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Politica

Manovra, da Monti a Draghi la legge di bilancio al...

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Manovra, da Monti a Draghi la legge di bilancio al fotofinish sotto l’albero di Natale

Renzi virtuoso nel 2016: ok già il 7 dicembre. La prima di Meloni, l'anno scorso, il 29 dicembre

Mario Monti - Fotogramma

Quando Carlo Fatuzzo, leader del partito dei Pensionati, si arrampica sugli scranni della Camera e sventola il vessillo del suo movimento, mentre dai banchi dei Gruppi di Pd e FdI si alza il grido "voto, voto", la manovra sembra veramente legata a un filo e l'esercizio provvisorio a un passo. Eppure, anche in quella occasione, nella notte tra il 29 e il 30 dicembre del 2018, il Parlamento riesce a ricomporsi e a scartare quello che ormai è il suo principale regalo di Natale: il via libera alla legge di Bilancio.

Quella volta si rischiò grosso. Per la cronaca Fatuzzo, subito bloccato dai commessi, riesce infatti a tirare fuori una seconda bandiera, lasciando di stucco l'allora presidente Roberto Fico, costretto a interrompere e a convocare una capigruppo. I tempi sono quelli del governo giallo-verde (Conte I), i resoconti parlano di una rissa sfiorata in aula, con una copia del testo della manovra che vola sul banco del governo per sfiorare l'allora sottosegretario Garavaglia. Ma non si tratta di caso isolato, visto che da diversi anni il via libera del Parlamento all'ex Finanziaria arriva ormai al fotofinish, a un passo dalla fine dell'anno. Gli esempi recenti sono diversi.

I 'casi' Monti e Letta

Persino il governo Monti, nato per approvare il 'salva Italia' e dotato di una robusta maggioranza bipartisan, non si sottrae alla tradizione del voto alla manovra natalizio. Nel 2011 l'ok arriva il 22 dicembre, con le tradizionali 'bagarre' parlamentari. Sono protagonisti i leghisti: "Non avete salvato l'Italia ma ne avete prolungato solo l'agonia", dice il capogruppo al Senato Federico Bricolo che 'merita', insieme ai suoi colleghi del Carroccio, una censura ufficiale del presidente del Senato Renato Schifani.

La finanziaria del governo Letta passa in Parlamento in modo relativamente tranquillo, anche nei tempi: siamo al 20 dicembre 2013 per il sì al Senato seguito a stretto giro da quello alla Camera. Poi arriva Matteo Renzi e, maestro della comunicazione, ribalta tutta la prospettiva: "Abbiamo stoppato l'assalto alla diligenza!", esulta quando gli si chiede di un via libera del Parlamento il 20 dicembre del 2014 in piena notte e in un clima infuocato.

Per capire l'aria, mentre il Senato vota, Beppe Grillo scolpisce un post sul suo blog: "Dittatura alla vasellina". In una seduta notturna caotica, in cui finisce all'indice anche il presidente Pietro Grasso, Forza Italia prima abbandona i lavori per poi rientrare e votare no. Mentre Matteo Salvini commenta: "Renzi è pericoloso. Neanche nella peggior Unione Sovietica si è mai visto votare alla 5 del mattino".

Il record di Renzi

Un abisso rispetto a quello che accade per l'ultima manovra firmata da Renzi-premier, che vanta un record al contrario sui tempi: ok già il 7 dicembre del 2016. Esame lampo (a palazzo Madama bastano poco più di 24 ore) e polemiche (quasi) zero. Dopo la sconfitta al referendum istituzionale, il Parlamento vota velocemente l'ultimo atto del premier dimissionario. Come promesso, Renzi lascia un attimo dopo la fiducia alla legge di Bilancio.

Nel 2017 il governo Gentiloni salva il cenone: il via ibera definitivo alla manovra arriva dal Senato il 23 dicembre, dopo l'ok della Camera. E' l'anno dopo, con il Conte I, che la temperatura in aula sale con il Partito democratico che decide di ricorrere alla Consulta per conflitto di attribuzioni con il governo.

Negli ultimi anni il trend del via libera all'ultimo respiro, in piene vacanze di Natale, è una costante. Nel 2019 lo 'stenografico' di Montecitorio riporta l'approvazione alle 4.44 del 24 dicembre, davvero sotto Natale. L'anno dopo, nel 2020, per avere il voto finale bisogna aspettare al Senato il 30 dicembre, in zona Cesarini. E non è venuto meno alla tradizione nemmeno 'super' Mario Draghi, nonostante la maggioranza extra large: la sua legge di Bilancio è stata approvata alla Camera il 30 dicembre 2021.

L'anno scorso la prima manovra del governo Meloni ha avuto il via libera definitivo il 29 dicembre al Senato. Ma il passaggio precedente, l'approvazione della Camera, era arrivata il 24, con i trolley dei deputati pronti all'uscita di Montecitorio per non perdere il cenone.

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Politica

Europee, Vannacci: “Io tv con Ilaria Salis? Nessun...

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Così il generale dopo le parole di Salvini: "Per ora non ho sentito nulla in proposito, le proposte me le facciano direttamente"

Il generale Roberto Vannacci - Fotogramma

Un confronto televisivo tra il generale Roberto Vannacci e Ilaria Salis come proposto dal vicepremier Matteo Salvini? "Per ora non ho sentito nulla a proposito, le proposte le facciano direttamente a me, non so cosa dire, bisogna poi capire su quali argomenti si vuole fare questo confronto televisivo". Lo dice all'AdnKronos il generale, dopo l'idea lanciata dal leader della Lega ("mi piacerebbe un confronto sul futuro dell’Italia e dell’Europa tra Ilaria Salis e il generale Roberto Vannacci", ha detto Salvini). "In linea di principio non ho problemi a confrontarmi con nessuno", assicura il militare che in questi giorni scioglierà il nodo della sua possibile candidatura alle europee.

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Politica

Ue, Meloni si sfila da ‘toto-Draghi’:...

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"Sono i cittadini che decidono le maggioranze, non partecipo al dibattito"

Giorgia Meloni (Afp)

Non apre e non chiude, semplicemente si sfila. Perché sul futuro di Mario Draghi ai vertici dell'Europa - quella che verrà dopo il voto del 9 giugno - per Giorgia Meloni si fa mera "filosofia". I giochi si decideranno soltanto poi, quando i voti saranno nero su bianco e i rapporti di forza ben definiti. Tutto questo dibattere attorno all'ex premier e numero uno della Bce sembra quasi infastidirla. Lasciando l'Europa Building dopo un Consiglio europeo che si è protratto ben oltre ogni più fosca aspettativa -tanto che al 'fischio' di fine vertice un applauso spontaneo si leva dalla sala stampa-, la premier si ferma per un punto stampa alla lanterna, rispondendo a ogni singola domanda come fosse su un ring.

Aborto, par condicio, carcere per i giornalisti, discesa in campo di Ilaria Salis, vendita dell'Agi: ribatte domanda su domanda parlando spesso -per ben 4 volte- di fake news. E anche su Draghi, lascia intendere, è la stampa ad aver 'ricamato'. "Io sono contenta che si parli di un italiano - premette - ma questo dibattito è filosofia. La tendenza di decidere prima che i cittadini votano non mi troverà mai d'accordo. Sono i cittadini che decidono le maggioranze, per questo non parteciperò al dibattito" su Draghi sì, Draghi no, Draghi forse.

"Questo dibattito è buono per i titoli dei giornali e fare campagna elettorale - aggiunge poi - ma non è così che funziona. Questa tendenza a tentare di decidere chi fa cosa prima che i cittadini votino è una tendenza sulla quale non mi troverete mai". E pazienza se le parole pronunciate da 'Super Mario' alla vigilia del vertice siano suonate alle orecchie di molti come un discorso programmatico, la rotta che punta a un ruolo di peso nei futuri assetti europei.

"A giugno spero l'Europa sia diversa, capace di rispondere alle sfide"

I giochi si fanno poi, torna a ribadire Meloni, che mezz'ora prima dell'avvio del summit incontra la presidente uscente Ursula Von Der Leyen, candidata del Ppe in corsa per il bis ma con un certo affanno, complice il 'fuoco amico' del Partito popolare europeo. Con lei, dirà poi Meloni incontrando i giornalisti, ha parlato di migranti, con i flussi "in significativo calo", rivendica, prova che la strategia messa in piedi "sta dando risultati". Ma è comunque un'Europa "diversa" quella che la premier italiana vede dopo il voto, “capace di rispondere alle grandi sfide” che l’attendono.

Perché un cambio di passo va impresso, e il rapporto di Enrico Letta - su cui oggi si sono 'accapigliati' i leader- e il cambiamento "radicale" chiesto da Draghi dimostrano, rimarca, che le critiche mosse in passato da chi certo non vantava l’etichetta dell’europeista convinto un fondamento l’avevano: "Fino a ieri ci dicevano che andava tutto bene - rivendica Meloni, ricordando il 'pedigree' di Letta e Draghi - oggi fanno i conti con il fatto che le priorità sono altre".

E lei sente di avere l’opinione pubblica dalla sua parte: "Potete continuare a ripetere che sono una pericolosa fascista e mi aiutate anche, visto che penso che la gente che vede il lavoro di questo governo si renda conto che gli estremisti stanno da un'altra parte", dice. Come stanno dall'altra parte, per l'esattezza "a sinistra" -accusa- quelli che vorrebbero cambiare la Legge 194, ma che a suo dire non hanno il coraggio di dirlo, di intestarsi la battaglia.

Meloni difende a spada tratta l’emendamento della discordia al dl Pnrr quater sui movimenti pro-vita nei consultori: "Ricalca esattamente il testo della 194", che è una "legge equilibrata". Anche sul 'balletto' andato in scena in vigilanza sulle regole della par condicio, "non c’è nessuna TeleMeloni, non accetto lezioni di democrazia da nessuno", tuona.

Mentre il carcere per i giornalisti - altra notizia che ha infiammato il dibattito - "c’è già, è una legge di Fdi che lo sta togliendo". Lei, assicura, difende "la libertà di stampa", e infatti assicura non ci sia la sua ‘manina’ -"ho letto tante falsità e ricostruzioni surreali"- dietro la vendita dell’Agi, al centro della trattativa Eni-Angelucci: "Non so se chi ispira queste letture fosse abituato a usare le partecipate dello Stato per risolvere i problemi privati degli amici o per stiparci i parenti, può essere che sia stato così ma non è la mia lettura su a cosa servano le partecipate”.

"Salis candidata? Non so quanto aiuti..."

Sul caso Salis - mentre la candidatura per Avs viene prima smentita e poi annunciata - Meloni assicura che il Governo continuerà a fare il suo lavoro. "Non cambia nulla" riguardo alla detenzione della maestra 39enne, "verrà garantita comunque come è giusto". "La politicizzazione della vicenda, come ho già detto in passato, non so quanto possa aiutare il caso in sé", ma "le scelte personali di Salis non mi permetto di giudicarle".

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Politica

Ilaria Salis, Mimmo Lucano: “Candidata alle Europee?...

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"Sta pagando per la difesa dei diritti umani"

Mimmo Lucano (Fotogramma)

''Sono contento della candidatura di Ilaria Salis". Lo dice all'Adnkronos, Mimmo Lucano, candidato alle Europee di Avs, commentando la discesa in campo per la sfida di Bruxelles anche di Ilaria Salis. "Lei è un'attivista, la sua candidatura nasce dalla condivisione di un ideale, non da opportunismi o altro, visto quello che sta pagando per il suo impegno politico, perché si schiera a difesa del rispetto dei diritti umani ed è una antifascista''.

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