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Regioni, ecco quanto spendono per incarichi e consulenze
Quanto costano alle Regioni italiane gli incarichi libero-professionali di studi, ricerca e consulenza? A rivelarlo un report realizzato per l’Adnkronos dalla Fondazione Gazzetta Amministrativa della Repubblica italiana, che, nell’ambito del progetto ‘Pitagora’, ha stilato una classifica dei costi sostenuti nel 2021 dalle Regioni (per questa voce di spesa non sono presi in esame i dati dei capoluoghi di provincia in quanto in questo caso non comparabili) per il mantenimento dei loro uffici e delle loro strutture, con tanto di assegnazione di rating (TABELLA).
Il Centro Ricerche della Fondazione, infatti, analizza tutti i dati finanziari ufficiali dell’ente pubblico in questione e attraverso algoritmi di ricerca scientifica individua potenziali sprechi, ovvero spese critiche nei conti pubblici. Le spese dell’ente in relazione alle singole voci vengono confrontate con il benchmark di riferimento e, a seconda dei livelli di scostamento di spesa individuati, si parla di ‘performance positiva’ (quando la spesa è inferiore o uguale alla media), ‘scostamento lieve’ (quando la spesa è compresa tra la spesa media e il 30% in più), ‘scostamento considerevole’ (quando la spesa è compresa tra lo scostamento lieve e il 100% in più), ‘spesa fuori controllo’ (quando la spesa supera di oltre il 100% la spesa media). Il rating – che si basa esclusivamente su dati contabili oggettivi scevri da qualsiasi valutazione discrezionale – assegna alla migliore performance la tripla ‘A’, mentre alla peggiore viene attribuita la lettera ‘C’.
A VENETO E LOMBARDIA RATING AAA – Veneto e Lombardia sono le regioni italiane più ‘virtuose’ nelle spese per gli incarichi libero-professionali di studi, ricerca e consulenza. Sono le uniche due Regioni che si aggiudicano il rating complessivo AAA nella speciale classifica. In particolare, per questa voce di costo, nel 2021, il Veneto ha speso 74.256,17 euro e la Lombardia 137.240,35 (TABELLA).
Ad essere ‘promosse’ per questo tipo di spesa, con un rating complessivo da A a AA, sono anche: con la doppia AA Umbria (24.186,18 euro), Liguria (50.342,80), Piemonte (118.661,88) e Lazio (141.024,64); e poi la Sicilia (734.719,87), che si aggiudica la A singola.
Tra le Regioni con performance ‘intermedie’ figurano, invece: con BBB Marche (289.495,90), Emilia-Romagna (823.548,14) e Campania (1.048.523,32); con BB Abruzzo (409.108,55) e Puglia (1.320.325,90); con B la Toscana (1.611.150,27). Mentre risultano non comparabili per questa voce i dati di Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Sardegna.
A MOLISE, BASILICATA E CALABRIA RATING C – Molise, Basilicata e Calabria sono le Regioni meno efficienti nelle spese per gli incarichi libero-professionali di studi, ricerca e consulenza. Sono le uniche tre a ricevere la ‘C’, il rating peggiore assegnato dalla classifica.
Nello specifico, per questa voce, nel 2021, il Molise ha speso 224.986,61 euro (TABELLA). Una cifra, tuttavia, in costante calo negli ultimi anni: nel 2018 era pari a 684.097,64 euro, nel 2019 a 493.638,21 e nel 2020 a 399.104,32. Per quanto riguarda la Basilicata, nel 2021 ha speso 825.023,92 euro, importo in aumento rispetto agli anni precedenti: 431.648,19 nel 2018, 694.690,15 nel 2019 e 624.649,37 nel 2020 (TABELLA).
Quanto alla Calabria, ha speso 2.384.435,49 nel 2021, valore sostanzialmente stabile rispetto al 2020, quando era di 2.388.601,23 euro, mentre nel 2019 era arrivato a 3.198.562,07 e nel 2018 si era fermato a 2.088.281,61 euro.
IN CALABRIA RECORD SPESE – La Calabria è la Regione italiana che, in valore assoluto, detiene il record della spesa per gli incarichi libero-professionali di studi, ricerca e consulenza: 2.384.435,49 euro nel 2021. Importo che le vale il rating peggiore, la C (TABELLA).
Subito dopo, fra le Regioni con gli importi più elevati di uscite per questa voce, superiori al milione, si trovano: Toscana (1.611.150,27), Puglia (1.320.325,90) e Campania (1.048.523,32). In una fascia intermedia, compresa tra i 200mila euro e il milione, si collocano: Basilicata (825.023,92), Emilia-Romagna (823.548,14), Sicilia (734.719,87), Sardegna (480.503,99), Abruzzo (409.108,55), Marche (289.495,90), Molise (224.986,61).
IN TRENTINO ALTO ADIGE SPESA PIU’ BASSA – Il Trentino Alto Adige è invece la Regione italiana che, in valori assoluti, ha la minore spesa per gli incarichi libero-professionali di studi, ricerca e consulenza: 17.875,00 euro nel 2021.
Fra le Regioni che spendono meno per questa voce, sempre in valori assoluti, con un importo inferiore a 100mila euro, troviamo poi: Umbria (24.186,18), Liguria (50.342,80), Veneto (74.256,17), e Valle d’Aosta (80.414,94). E, ancora, con un valore fra i 100mila e i 200mila euro: Piemonte (118.661,88), Lombardia (137.240,35), Lazio (141.024,64), Friuli Venezia Giulia (169.592,70).
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D’Este: “Inflazione rallenta ma tensioni sui prezzi potrebbero smorzarsi solo nel 2024”

(Adnkronos) – “L’inflazione mostra segni di rallentamento per effetto dell’attenuazione delle tensioni sui beni energetici. Tuttavia, il contesto geopolitico, sociale ed economico resta instabile. Dato il quadro attuale, le nostre analisi dicono che le tensioni sui prezzi potrebbero allentarsi nel 2024, ma non si attesteranno sulle soglie del due o del tre per cento cui eravamo abituati”. Alessandro d’Este, presidente di Ibc, l’associazione delle industrie che producono beni di consumo, sintetizza così il complesso quadro emerso oggi a Milano, al convegno ‘La filiera dei beni di consumo nell’era dell’incertezza’, dagli interventi di Dario Baroni (amministratore delegato McDonald’s Italia), Tito Boeri (economista Università Bocconi), Alessandra Ghisleri (direttrice Euromedia Research), Maurizio Molinari (direttore La Repubblica), Giuliano Noci (docente Politecnico di Milano), Mara Panajia (presidente e amministratore delegato Henkel Italia) e Maniele Tasca (direttore generale Selex Gruppo Commerciale).
La criticità della situazione è efficacemente descritta dai dati Nielsen, secondo i quali nel primo bimestre 2023, per effetto delle tensioni inflattive dovute alla forte crescita dei costi di produzione cumulati nel 2022, i prezzi sono saliti determinando una crescita del 9,6 per cento delle vendite a valore, cui però si contrappone un calo del 5 per cento dei volumi venduti. In sostanza le famiglie riducono la quantità di prodotti per risparmiare.
“È un quadro d’insieme straordinariamente complesso – sottolinea d’Este – in cui l’industria è impegnata nel salvaguardare la redditività, nel difendere i livelli occupazionali e nel garantire al consumatore il miglior rapporto qualità prezzo”.
Ibc ritiene che le autorità finanziarie europee dovrebbe valutare con estrema attenzione gli effetti sulle famiglie e sulle imprese di politiche monetarie recessive. Considera inoltre prioritarie politiche industriali con cui favorire l’incremento della produttività, l’accesso al credito, l’export, gli investimenti per la crescita dimensionale delle imprese e il sostegno alle transizioni sostenibile e digitale. “Sono i fattori strategici per rafforzare l’industria italiana dei beni di largo consumo”, aggiunge d’Este. “Il punto d’arrivo è il miglioramento dell’efficienza della filiera, indispensabile per garantire la competitività sul mercato interno ed internazionale”.
Ibc, Associazione Industrie Beni di Consumo, riunisce aziende attive in Italia e all’estero nei settori alimentare, bevande, prodotti per la cura dell’ambiente domestico e della persona, tessile e abbigliamento, arredo, prodotti e accessori per la casa. 33mila imprese che generano un giro d’affari stimato in 100 miliardi di euro.
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Terroristi rossi, ass. vittime: “Vergognoso, non ce lo aspettavamo”

(Adnkronos) – “E’ una vergogna, come si fa dopo tanto tempo a gettare un colpo di spugna su una vicenda che ha riguardato tante persone uccise e ferite gravemente? Ricordo una frase del ministro della Giustizia francese della passata legislatura che, rivolgendosi ai francesi, chiese cosa avrebbero detto se un terrorista del Bataclan se ne fosse stato tranquillamente in Italia per 40 anni”. Roberto Della Rocca, presidente Aiviter (associazione vittime del terrorismo), commenta così all’Adnkronos il no della Corte di Cassazione francese all’estradizione dei 10 ex terroristi rossi italiani.
“Non ce lo aspettavamo – continua – forse sì guardando quello che è successo negli ultimi mesi, supponendo che ci potesse essere anche una influenza politica. Mi rifiuto però di prendere in considerazione una eventuale incidenza sulla vicenda dei rapporti Italia-Francia. Spero proprio non sia stato così”.
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Armi nucleari Russia in Bielorussia, cosa dice ambasciata di Minsk in Italia

(Adnkronos) – La Bielorussia ha deciso di rafforzare la sua difesa “con misure forzate di natura reattiva” e “completamente in linea con il Trattato di non proliferazione nucleare”, in risposta alle “pressioni senza precedenti” esercitate da Stati Uniti, Regno Unito e loro alleati della Nato. Lo dichiara Kiryl Piatrouski, incaricato d’affari dell’ambasciata di Minsk in Italia, in risposta a una richiesta di chiarimenti dell’Adnkronos in seguito all’annuncio di Vladimir Putin sabato sul dispiegamento di armi nucleari russe in territorio bielorusso.
“Le misure coercitive unilaterali a livello politico ed economico (varate dall’Occidente, ndr) sono accompagnate dal rafforzamento militare nei territori dei Paesi membri della Nato vicini, nelle immediate vicinanze dei confini della Bielorussia, vicino settentrionale dell’Ucraina, quindi in stretta prossimità all’epicentro dell’instabilità militare e politica in Europa”, aggiunge il diplomatico.
“La Bielorussia è stata un tenace sostenitore dei processi di disarmo e di non proliferazione”, assicura, ricordando che “nel 1993 il Paese ha fatto la scelta consapevole di rinunciare alle armi nucleari e ha aderito al Trattato di non proliferazione, diventando il primo Paese post sovietico a rinunciare volontariamente alla possibilità di possedere armi nucleari senza alcuna precondizione o riserva”. Tuttavia, “negli ultimi anni la Bielorussia è stata soggetta a pressioni senza precedenti politiche, economiche, finanziarie e informative”.
“Proibizioni commerciali, nella concessione dei visti, bancarie e altre restrizioni sono state imposte al governo, a entità giuridiche e individui in Bielorussia dagli Stati Uniti, il Regno Unito e dai loro alleati della Nato, inclusi Paesi dell’Unione europea. Tali bandi e restrizioni costituiscono una interferenza diretta e irragionevole negli affari interni di uno Stato indipendente e, in violazione della sua sovranità, hanno come ovvio obiettivo quello di cambiare il percorso geopolitico come l’ordine politico interno della Bielorussia”, sottolinea.
“Date queste circostanze e le legittime preoccupazioni per la sicurezza nazionale e dei rischi che ne scaturiscono, la Bielorussia ha coerentemente iniziato ad adottare misure forzate di natura reattiva, in modo trasparente per i suoi vicini e per la comunità internazionale, con l’obiettivo di rafforzare le sue capacità di difesa. Tali azioni sono di natura esclusivamente reattiva, e hanno come obiettivo il rafforzamento delle capacità di difesa della Bielorussia e sono completamente in linea con il Trattato di non proliferazione”, precisa Piatrouski, assicurando che la parte bielorussa “è un fedele sostenitore di un dialogo costruttivo e rispettoso con l’obiettivo di rafforzare la sicurezza regionale e globale, i meccanismi multilaterali di disarmo, il controllo delle armi e la non proliferazione, incluso nella sfera nucleare”. “La Bielorussia è pronta per contatti rilevanti, cosa di cui il mondo intero è perfettamente a conoscenza”, conclude.
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Terroristi rossi, figlio vittima: “Offesa e presa in giro della Francia”

(Adnkronos) – “Non avevo molta fiducia sull’esito di questa decisione da parte della Cassazione francese. In Francia c’è stata una politicizzazione, una strumentalizzazione politica per tutelare chi ormai vive là da decenni”. Così all’Adnkronos Cristian Iosa, figlio di Antonio Iosa, ex esponente della Dc gambizzato dalle Brigate Rosse a Milano il primo aprile 1980, dopo il ‘no’ della Corte di Cassazione francese all’estradizione dei 10 ex terroristi ‘rossi’ italiani. La Cassazione, pronunciando il suo ‘no’, ha richiamato la decisione della Corte d’Appello, che nel 2022 si è pronunciata sfavorevolmente sull’estradizione ritenendo che diversi ricorrenti siano stati giudicati in contumacia, dunque senza aver avuto la possibilità di difendersi in un nuovo processo.
“Non è assolutamente giustificabile – sottolinea Iosa -, perché se queste persone avessero voluto difendersi in Italia avrebbero benissimo avuto tutta la possibilità di farlo. La nostra legislazione permette agli ex brigatisti di difendersi in qualsiasi modo, tanto che chi era in Italia lo ha fatto, e alcuni sono stati giudicati persino innocenti, uscendo puliti da alcuni processi, mentre altri sono stati giudicati colpevoli e condannati. La loro scelta, dunque, è puramente egoistica, una scelta da parte di vigliacchi che hanno deciso semplicemente di scappare per non affrontare il giudizio in Italia”. Nella sua pronuncia, la Cassazione francese sottolinea anche che la quasi totalità dei richiedenti hanno vissuto in Francia per circa 25-40 anni, un Paese in cui hanno una situazione familiare stabile, dove sono inseriti professionalmente e socialmente, e dunque la loro estradizione causerebbe un danno sproporzionato al loro diritto a rispetto della vita privata e familiare.
Per il figlio dell’ex esponente Dc gambizzato dalle Br, queste parole rappresentano “una beffa nei confronti dei familiari delle vittime del terrorismo, perché di fronte alle morti che queste persone hanno causato distruggendo delle famiglie intere, basti pensare ai tanti bambini che sono cresciuti senza papà, loro hanno potuto rifarsi una vita senza espiare nessuna pena. Un’offesa nei confronti delle vittime del terrorismo. L’ennesima presa in giro”. “Anche a distanza di 40 anni – conclude Iosa – permane la dottrina Mitterand”.
Salute e Benessere
Cannabis, 22,3% studenti scuole superiori l’ha fumata, studio su generazione Z

(Adnkronos) – “Hai mai fumato cannabis?”. Il 22,3% degli studenti delle scuole superiori italiane risponde sì a questa domanda. E’ uno degli aspetti che viene rilevato nello studio ‘Dipendenze comportamentali nella Generazione Z’, frutto di un accordo tra il Dipartimento Politiche antidroga della presidenza del Consiglio dei ministri e il Centro nazionale dipendenze e doping dell’Istituto superiore di sanità, presentato oggi con un convegno a Roma nella sede dell’Iss. Per l’indagine sono stati intervistati nell’autunno del 2022 più di 8.700 studenti tra gli 11 e i 17 anni, 3.600 circa delle scuole secondarie di primo grado e 5.100 circa delle secondarie di secondo grado, su tutto il territorio nazionale, selezionati in modo da avere un campione rappresentativo della popolazione.
Un piccolo focus del rapporto è dedicato alla cannabis. E dall’analisi del gruppo – più di un quinto degli studenti delle superiori intervistati – che risponde di averne fatto uso, emerge che “non ci sono differenze sostanziali tra maschi e femmine”. Ma si riscontrano percentuali più alte di ragazzi che presentano rischio di dipendenze comportamentali come la food addiction, la social media addiction e l’isolamento sociale, rispetto a quanti ce ne siano fra i compagni che non hanno mai fumato cannabis.
In questa quota di chi ha fumato cannabis ci sono adolescenti che presentano maggiormente comportamenti di doxing (diffusione di informazioni online di una persona con intenzioni solitamente spiacevoli) sia praticato che subito, di sexting sia inviato che ricevuto, ma anche attività di morphing (tendenza a modificare la propria immagine con App per migliorare l’aspetto e nascondere eventuali difetti) e di social challenge. Inoltre, segnalano i ricercatori, “tra i ragazzi che hanno fumato cannabis c’è una percentuale maggiore di fumatori, consumatori di alcol, di episodi di ubriacature nell’ultimo mese, di consumo di altre sostanze d’abuso e ansiolitici”.
Lavoro
Pnrr, Manageritalia: “Pronti a metterci alla stanga per non perdere 6,9 mld a imprese e made in Italy”

(Adnkronos) – “Pronti ad accogliere l’invito rivolto ieri dal presidente Mattarella a tutti gli italiani di mettersi alla stanga a partire dal Pnrr per non perdere i miliardi di fondi messi a disposizione dalla Comunità Europea, a partire dai 6,9 miliardi destinati a imprese e made in Italy”. E’ quanto commenta Mario Mantovani, presidente Manageritalia, la federazione nazionale dei dirigenti, quadri ed executive professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato che rappresenta, in Italia, oltre 41.000 manager.
“Il nostro Paese -prosegue Mantovani- non può perdere le opportunità del Pnrr ma ancor più deve cambiare registro in termini di utilizzo delle competenze e gestione dei progetti e di tutto quanto attiene la macchina pubblica e privata, puntando su maggiore managerialità e utilizzo di competenze specifiche in ogni campo”.
“Abbiamo davanti sfide epocali -spiega ancora Mantovani- che, anche grazie al Pnrr, dobbiamo essere pronti a raccogliere per competere al meglio nello scenario internazionale come: la transizione digitale ed ecologica, l’economia circolare, l’innovazione e la trasformazione del mercato del lavoro, la riforma fiscale con l’avvicinamento del prelievo fiscale tra lavoratori autonomi e dipendenti. Temi che sono il pane quotidiano dei dirigenti delle aziende del terziario. Il nostro è un settore che ha sofferto la crisi più di ogni altro e che sta già riguadagnando il terreno perduto, investendo sulle riforme annunciate e sugli investimenti promessi. Ora attendiamo risposte e certezze. Tutte le parti politiche sono chiamate ora ad assicurare il massimo impegno e l’utilizzo delle migliori e necessarie competenze per non perdere quest’ennesima occasione di ripresa e sviluppo per il Paese”, conclude Mantovani.
Lavoro
AAA profili tech cercansi, come trovarli in 10 mosse

(Adnkronos) – “La principale motivazione per cui le aziende non trovano profili tech disponibili è da ricercarsi nella spinta alla digitalizzazione che ha visto, negli ultimi 5 anni, una crescita incredibile delle richieste e che ha portato il mercato locale a non essere più sufficiente per soddisfare la domanda di competenze tecniche nel settore”. a dirlo Lorenzo Danese, co-founder di TimeFlow, la startup fondata da Danese insieme a Federico Patrioli, Gianmarco Ferrante e Iacopo Albanese, che ha sviluppato un algoritmo che ricerca, analizza e profila le aziende tecnologiche in Europa e propone ai propri clienti i migliori professionisti IT per il loro progetto analizzando esigenza e requisiti di ingaggio.
Il mercato dei servizi IT che oggi vale oltre 1 miliardo di dollari a livello globale, continua a crescere di anno in anno di oltre il 6%. “La formazione di nuovi professionisti nel settore non può competere con una richiesta che continua a crescere in maniera cosi repentina” – prosegue il co-founder che attesta anche che oltre alla digitalizzazione e alle normative che impongono investimenti in tal senso, anche la diffusione di applicativi SaaS nelle aziende ha influito sull’aumento della domanda.
La scarsa disponibilità di profili tech qualificati mette in seria difficoltà le aziende. Per questo, per attrarre e trattenere i migliori talenti tech è necessario offrire un ambiente di lavoro stimolante che preveda opportunità di crescita e di sviluppo professionale. Ciò significa investire in tecnologie avanzate, fornire risorse per la formazione e lo sviluppo delle competenze e promuovere una cultura aziendale che valorizzi l’innovazione, la creatività e il lavoro di squadra. Inoltre, è importante offrire retribuzioni competitive e benefit vantaggiosi, come la flessibilità oraria e la possibilità di lavoro da remoto.
TimeFlow ha racchiuso in 10 punti le attività chiave a cui prestare maggiore attenzione. 1) Offrire salari competitivi e benefici per i dipendenti, come bonus, piani pensionistici, assicurazioni e vacanze pagate.
2) Fornire opportunità di formazione e sviluppo professionale, come corsi di formazione, conferenze e workshop.
3) Offrire un ambiente di lavoro stimolante e collaborativo che promuova la creatività e l’innovazione.
4) Implementare politiche di lavoro flessibili, come lavoro a distanza o orari flessibili, che consentano ai dipendenti di equilibrare meglio la vita professionale e privata.
5) Offrire opportunità di lavoro interessanti e sfidanti, con la possibilità di lavorare su progetti innovativi e all’avanguardia.
6) Promuovere una cultura aziendale che incoraggi l’inclusione, la diversità e l’uguaglianza, creando un ambiente di lavoro accogliente e inclusivo.
7) Fornire una buona gestione dei dipendenti, includendo feedback regolari, opportunità di carriera e supporto per lo sviluppo delle competenze. 8) Offrire un ambiente di lavoro sano e sicuro, con la giusta attenzione alla salute e alla sicurezza dei dipendenti.
9) Promuovere una forte comunicazione e trasparenza in azienda, creando una cultura di apertura e di dialogo.
10) Fornire un forte senso di appartenenza e di valutazione dei dipendenti, incoraggiando il loro coinvolgimento nella cultura aziendale e la condivisione della visione e della missione dell’azienda.
Lavoro
Unioncamere, difficoltà di reperimento personale è costata fino a 38 mld di euro nel 2022

(Adnkronos) – La difficoltà di reperimento del personale nel 2022 ha riguardato il 40% delle assunzioni e tenderà ad aumentare ulteriormente anche per l’accelerazione della domanda attesa come effetto degli investimenti Pnrr. Grazie ai dati del Sistema informativo Excelsior, Unioncamere ha stimato i costi per i diversi settori dell’economia derivanti dal minor valore aggiunto prodotto a causa dell’inserimento ritardato delle professioni difficili da reperire. Considerando una tempistica di difficoltà di reperimento compresa tra 2 e 12 mesi, si è stimata per il 2022 una perdita di valore aggiunto di 37,7 miliardi di euro, pari al 3,1% di quanto generato complessivamente dalle filiere dell’industria e dei servizi inserite nel campo d’osservazione dell’indagine Excelsior.
La stima è contenuta nel report sulle ‘Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine’ aggiornato al quinquennio 2023-2027, elaborato nell’ambito del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere in collaborazione con Anpal. Le filiere produttive per cui si è stimato un costo maggiore a causa dell’inserimento ritardato dei lavoratori ricercati sono state quelle dei servizi operativi, commercio e turismo, costruzioni e infrastrutture, settori con un elevato turnover occupazionale legato anche ai fattori stagionali.
Il costo del mismatch rischia di aumentare nei prossimi anni in considerazione dei macro-trend che stanno già cambiando il mercato del lavoro: la transizione digitale e green e l’andamento demografico.
Il trend demografico comporterà infatti sia un aumento dei flussi pensionistici e quindi delle uscite dal mercato del lavoro, sia una riduzione del numero di persone in età lavorativa per l’invecchiamento della popolazione (secondo le previsioni Istat fino al 2030 la popolazione di 18-58enni diminuirà ad un tasso dell’1% annuo), aumentando lo shortage gap per mancanza di lavoratori che possano sostituire quelli in uscita.
Proprio l’aspetto demografico rappresenterà nei prossimi anni il fattore critico più rilevante considerando che tra il 2023 e il 2027 l’intero mercato del lavoro italiano (privato e pubblico) avrà bisogno di circa 3,8 milioni di lavoratori, il 72% dei quali (2,7 milioni) dovranno sostituire occupati in uscita dal mercato del lavoro. Il restante 28% della domanda del mercato del lavoro sarà determinato, invece, dall’espansione economica che si tradurrà in una crescita dello stock occupazionale di oltre un milione di lavoratori nello scenario di previsione allo stato attuale più accreditato.
Per la prima volta in questa edizione vengono presentate le previsioni occupazionali anche a livello regionale, da cui emerge l’ampio fabbisogno della Lombardia, che necessiterà nel 2023-2027 di oltre 714mila occupati (il 19% del totale nazionale), seguita da Lazio (379mila unità), Veneto (346mila unità) ed Emilia Romagna (quasi 336mila unità). Osservando tuttavia la dinamica (in termini di rapporto tra fabbisogno e attuale stock occupazionale) il ranking cambia vedendo nelle prime 3 posizioni Trentino Alto Adige, Sicilia e Friuli Venezia Giulia, regioni che hanno alternativamente dinamiche espansive o componenti demografiche che influenzano positivamente i fabbisogni che, rapportati allo stock, favoriscono l’incremento del tasso.
Gli investimenti del Pnrr saranno nei prossimi anni tra i fattori determinanti per la crescita dell’economia e dell’occupazione. Dalle stime sull’impatto del Pnrr, quattro filiere appaiono maggiormente trainate dai fondi europei: costruzioni e infrastrutture dovrebbe assorbire il 21% del flusso di occupati complessivi che sarà attivato grazie al Pnrr, il 18% turismo e commercio, il 16% i servizi avanzati e il 13% formazione e cultura.
Il Pnrr intensificherà anche la richiesta di competenze per affrontare i processi di transizione verde e digitale: tra il 2023 e il 2027 saranno richieste competenze green a circa 2,4 milioni di lavoratori (il 65% del fabbisogno del quinquennio) e competenze digitali a poco più di 2 milioni di occupati (il 56% del totale).
La dimensione dell’effetto espansivo del Pnrr dipenderà, però, dalla possibilità di superare le criticità nel reperimento di personale sia in termini di shortage gap che di skill gap. Criticità che – quando sono sperimentate dal comparto pubblico – incidono evidentemente in maniera indiretta su tutta l’economia. In questo contesto sarà strategico investire sulla formazione e sul reclutamento dei dipendenti pubblici – tra cui gli specialisti necessari per realizzare le attività nell’ambito del Pnrr – in vista del fabbisogno previsto per il prossimo quinquennio di 738mila unità nella Pa. Oltre il 90% riguarderà la componente di replacement, ovvero circa 676mila dipendenti pubblici dovranno essere sostituiti tra il 2023 e il 2027.
Si stima che tra il 2023 e il 2027 il 34,3% del fabbisogno occupazionale riguarderà personale in possesso di una formazione terziaria (laurea o diploma ITS academy), il 48,1% profili in possesso di un diploma di tipo tecnico-professionale.
Dal confronto tra domanda e offerta di lavoratori con una formazione terziaria emerge nel complesso un’offerta insufficiente a coprire le necessità del sistema economico per 9mila unità all’anno, ma questo saldo nasconde differenze significative tra i diversi ambiti di studio. Nel dettaglio, si prevede che nel prossimo quinquennio risulterà più marcata la carenza di offerta di laureati nell’indirizzo medico-sanitario (mancheranno 12mila laureati ogni anno), in quello economico-statistico (8mila unità annue) e di lavoratori con un titolo terziario nelle discipline stem (6mila unità annue). In particolare nelle stem, si osservano i mismatch più critici nell’ambito delle scienze matematiche, fisiche e informatiche e in quello ingegneristico.
Considerando nell’insieme gli indirizzi della formazione secondaria di II grado tecnico-professionale, si stima che l’offerta formativa complessiva riuscirebbe a soddisfare solo il 60% della domanda potenziale nel prossimo quinquennio, con i mismatch più critici per gli ambiti di studio relativi a trasporti e logistica, costruzioni, sistema moda e meccanica, meccatronica ed energia, per cui si prevede che tra il 2023 e il 2027 l’offerta potrebbe coprire circa meno di un terzo della domanda potenziale.
Sostenibilità
Nespresso recupera 280 t di alluminio in 6 anni da riciclo capsule

(Adnkronos) – Oltre 280 tonnellate di alluminio recuperato in 6 anni e 1 milione di cittadini raggiunti. Si celebra oggi, 28 marzo 2023, il sesto anniversario del primo progetto di Nespresso per il recupero e il riciclo delle capsule in alluminio attraverso la raccolta differenziata multimateriale del sistema collettivo nazionale.
Il progetto di Nespresso nasce nel 2017, in collaborazione con Cial, Consorzio Nazionale degli imballaggi in alluminio e Seruso società partecipata da Silea, l’azienda pubblica che gestisce il ciclo integrato dei rifiuti nell’intera provincia di Lecco ed in altri Comuni delle Province di Como e Bergamo, e si pone l’obiettivo di raccogliere e recuperare e portare a nuova vita le capsule e tutte le frazioni piccole e leggere in alluminio. Una collaborazione che si è successivamente estesa a Cem Ambiente, che gestisce i rifiuti nelle province di Monza e Brianza, Milano e Lodi, raggiungendo così oltre 150 Comuni e 1 milione di cittadini che possono conferire le proprie capsule esauste in alluminio direttamente nel sacco del multimateriale leggero per la raccolta differenziata. Questo sistema ha permesso, da marzo 2017 a dicembre 2022, di trattare e portare a nuova vita circa 7 tonnellate di capsule esauste di caffè in alluminio e di recuperare in totale oltre 280 tonnellate di alluminio dalla frazione piccola e leggera.
“Questo sistema collettivo – spiega Silvia Totaro, responsabile Sostenibilità di Nespresso Italiana – rappresenta per noi di Nespresso un progetto molto importante in quanto tassello fondamentale del nostro percorso per incrementare il recupero e il riutilizzo delle capsule esauste in alluminio, ma anche per sostenere e contribuire alla raccolta di tutta la frazione dell’alluminio piccolo e leggero. In Nespresso, infatti, sosteniamo un modello di economia circolare in cui i materiali siano concepiti come risorsa anche nel loro fine vita. Oggi celebriamo il sesto anno di collaborazione con Cial, Silea e Seruso, con oltre 7 tonnellate di capsule di caffè trasformante da rifiuto a risorsa grazie al riciclo dell’alluminio. Siamo convinti dell’importanza di continuare a strutturare progetti e collaborazioni per il recupero delle capsule in alluminio e della frazione piccola e leggera di questo materiale infinitamente riciclabile, e continueremo a investire in Italia per ridurre l’impatto dei nostri prodotti e trasformare i materiali che le compongono in nuove risorse”.
Il progetto permette di recuperare un materiale minuto, come le capsule del caffè appunto, ma anche tappi, blister, linguette, ecc…, che verrebbero altrimenti scartati. La collaborazione tra Nespresso, Cial, Silea, Seruso permette di sfruttare le avanzate tecnologie di riconoscimento e separazione dei rifiuti dell’impianto di Verderio (LC). Il recupero di alluminio piccolo e leggero avviene con un sistema di vagli in grado di dividere il flusso di rifiuti in tre frazioni: fine, intermedia e grossolana; inoltre la tecnologia Ecs (Eddy Current Separator), sfruttando il magnetismo, raccoglie l’alluminio piccolo e leggero separandolo dai materiali non conduttivi (vetro, pietre, plastica, carta, legno, ecc…). Una porzione di capsule in alluminio che rappresenta circa il 2,5% del materiale presente nel sottovaglio, ma anche blister, coperchi, chiusure in alluminio e materiali poliaccoppiati che, una volta separati vengono avviati al processo di riciclo. In Italia, infatti, le capsule in alluminio esauste che rimangono piene di caffè dopo l’uso non possono essere conferite nella raccolta differenziata ma costituiscono un rifiuto urbano indifferenziato. Con il progetto di Nespresso con Cial, Silea e Seruso, invece, le capsule vengono conferite nel sacco del multimateriale leggero, insieme a tutto il packaging in alluminio e, attraverso la raccolta differenziata, trasformate in nuova risorsa.
“Per parlare concretamente di economia circolare, occorrono modalità di raccolta differenziata pensate per semplificare la vita alle famiglie ed impianti tecnologicamente avanzati, concepiti per le effettive esigenze delle filiere del riciclo: il progetto per il recupero delle capsule in alluminio rappresenta in questo senso un bell’esempio di partnership tra aziende pubbliche locali, realtà industriali e consorzi nazionali del riciclo”, commenta il direttore generale di Silea, Pietro Antonio D’Alema. “La raccolta differenziata degli imballaggi in alluminio, in Italia, ha raggiunto in questi anni notevoli risultati, affermando il nostro Paese in una posizione di eccellenza nel panorama europeo, non soltanto per i dati di riciclo che, ad oggi, si assestano ben oltre il 70%, ma anche per la capacità di un sistema capillare che consente di valorizzare ogni tipologia di imballaggio, dal rigido al flessibile, e quindi non soltanto lattine per bevande, scatolame, bombolette spray ma anche vaschette, foglio sottile, tubetti e accessori più piccoli come tappi e chiusure”, spiega Giuseppina Carnimeo, direttore generale Consorzio Cial.
L’impegno di Nespresso nel recupero e riciclo delle capsule di caffè in alluminio insieme a Cial si distingue anche per un ulteriore sistema di riciclo dedicato e proprietario, avviato nel 2011 e oggi attivo su tutto il territorio nazionale. E’ il progetto ‘Da Chicco a Chicco’ che consente di trasformare ‘un chicco di caffè in un chicco di riso’. I clienti possono, infatti, anche riconsegnare le capsule esauste in alluminio nelle aree recycling presenti all’interno delle Boutique Nespresso o nelle isole ecologiche convenzionate distribuite sul territorio nazionale, per un totale di oltre 150 punti di raccolta in tutta Italia. In questo percorso dedicato le capsule vengono trattate per dividere l’alluminio dal caffè: l’alluminio viene fuso e riciclato al 100% e il caffè residuo viene trasformato in compost e utilizzato in una risaia italiana da cui Nespresso acquista il riso e lo dona a Banco Alimentare della Lombardia, del Lazio e del Piemonte, a beneficio dell’ambiente e della società. Un sistema che ha permesso, negli ultimi 11 anni, di recuperare oltre 8.000 tonnellate di capsule esauste in tutta Italia.
Politica
Terzo Polo, Rotondi: “Due forni? Corre il rischio di essere infornato, non ha forza di scegliere come Dc”

(Adnkronos) – “Il Terzo polo cerca, a buon diritto, visibilità e fa il suo mestiere. Non penso francamente che abbia molte prospettive: nel centrodestra esiste una posizione di Centro moderato, anzitutto nei gruppi parlamentari di ‘Fratelli d’Italia’, e poi con Forza Italia. Non c’è bisogno di una copertura al centro, per capirci. E nel centrosinistra mi sembra che lo spazio un tempo della ‘Margherita’ stia iniziando a prenotarlo il professor Conte con il Movimento cinque stelle 2.0”. Così all’Adnkronos risponde il democristiano Gianfranco Rotondi, presidente di ‘Verde è popolare’ e deputato di Fdi, sulle proposte lanciate dal Terzo Polo a maggioranza e opposizione.
La doppia proposta è un revival della politica dei due forni secondo la celebre definizione con cui Giulio Andreotti descriveva la politica attuata per mezzo della Democrazia cristiana, che faceva alleanze a seconda delle convenienze? “La politica dei due forni fu teorizzata da Andreotti ma era la Dc a scegliere il forno di destra o di sinistra. Il Terzo Polo non ha la forza della Dc e dunque corre piuttosto il rischio di essere infornato”. (di Roberta Lanzara)
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