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Rapporto Amnesty: “Mobilitazione popolare senza...
Rapporto Amnesty: “Mobilitazione popolare senza precedenti”
"Abbiamo visto persone entusiaste marciare, protestare e pretendere un futuro di maggiore speranza”
C’è una mobilitazione popolare senza precedenti per chiedere protezione dei diritti umani e rispetto per la nostra comune umanità. E' quanto emerge dal Rapporto 2023-2024 di Amnesty International che contiene un’analisi della situazione dei diritti umani in 155 stati.
“Le azioni di potenti attori statali e non statali ci hanno fatto sprofondare nel caos di un mondo senza regole efficaci, dove fare brutalmente profitti grazie a tecnologie rivoluzionarie senza effettivo controllo è diventata la norma. Ma laddove molti governi non si sono attenuti al diritto internazionale, altri hanno chiesto alle istituzioni internazionali di attuarlo. Laddove leader di spessore mondiale non si sono schierati dalla parte dei diritti umani, abbiamo visto persone entusiaste marciare, protestare e pretendere un futuro di maggiore speranza”, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.
Il conflitto tra Israele e Hamas ha generato proteste in ogni parte del mondo, con richieste – levatesi ben prima che molti governi le facessero proprie – di un cessate il fuoco per porre fine all’indicibile sofferenza dei palestinesi di Gaza e di ritorno in libertà di tutti gli ostaggi nelle mani di Hamas e di altri gruppi armati. Altrove, come negli Usa, in Polonia e in El Salvador, le persone sono scese in strada per rivendicare il diritto all’aborto mentre si scatenava un attacco contro la giustizia di genere. In tutto il mondo altri giovani si sono aggregati al movimento Fridays for Future per chiedere un’equa e rapida uscita dal fossile. Nel 2023, osserva Amnesty, incessanti campagne hanno ottenuto significative vittorie per i diritti umani. A Taiwan, il movimento #MeToo e altre organizzazioni della società civile che chiedevano la fine della violenza sessuale online hanno spinto il governo a emendare la Legge sulla prevenzione del crimine di aggressione sessuale.
Amnesty sottolinea che nonostante "in misura minore di quanto sarebbe stato necessario, la Cop28 ha accettato l’avvio della transizione verso l’uscita dal fossile: si è trattato della prima volta in cui i combustibili fossili sono stati menzionati in una decisione della Cop. Dopo anni di campagne, quattro difensori dei diritti umani della Turchia – Taner Kılıç, İdil Eser, Özlem Dalkıran e Günal Kurşun – condannati nel luglio 2020 sulla base di accuse false, sono stati finalmente assolti". Ancora un altro di tanti esempi: in Afghanistan, a ottobre, l’attivista per il diritto allo studio Matiullah Wesa è stato scarcerato dopo aver trascorso sette mesi in carcere solo per aver promosso il diritto delle ragazze all’istruzione e aver criticato le politiche dei talebani di escluderle dalla scuola secondaria.
“Il diritto di protesta è fondamentale per fare luce sulle violazioni dei diritti umani e sulle responsabilità di chi governa. Le persone hanno reso abbondantemente chiaro che vogliono i diritti umani: sta ai governi mostrare che le stanno ascoltando”, ha sottolineato Callamard.
“Considerato il fosco stato delle cose a livello globale, occorrono misure urgenti per rivitalizzare e rinnovare le istituzioni internazionali create per tutelare l’umanità - ha concluso Callamard - Devono essere fatti passi avanti per riformare il Consiglio di sicurezza dell’Onu in modo che gli stati membri permanenti non possano brandire il loro incontrollato potere di veto e impedire così la protezione dei civili a vantaggio delle loro alleanze geopolitiche. I governi devono anche adottare robuste regole e legislazioni per affrontare i rischi e i danni causati dalle tecnologie dell’intelligenza artificiale e riprendere le redini di Big Tech”.
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Rafah, Israele ammassa i tank al confine: ultime trattative...
Decine di mezzi dell'Idf vicino al valico israeliano di Kerem Shalom. Fonti: Tel Aviv potrebbe riconsiderare l'operazione con un accordo sugli ostaggi, ma non metterebbe fine alla guerra
Israele è pronto a entrare a Rafah, la città nel sud della Striscia di Gaza dove sono raccolti oltre 1,4 milioni di palestinesi. Secondo quanto riferisce il Times of Israel, l'esercito ha ammassato dozzine di tank e blindati lungo il confine con la Striscia di Gaza in quelli che sembrano essere i preparativi per un'invasione della città di confine. In particolare, mezzi sono stati avvistati in movimento vicino al valico israeliano di Kerem Shalom. Secondo la tv pubblica israeliana, il premier Benjamin Netanyahu ha approvato i piani per l'operazione ma non ha ancora dato il via libera che consentirebbe alle forze di difesa (Idf) di entrare in azione. Secondo le ultime news attribuite a fonti militari, fra 150mila e 200mila persone hanno lasciato Rafah dallo scorso 7 aprile in vista del possibile attacco da parte di Israele. Dall'inizio della guerra, 1,5 milioni di profughi, sui 2,2 milioni residenti nella Striscia, hanno cercato rifugio a nella città-
Nuovi colloqui
Continua intanto a muoversi la diplomazia per arrivare a un accordo per il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi, rapiti da Hamas nell'attacco del 7 ottobre 2023. Secondo quanto riferisce Haaretz, una delegazione egiziana è attesa in Israele per continuare i negoziati. Mercoledì funzionari egiziani, israeliani e statunitensi hanno tenuto incontri di persona e a distanza per cercare di sbloccare lo stallo.
Una fonte ha detto al sito di notizie Ynet che Israele sarebbe disposto a riconsiderare l'operazione pianificata a Rafah se ci fosse "un'offerta reale" per un accordo di tregua con Hamas per gli ostaggi, ma non "scenderà a compromessi sulla fine della guerra". I commenti del funzionario arrivano mentre i media ebraici riferiscono che Tel Aviv avrebbe abbandonato la sua precedente richiesta che almeno 40 ostaggi fossero rilasciati come parte di un eventuale accordo.
In particolare un anonimo alto funzionario israeliano ha riferito che Israele sta attualmente valutando una proposta di accordo per il rilascio di 33 ostaggi detenuti da Hamas. Il funzionario aggiunge che la durata del cessate il fuoco che accompagnerà il rilascio degli ostaggi sarà determinata dal numero di prigionieri che Hamas libererà.
La proposta di Hamas
Hamas, dal canto suo, si sarebbe detta disposta a sciogliere la sua ala militare se venisse riconosciuto lo Stato palestinese. In un'intervista all'Ap rilanciata dai media israeliani, Khalil al-Hayya, membro dell'ufficio politico del gruppo residente a Doha, ha detto che l'organizzazione sarebbe pronta a deporre le armi se venisse creato "uno stato palestinese pienamente sovrano in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza".
Usa e altri Paesi coinvolti in crisi sollecitano liberazione di tutti gli ostaggi
Gli Stati Uniti con altri 17 Paesi con cittadini fra gli ostaggi di Hamas (Argentina, Austria, Brasile, Bulgaria, Canada, Colombia, Danimarca, Francia, Germania, Ungheria, Polonia, Portogallo, Romania, Serbia, Spagna, Thailandia e Gran Bretagna) sollecitano, in un comunicato congiunto diffuso dalla Casa Bianca, il rilascio "immediato" degli ostaggi sequestrati da Hamas a Gaza, in modo da consentire a tutti gli attori "di concentrarsi sulla fine di questa crisi e sforzi a riportare la pace e la stabilità nella regione". I Paesi esprimono "deciso sostegno per gli sforzi di mediazione in corso".
"Lo stato degli ostaggi e della popolazione civile a Gaza, protetti dal diritto internazionale, è un tema al centro delle preoccupazioni internazionali", si legge nel comunicato. "L'accordo in discussione per la liberazione degli ostaggi porterebbe a un cessate il fuoco prolungato e immediato a Gaza, tregua che faciliterebbe l'aumento del trasferimento della necessaria assistenza umanitaria nella Striscia di Gaza e a una fine credibile delle ostilità", si sottolinea. "I residenti di Gaza potrebbero tornare alle loro case e terre, dopo preparativi che assicurino loro un tetto e aiuti umanitari".
Politica
Europee, sondaggio: Fratelli d’Italia si conferma...
Movimento 5 Stelle scende al 16,8% dopo aver perso lo 0,8% dall'ultima rilevazione
Fratelli d'Italia si conferma saldamente primo partito nel Paese con il 27,2% dei consensi, in aumento dello 0,3% rispetto alla scorsa rilevazione dell'8 aprile. Lo dice un sondaggio del 24 aprile realizzato da Euromedia Research per Porta a Porta in vista delle prossime elezioni europee. Al secondo posto troviamo il Partito democratico con il 20,3% (+0,6%) seguito dal Movimento 5 Stelle che scende al 16,8% dopo aver perso lo 0,8% dall'ultimo sondaggio. Nelle successive posizioni Euromedia Research colloca gli altri due principali partiti dello schieramento di centrodestra: Forza Italia e Lega Salvini premier, rispettivamente all'8,7 e all'8,5%. La lista Stati uniti d'Europa viene data al 4,4%, mentre Alleanza Verdi Sinistra-Europa Verde-Sinistra italiana al 4%. Sotto la soglia di sbarramento del 4% necessaria per l'ingresso nell'Europarlamento ci sono Azione (3,8%), la lista Libertà di Cateno De Luca (2,5%), Pace terra dignità (2%), altri partiti (1,8%). Gli indecisi o astenuti sono il 38,5%.
Sport
Udinese-Roma 1-2, gol di Cristante al fotofinish decide il...
Il match era stato sospeso domenica 14 aprile per il malore accusato dal giallorosso Evan Ndicka
La Roma ha vinto 2-1 sul campo dell'Udinese nel recupero del match della 32esima giornata, sospeso domenica 14 aprile per il malore accusato dal giallorosso Evan Ndicka. La squadre sono tornate in campo oggi per disputare l'ultima porzione della partita interrotta al 72' sul risultato di 1-1 per i gol di Pereyra e Lukaku. Nel mini-match di oggi, l'Udinese si è resa pericolosa all'81' con la conclusione di Lucca deviata da Svilar. La Roma ha risposto con il tentativo di Azmoun, neutralizzato da Okoye all'85'. Al 95', il gol: cross di Dybala, colpo di testa di Cristante e 2-1 per i giallorossi al fotofinish. La Roma sale a 58 punti, al quinto posto, a -4 dal Bologna. L'Udinese rimane a 28 punti e condivide il terz'ultimo posto con il Frosinone.