaria dell'Asl Toscana Sud Est.
"Quando si usa questo genere di maschere si va a sostituire l'ossigeno con l'azoto, un gas inerte, e se viene tolto l'ossigeno e aumentata la quantità di azoto piano piano si vanno a interrompere alcuni processi vitali, intanto si crea una barriera negli scambi tra polmone e sangue, i polmoni si riempiono d'azoto, ma - osserva Macrì - serve del tempo perché prima si deve consumare tutto l'ossigeno giù legato all' emoglobina, poi serve il tempo perché i tessuti hanno resistenze diverse. Magari muore prima il rene, poi il cervello e poi il cuore. C'è poi una incertezza sull'esecuzione perché una maschera attaccata al volto potrebbe comunque far passare un po' di ossigeno e ogni individuo ha una resistenza diversa, lo stesso avviene quando si va sott'acqua".
Il docente di Medicina legale evidenzia altri punti "contradditori" della maschera d'azoto. "Negli negli Usa c'è l'ottavo emendamento che non permette che si creino sofferenze al condannato - avverte - l'Onu ha sempre espresso contrarietà su queste esecuzioni e in Usa c'è il divieto di sperimentare sui detenuti". Ma c'è anche un tema economico nella scelta dell'azoto rispetto ai farmaci? "Certo - conclude - le case farmaceutiche non forniscono più i farmaci per le iniezioni letali perché non vogliono associare il marchio a queste procedure. Ecco che le autorità devono trovare altre strade", conclude.
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Ucraina, Crosetto: “Italia ha fornito tutto quello...
"Noi veniamo da 40 anni con l'idea che la difesa fosse qualcosa di cui non avevamo bisogno"
"Noi domani avremo una incontro, una call, a cui presumo ci sarà lo stesso Zelensky, per fare il punto" sugli aiuti all'Ucraina. "Mi pare che l'Europa e l'Italia in particolare abbiano fornito in questo periodo tutto quello che riuscivano a dare". Lo ha detto il ministro della Difesa Guido Crosetto, intervenendo all'incontro promosso da PwC Italia in collaborazione con il gruppo editoriale Gedi, dal titolo 'Il ruolo della ricerca militare nello sviluppo economico italiano'.
"Il problema - ha spiegato - è che noi veniamo da 40 anni con l'idea che la difesa fosse qualcosa di cui non avevamo bisogno, che le scorte e gli investimenti per la difesa non servissero, per cui non abbiamo magazzini pieni con cui possiamo aiutare. Quello che potevamo dare fino ad adesso l'Italia lo ha dato quasi integralmente. La parte che non ha ancora dato la darà prossimamente", ha detto il ministro.
"Sono talmente arrabbiato che dico una cosa pubblicamente: l'Italia ha ordinato alcuni sistemi di difesa aerea Samp-T due anni fa, l'industria che ha la commessa mi dice che li consegnerà tra tre anni. Un ordine di Samp-T per la difesa italiana fatto due anni fa, l'industria mi dice che lo consegna tra tre anni", ha proseguito.
"Voi pensate che uno possa fare il ministro della difesa o difendere un Paese con questi tempi? Non riesco a capire come sia possibile metterci tre anni per costruire una qualunque cosa, anche la più complessa che esiste al mondo", ha osservato Crosetto, spiegando che il problema è che "noi abbiamo un'industria che si era tarata su una capacità produttiva in cui lo Stato fa l'appalto, dà i soldi, quando li dà si inizia a costruire e poi quando si riesce, si consegna. Invece viviamo tempi in cui avremmo bisogno delle cose subito". Il problema - ha riferito il ministro - "non è solo italiano, ma europeo. Lo ha anche il ministro francese, con cui stiamo facendo una battaglia a due".
A differenza di quanto accade in Europa, "in Russia, in Cina e in Iran alzano il telefono e l'azienda che prima faceva frigoriferi" viene convertita per la produzione della difesa. "Noi invece ci confrontiamo con regole costruite in tempi di pace e in tempi normali in tempi che non sono di pace e non sono normali".
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India al voto, Armellini: “Grande democrazia? Con...
L'ex ambasciatore a Nuova Delhi: "Il Paese è cresciuto, ma stretta autoritaria sempre più opprimente"
L'India resta un grande Paese, ma non è detto che resterà una grande democrazia. Alla vigilia della prima tornata elettorale nel gigante asiatico - dove da domani al primo giugno poco meno di un miliardo di elettori andrà a votare in 28 Stati federali e otto territori - l'ex ambasciatore italiano a Nuova Delhi, Antonio Armellini, parla con l'Adnkronos dell'India di Narendra Modi, che si avvia al suo terzo mandato, dopo dieci anni già al governo.
Con il leader del Bjp "l'India è molto cambiata, è cresciuta economicamente, è migliorata al suo interno, il programma di investimenti sulle infrastrutture ha portato risultati ed il sistema finanziario è stato ammodernato", riconosce Armellini. Che tra i 'meriti' cita "la presa sull'elettorato, che si è ampliato e non è più solo quello tradizionale del Bjp", il partito dei commercianti e degli imprenditori.
Parallelamente, osserva l'ex ambasciatore, "la stretta autoritaria del governo Modi è diventata sempre più opprimente, figlia di un controllo e di un meccanismo del consenso molto sofisticati", mentre l'opposizione divisa e frammentata "è in difficoltà nel trasmettere un qualche tipo di messaggio che possa essere recepito dagli elettori".
L'India cresce "ma crescono anche le diseguaglianze", sottolinea ancora Armellini, mentre si avvia a diventare "una democrazia autoritaria sempre più lontana dal modello che ne aveva fatto un unicum nel continente asiatico, una grande democrazia liberale, figlia del pensiero politico del 19mo secolo, che aveva avuto anche Giuseppe Mazzini tra gli ispiratori della lotta per l'indipendenza". "L'India laica, tollerante, multietnica, rispettosa dello stato di diritto non è l'India di Modi, fortemente identitaria - ragiona l'ex ambasciatore - L'India è un grande Paese, ma che resti una grande democrazia è un punto interrogativo".
Quanto alla politica estera di Nuova Delhi, che "ha una percezione di sé come grande potenza sullo stesso piano di Stati Uniti e Cina, il punto da cui partire è che l'India non ha alleanze, ma relazioni, è partner di molti, ma nel proprio interesse". Che è quello di "grande potenza autonomia con due punti di riferimento imprescindibili: il contrasto con la Cina e il conflitto con il Pakistan", spiega Armellini. E chi, "come a tratti cercano di fare gli Stati Uniti, pensa di poterla legare in una vera e propria alleanza, rischia di restare fortemente deluso".
Infine l'ex ambasciatore si dice convinto che Nuova Delhi abbia "una maggiore capacità di attrazione per diventare il punto di riferimento del Sud globale", in particolare rispetto a Pechino, che agli altri Paesi "richiede di schierarsi", laddove l'India ha un approccio meno identitario.
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G7, Tajani: “Tutti insieme dobbiamo dare messaggio di...
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"Tutti insieme credo che dobbiamo dare un messaggio di pace". Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, nel corso del G7 Esteri a Capri.