

Lavoro
‘Red in Italy – i colori del rosso nel design italiano’, mostra inaugurata al Mimit
Il ministro Urso ha sottolineato l’importanza dell’iniziativa ideata da Campari Group, a supporto dell’unicità del prodotto e dell’impresa, della cultura e dell’italianità nel mondo

‘Red in Italy – i colori del rosso nel design italiano’ è la mostra ideata da Campari Group con il patrocinio di Fondazione Altagamma, inaugurata ieri a Palazzo Piacentini, sede del ministero delle Imprese e del Made in Italy. Il progetto si propone di esplorare tutto ciò che ruota attorno al colore rosso attraverso l’esposizione di una serie di oggetti simbolo del design Made in Italy e rappresenta l’occasione per un confronto estetico e culturale. La cerimonia di inaugurazione si è svolta alla presenza del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, a cui Campari ha donato la bottiglia numero 1 dell’edizione limitata creata appositamente per la mostra. Il ministro Urso ha sottolineato l’importanza dell’iniziativa, a supporto dell’unicità del prodotto e dell’impresa, della cultura e dell’italianità nel mondo.
“L’evento di oggi e l’inaugurazione della mostra ‘Red in Italy’ – ha detto il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso – sono particolarmente significativi per l’Italia, in un momento in cui il nostro Paese ha dimostrato di crescere di più rispetto alle economie occidentali. E il merito è delle nostre imprese. Vediamo qui oggi riuniti esempi di eccellenza del Made in Italy, dal settore dell’alimentare a quello della moda, dal design all’automotive, riconosciuti in tutto il mondo per qualità e valore. Ringraziamo Altagamma e Campari Group per questo importante progetto che contribuisce a diffondere l’italianità e le nostre eccellenze in tutto il mondo”.
“La mostra ‘Red In Italy’ – ha commentato Stefania Lazzaroni, direttrice generale di Altagamma – intesse un ideale fil rouge fra oggetti iconici di aziende socie Altagamma, portavoci dello stile di vita italiano e della nostra capacità creativa ed estetica. Da oltre 30 anni Altagamma promuove l’eccellenza italiana: un comparto che vale 144 miliardi e dunque circa il 7,4% del Pil italiano. Siamo onorati di essere oggi al fianco del ministero delle Imprese e del Made in Italy e di Campari Group, nostro socio, in un’iniziativa dall’alto valore culturale che coinvolge marchi noti del design, dei motori e della moda. Un esempio virtuoso di cooperazione istituzionale all’insegna dell’intersettorialità, tratto distintivo della nostra Fondazione, e della valorizzazione dei nostri migliori talenti”.
“Dopo un primo esordio a Bruxelles, nel 2019, siamo orgogliosi di aver portato ‘Red in Italy’ in Italia, dove tutto è cominciato, e ringraziamo il ministero delle Imprese e del Made in Italy e Fondazione Altagamma per aver creduto nella forza di questo progetto”, ha spiegato Sascha Cumia, Amministratore Delegato alla guida della divisione Europa Meridionale, Medio Oriente e Africa di Campari Group. “Questa mostra – ha chiarito – conferma il ruolo di rilievo di Campari come eccellenza italiana apprezzata in tutto il mondo, tra i simboli più riconoscibili del nostro stile di vita. Ma non solo, sottolinea il ruolo del nostro Gruppo come parte attiva nella promozione della cultura sul territorio italiano e all’estero”.
La mostra parte dal rosso iconico di Campari, da cui deriva una riflessione sul mondo dei rossi che hanno caratterizzato le civiltà a livello globale, per raccontare le creazioni di alcuni tra i più celebri designer del XX e XXI secolo che hanno contribuito alla costruzione simbolica dell’immagine dell’Italia all’estero, intrecciando non solo il design, ma anche l’arte, la cultura e la sociologia. Così come la storia di questo colore, ricchissima e sorprendente, che si è evoluta insieme al pensiero e all’espressione dell’italianità nel mondo. Il percorso espositivo si snoda poi attraverso l’esplorazione di oggetti del design italiano accogliendo il visitatore in una vera e propria immersione nel colore, alla scoperta delle numerose eccellenze italiane caratterizzate dal rosso.
Insieme all’inconfondibile rosso Campari, presente con una bottiglia dell’edizione limitata creata appositamente per la mostra, prendono parte all’esposizione anche altri rossi simbolo del Made in Italy: Artemide, Brembo, Driade, Ducati, Fila Fabbrica italiana lapis ed affini, Ferrari, FontanaArte, Orsoni Venezia 1888, Gruppo Cimbali, Gufram, Magis, Moleskine, Alessi, Museo Kartell, Opinion Ciatti, Poltrona Frau, Rossignoli, Salvatore Ferragamo, Serralunga, Smeg, Stilnovo brand di Linea Light, Tecno, Trenitalia, Venini e Zanotta, oltre a Panzeri in qualità di sponsor tecnico per l’impianto di illuminazione della mostra.
Ideata da Campari Group, l’esposizione ‘Red in Italy’ aveva fatto il suo esordio a Bruxelles nel settembre 2019, per promuovere in modo integrato i marchi iconici del Made in Italy che hanno contribuito alla costruzione simbolica dell’immagine dell’Italia nel mondo. Il progetto, curato da Francesca Valan insieme a FG Confalonieri con il coordinamento di Galleria Campari, si ispira al successo della mostra ‘I colori del Rosso’, organizzata presso gli spazi di Galleria Campari a Sesto San Giovanni nel 2015 in occasione di Expo Milano.
L’edizione romana di ‘Red in Italy – i colori del rosso nel design italiano’, ospitata dal ministero delle Imprese e del Made in Italy, rimarrà aperta al pubblico nelle giornate di sabato 3, 10, 17 e 24 giugno 2023 (previa prenotazione attraverso l’indirizzo email polo.culturale@mise.gov.it).
Lavoro
Lavoro: in Italia 9 su 10 sono insoddisfatti, il 97% lo abbandona senza “Piano B”

Fotografia cruda dell’Unicusano sul mondo del lavoro nel Belpaese: il 77% degli U35 rinuncia alla carriera così come le donne, esplodono i fenomeni del burnout e della Great Resignation. Boom di nomadi digitali, oggi 35 milioni in tutto il mondo per un valore economico di ben 787 miliardi di euro
Italia e mondo del lavoro mai così distanti. Nell’ultimo anno, secondo una recente indagine dell’Unicusano, ben nove italiani su dieci hanno manifestato profonda insofferenza per il proprio lavoro, decidendo nel 43% dei casi di abbandonarlo. Una scelta per nulla sofferta che addirittura per il 97% delle persone non prevedeva alcun “piano B”. A soffrirne maggiormente le donne e i giovani sotto i 27 anni: il 77% di loro ha deciso di rinunciare a contratto e carriera professionale in cambio di una maggiore libertà personale.
A destare grande preoccupazione un altro dato che emerge dallo studio dell’Unicusano: se nell’ultima fotografia scattata dall’Istat si contavano 25 milioni di occupati nel 2022, fra dipendenti e autonomi, per l’ateneo telematico soltanto l’11% di loro è riuscito a raggiungere un equilibrio psico-professionale ideale. Ovvero poco meno di tre milioni di persone.
Ciò che ha pesato maggiormente sulle spalle dei lavoratori e li ha costretti ad assentarsi ripetutamente è legato alla sfera psicologica e in particolar modo al burnout, quello stato di esaurimento nervoso a livello fisico, mentale ed emotivo causato da una serie di fattori legati proprio al lavoro. Un malessere che ha toccato la salute di quasi cinque italiani su dieci.
Il fenomeno della “Great Resignation”, così come l’hanno ribattezzato in America all’indomani della fine della pandemia, è arrivato anche in Italia. Fra Job-creep, quiet quitting e nomadismo digitale l’Unicusano ha scattato una fotografia poco felice della considerazione che hanno gli italiani del posto di lavoro, scoprendo come le “Grandi Dimissioni” coinvolgano da vicino milioni di italiani e soprattutto Under 35 (43%).
Per l’Unicusano alla base della scelta di darsi alla fuga ci sono diverse motivazioni: si va dall’insoddisfazione personale alla ricerca di migliori condizioni economiche, dal desiderio di una maggiore flessibilità nell’organizzazione dell’orario di lavoro alla rottura dei rapporti interpersonali con i colleghi. Ma soprattutto gli italiani ricercano un nuovo equilibrio, una nuova dimensione fra vita privata e vita lavorativa, oggi troppo sbilanciata verso quest’ultima per via di una società dove il prefisso “IPER” (iper-competitivo, iper-veloce, iper-digitalizzato) sembra aver ingranato la marcia senza possibilità di resa.
Nel Belpaese sono recentemente esplosi anche altri fenomeni preoccupanti, stando allo studio dell’Unicusano. Tra questi spicca il quiet quitting: oltre due milioni di lavoratori si limitano a fare lo stretto necessario, non sentono valorizzati i propri talenti, non sono coinvolti emotivamente nell’attività lavorativa, non credono nei valori, messaggi, prodotti e servizi dell’azienda. Altro ancora è job creeper che colpisce il 6% delle persone schiacciate dal peso del lavoro a tal punto da fondere insieme le due sfere, lavorativa e privata.
Ad alimentare il fenomeno delle Grandi Dimissioni sono proprio i giovani fra i 24 e i 35 anni che gli economisti hanno ribattezzato flow generation: giovani dal futuro incerto, lontani dal concetto di lavoro a tempo indeterminato, in balìa delle nuove professioni e con un’identità mutevole a seconda delle esigenze e delle sfide del futuro digitalizzato. Figli della crisi del 2008 e di chi spendeva più di quanto potesse, hanno trovato nel nomadismo digitale la loro forma più pura di espressione. Oggi sono 35 milioni in tutto il mondo con un valore economico di 787 miliardi di dollari.
La pandemia ha tolto tempo ma ha regalato tempo, e questo i nuovi nomadi digitali lo sanno bene. Loro che, con le unghie e con i denti, soprattutto in questi ultimi tre anni hanno rivendicato spazio e tempo. Per la vita, le passioni, i talenti, le aspirazioni, gli affetti, la libertà di scelta, l’autorealizzazione. E dello spazio, del tempo e del movimento hanno fatto il loro scopo primario, ispirando nuove forme identitarie e professionali, prive di confini fisici e mentali.
Lavorano da remoto, lavorano da qualsiasi parte del mondo e, nell’85% dei casi, lo fanno con il sorriso. Rappresentano la risposta ad una precarietà auto-imposta, una sfida che i reparti HR devono saper cogliere per dare a tutti la possibilità di crescere puntando la lente di ingrandimento su ciò che realmente vale: le persone.
Lavoro
Lavoro: tra possibilità di carriera, relazioni creative e autonomia attrae la vendita diretta

Sondaggio socioeconomico europeo Ipsos presentato dalle associazioni di categoria

La centralità del rapporto diretto tra venditore e cliente, che rappresenta il vero valore aggiunto della vendita diretta, ma anche la fidelizzazione dell’addetto al settore, che vi rimane all’interno per molti anni e ne apprezza, oltre all’aspetto economico, le chance di carriera, le qualificanti occasioni formative, la flessibilità organizzativa e le relazioni con nuove persone. Sono questi alcuni degli elementi chiave che emergono dalla ‘Direct Sellers Survey 2023’, sondaggio socioeconomico Ipsos sulla vendita diretta: un’indagine europea commissionata da Seldia (the European Direct Selling Association) in collaborazione con Dse (Direct Selling Association), e presentata oggi da Avedisco e Univendita-Confcommercio, le due associazioni delle imprese specializzate nella vendita diretta, con una conferenza stampa tenutasi presso Palazzo Emilio Turati, sede della Camera di commercio di Milano. Il campione era costituito da 25.896 sondaggi eseguiti online.
Si tratta di un comparto ben consolidato, inclusivo e meritocratico, che fattura nel nostro Paese oltre 3 miliardi di euro. Dall’indagine condotta, in riferimento al mercato Italia (campione di 9.712 sondaggi on line), emerge che il 67% ha meno di 55 anni e un terzo è under 45. Inoltre, l’82% del campione è di sesso femminile. La vendita diretta non rappresenta un’occupazione fugace e occasionale, come dimostrato dai dati: il 48% degli addetti lavora nel settore da almeno sette anni, percentuale che sale al 64% se si considera il lasso minimo di quattro anni.
Oltre il 50% degli intervistati dichiara infatti di aver iniziato la professione, e scelto poi di proseguire nel comparto, perché “ama i prodotti o i servizi che propone alla clientela”. Tra le principali ragioni del coinvolgimento nella vendita diretta, il 44% porta avanti l’impegno perché crede nei valori del marchio, il 40% vede un miglioramento nella qualità della propria vita e oltre un terzo del campione apprezza l’indipendenza e la flessibilità dell’impiego.
Non solo, il 32% ritiene che il comparto preveda riconoscimenti meritocratici e il 30% dichiara che la vendita diretta ha consentito un rafforzamento delle proprie capacità interpersonali e nel lavoro di squadra. In Italia, tra il 2018 e il 2023, è cresciuta infatti la percentuale (dal 68 al 77%) di chi si ritiene soddisfatto dell’attività nella vendita diretta, con un calo della quota degli insoddisfatti (dal 32% al 21%): l’89% dei venditori diretti raccomanda la propria azienda e il 92% gradirebbe di continuare a rappresentarla.
La gratificazione, le nuove conoscenze, la flessibilità e la possibilità di migliorare in modo meritocratico la propria condizione rappresentano quindi i concetti più associati alla professione, con circa nove venditori su dieci che valutano positivamente anche la formazione e il supporto erogati dall’azienda. Sul fronte delle competenze e abilità acquisite nel settore della vendita diretta, l’87% degli intervistati ritiene di aver rafforzato le proprie doti interpersonali, l’83% è cresciuto in autostima e il l’80% ha migliorato le proprie capacità di lavorare in team, requisiti che rappresentano i caratteri distintivi e i vantaggi di questa professione.
Infine, nonostante la rivoluzione tecnologica in atto e i nuovi strumenti di comunicazione digitale, il rapporto diretto tra incaricato e cliente rimane cruciale: dall’indagine emerge che il canale principale per gli ordini resta l’incontro di persona (65%), seguito dalle riunioni e dimostrazioni in casa (56%); gli altri strumenti utilizzati per interagire sono il telefono (46%), l’e-mail e gli strumenti di messaggistica (21%), i social media (12%), gli spazi web e le app.
“La vendita diretta accompagna da anni i cambiamenti nella società italiana: penso alle prime enciclopedie, agli elettrodomestici per la cura della casa, ai sistemi di cottura dietetica degli anni 60 fino ad arrivare ai giorni nostri, con l’attenzione al wellness, alla sana alimentazione e ai settori più innovativi delle utilities, come le energie rinnovabili. In tutti questi anni quello che è rimasto invariato è il rapporto cliente-venditore, alla cui base vi è sempre un legame personale e fiduciario”, dichiara Giovanni Paolino, presidente Avedisco.
“Un rapporto qualità-prezzo, costantemente garantito dalle nostre aziende e incaricati. Nel mondo della vendita diretta, infatti, l’amore per un prodotto si trasforma in professione: la totalità dei Venditori del comparto svolge questo lavoro dopo essersi ‘innamorato’ di ciò che commercializza; nessuna tecnologia futura potrà quindi rappresentare un pericolo per il nostro settore, che interpreta al meglio questi valori”, aggiunge Paolino.
“La vendita diretta è un lavoro antico, ma modernissimo al tempo stesso. Si evolve nel tempo grazie alle nuove tecnologie, ma non perde la caratteristica fondamentale della socialità. Si tratta di un comparto che è complementare e non in concorrenza con internet: gli strumenti di oggi non lo annullano, anzi gli conferiscono ancora più forza ed efficacia. Infatti, siamo sempre stati in grado di far fronte ai cicli e alle contingenze economiche più difficili, andando anche in controtendenza e facendo leva sulle nostre solide risorse per adattarci ai cambiamenti della società e ai nuovi modelli di vita e di consumo, senza perdere l’elemento che ci rende unici: il contatto diretto e immediato con il cliente”, afferma Ciro Sinatra, presidente di Univendita.
Lavoro
Antolini, pietra naturale ‘regina’ tra garanzia prodotto e abilità lavorazione

La storica azienda veneta protagonista al Marmomac

L’Italia torna protagonista della scena internazionale con Marmomac, al via da oggi al 29 novembre a Verona. Un appuntamento molto atteso da architetti e operatori del settore lapideo, comparto che da sempre riveste grande importanza per il nostro Paese e per il territorio veronese. Un’occasione per scoprire nuovi trend, ma anche per approfondire la conoscenza di uno dei materiali più antichi, che da sempre accompagna l’uomo. Tra i brand presenti, Antolini, storica azienda italiana riconosciuta a livello internazionale che dal 1956 porta avanti i valori di autenticità ed eccellenza del made in Italy.
“Il Made in Italy – afferma a Adnkronos/Labitalia il Ceo Alberto Antolini – è da sempre una garanzia per il mondo del design e del progetto, ma per il nostro settore, quello delle pietre naturali, è senza ombra di dubbio un segno distintivo. L’Italia, infatti, ha da sempre un ruolo di primo piano in questo settore, dove la nostra grande abilità nella lavorazione delle pietre naturali è riconosciuta a livello mondiale. Le ragioni sono molteplici: dalla tradizione millenaria nella lavorazione delle pietre fino alle innovazioni tecnologiche che hanno portato negli anni a prodotti sempre più di qualità e a lavorazioni sempre più precise. Non si deve dimenticare, inoltre, che il nostro Paese offre una grande varietà di marmi, graniti, travertini e altre pietre, ognuna con caratteristiche uniche che le rendono adatte ai più svariati scopi e stili di design”.
“È anche per questo che in Antolini teniamo molto al fatto che il riferimento all’Italia sia presente e ben chiaro fin dal logo: la nostra mission è scovare le pietre più belle in tutto il mondo e lavorarle in Italia, con il know-how e le tecniche del made in Italy che ci contraddistingue”, sottolinea.
Fondamentale, per Antolini, il legame con il territorio veronese, dalla tradizione marmista. “E’ una tradizione – ricorda – che è senza dubbio inscritta nel nostro Dna. Antolini opera da quasi settant’anni nel cuore della Valpolicella, dove transitano tutte le nostre pietre naturali, estratte in ogni angolo della Terra, per essere lavorate da maestranze italiane che si sono, appunto, formate in una tradizione che si tramanda da generazioni”.
“Ma non solo: siamo parte attiva – aggiunge – nel tramandare questo know-how sul territorio: il nostro team insegna e trasmette, infatti, la sua conoscenza, frutto di un’esperienza acquisita nel corso di decenni di storia, anche collaborando con la Scuola Tecnica del Marmo del nostro paese, Sant’Ambrogio di Valpolicella. Sono molti i ragazzi e ragazze che ogni anno ci chiedono di poter fare un’esperienza da noi, complice la forza delle nostre oltre 1.300 pietre a catalogo. In un certo senso, siamo un po’ un’oasi felice: la pietra naturale è una di quelle materie che fa innamorare, e chi ha la fortuna di conoscerla e di lavorarla lo fa sempre con grande passione, tramandando il mestiere in un vero e proprio passaggio di testimone”.
“Il know-how italiano nella lavorazione della pietra naturale – spiega – è apprezzato e riconosciuto a livello mondiale. Nella produzione, il cuore di tutto è la conoscenza specifica del materiale delle maestranze italiane, e dall’estero ci richiedono proprio questo: le nostre competenze artigianali. Marmo, granito, cristallo, natural quartz: ogni pietra naturale ha la sua specificità, ogni famiglia geologica richiede una lavorazione specifica, dal taglio alla finitura. Quando arriva una pietra nuova, i nostri tecnici passano mesi a studiarla a fondo, per capirne appieno la composizione mineraria e definirne quindi le modalità di lavorazione più opportune. Anche il singolo blocco è per sua stessa natura unico, con una distribuzione variabile dei minerali che lo compongono: oltre alla conoscenza approfondita del materiale, è indispensabile avere una certa sensibilità per la materia, cosa per cui l’Italia eccelle. Le nostre maestranze girano il mondo per portare quello che noi magari diamo per scontato o acquisito”.
Un materiale, la pietra naturale, tra i più antichi e apprezzati, ma al tempo stesso una produzione che sa stare al passo con i tempi. “In generale, molte delle nostre innovazioni – osserva Antolini – nascono da esigenze reali, e il nostro percorso di avanzamento tecnologico e innovazione è infatti volto a migliorare sempre più un prodotto, la pietra naturale, che per sua natura ha caratteristiche che non sempre si abbinano alla frenesia della vita contemporanea. Ed è proprio per venire incontro al bisogno reale di poter vivere liberamente un ambiente al quale prima era necessario prestare particolarmente attenzione che abbiamo formulato Azerocare e AzerocarePlus, i processi da noi brevettati che permettono di proteggere la superficie delle nostre pietre naturali da macchie e corrosione causate dal contatto con sostanze organiche a base acida od oleosa, rendendole quindi idonee all’uso in ambienti in precedenza ritenuti più ‘critici’, quali cucina e bagno”.
“Oltre a questo fattore che potremmo definire più pratico, un trend riscontrabile negli ultimi anni è sicuramente – prosegue – quello legato alle texture, con una netta riscoperta della matericità della pietra naturale, sempre più apprezzata. Se in passato si richiedeva una finitura lucida, soprattutto in ambito luxury, ora si prediligono le finiture più tattili, da quelle più soffici alle più materiche e grezze. Un altro ruolo lo giocano sicuramente i cristalli, che hanno gradualmente preso il posto degli onici, molto apprezzati per la loro resistenza a macchie e corrosioni e per la loro traslucenza, che ne permette una retroilluminazione senza eguali”.
E il settore risente delle conseguenze determinate da rincari energetici e criticità geopolitiche, ma regge. “In termini di approvvigionamento della materia prima, nel settore lapideo gli eventi legati alla geopolitica possono eventualmente complicare l’accesso alle cave, ma nella maggior parte dei casi questi eventi impattano sui costi di trasporto e spedizione, indubbiamente la voce in cui il problema del caro-prezzi è più riscontrabile. Pur non potendo negare una diminuzione delle vendite nell’ultimo anno, sia a livello nazionale che internazionale, la solidità del nostro mercato ci permette di affrontare questa sfida con tranquillità. Nel caso di Antolini, compatibilmente con la situazione del mercato, posso dire che riusciamo a far fronte alla questione senza flessioni preoccupanti. Gli aumenti sono stati in genere graduali, quindi hanno influito relativamente sulle vendite totali”, conclude.
Lavoro
Fisco, Alemanno (Int): “Non mi scandalizzo per condono ma serve nuovo sistema perché non accada più”

L'ntervista al presidente dell'Istituto nazionale Tributaristi

“Io non mi scandalizzo per eventuali sanatorie o condoni, se però da dopodomani si cambia veramente il sistema tributario nazionale perchè sennò tra due-tre anni torneremo a parlare di sanatorie e condoni. Se devo vedere la cosa dal punto di vista del cittadino, il condono è sicuramente qualcosa che vanifica anche quello che noi cerchiamo di fare con le nostre parti assistite. E cioè una corretta contabilizzazione e versamento, un impegno civico anche nell’ambito dei rapporti con il fisco. E quindi il condono va a vanificare questo”. Così, con Adnkronos/Labitalia, sulle ipotesi di condono fiscale, il presidente dell’Istituto nazionale dei Tributaristi, Riccardo Alemanno.
“Io capisco che veniamo da 4 anni di continue emergenze, abbiamo un debito pubblico incredibile e in aumento ma visto che abbiamo la delega fiscale ormai approvata il sistema si modifichi in modo tale da non poter giustificare per la sua farraginosità le sanatorie e i condoni”, conclude.
Lavoro
Edilizia, Genovesi (Fillea): “Condono parola pericolosa, su piccole irregolarità no prezzo politico”

Il leader degli edili della Cgil: "Potrebbe trattarsi di una boutade, non c'è ancora un testo"

“La parola condono è una parola pericolosa, a prescindere. Premetto che dobbiamo leggere il testo, se ci sarà. E comunque, anche se si dovesse trattare di un condono di piccole irregolarità da un punto di vista catastale o di forma, e cioè di cose che non intaccano nè la cubatura, nè tantomeno lo spazio di distanza tra un’opera e l’altra, che sono cose non condonabili per me per principio, sono cose che si fanno pagando la sanzione, non si può pensare a un prezzo politico”. E’ netto Alessandro Genovesi, segretario generale della Fillea Cgil, commentando con Adnkronos/Labitalia, sull’ipotesi di condono edilizio su piccole irregolarità che ‘balla’ in queste ore all’interno del governo.
“E poi, se si tratta delle piccole irregolarità, quali sono? Parliamo di un’accelerazione delle pratiche sospese del condono del 1985 o di un condono di piccole irregolarità? Perchè si tratta di una grande differenza. Perchè una cosa è dire -sottolinea il leader degli edili della Cgil- condono delle irregolarità e un conto è dire accelero il fatto che la pubblica amministrazione deve in molti Comuni rispondere sulle difformità a suo tempo denunciate con il condono del 1985 e del 1993. Una norma che permette dopo 20 anni di avere una risposta la trovo di buon senso. Ma temo che non sia solo quello”, sottolinea Genovesi.
E poi il numero uno della Fillea ribadisce un aspetto a suo dire centrale. “Premesso che dobbiamo leggere il testo, premesso che se parliamo di piccole irregolarità del 1985 o piccole irregolarità successive, comunque sia non esiste che anche ‘la messa a posto’, visti che molti condoni vengono fatti o per prendere i bonus o per vendere la casa, avvenga a prezzo politico. Si paga la sanzione, si paga l’intero riaccatastamento, al massimo si riaprono quindi i termini per pagare la multa, e senza sconti. Ribadisco: non può riguardare nè metrature, nè destinazioni d’uso, nè distanze, è un insulto alle norme di buona civiltà, è una porcheria. Comunque vada, si paga la multa, si paga la sanzione e si paga il professionista”, rimarca ancora.
E per Genovesi in conclusione il condono “credo che sia più una boutade di queste ore destinata a sgonfiarsi. Non c’è un testo, non c’è niente, c’è solo l’ennesimo atto di propaganda. Se poi l’obiettivo è fare cassa, ci sono altri modi: basterebbe affrontare il tema della rendita o del bed and breakfast non autorizzati per ricavare dieci volte di più senza rifare l’ennesimo piccolo grande condono”, conclude.
Lavoro
Edilizia, Perrini (ingegneri): “Bonus siano compatibili con casse Stato”

Da domani e fino a venerdì si terrà il 67° Congresso nazionale degli ordini da domani, mercoledì 27 a venerdì 29 settembre

“Per i bonus edilizi ci stiamo sforzando di trovare una soluzione che sia compatibile con le casse dello Stato e contemporaneamente consenta di intervenire per efficientare le abitazioni, ma soprattutto per renderle sismo-resistenti”. Lo dice all’Adnkronos/Labitalia il presidente del Cni, Angelo Domenico Perrini, in vista del 67° Congresso nazionale degli ordini degli ingegneri d’Italia che si terrà a Catania da domani, mercoledì 27 a venerdì 29 settembre.
“Secondo noi – sostiene – il problema della vulnerabilità deve essere posto prima degli interventi di efficientamento energetico; per questo stiamo cercando di studiare con la nostra Fondazione che possano essere inversamente proporzionali ai redditi dei cittadini per consentire gli interventi”.
“In occasione del Congresso – sottolinea il presidente Perrini – il Cni intende focalizzare l’attenzione sia della classe politica che dell’opinione pubblica sulla necessità di riformare in modo radicale i bonus per l’edilizia prevedendo una compartecipazione tra intervento pubblico e intervento dei proprietari di immobili”.
“Con quelli che sono gli sviluppi sia dei cambiamenti climatici sia delle carenze energetiche è evidente che il ‘green building’ è fondamentale per gli sviluppi futuri all’interno del processo del settore dell’edilizia”.
“Per noi – sottolinea – è un argomento al centro delle nostre discussioni e che riguarda sia gli interventi di efficientamento che di demolizione e ricostruzione all’interno dei centri storici”.
“Nel corso del Congresso – avverte il presidente Perrini – il tema del green building consentirà di allargare lo sguardo non solo sulle potenzialità ma anche sui limiti degli interventi che l’ingegneria può mettere in campo nel segno della sostenibilità ambientale. Ai politici e ai tecnici verrà richiesto di delineare un quadro di breve periodo legato agli interventi per il risanamento del patrimonio edilizio e per la rigenerazione urbana”.
“I principi dell’equo compenso sono parte integrante del Codice deontologico degli ingegneri italiani. Si tratta infatti di un principio equo sia per i consumatori sia per i committenti; è un modo per equiparare un sistema che era molto squilibrato”.
“Chiediamo – spiega – che venga esteso a tutte le tipologie di committenti. Da un’analisi prodotta dal nostro Centro Studi emerge che l’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura, in quanto soggetto all’applicazione del principio dell’equo compenso, comporta che il compenso del professionista non potrà essere soggetto a ribasso e il criterio dell’offerta più vantaggiosa dovrà essere applicato sulla base dei soli criteri qualitativi e a prezzo fisso”.
“E’ ammissibile – avverte – il ribasso della componente del corrispettivo relativa alla voce ‘spese’, ove le stesse siano state determinate in maniera forfettaria dalla stazione appaltante, a patto però che questo non intacchi l’equità del compenso. A tal fine, la stazione appaltante è obbligata a procedere alla verifica dei ribassi praticati sulle spese, onde accertare che essi non incidano sull’equità del compenso”.
Lavoro
Assoallestimenti: “Stop a modifiche anticoncorrenziali”


“Concentrazione nelle mani delle poche società pubbliche che hanno la titolarietà a gestire i quartieri fieristici, lesione della libertà di impresa e della competitività, dispersione di un patrimonio di conoscenze e competenze di una parte rilevante del tessuto produttivo del Paese”. Assoallestimenti punta il dito contro alcune misure del Dl Asset che modificano il testo Unico delle partecipazioni pubbliche e ribaltano anche la sentenza del Consiglio di Stato nei confronti di Italian Exibition Group.
“È evidente come in questi anni, numerose società pubbliche che gestiscono spazi fieristici hanno acquisito società di servizi che operano all’interno delle fiere, fra cui anche gli allestimenti, creando una gravissima situazione di distorsione della concorrenza. L’emendamento mira dunque a rendere legittimo ciò che invece è anticoncorrenziale”. Si legge in una nota. Asal-Assoallestimenti di FederlegnoArredo chiede con forza che il testo Unico non sia modificato e sia lasciata libertà agli imprenditori di scegliere l’allestitore da cui farsi realizzare il proprio spazio all’interno delle fiere.
“Lo stand è il biglietto da visita per ogni azienda e per i suoi prodotti e lasciare che siano altri a decidere chi deve realizzare quel ‘biglietto’ è palesemente una forzatura e un obbligo che, senza scomodare la libera concorrenza del mercato, va persino contro il buon senso. Ci aspettiamo che proprio il buon senso venga utilizzato per bloccare questa richiesta di modifica che porterebbe i quartieri fieristici a operare come veri e propri monopolisti”, conclude l’associazione.
Lavoro
Nasce il raviolo dolce per promuovere la ricotta di bufala campana Dop

Si chiama 'U’a', ricalca l’espressione di stupore del dialetto napoletano

Si chiama ‘U’a’, ricalca l’espressione di stupore del dialetto napoletano, sembra un raviolo, ma invece è il dolce-simbolo della nuova iniziativa del Consorzio di Tutela della Ricotta di Bufala Campana Dop, che punta alle collaborazioni con gli chef e alla valorizzazione del prodotto come ingrediente di eccellenza in ricette capaci di stupire i consumatori. L’ultima creazione è il frutto della collaudata sinergia tra il Consorzio e il pastry chef Marco C. Merola di ‘Contemporanea’ a Caserta, che ha ideato questo raviolo dolce, un dessert da mangiare con le mani, la cui farcia è composta da ricotta di bufala campana Dop come ingrediente principale, sapientemente mixata con basilico, limone e sudachi, in un goloso involucro di pan di Spagna e cioccolato bianco. ‘U’a’ è stato presentato in anteprima all’ultima edizione di Ischia Safari, riscuotendo notevoli apprezzamenti. Insieme ad altre creazioni sarà al centro della strategia di promozione del Consorzio.
Il presidente del Consorzio, Benito La Vecchia, annuncia: “Intendiamo promuovere un utilizzo creativo del nostro prodotto. Vogliamo raggiungere i consumatori, spiegare le caratteristiche uniche della ricotta e come può dare un contributo fondamentale a trasformare un piatto e renderlo eccellente. La ricotta di bufala campana, infatti, è più equilibrata di quella di mucca o di capra e ben si presta a un utilizzo versatile in cucina. In quest’ottica nasce il finto raviolo, in cui la ricotta trova la sua massima espressione, creando curiosità nel consumatore, che oggi chiede sempre più emozioni in cucina”.
Nei prossimi giorni, inoltre, proseguiranno gli eventi di promozione del Consorzio, che dal 28 settembre al 1° ottobre sarà protagonista della rassegna ‘I Primi d’Itali’”, in programma a Foligno. Nel Villaggio del Gusto, ci sarà spazio per tante food experience incentrate sul connubio tra pasta e ricotta di bufala Dop, in abbinamento alle altre eccellenze, a partire dalla sorella di latte’, la mozzarella di bufala campana Dop.
Lavoro
Trovare lavoro nel più breve tempo possibile

I dati occupazionali riguardo i lavoratori italiani sembra stiano prendendo una direzione positiva negli ultimi mesi, pur in un quadro non troppo roseo. Il tasso di disoccupazione è infatti sceso intorno al 7,5%, di cui circa il 21% facente riferimento ai giovani, mentre gli occupati sono circa il 61%.
Tra i disoccupati, cioè le persone disponibili a lavorare che cercano attivamente un impiego, e gli occupati, cioè le persone che hanno svolto almeno un’ora di lavoro retribuito nella settimana di riferimento, troviamo gli inattivi. Si tratta di figure che non lavorano e non cercano lavoro poiché pensionati, invalidi ma anche inattivi per scelta, come le casalinghe e gli studenti.
Il recente decreto lavoro è stato pensato proprio per combattere la povertà e l’esclusione sociale di quel 7,5% di disoccupati che cercano un’occupazione stabile e contemporaneamente sostenere gli inattivi. Tra le principali misure meritano particolare attenzione l’assegno di inclusione e supporto per la formazione e il lavoro.
Dal 1° gennaio 2024 sarà introdotto l’Assegno di inclusione (Adi), che andrà a sostituire il vecchio reddito di cittadinanza, della durata non superiore a 18 mesi. Tale assegno di inclusione necessita dell’iscrizione al Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (Siisl) e prevede percorsi di inserimento sociale, lavoro e, soprattutto, formazione.
Proprio la formazione sembra essere la soluzione al problema occupazionale poiché, dati alla mano, sono circa 200 mila le assunzioni rivolte ai diplomati attese nell’anno in corso. E questo dato fa riferimento solo alle aziende private, che tra l’altro sembra abbiano qualche difficoltà nel reperire personale formato e disponibile all’inserimento. Se consideriamo poi i numerosi impieghi statali con accesso riservato ai diplomati (come le forze dell’ordine, l’assistenza sociale, il personale ATA, ecc.), i numeri aumentano considerevolmente.
E dunque la soluzione migliore per trovare lavoro nel più breve tempo possibile è di certo il diploma online in un anno. Si stima che i principali settori di occupazione per diplomati saranno distribuiti in larga parte per i lavoratori nell’indirizzo amministrativo, finanza e marketing; nel turismo, enogastronomia e ospitalità; nella meccanica, meccatronica ed energia; nei trasporti e logistica; nell’indirizzo sociosanitario; nel settore dell’elettronica ed elettrotecnica e nelle costruzioni, ambiente e territorio. A questi si aggiungono anche le formazioni professionali, con buona richiesta nella ristorazione, nell’edilizia e nella trasformazione agroalimentare.
Con il diploma online in un anno è possibile concludere rapidamente il percorso di studi e immettersi nel mondo del lavoro con un titolo riconosciuto a tutti gli effetti dal Ministero dell’Istruzione e del Merito (Miur). Grazie a percorsi mirati e personalizzati è possibile concentrare diversi anni di studi in un breve lasso di tempo, ottimizzando i tempi e le sessioni di studio grazie a insegnanti qualificati e tutor dedicati alle necessità dello studente.
Il recupero degli anni scolastici prevede un esame di Stato finale a seguito di una formazione totalmente online gestibile in completa autonomia, anche per gli studenti lavoratori che decidono di mantenere la propria attività lavorativa e contemporaneamente studiare.
I percorsi di studio sono molteplici e racchiudono gli indirizzi del nuovo ordinamento, come il diploma di Servizi Commerciali, Turismo, Elettronica ed Elettrotecnica, Sistema Moda, Trasporti e Logistica, Costruzioni, Ambiente e Territorio; e del vecchio ordinamento, come i licei Scientifico, Classico, Linguistico, Sociopsicopedagogico, gli indirizzi tecnici di Geometra e Ragioneria ed anche i diplomi di perito Informatico, Meccanico, Turistico, Agraria, Chimica, Termotecnica e tanti altri.
Insomma, la scelta migliore per trovare impiego nei prossimi anni è di certo la formazione. Una formazione rapida e veloce, ma che resta per tutta la vita e può aprire innumerevoli porte nel mondo del lavoro.
Lavoro
Edilizia, Spaziani Testa (Confedilizia): “Condono? se su piccoli abusi può avere senso”

L'intervista al presidente della storica organizzazione dei proprietari di casa

“I due vicepresidenti del Consiglio mi sembra che abbiano detto sostanzialmente la stessa cosa. E cioè l’ipotesi di intervenire su piccoli abusi con una sanatoria. Certo, bisognerà vedere poi nei dettagli in cosa si concretizzerà, ma messa così è una cosa che può avere un senso. Questo perchè ci sono tante situazioni di irregolarità che nè vengono sanzionate nè vengono risolte in qualche modo e quindi sono pendenti. E quindi non fanno entrare risorse nella casse pubbliche e in qualche caso bloccano o rallentano le compravendite”. Così Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia, ha commentato, con Adnkronos/Labitalia, l’ipotesi di condono edilizio su piccoli abusi lanciato dal vice premier Matteo Salvini e su cu è intervenuto anche l’altro vice premier Antonio Tajani.
Spaziani Testa ha ricordato che “a volte gli acquirenti si trovano questi piccoli abusi quando entrano nell’appartamento e vedono che ci sono discrasie”.
“E quindi se si tratta di elementi e situazioni di portata limitata -ha concluso Spaziani Testa- noi non ci vediamo nulla di male a risolverli, anzi possono essere utili a far, da un lato, entrare risorse all’Erario, dall’altro a chiudere delle situazioni che, essendo pendenti, possono anche ostacolare le compravendita. Poi bisogna vedere cosa verrà scritto e cosa verrà fatto però il principio non mi pare negativo”, ha sottolineato il presidente dell’organizzazione storica dei proprietari di casa.
E sulle polemiche relative al superbonus Spaziani Testa ha sottolineato che “sulla vicenda superbonus noi diciamo che bisogna concentrare l’attenzione, con priorità massima, sulle situazioni pendenti, e cioè crediti incagliati, perchè esse corrispondono a cantieri bloccati. E quindi con conseguenze negative, anche economiche, su tanti soggetti, compresi i proprietari degli immobili interessanti, oltre naturalmente alle imprese coinvolte e ad altri”, ha continuato.
“Su questo serve ancora una soluzione, anche se sappiamo che non è facile. Quindi, al di là del giudizio sul provvedimento, la priorità ora è agire su questo e bisogna concentrare tutti gli sforzi, perchè ci sono situazioni davvero molto critiche. Ripeto: non è facile ma ci dovrebbe essere presa in carico diretta da parte dello Stato di questi crediti a nostro avviso”, ha concluso.
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