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Rai verso il rinnovo, un esterno o un interno il prossimo ad?

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Un amministratore delegato interno, che non dovrà apprendere in corsa tutti i tasselli del puzzle Rai, o uno esterno, più libero da legami consolidati e, quindi, di aprire un nuovo corso, a partire dallo stato di salute economica dell’Azienda? La scelta principale da compiere al momento sembra essere questa a differenza di quando, qualche settimana fa, fonti qualificate raccontavano che la scelta di un esterno sembrava scontata, così come l’assenza di una trattativa sul ticket. Insomma oggi la partita sembra essere davvero tutta aperta ed è difficile immaginare che ci possa essere una divisione netta nelle scelte, come alcuni raccontano, e cioè che Draghi fa quel che vuole sull’amministratore delegato, mentre i partiti decidono il presidente tanto più che poi, senza la
maggioranza dei due terzi nella Commissione parlamentare di Vigilanza Rai, non c’è proprio un presidente. Difficile, quindi, immaginare, che non ci sarà un qualche accordo complessivo visto che, banalmente, se Draghi dovesse scegliere una donna come amministratore delegato, i partiti sarebbero orientati a scegliere un uomo per la presidenza e viceversa.

La trattativa, insomma, sembra una strada obbligata, ma il punto è: condurrà al pluralismo o alla lottizzazione? Servirà a dare alla Rai le ali di cui ha bisogno per voltare ad alta quota fra gli Over The Top o rischierà, come altre volte, di mettere il piombo sulle sue ali? Restiamo a terra per il momento. E parliamo di priorità concrete per la Rai. Quali sono? Sicuramente il riequilibrio dei conti e persino, osando, un piccolo tesoretto per fare investimenti, cosa cruciale per un’Azienda editoriale che non può prescindere dalla corsa al progresso tecnologico e dalla competizione sempre più serrata con gli Ott. Questo, dunque, è certo e, a quanto pare, sembra essere il pensiero numero 1 del premier sulla Rai, ma ci sono molte altre priorità. E conversando con chi lavora da tanto tempo nella più grande azienda culturale italiana – come si continua a ripetere a volte per valorizzarla a volte per sottolineare l’incapacità di sostenere un simile onore – i conti sono sì una assoluta priorità, ma facilmente risolvibile se tutto il canone pagato dai cittadini tornasse in casa Rai.

Un capitolo, quello del canone, che da tempo è, però, diviso perché sebbene la riscossione sia stata messa al sicuro con l’inserimento nella bolletta elettrica, continua a far discutere la deviazione di una parte del gettito da canone fuori dalle casse Rai e, a monte, l’uso secondo alcuni non abbastanza efficiente che il Servizio Pubblico fa di questi soldi. Ed ecco aprirsi pian piano, tra una chiacchierata e l’altra nel palazzo, i cahier de doléance. Perché, si chiede qualche veterano che punta ad una Rai fiera, negli ultimi tre anni è mancato un audit interno che individuasse le sacche di inefficienza, gli sperperi, le storture nelle catene di comando? Avrebbe aiutato, rimarca. Perché non si è portato alla luce, una volta per tutte, l’alto tasso di competizione interna che rallenta in modo serio i processi produttivi, taglia le gambe a chi ha tante idee ma poche protezioni politiche, e rende imbalsamata la comunicazione della Rai verso l’esterno? Perché non si è intervenuti sulla esasperante disparità economica che vige in Azienda? Anche questo sarebbe stato utile a fare della Rai un’azienda editoriale più efficiente, agile, leggera, fanno notare.

E poi ancora. Prima del rapporto con la politica che, stando alle osservazioni raccolte, a volte è solo complice e non la sola responsabile, ci sono altre insensatezze elencabili in un baleno da chi conosce bene l’Azienda. La prima:
budget molto alti per le tre reti generaliste (intorno ai 70 milioni di media fra Rai1, Rai2, Rai3), grande discrezionalità e, di contro, scarse internalizzazioni, poca innovazione e bassa propensione a tenere un po’ a dieta le major e scegliere anche piccole società di produzione, sebbene dare loro maggiore spazio aprirebbe una sana competizione a vantaggio di costi e innovazione (di nuovo si batte su questo tasto) ed inoltre consentirebbe di rispettare una delle indicazioni del contratto di servizio. La seconda: trasparenza ancora troppo bassa non solo verso l’esterno, ma anche verso l’interno. E si potrebbe proseguire ancora, perché non mancano osservazioni approfondite da parte di chi vive e osserva da dentro la vita dell’Azienda e che ora trepida nell’attesa di capire se l’ad sarà un esterno, se sarà un esterno tutto numeri e tabelle che, quindi, delegherà la parte editoriale al direttore generale (introdotto nuovamente dall’attuale ad Salini) o se sarà, invece, un interno come l’attuale direttore Distribuzione Marcello Ciannamea (per il quale sembra battere il cuore dei leghisti) o come l’amministratore delegato di Rai Cinema Paolo Del Brocco (gradito ai più).

O, ancora, come il Chief Technology Officer Stefano Ciccotti (ex ad e presidente di Rai Way) che non è considerato vicino a nessun partito ma che è ritenuto un profondo conoscitore della macchina aziendale oltre che un vero esperto di tecnologie e che saprebbe, quindi, affrontare bene anche la partita dell’infrastruttura tecnologica fondamentale nei prossimi tre anni. Non manca comunque chi, di contro, lo ritiene carente sulla parte editoriale. In ogni caso di quale partita tecnologica si tratta? Parola chiave: refarming, processo ancora da completare che coinvolge anche le relazioni tra la Rai, il Mise (che coordina la road map del refarming) e Confindustria Tv (di cui fanno parte tutte le tv, anche quelle private). Subito una prima considerazione: con la cessione della banda 700 MHz, a partire dal 30 giugno 2022, il servizio televisivo si ritroverà con 12 canali in meno sui 40 attualmente in uso. In sostanza per mantenere i canali che occupano ora la banda 700 (e che dovranno lasciarla definitivamente a vantaggio delle compagnie telefoniche), bisognerà spostarli in un altro spazio di frequenza (più bassa) attraverso nuove tecnologie di compressione e codifica, mantenendo il più possibile inalterata la qualità e ospitando anche canali ultra Hd (4k) e cioè in una definizione più che altissima.

Sì, ma in cosa si traduce tutto per i cittadini? Nella necessità di comprare un decoder o di rinnovare il parco dei televisori acquistando quelli Dvb-T2 (digitale terrestre di seconda generazione). Cambiamento attualmente piuttosto in salita sia per la pandemia sia per la stasi del mercato elettronico e la crisi economica, non alleggerita per i singoli neppure dal bonus-tv che non risulta particolarmente d’aiuto se si tiene conto del fatto che spesso nelle case degli italiani ci sono più televisori e il bonus riguarda un singolo decoder. E i dati di riferimento più recenti pubblicati dal Mise nel rapporto di verifica sulla diffusione degli apparati di ricezione, lo confermano: a febbraio 2020 solo il 42,4 % delle famiglie risulta essere dotato di un televisore Dvb-T2, mentre le previsioni al settembre 2021 stimano che circa 6 milioni di famiglie, corrispondenti al 27,1% del totale, non avranno ancora a disposizione un ricevitore Dvb-T2.

In questo percorso non bisogna perdere d’occhio il tempo. Due, in particolare, sono le date clou per il prossimo Cda Rai: il 1° settembre 2021, quando avverrà il passaggio dal vecchio sistema Dvbt-Mpeg2 al sistema Dvbt-Mpeg4 con il rischio che, sebbene la Rai sia pronta, centinaia di migliaia di utenti o intere aree nel Paese potrebbero non ricevere il segnale Rai, non avendo potuto rinnovare il parco tv; e il 30° giugno 2022 quando il processo di refarming si completerà con il cambio tecnologico per inserire più canali e di qualità in uno spazio frequenziale inferiore attraverso l’introduzione della codifica Dvb t2 Hevc (più efficiente della precedente Mpeg4), a sempre con il rischio di una notevole percentuale di utenti ancora senza un televisore adeguato.

La partita tecnologica dei prossimi tre anni ha poi altri significativi capitoli: le torri e non solo. Attualmente la Rai usa le torri per la tv lineare e la broadband (rete web) per RaiPlay la quale utilizza una piattaforma di server (Cdn, Content Delivery Network) distribuita su tutto il territorio nazionale. Si tratta di una piattaforma che aiuta a minimizzare il ritardo nel caricamento dei contenuti delle pagine web riducendo la distanza fisica tra il server e l’utente. In tal modo, in sostanza, gli utenti in tutto il mondo possono visualizzare gli stessi contenuti di alta qualità senza rallentare i tempi di caricamento. Qual è, però, il problema? Che la Rai non ha una sua Cdn e deve noleggiare il servizio da terzi, spendendo diversi milioni l’anno. Milioni che con tutta probabilità aumenteranno perché i costi di distribuzione progressivamente saliranno, visto che la domanda di dati da far viaggiare sulla rete sarà sempre maggiore.

Ed ecco il punto. La distribuzione dei contenuti si sta spostando sempre più su piattaforma web e la Rai deve, quindi, decidere se andare subito al cuore del problema, affrontando la trasformazione del mondo via etere e spostandosi, dunque, velocemente sulla distribuzione broadband (rete), anche in vista dello spostamento dell’utilizzo dei device, da fissi con sintonizzatori a portatili con abbonamenti internet. A quel punto resterebbe poi da capire se la Rai vorrà continuare a investire sulle torri o, invece, dirottare gli investimenti verso la Cdn proprietaria. Ed ancora se sta già studiando, naturalmente in un confronto con le istituzioni, un canone la cui riscossione (considerato che la fruizione dei contenuti si sposta sul web) non sarà più fondata sul possesso delle tv, ma su altro. A mettere il sale sulla coda del Servizio Pubblico c’è poi un piccolo ma significativo dettaglio di cui sono a conoscenza alcuni esperti in Rai: nel documento europeo ‘European barriers in retail energy markets’ (studio commissionato dalla Ue per i pnrr dei singoli Stati) compare a pagina 44, il capitoletto ‘regulatory disincentivation’ nel quale, fra la pratiche da scoraggiare, c’è l’obbligo di riscuotere per conto terzi tariffe estranee all’energia. Ed è indubitabile che il canone, attualmente in bolletta, sia ‘estraneo’ all’energia. Resterà il capitolo di un documento?

(di Veronica Marino)

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Lancio del singolo d’esordio di Michael Gambino: “Magnate o Ca'”

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Michael Gambino, nuovo talento emergente, ha ufficialmente debuttato nel panorama musicale con il suo primo singolo intitolato “Magnate o Ca'”. Il brano, ricco di doppi sensi divertenti e con un videoclip didascalico, è disponibile su tutte le piattaforme digitali dal 26 maggio 2023.

Gambino ha fatto il suo debutto alla “Festa dei Sogni” 2023 a Nola, riscuotendo un successo clamoroso e consolidando il suo posto nel cuore del pubblico. L’artista ha partecipato a una serie di trasmissioni televisive per presentare il suo primo singolo, un inno dedicato alla squadra di calcio del Napoli che ha celebrato la sua stagione vincente.

Contraddistinto da una maschera bianca che corrisponde perfettamente al colore del suo completo sportivo, poco si sa del misterioso Michael Gambino. Ciò che si nota è la mancanza di enfasi sulla sua identità personale, portando all’interrogativo: è l’anonimato il vero distintivo di questo artista?

Con un approccio anti-conformista, Gambino punta a dare voce all’anima e a far risplendere le parole che compongono le sue canzoni. In un’epoca in cui l’apparenza sembra essere tutto, l’artista sceglie di esprimersi attraverso testi ironici ma al contempo reali e crudi.

Questo intrigante personaggio mascherato ha già suscitato grande interesse, attirando l’attenzione sia sul suo personaggio che sulla sua musica. Con il potenziale di diventare il tormentone estivo, “Magnate o Ca'” è solo l’inizio per Gambino che si sta già preparando per il suo primo tour.

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Il FilmFestival di Villa Medici a Roma per terza edizione 2023, dal 13 al 17 settembre

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Annunciati i tre componenti la Giuria: sono Diop, Gaillart, e Parisi

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Il Festival di Film di Villa Medici torna a Roma dal 13 al 17 settembre. Intanto sono stati annunciati i nomi dei tre componenti della Giuria di questa terza edizione. Nata nel 2021, la manifestazione esplora i legami sempre più stretti tra cinema e arte contemporanea, proponendosi di scoprire opere cinematografiche emergenti.

Per la sua terza edizione, il Festival continuerà a percorrere la strada intrapresa nei due anni precedenti presentando una rosa di film di generi e forme diverse, in grado di mettere a nudo pratiche e tendenze emergenti, di testimoniare la porosità esistente tra cinema e arte contemporanea. Per una settimana, vengono ospitati artisti e registi all’Ambasciata di Francia di Trinità dei Monti per incontri e proiezioni che stimolano l’emulazione artistica del linguaggio cinematografico.

La manifestazione si articola in tre parti: la Competizione Internazionale con 12 pellicole recenti di ogni genere e durata; il programma parallelo Focus con film di artisti fuori concorso, masterclass e incontri d’eccezione; le proiezioni sul Piazzale, che riuniscono tutto il pubblico per assistere all’aperto ai film, con molte anteprime, ma anche di classici del grande schermo, proiettati in edizione restaurata. (segue)

Se l’evento del 2022 ha premiato Le Champ des mots, un affresco politico della regista libanese Rania Stephan (Premio Villa Medici per il miglior film 2022), così come la sorprendente commedia poliziesca Gigi la legge di Alessandro Comodin (Premio Speciale della Giuria 2022), la selezione del prossimo concorso si immergerà ancora una volta in storie inquietanti, commoventi e impegnate.

Nell’attesa di svelare le pellicole selezionate per il concorso e il programma completo, Villa Medici rende nota la giuria che presiederà durante questa terza edizione.

E’ composta dalla regista Alice Diop, dall’artista Cyprien Gaillard e dalla direttrice del Centre Pompidou-Metz Chiara Parisi; assegnerà due premi, cioè il Villa Medici per il miglior film e quello Speciale della Giuria per una pellicola singolare che ha attirato l’attenzione dei giurati. Questi riconoscimenti, a titolo oneroso, offrono inoltre ai registi l’opportunità di partecipare a una residenza di scrittura proprio a Villa Medici.

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Vasco contro i politici: “Cercano solo consenso, raccontano favole”

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Il Komandante scatenato: "Da destra a sinistra non salvo nessuno, la musica deve provocare le coscienze e tenerle sveglie"

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“Bisogna guardare in faccia la realtà. Oggi più che mai la narrazione che c’è nell’aria è una narrazione piuttosto edulcorata. Da chi? Da quelli che vogliono raccontare che va tutto bene per prendere il plauso. Adesso si pensa sempre e solo al consenso, consenso, consenso. Invece i politici dovrebbero preoccuparsi di risolvere i problemi della gente di questo Paese, che ne ha tantissimi”. È un Vasco Rossi in grande spolvero quello che, a poche ore dal debutto del suo Vasco Live 2023’ allo Stadio Dall’Ara di Bologna, davanti a 40mila persone e con 4 serate tutte sold out in programma, parla ai giornalisti senza sconti e schiettamente, come di consueto.

“La musica cosa può fare? La musica può portare gioia, energia, voglia di vivere, può aiutare – spiega il Komandante – può risolverti l’umore di una giornata. E poi può convincere, coinvolgere e provocare. La mia in particolare, io sono un provocatore”. Perché, aggiunge Vasco, “secondo me l’artista deve provocare le coscienze per mantenerle sveglie. Chi capisce capisce, chi non capisce si innervosisca e va bene, che magari si sveglia”.

E citando indirettamente una delle sue canzoni più famose, parla di ‘favole’: “Sento molte favole, favole, favole. Si sentono gran bei discorsi che alla fine sono discorsi, ma non sento decisioni su questioni reali”. Per il rocker di Zocca non è una questione di fazioni politiche: “Distinzione tra destra o sinistra? Non me ne frega un caz.. -dice Vasco senza mezzi termini- Qui il punto è che i politici non fanno gli interessi di questo Paese, fanno i loro interessi personali per avere dei voti”. Per Vasco c’è una “narrazione di ‘grandeur’ dell’Italia che non è vera. L’Italia non conta niente nel mondo, siamo un Paese piccolissimo, è una grazia se siamo in Europa”, scandisce. E nel brano ‘T’immagini’, previsto per secondo nella scaletta del concerto di stasera e proposto in versione aggiornata, le parole sono eloquenti e non risparmiano davvero nessuno: “Meloni, Berlusconi, Salvini raccontano favole. Ma anche i comunisti e i cinque stelle”, canta Vasco.

(di Ilaria Floris)

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Tv: in uscita su Prime ‘Pesci Piccoli’ di The Jackal, Balsamo ‘abbiamo ancora da imparare’

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La serie comica sarà disponibile da giovedì 8 giugno. Sei episodi fatti di momenti esilaranti e quotidianità in una modesta agenzia che cresce insieme tramite difficoltà e vittorie

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‘Pesci piccoli – Un’agenzia. Molte idee. Poco budget’ uscirà giovedì 8 giugno su Prime Video. E’ la prima serie comedy prodotta e ideata dalla content factory The Jackal con Mad Entertainment. Nel cast i protagonisti sono i componenti del gruppo comico (e società di videoproduzione) Fabio Balsamo, Gianluca Fru, Aurora Leone, Ciro Priello con la new entry ed esordiente Martina Tinnirello. Tanti gli ospiti importanti dei sei episodi del telefilm: Herbert Ballerina, Achille Lauro, Giovanni Muciaccia, Gabriele Vagnato, Valentina Barbieri e Mario ‘Il Ginnasio’ Terrone.

Il titolo è venuto in mente ad Aurora Leone. “Non avevamo idea di come chiamare la serie – racconta Ciro Priello alla conferenza stampa al Cinema Barberini di Roma – e un giorno sul set Aurora dice ‘ma perché non la chiamiamo ‘pesci piccoli’ come metafora del fatto che siamo una piccola agenzia in un mare di agenzie più grandi?'” In realtà il primo titolo era ‘Pesci grossi’ ma ci sembrava “ambiguo e anche pretenzioso”, secondo Fabio Balsamo. “Ci sentiamo ancora dei pesci piccoli perché la nostra mentalità è che abbiamo ancora da imparare e da crescere – aggiunge. Lo scopo è raccontare i piccoli contesti lavorativi di provincia. “Siccome anche noi siamo partiti da un contesto piccolo – spiega il regista Francesco Ebbasta – e ci siamo chiesti: come fanno questi esseri umani a convivere col fatto che quello che fanno non cambierà il mondo? E’ esplorata la capacità di vivere il quotidiano all’interno di un gruppo”.

I primi due episodi sono di una comicità scoppiettante. Fru dà il meglio di sé descrivendo le vite dei colleghi come voce fuori campo, con un microfono karaoke. Spicca su tutti il “mariofono” del personaggio Marione (Dino Porzio) usato per fare comunicazioni futili, come l’inserimento delle nuove merendine nella grande bolla apposita. “Nella nostra agenzia esiste veramente”, rivela Fru. La serie si concentra su gioie e dolori di una piccola agenzia pubblicitaria di Napoli vista dagli occhi di Greta (Martina Tinnirello), creative director, ostracizzata dalla sua agenzia precedente per un incontro con un cliente (Achille Lauro) finito male. La ragazza dovrà abituarsi ai modi di Ciro, Fabio, Fru e Aurora, amici e colleghi immersi nella realtà minuscola di brand provinciali e influencer minori e tragicomici. Insieme scopriranno che un’esistenza normale, senza successi assicurati da milioni di follower, nasconde qualcosa di prezioso se si hanno gli amici giusti. Sullo sfondo una Napoli raccontata in modo diverso, non quella pizza, Vesuvio e mandolino ma quella del quotidiano in una serie girata completamente indoor. “I personaggi si portano dietro la città per accento e scelte musicali come ‘Core ‘ngrato’ interpretata da Raiz degli Almamegretta – spiega Ebbasta – Abbiamo voluto conservare un rimando alla tradizione pur trattando un argomento moderno come le web agency”.

Nel lavorare insieme i The Jackal non hanno avuto particolari momenti di disaccordo perché sono abituati a stare gomito a gomito. “Ci viviamo talmente tanto tutti i giorni che quello che dobbiamo dire ce lo diciamo quotidianamente – spiega Balsamo – Siamo arrivati sul set in maniera molto trasparente”. Per Ciro Priello, “la nostra fortuna è che ci parliamo sempre di tutto”. Il primo giorno di produzione, però, pare che sia stata una festa perché “era da tanto tempo che non stavamo tutti quanti insieme per girare un progetto lungo”, specifica Priello. Tinniriello si è trovata benissimo con i ragazzi: “E’ stato glorioso. E’ stato come entrare nel mondo di Alice nel Paese delle Meraviglie. Prima di questa esperienza non avevo fatto nulla”. La sua presenza era necessaria per il regista Francesco Ebbasta perché “l’innesco di ogni prodotto di sit-com a cui siamo affezionati avviene sempre per un elemento esterno che viene introdotto all’interno di un equilibrio ormai stabile”. Riferisce pure di non aver avuto particolari problemi a gestire il supergruppo. “La cosa che mi sorprende di loro non è tanto il talento eterogeneo che hanno ma la loro rara sensibilità di riuscire a riconoscere dopo anche quindici anni di esperienza di voler fare al meglio le cose con una squadra”.

Tra le scene più divertenti dei primi due episodi c’è quella di un briefing con Greta in cui Ciro scribacchia su un block notes. Al termine della riunione la ragazza lo elogia per aver preso appunti ma l’altro la smentisce mostrandogli il nome Michele in rilievo scritto a ripetizione sui fogli. La scena è ispirata ad un fatto veramente accaduto: “Prima di iniziare la serie, durante il brainstorming – racconta Ebbasta – io mi giro e noto che Ciro sta prendendo appunti e sta scrivendo Michele”. Un nome disegnato ogni tanto in modo compulsivo che deriva dall’infanzia di Priello in cui non sapeva scrivere il nome del suo beniamino, Michael Jackson. Non mancano, inoltre, omaggi alle sit-com amate da The Jackal. Il quarto episodio rende onore a ‘The Office’, girato interamente in stile mockumentary. “C’è anche la serie ‘Community’ per l’utilizzo delle strutture narrative incrociate”.

La serie è ideata da Francesco Ebbasta e Alessandro Grespan che hanno scritto il soggetto e la sceneggiatura con Luca Vecchi e Stefano Di Santi. Completano il cast Amanda Campana, Anna Ferraioli Ravel, Angelo Spagnoletti, Veronica Mazza, Giovanni Anzaldo, Sergio Del Prete, Flavio Pellino, Sara Penelope, Dino Porzio, Francesca Romana Bergamo, Alessia Santalucia, Gianni Spezzano, Marina Zanchi, Mario Zinno.

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Paolo Bonolis e Sonia Bruganelli annunciano separazione: “Ma siamo più uniti che mai”

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Il conduttore e l'imprenditrice raccontano a Vanity Fair i motivi che hanno messo fine al loro matrimonio

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Matrimonio finito tra Paolo Bonolis e Sonia Bruganelli. I motivi della separazione li hanno raccontati loro stessi su Vanity Fair, mettendo bene in chiaro che “non ci sono di mezzo terze persone o amanti”. “Nessuno sa perché nasce un amore, ma tutti vorrebbero sapere perché finisce”, premettono, spiegando poi che “siamo separati, eppure siamo più uniti che mai. Continueremo a esserlo per la nostra famiglia, tra di noi. Il sentimento è forte, però non è più quello che ci ha avvicinati”.

La decisione di parlare per la prima volta dell’epilogo della loro storia e dell’inizio di una nuova vita insieme è stata più di Sonia che di Paolo, il quale ci scherza su: “Mi hanno detto che dovevo venì, e sono venuto”. Comunque vadano le cose “siamo genitori, continueremo a fare le vacanze insieme, manterremo le stesse dinamiche”.

Certo non manca la delusione. “Non è stato facile – ha ammesso Bonolis -ma lentamente qualcosa si è rotto, o meglio è cambiato. Perché in fondo, anche se talvolta non vogliamo ammetterlo, qualsiasi rapporto, anche il più intenso e romantico, nel corso del tempo muta e si evolve in un senso come nel suo opposto. E a quel punto è giusto prenderne consapevolezza, cercando il dialogo e prendendo una decisione definitiva”.

Quanto ai motivi che li hanno spinti a non essere più una coppia, il conduttore spiega che “per un certo periodo Sonia ha avuto difficoltà a stare in una situazione che non era più la sua. Si è sforzata, e per questo le devo fare i complimenti, finché è stato inutile continuare. Ci siamo confrontati, mi ha spiegato, ho capito. Non si può pretendere che una persona viva diversamente da ciò che sente di essere. Con un briciolo di civiltà e di buona coscienza si accoglie il cambiamento. Le cose accadono, l’importante è andare avanti perché non si può tornare indietro”.

Sonia, dal canto suo, ha raccontato che “non riuscivo più a vivere con entusiasmo alcune delle cose che fanno parte di un rapporto di coppia. Da quando è morto mio padre, poi, ho proiettato il legame che avevo con lui su Paolo, il quale così è diventato un amico, un confidente. Quando ci siamo fidanzati io avevo 23 anni, non ero ancora laureata, lui era un uomo. Soltanto con il tempo e di fronte a certe circostanze abbiamo preso coscienza delle nostre differenze”.

Ed infine sul perché abbiano deciso di smentire l’indiscrezione della vostra (allora eventuale) la Bruganelli ha continuato: ”Per riprenderci quello che era nostro. Va bene essere giudicati perché siamo personaggi pubblici, ma potevamo anche essere separati da tempo e non volerlo dire”. “Era una notizia che avremmo dovuto dare noi per primi a chi di dovere – ha sottolineato Bonolis – Ma nel fascinoso mondo di Pettegolandia la gente si attacca vampirescamente alle vite degli altri ignorando sentimenti, affetti, figli”.

”Più che una lezione sul lasciarsi, è una dichiarazione su che cosa sia l’amore – ha commenta del settimanale il direttore Simone Marchetti nell’editoriale – Sarebbe bello se storie come questa non fossero solo l’eccezione alla regola ma diventassero un modello, un’ispirazione”. L’intervista completa sarà disponibile sul numero di ‘Vanity Fair’ in edicola da domani e online sul sito di Vanityfair.it.

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Solinas dirige ‘Cavalleria Rusticana’ per inaugurazione stagione Sassari

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Il titolo di Pietro Mascagni riaprirà le porte del Massimo cittadino con due recite l’8 e il 10 giugno prossimi alle 20.30

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Dopo il debutto al Teatro Lirico di Cagliari con ‘L’Elisir d’amore’ nel dicembre scorso, il direttore d’orchestra Andrea Solinas torna nella sua terra, questa volta la nativa Sassari, per l’inaugurazione della stagione lirica 2023 con ‘Cavalleria Rusticana’. Il titolo di Pietro Mascagni riaprirà le porte del Massimo cittadino con due recite l’8 e il 10 giugno prossimi alle 20.30). Il maestro Solinas, alla guida dell’orchestra e del coro dell’ente ‘Marialisa De Carolis’, sarà al fianco di una compagnia di canto dal grande prestigio internazionale.

La messinscena dell’opera, proveniente dal Teatro Massimo Bellini di Catania, si avvarrà della regia di Sante Maurizi, artista di teatro e cinema, anche lui sassarese. Il capolavoro di Mascagni inaugurerà anche il nuovo percorso delineato dal recentemente nominato direttore artistico, il baritono Alberto Gazale, che ha fortemente voluto un progetto che parlasse di territorio (coinvolgendo eccellenze cittadine come Solinas) ma che avesse anche un respiro globale, portando a Sassari interpreti della lirica protagonisti sulle ribalte più importanti del mondo.

Non è la prima volta che Solinas affronta ‘Cavalleria Rusticana’, entrata a far parte stabilmente del suo repertorio nella scorsa stagione, dopo il debutto all’Opera di Stato di Ankara. “Cavalleria è un’opera che può sembrare apparentemente semplice, per via delle forza delle sue melodie e la sua estrema popolarità – racconta Solinas -. In realtà è una partitura che richiede grandissima attenzione da parte del maestro concertatore e direttore, sia per quanto riguarda l’equilibrio tra l’orchestra e il palcoscenico, che per quanto riguarda la consapevolezza stilistica”.

Sul suo debutto operistico a Sassari evidenzia: “È un’emozione tornare nel teatro della mia città, dove ho mosso i miei primi passi nel mondo della musica. È come tornare a casa, in teatro mi conoscono tutti ed è un po’ come lavorare in famiglia. Sento anche per questo la grande responsabilità di dirigere un capolavoro come ‘Cavalleria Rusticana’. Non vedo l’ora di poter lavorare con l’orchestra per ottenere il migliore dei risultati e poterlo offrire alla mia città. Vorrei ringraziare il maestro Gazale e la direzione del teatro per la fiducia e soprattutto la volontà di mettere in evidenza il nostro patrimonio cittadino. Sassari è una città che merita un progetto di valorizzazione di questo tipo, che spero possa avere un futuro luminoso”.

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Lusaint, la voce di Manchester arriva in Italia con ‘Fool for you’

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Il nuovo singolo della cantautrice inglese in radio dal 9 giugno

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‘Fool for you’ è il titolo del nuovo singolo della cantautrice inglese Lusaint, pubblicato in Italia da Time Records, nelle radio italiane dal 9 giugno prossimo. Già nei primi posti delle classifiche radio britanniche, ‘Fool for you’ incanta e rapisce con un testo straziante e potente. La sua voce cattura al primo ascolto, in un mix di soul, jazz e blues, che si sviluppa dall’inizio alla fine con un ritornello e un ritmo costante. Quello di ‘Fool For You’ è un mondo sonoro che evoca le migliori produzioni di Mark Ronson, l’uso di fiati e ritmi sincopati, sono la conseguenza di raffinati ascolti a base di Motown, Ella Fitzgerald e Nina Simone che vengono da lontano.

“Io non voglio essere tua e tu non puoi essere mio” canta Lusaint, proprio per mettere da subito in chiaro un concetto: questa non è un’ordinaria canzone d’amore. Si tratta di una storia sbagliata, che non avrebbe dovuto accadere, nata morta, eppure… ‘Fool For You’ parla dell’amore su come sia davvero e non come dovrebbe essere. Dopo il precedente singolo ‘Dark Horse’, questo brano conferma un percorso discografico cominciato nel 2019 con l’interpretazione della cover di En Vogue ‘Don’t Let Go (Love)’. Brano che è stato inserito in un popolare programma tv inglese ed è stato successivamente incoronato nel Regno Unito “la canzone più shazammata in un solo giorno” con oltre 45.000 ricerche.

Anche altre due sue cover acustiche hanno attirato l’attenzione di pubblico e critica: ‘Crazy In Love” di Beyoncé e ‘Wicked Game’ di Chris Isaak. Quest’ultima ha raggiunto oltre 4 milioni di visualizzazioni su YouTube. Con oltre 20 milioni di stream complessivi in tutto il mondo, l’artista è al lavoro con il primo Ep dal titolo ‘Self Sabotage’, la cui pubblicazione è prevista entro la fine dell’anno.

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‘Viva Coldplay’, con tour arriva anche nuova biografia italiana

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La storia completa della band inglese aspettando i live di Napoli e Milano

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‘Viva Coldplay, storia di un successo planetario’ è il titolo della nuova biografia firmata da Fabrizio Sandrini disponibile in libreria e pubblicata da Il Castello marchio Chinaski Edizioni. ‘Viva Coldplay’ è l’unica biografia a livello mondiale, che raccoglie in modo completo tutte le vicende della band fino ai giorni nostri. La storia di quattro amici che decidono di formare una band, una band destinata ad essere definita come dei “moderni Beatles” (Justin Timberlake). Come i Fab Four anche i componenti dei Coldplay si distinguono ognuno per una sua particolarità. Il libro parte proprio dal background dove è cresciuto l’ansioso cantante Chris Martin, il timido chitarrista Jonny Buckland, il bassista oscuro Guy Berryman e l’eclettico batterista Will Champion.

Corre l’anno 1996 quando la band muove i primi passi tra mille insicurezze, ma il vero e proprio debutto discografico è nel 1998 con l’Ep ‘Safety’. Passando al setaccio la loro discografia, libri e decine d’interviste, Sandrini restituisce l’istantanea di una band atipica, a partire proprio dal frontman Chris Martin. Antirockstar e lontani dagli eccessi, i Coldplay diventano un nuovo modello basato su tratti come gentilezza, disponibilità, cortesia e modestia. Un successo planetario che passa dalle sessioni di studio dove nascono le canzoni, al confronto con i produttori come Dan Keeling o Brian Eno, artefici di quel sound che li ha fatti amare (o odiare) da pubblico, critica e colleghi.

Quei colleghi come Liam Gallagher che prima li insulta e poi fa marcia indietro dichiarando: “Chris come suoni bene. Mi rimangio tutto quello che ho mai detto su di te”. Ma anche il rapporto di amicizia con i Muse, che con loro condividono l’onta di essere sempre stati paragonati ai Radiohead. Il volume analizza fedelmente tutti i passaggi che la band ha affrontato lungo il percorso di pubblicazione dei loro album, dai rapporti con la discografia a quelli con i fan, dai tour mondiali alle strategie di promozione e comunicazione. Ma il cielo del quartetto inglese non è sempre limpido. Molti passaggi sono dedicati -infatti- ai tormentati episodi con i paparazzi, soprattutto per Chris Martin. Questo anche a causa del matrimonio e poi divorzio con la star hollywoodiana Gwyneth Paltrow, fino al successivo fidanzamento con l’altrettanto celebre attrice Dakota Johnson.

Cresce la loro popolarità e crescono le vendite, ma ecco che cominciano ad arrivare svariate accuse di plagio. Tra vere e presunte, quelle più celebri riguardano il guitar hero Joe Satriani e il leggendario cantautore Cat Stevens. Tra il sostegno di mostri sacri come Elton John (‘Yellow’ è l’unica canzone degli ultimi cinque anni che vorrei aver scritto io”) e Madonna (“Il cantante dei Coldplay Chris Martin è incredibilmente talentuoso”), non mancano le frecciate dei detrattori. Per citarne alcune Alex Turner degli Arctic Monkeys sentenzia senza mezze misure “È disgustoso essere una band che suona sempre la stessa cosa tutto il tempo e non dà fastidio a nessuno”, mentre Bono definisce Chris “un segaiolo”, ma poi ritratta.

Un altro fondamentale argomento che riguarda la band è l’impegno sociale internazionale, come pure le battaglie per l’ambiente. Dalla collaborazione con Oxfam ai viaggi tra Africa e America Latina, fino al recente tema dell’ecosostenibilità nei tour mondiali. Le prossime date che toccheranno anche l’Italia (21-22 giugno Napoli e 25-26-28-29 giugno Milano), sono pensate per volontà della band con impatto ambientale zero. Tra aneddoti, interviste e recensioni della stampa musicale internazionale, ‘Viva Coldplay’ riesce a sintetizzare oltre vent’anni di storia della band illustrando con precisione tutti gli aspetti pubblici ma senza tralasciare sensazioni e ritratti personali dei protagonisti.

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Spettacolo

Roma Pride, Elodie contro la Regione Lazio: “Vergogna”

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Dopo la notizia della revoca del patrocinio decisa dal presidente Rocca: "Tutto il mio sostegno a chi promuove una società che rispetta tutti"

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“La Regione Lazio revoca il patrocinio al Roma Pride… tutto il mio sostegno a chi promuove una società che rispetta tutti! Vergogna”. Così Elodie in una storia su Instagram dopo la notizia della revoca del patrocinio al Gay Pride di Roma decisa dal presidente della Regione Lazio Francesco Rocca.

La cantante nel 2022 è stata la madrina dell’evento e si era detta “orgogliosa” di partecipare alla grande festa contro tutte le discriminazioni.

“Colamarino chiedesse scusa pubblicamente rispetto a questa manipolazione della concessione e immediatamente sono pronto a ridare il patrocinio” al Roma Pride 2023. Così il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, a margine della conferenza internazionale ‘The forest factor’. “Noi avevamo dato l’adesione convinta – dice il governatore – Chiedesse scusa pubblicamente per la sua dichiarazione manipolativa del nostro patrocinio e immediatamente ci sarà nuovamente il patrocinio della Regione Lazio”.

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Spettacolo

Ascolti tv, ‘Blanca’ in replica su Rai1 e ‘L’isola dei famosi’ i più visti

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Terzo gradino del podio per Rai3 con 'Report'


Vittoria di Rai1 in termini di telespettatori (2.688.000) per la replica di ‘Blanca’ che ha ottenuto uno share del 15,2%. Su Canale 5, invece, ‘L’Isola dei Famosi’ ha ottenuto uno share del 19,5% raggiungendo 2.388.000 telespettatori. Terzo gradino del podio per Rai3 con ‘Report’ che ha totalizzato 1.661.000 telespettatori e uno share dell’8,6%.

Fuori dal podio su Italia1 il film ‘L’incredibile Hulk’ è stato visto da 1.127.000 telespettatori registrando uno share del 6,3% mentre su Rai2 ‘N.C.I.S. Los Angeles’ ha interessato 952.000 telespettatori (5% di share). Su Retequattro, poi, ‘Quarta Repubblica’ ne ha conquistati 949.000 (share del 6,5%). Su Nove Giuseppe Giacobazzi in ‘Io ci sarò’ ha raggiunto 560.000 telespettatori ottenendo uno share del 3,3% mentre su Tv8 ‘Zlatan’ è stato visto da 429.000 telespettatori (share del 2,4%. Chiude gli ascolti del prime time La7 con la serie ‘Yellowstone’ che è stato seguita da 268.000 telespettatori pari a uno share dell’1,6%.

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