Salute e Benessere
Ricerca: nuova tecnica per cromosomi artificiali,...
Ricerca: nuova tecnica per cromosomi artificiali, ‘svolta nell’ingegneria genetica’
Creare cromosomi sintetici in modo semplice ed economico. Una tecnica innovativa ideata dai ricercatori del Dornsife College of Letters, Arts and Science della University of Southern California (Usc) promette di "rivoluzionare il campo della biologia sintetica". La metodica, battezzata Creating e descritta su 'Nature Communications', secondo i suoi inventori "potrà imprimere un'accelerazione significativa all'ingegneria genetica, consentendo un'ampia gamma di progressi nella medicina, nella biotecnologia, nella produzione di biocarburanti e persino nell'esplorazione dello spazio".
Creating clona e riassembla segmenti del Dna naturale del lievito, permettendo agli scienziati di creare cromosomi sintetici in grado di sostituire le controparti originali nelle cellule. La tecnica consente di combinare cromosomi di diversi ceppi e specie di lievito, di modificare le strutture cromosomiche e di eliminare più geni contemporaneamente. "Con Creating - spiega il ricercatore capo Ian Ehrenreich, professore di scienze biologiche di Usc Dornsife - possiamo riprogrammare geneticamente gli organismi in modi complessi ritenuti impossibili prima d'ora anche con nuovi strumenti come" le forbici molecolari "Crispr. Questo apre un mondo di opportunità nella biologia sintetica, migliorando la nostra comprensione fondamentale della vita e aprendo la strada ad applicazioni rivoluzionarie".
La biologia sintetica permette agli scienziati di assumere il controllo di cellule viventi come lieviti e batteri per capire meglio come funzionano e spingerli a produrre composti utili, ad esempio nuovi farmaci. "Negli ultimi 10 anni - sottolinea Ehrenreich - si è sviluppata una nuova forma di biologia sintetica, la genomica sintetica, che prevede la sintesi di interi cromosomi o interi genomi". La maggior parte delle tecniche disponibili finora, però, "comportano la costruzione di cromosomi o genomi da zero, con pezzi di Dna sintetizzati chimicamente. Un sacco di lavoro, estremamente costoso", per il quale non c'erano alternative. Ora invece "Creating offre la possibilità di usare pezzi di Dna naturali come base di partenza per assemblare interi cromosomi", afferma Alessandro Coradini, ricercatore post-dottorato della società statunitense Agilent, primo autore dello studio.
La nuova metodica, in altre parole, "rende facile il difficile". Con un impatto particolarmente importante in biotecnologia e medicina. "Creating potrebbe portare e a una produzione più efficiente di prodotti farmaceutici e biocarburanti, contribuire allo sviluppo di terapie cellulari per malattie come il cancro, aprire la strada a metodi di biorisanamento ambientale come la creazione di batteri che 'mangiano' sostanze inquinanti", elencano gli scienziati. La tecnica potrebbe anche "aiutare gli esseri umani a vivere per lunghi periodi nello spazio o in altri ambienti difficili". Addirittura, lavorandoci parecchio, "un giorno potrebbe essere usata per sviluppare microrganismi o piante in grado di prosperare nelle stazioni spaziali o durante viaggi spaziali a lunga percorrenza".
Uno degli aspetti più sorprendenti dello studio, secondo i ricercatori, è "il modo in cui la riorganizzazione dei segmenti cromosomici nel lievito può alterarne il tasso di crescita", che può arrivare a essere "fino al 68% più veloce o più lenta". Questa scoperta, in definitiva, evidenzia "il profondo impatto che la struttura genetica può avere sulla funzione biologica e apre nuovi percorsi di ricerca per esplorare ulteriormente queste relazioni".
Oltre a Ehrenreich e Coradini, hanno contribuito allo studio Christopher Ne Ville, Zachary Krieger, Joshua Roemer, Cara Hull, Shawn Yang e Daniel Lusk, tutti di Usc Dornsife. Il progetto è stato finanziato dalla National Science Foundation americana, dai National Institutes of Health statunitensi e da una borsa di studio post-dottorato di Agilent.
Salute e Benessere
Disturbi della memoria, scoperto come il cervello distingue...
Lavoro del team di ricerca del dipartimento di Neuroscienze dell'Università di Torino
Una ricerca condotta da un team di ricerca del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino potrebbe fornire informazioni utili per sviluppare nuove strategie terapeutiche per i disturbi della memoria. Formare ricordi di eventi simili costituisce una vera e propria sfida per il nostro cervello. "È essenziale che ogni evento venga memorizzato in maniera separata per preservarne la specificità. Tuttavia, è altrettanto importante riconoscere e ricordare gli aspetti comuni tra gli eventi. Se questo delicato processo viene compromesso, le persone rischiano di confondere un evento con un altro, perdendo così la chiarezza e la specificità dei propri ricordi". Lo ha rilevato un nuovo studio pubblicato su 'Cell Reports' che ha identificato un intricato processo cerebrale che consente di distinguere e memorizzare eventi simili in maniera separata, mantenendo al contempo le somiglianze tra di essi. La ricerca è stata condotta principalmente dalle ricercatrici Giulia Concina, Luisella Milano e Annamaria Renna coordinate dal professor Benedetto Sacchetti del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino.
I ricercatori hanno studiato l’attività cerebrale durante l'apprendimento di due eventi distinti ma con elementi in comune, scoprendo che nell'amigdala, una regione cerebrale chiave per la formazione dei ricordi, gruppi separati di neuroni si attivano per memorizzare separatamente eventi distinti. "Tuttavia, alcuni neuroni rispondono a entrambi gli eventi, aiutando a ricordarne le somiglianze. Il numero di questi neuroni comuni - sottolinea lo studio - è regolato da un particolare tipo di cellule chiamate neuroni inibitori. Bloccando queste cellule, i ricercatori hanno notato come il numero di neuroni comuni aumentasse notevolmente causando la confusione e sovrapposizione dei due eventi. Secondo i ricercatori, in conclusione, i neuroni inibitori contribuiscono quindi a mantenere distinti i ricordi di eventi simili".
La ricerca è stata condotta adottando un approccio multidisciplinare che ha integrato metodologie di analisi comportamentale, biologia molecolare, microscopia ad alta risoluzione e modulazione dell'attività cerebrale. In particolare, grazie all'utilizzo della tecnica innovativa della 'marcatura chemogenetica', i ricercatori hanno potuto visualizzare i neuroni coinvolti nella percezione sia degli aspetti distintivi di due eventi, sia delle loro caratteristiche comuni. Questa analisi ha permesso anche di individuare le cellule in grado di limitare il numero di neuroni condivisi, ovvero i neuroni inibitori. Infine, combinando le tecniche di marcatura chemogenetica e di inattivazione dell'attività neuronale, i ricercatori hanno selettivamente bloccato queste cellule, notando che ciò portava i soggetti a confondere gli eventi tra di loro.
"Questa ricerca - spiega Sacchetti - riveste un'importanza significativa poiché mette in luce l'esistenza di neuroni il cui ruolo è quello di mantenere separate le memorie di eventi distinti ma con aspetti in comune, consentendo così di conservare i ricordi di tali eventi in modo preciso e nitido. Considerando che una delle caratteristiche tipiche dei disturbi della memoria, come le demenze e il disturbo post-traumatico da stress, è la tendenza a confondere gli eventi passati, questa ricerca potrebbe fornire nuove informazioni utili per sviluppare nuove strategie terapeutiche".
Salute e Benessere
Università, Gesualdo (Fism): “Nettamente contrari a...
"D'accordo con Ordine medici e Anaao. Serve programmazione razionale, le Scuole di Medicina non possono accogliere 70mila iscritti per mancanza di spazi e risorse"
"La decisione di eliminare il numero chiuso per l'iscrizione alla Facoltà di Medicina, Medicina veterinaria e Odontoiatria e protesi dentaria rappresenta una minaccia alla qualità della formazione medica e prelude un grave rischio di sovraffollamento del mercato del lavoro medico. Come l'Ordine dei medici e Anaao anche la Fism è nettamente contraria a stop al numero chiuso". Così all'Adnkronos Salute il presidente della Federazione italiana società medico-scientifiche (Fism) Loreto Gesualdo commenta l'adozione da parte della Commissione Istruzione del Senato del testo base che elimina il numero chiuso nelle Facoltà di Medicina.
La Fism "ribadisce l'importanza di una programmazione razionale e basata sui reali bisogni del Servizio sanitario nazionale - spiega Gesualdo sottolineando "la necessità di una selezione accurata dei futuri medici già durante il percorso scolastico, al fine di garantire una formazione di qualità e una corretta distribuzione sul territorio". Inoltre, "occorre estendere la programmazione non solo al numero dei medici, ma anche a tutte le altre professioni sanitarie, come infermieri, fisioterapisti, dietisti e altre figure professionali - evidenzia il numero uno di Fism - essenziali per supportare i percorsi di intelligenza artificiale e l'evoluzione tecnologica nel settore della salute".
Gesualdo suggerisce di "potenziare i licei con inclinazione biomedica" per preparare "adeguatamente gli studenti interessati a intraprendere percorsi universitari" nel campo della salute. "Tuttavia - avverte - è importante ricordare che attualmente le scuole di medicina non sono in grado di accogliere un numero così elevato di studenti, con circa 70.000 iscrizioni previste, a causa della mancanza di spazi e risorse necessarie".
La programmazione delle professioni sanitarie "deve essere inclusiva e mirata a garantire un equilibrio tra domanda e offerta di competenze specialistiche, al fine di garantire un corretto sviluppo del settore e una gestione ottimale delle risorse umane nel campo della salute". La Fism "si impegna a promuovere una visione olistica della programmazione delle professioni sanitarie, che tenga conto delle nuove sfide e opportunità offerte dalla digitalizzazione e dall'intelligenza artificiale nel campo della salute" conclude.
Salute e Benessere
25 aprile, il pediatra: “Ecco come spiegarlo ai...
"Per ogni età c'è il giusto modo di raccontarlo, a seconda della fase evolutiva"
25 aprile data importante per gli italiani. E, come tutti gli anni, al centro in questi giorni di dibattiti, ricordi, commemorazioni. Ma come spiegarlo ai bambini che ci chiedono chiarimenti? "Per ogni età c'è il giusto modo di raccontarlo, a seconda della fase evolutiva", spiega all'Adnkronos Salute Italo Farnetani, docente di Pediatria dell'Università Ludes-United Campus of Malta.
"Ai bambini di meno di 10 anni, per esempio - suggerisce il medico - direi semplicemente che in questo giorno è finita la guerra che veniva combattuta in Italia. Bisogna tener conto del fatto che in questa fascia di età i bambini ragionano per operazioni concrete, su ciò che vedono e che gli va spiegato nella sua concretezza. Possiamo raccontargli, quindi, che nel nostro Paese c'era una guerra come quelle che vedono in televisione e il 25 aprile se ne festeggia la fine". Dagli 11 anni in poi, soprattutto a chi frequenta le scuole superiori, prosegue Farnetani, "si può parlare con i ragazzi dei contenuti ideali, politici, legati alla Festa della liberazione". Mentre "dai 14 anni in su, cioè quando l'adolescente entra nella fase delle 'operazioni formali', il discorso può ampliarsi ai concetti di pace, guerra, libertà, dittatura, diritti umani, cioè fare un discorso formativo. In questa fase dell'adolescenza, in cui predominano i concetti di bene e male, giustizia e ingiustizia - sottolinea il pediatra - si fa strada una visione utopica della realtà. Gli adulti, considerando questa particolare fase dello sviluppo del ragionamento degli adolescenti, possono aiutare i ragazzi a fare un'analisi oggettiva di ciò che è avvenuto il 25 aprile perché possa partire da una valutazione storica, etica e politica dei fatti per farsi, autonomamente, un'idea precisa dell'origine e delle motivazioni del significato simbolico della data. Successivamente potrà esaminare i decenni successivi della storia della politica italiana".
Un'informazione che tenga conto delle fasi evolutive, conclude Farnetani, è una modalità utile a fornire "all'adolescente strumenti per capire le problematiche alla radice. In caso contrario, si rischia di proporre concetti preconfezionati o di parte che non aiutano lo sviluppo della persona".