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Salute e Benessere

Quando accumulare oggetti diventa malattia, ecco le ‘spie’

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Non sempre lasciare andare oggetti, ricordi e persone è facile. Tenere cose per sé è completamente normale, così come collezionare o accumulare oggetti e ricordi. Vi sono casi in cui, però, questo atteggiamento diventa patologico, ovvero quando il bisogno di acquisire questi beni – senza peraltro utilizzarli o gettarli via – si traduce in una pesante limitazione delle attività di tutti i giorni, a partire dall’igiene, alla pulizia degli spazi, al riposo. La difficoltà di liberarsi degli oggetti diventa dunue disfunzionale, e si traduce in una vera e propria patologia, nota come disturbo da accumulo o disposofobia. A parlarne è Paola Mosini, psicologa e psicoterapeuta del Centro psico medical care dell’Humanitas, che illustra anche quali sono le ‘spie’ da non sottovalutare, ‘anticamera’ della malattia.

Tra i campanelli di allarme, ci sono alcuni segnali che i familiari devono cogliere perché si tratta di comportamenti sufficienti per rivolgersi a uno specialista: si va dalla difficoltà nella gestione economica della casa alla presenza di discussioni in famiglia causate da eccessive ‘cose in casa’ che generano disordine; dall’eccessiva tendenza a fare scorte alla tendenza alla procrastinazione di comportamenti di riordino, fino alla riduzione delle relazioni sociali e al ritiro dalla vita sociale, spesso alla chiusura dentro casa. Un intervento precoce – si spiega nell’articolo – permette di prevenire l’aggravamento di condizioni cliniche sottosoglia che col tempo possono addirittura arrivare a compromettere il benessere psicologico di una persona e dei propri familiari.

“Chi soffre di disposofobia – spiega l’esperta sulla newsletter dell’Irccs lombardo – tende ad accumulare senza freni, e non sembra curarsi del fatto che l’accumulo stesso riduca o persino impedisca di girare per casa. In questi casi patologici di compulsione di accumulo si sviluppa la paura di buttare via ciò che si colleziona. Vi è la tendenza a ripetersi che ogni cosa potrebbe rivelarsi utile un domani – aggiunge – perché potrebbe accrescere il proprio valore economico o affettivo. Questo pensiero può diventare una guida che conduce dritta all’accumulo”.

Le persone che hanno un disturbo da accumulo “percepiscono un forte attaccamento emotivo nei confronti di oggetti – prosegue Paola Mosini – e avvertono il bisogno di mantenere una presunta forma di controllo su di essi, tanto da non accettare che nessuno li tocchi o li butti. Solo il pensare a cosa eliminare, in queste persone genera ansia e angoscia; il passaggio dal pensiero all’azione di fatto non viene mai attuato sia per il timore di prendere la decisione sbagliata, sia per l’incapacità a distaccarsi dagli oggetti, anche se poi vengono abbandonati nel degrado che spesso circonda chi ne soffre”.

Come intervenire in caso di disturbo di accumulo? “Un intervento esterno, come quello di un convivente che decide di svuotare fisicamente la casa, non risulta utile e, anzi, scatena in chi ne soffre reazioni avverse”, avverte l’esperta. “La terapia cognitivo comportamentale risulta essere il trattamento d’elezione: una parte della terapia dovrebbe includere una fase psicoeducazionale per il paziente, così da promuovere una maggior consapevolezza di malattia, ma anche per i suoi familiari. È inoltre fondamentale poter far comprendere la presenza di una componente biologica nell’origine di tale disturbo: in questo modo si potrà cercare di riscattare, almeno in parte, l’immagine negativa del paziente che spesso si è strutturata nel tempo. Un buon intervento – conclude- deve partire dallo sviluppo di una solida alleanza terapeutica tra i soggetti coinvolti, cosa che permetterà di costruire un percorso mirato e con obiettivi condivisi”.

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Coronavirus

Minamol e Sijo dall’India all’Italia per fare gli infermieri: “Opportunità di crescita”

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Oggi marito e moglie, i due operatori raccontano il percorso che li ha portati a Milano, al Policlinico San Donato. "Il nostro consiglio, fare un corso di italiano prima di partire"

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Sono arrivati dall’India in Italia a fine 2009, giovanissimi, lui poco più che 25enne, lei 22enne. E in Italia hanno trovato lavoro come infermieri, si sono conosciuti e innamorati ‘in corsia’, e hanno messo su famiglia. Sijo e Minamol George oggi hanno 3 figli, due femmine e un maschio – età 8, 6 e 3 anni – e raccontano all’Adnkronos Salute il loro percorso di vita che li ha portati, terminati gli studi di infermieristica e accumulati 2-4 anni di esperienza in ospedali del loro Paese, a lasciare il Kerala, Stato nel Sud dell’India in cui sono nati e cresciuti. Destinazione: Lombardia. Un salto nel vuoto all’inizio, spiegano, perché in Italia non conoscevano nessuno. Una storia, quella della coppia che, in un futuro prossimo, potrebbe diventare quella di tanti altri colleghi indiani, dopo l’annuncio del ministro della Salute Orazio Schillaci di guardare ad accordi con l’India per reclutare personale a fronte della cronica carenza di infermieri in Italia.

“Siamo partiti da zero”, racconta sorridente Sijo, che adesso ha quasi 40 anni e più di un decennio di esperienza lavorativa alle spalle. Anni trascorsi quasi totalmente al Policlinico San Donato (che ha sede alle porte di Milano, a San Donato Milanese ed è l’Irccs cardiovascolare del Gruppo San Donato), dove oggi lavora in un reparto molto delicato, la Terapia intensiva cardiochirurgica adulti. Sua moglie Minamol, invece, lavora con i bambini nella Terapia intensiva cardiochirurgica pediatrica. In un ospedale, il San Donato, che è un riferimento a livello internazionale per il cuore.

“Siamo fortunati – spiega Minamol, oggi 36enne – perché lavoriamo in un ospedale importante, perché siamo stati accolti a braccia aperte e dobbiamo ringraziare i colleghi per il supporto che ci hanno dato in particolare all’inizio. Ci hanno aiutato tantissimo e l’ambiente lavorativo è bello e molto avanzato”. In Italia i George hanno trovato impiego “attraverso un’agenzia di lavoro, ‘JOB Just on business’, con sede a Milano. Era un periodo in cui, come oggi, c’era carenza di infermieri qui. E negli anni, oltre un centinaio di colleghi indiani sono arrivati in strutture della Lombardia, in particolare, e di altre regioni del Nord. Anche adesso, dopo la pandemia di Covid, l’agenzia sta agevolando la collocazione di altri infermieri dall’India e da altri Paesi”. Questa agenzia, tiene a precisare Sijo, “non chiede soldi agli infermieri per il reclutamento. A pagare questi servizi sono le strutture che hanno bisogno che venga selezionato personale per loro. Lo dico perché ci sono tante agenzie che in India stanno chiedendo soldi ai colleghi, oltre a essere retribuite dalle strutture”.

Come si diventa infermieri in India? Ci sono due percorsi di studio, diploma e laurea. “Uno prevede 3 anni di studio e tirocinio, l’altro 4 anni e tirocinio. Il riconoscimento del titolo in Italia è oggi possibile se hai almeno 4.600 ore di teoria e pratica”, dicono. Quando Sijo e Minamol sono approdati nel nostro Paese hanno seguito il percorso standard per avere il riconoscimento del titolo e, ricorda Minamol, “poi bisognava sostenere un esame” in quelli che allora – prima degli Ordini attuali – erano i collegi territoriali Ipasvi, “per iscriversi all’albo”.

Oggi, sulla scia della necessità di velocizzare in tempi di Covid l’inserimento di personale sanitario anche straniero, e più di recente con il decreto Milleproroghe, è prevista la possibilità di svolgere la professione temporaneamente in deroga alle vigenti norme sul riconoscimento delle qualifiche professionali. “Senza iscrizione all’albo – spiega Sijo – serve solo il riconoscimento dalla regione competente. Questo sarà valido fino al 31 dicembre 2025”.

Tornando alla storia dei coniugi George, entrambi, dopo aver ultimato il percorso del riconoscimento del titolo, hanno fatto il colloquio con Tiziana Fiorini, che è la direttrice Sitra (Servizio Infermieristico Tecnico Riabilitativo Aziendale) del San Donato. Minamol è stata la prima ad essere assunta a tempo indeterminato. Poi Sijo che, dopo una brevissima parentesi a Bergamo, è tornato al San Donato e da allora è sempre rimasto in questo ospedale. La difficoltà più grossa che hanno dovuto superare? “La lingua”, dicono in coro.

Prima di arrivare in Italia entrambi hanno frequentato un corso di italiano, per avere una base. “E’ questa la parte più difficile – ammettono – La nostra lingua è molto distante dall’italiano. E’ più facile ovviamente parlare inglese per noi e quindi spesso la prima scelta è andare in Paesi anglofoni. Abbiamo scelto l’Italia per imparare da un punto di vista tecnico, per la cultura, la tradizione”. “Noi studiamo e facciamo pratica in India, ma andare in un Paese estero – spiega Minamol – ti permette di accumulare esperienza e crescere. Sicuramente alle persone che come noi si formano in India piacerebbe andare fuori per lavorare”. E c’è senz’altro anche la motivazione economica. “In India – spiega Sijo – gli stipendi sono più bassi, guadagniamo più o meno 300-400 euro al mese, e andare all’estero offre una migliore opportunità”.

“Il nostro Paese di origine – continuano i due professionisti – è molto grande, ha superato la Cina per numero di abitanti, è la nazione più popolosa del mondo e ci sono tanti infermieri, ben formati”, elenca Sijo. “C’è una buona scuola, ci sono tanti ospedali – aggiunge Minamol – e ogni infermiere ha un numero di pazienti inferiore da seguire, quindi può dedicare molta attenzione, assistenza e cura”. L’intenzione della famiglia George è di restare in Italia a lungo, per ora. “I nostri figli amano vivere qui, hanno i loro amici, essendo nati qui l’India per loro è come un altro mondo. A noi manca tanto la famiglia, ma in Italia stiamo bene, siamo ben integrati, e non ci sono mai capitati episodi di discriminazione o razzismo. Il rapporto con i pazienti è sempre stato buono e senza problemi nel complesso. Il nostro consiglio a chi vuol venire in Italia a lavorare in strutture sanitarie è di studiare l’italiano prima di partire. Per imparare ci vogliono almeno 4-6 mesi. Noi oltre al corso fatto prima di arrivare, abbiamo continuato a studiare anche in Italia”.

Il ministro della Salute Orazio Schillaci, conclude Sijo, “fa bene a guardare all’India” e a valutare, insieme tutte le opzioni, anche la possibilità di aver professionisti da quest’area per ridurre le carenze, come da lui prospettato nei giorni scorsi. “Perché gli infermieri che si formano nel nostro Paese sono bravi – assicura Sijo – L’unico punto è la lingua. Occorre avere la possibilità di impararla. Solo questo. E ai colleghi dico: avendo una base di conoscenza dell’italiano potete venire qui senza paura”. Sicuramente, chiosa Minamol, “troverete una buona fortuna. Per noi è stato così”.

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Salute e Benessere

Ail, prende il largo la velaterapia ‘Sognando Itaca’ per pazienti ematologici

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Dal 10 al 23 giugno, 9 tappe adriatiche e iniziative su tutto il territorio nazionale

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In occasione della Giornata nazionale per la lotta contro leucemie, linfomi e mieloma, torna a spiegare le vele ‘Sognando Itaca’, iniziativa che, nata come un’attività di riabilitazione psicologica per pazienti ematologici attraverso la pratica della vela, quest’anno allarga i suoi orizzonti aprendosi a tante altre attività volte alla riabilitazione psico-sociale. Il progetto, promosso dall’Associazione italiana lotta contro leucemie, linfomi e mieloma (Ail) è dedicato, in questa edizione, al tema ‘Ambiente e salute’, che lega stile di vita e scelte alimentari del paziente alla riabilitazione psicosociale.

Il percorso previsto dal 10 al 23 giugno lungo l’Adriatico prevede, tra le attività in programma in 9 porti, oltre alla velaterapia, arteterapia, musicoterapia, ginnastica dolce. Altre iniziative sono previste, inoltre, in tutto il territorio nazionale con ‘Sognando Itaca 2.0’: nelle diverse sezioni territoriali Ail sono organizzate infatti attività di riabilitazione psico-sociale, con l’unico obiettivo di essere al fianco del paziente ematologico per ridurre l’impatto psicologico della malattia.

‘Sognando Itaca’ – spiega una nota – vuole ricordare che i pazienti onco-ematologici si trovano, come Ulisse, ad affrontare un mare aperto, sconosciuto e pieno di insidie. Grazie all’esperienza di ‘Sognando Itaca’ scoprono nuovi territori, relazioni, solidarietà e risorse che li aiutano ad affrontare meglio il percorso della malattia e a migliorare la loro qualità di vita. Nel concreto, una barca a vela dell’Ail viaggia lungo la costa adriatica facendo tappa in 9 città italiane. In ogni porto si svolge un Itaca Day: una giornata durante la quale l’equipaggio, formato da pazienti, medici, infermieri, psicologi e skipper professionisti vivono insieme un’esperienza unica, lontani dai luoghi di cura e in un contesto di assoluta reciprocità. Il percorso nell’Adriatico prevede le tappe di: Trieste, 10 giugno, Venezia il 12, quindi Ravenna il 14 giugno e Rimini il 15, il giorno successivo Pesaro, poi Ancona il 17 e Pescara il 19 giugno per arrivare a Pescara Barletta (BAT) il 21 e, infine, a Brindisi il 23 giugno. Informazioni e approfondimenti su ail.it

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Emdr Italia in prima linea nell’emergenza alluvione Emilia-Romagna

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Per supporto psicologico a popolazione, l’Associazione in campo con 120 terapeuti volontari

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Fiumi e corsi d’acqua esondati, 290 frane, oltre 500 interrotte, 36.000 persone evacuate e 100 scuole e infrastrutture pubbliche interessate dagli effetti dell’alluvione in Emilia-Romagna. Per questo motivo l’Associazione Emdr Italia, con oltre 20 anni di esperienza in contesti d’emergenza, è scesa in campo al fianco delle persone e delle comunità colpite dal maltempo. In soli 3 giorni – si legge in una nota – dal 17 al 20 maggio l’Associazione Emdr Italia, attivata dalla Regione Emilia-Romagna, è riuscita a costruire una rete operativa capace di fornire supporto e sostegno continuativo in sinergia con le Asl del territorio.

In questo momento più di 120 terapeuti volontari stanno intervenendo su vari fronti, rendendosi disponibili – a titolo gratuito – ad implementare vari tipi di supporto con attività di psico-educazione e sostegno psicologico per la stabilizzazione delle situazioni più acute di stress, dei sintomi ansiosi legati alla paura e per l’elaborazione del trauma. Al momento la rete è composta da terapeuti sul posto, che coprono fisicamente tutte le province colpite dall’emergenza, ed altri che lavorano online per fornire supporto anche a distanza e per coordinare le varie richieste.

In particolare, gli aiuti – dettaglia la nota – sono rivolti soprattutto alla popolazione e alle figure dei terapeuti, ogni giorno vengono organizzati gruppi di supporto ai terapeuti dell’Associazione colpiti in maniera diretta e indiretta della catastrofe e che a loro volta stanno intervenendo attivamente per supportare i loro pazienti e gli stessi cittadini. In queste occasioni prendersi cura del benessere psicologico dello psicoterapeuta è il primo passo per metterlo in condizioni di poter aiutare efficacemente gli altri.

La macchina dell’emergenza psicologica Emdr ha più target di riferimento: le istituzioni che devono prendere decisioni, le persone che stanno lavorando come soccorritori e volontari, e semplici cittadini. Le maggiori richieste al momento – conclude la nota – arrivano dalle insegnanti che chiedono sostegno per aiutare i bambini scossi dalla paura ed anche per assistete la popolazione anziana rimasta isolata.

Non solo: la rete degli psicoterapeuti sta entrando nelle aziende e nelle amministrazioni pubbliche e nei prossimi giorni saranno organizzate anche attività di sostegno a piccoli gruppi. Fondamentali i colloqui terapeutici per la gestione dei casi più critici, come i traumi legati alla perdita di una persona cara o all’abbandono della propria abitazione, nel dare assistenza agli sfollati, ma anche a supportare chi, pur non costretto a lasciare la propria casa, ha bisogno di un aiuto psicologico per gestire l’impatto emotivo di questo disastro collettivo.

“In questa emergenza – afferma Isabel Fernandez Presidente dell’Associazione Emdr Italia – dobbiamo considerare che anche la maggior parte dei nostri colleghi stanno vivendo situazioni drammatiche sia sul fronte personale che sul fronte lavorativo e allo stesso tempo stanno comunque continuando a dare supporto ai cittadini” afferma. Da parte dell’Associazione voglio ringraziare tutte le terapeute che si sono immediatamente rese disponibili a dare il proprio contributo professionale alle persone in grave difficoltà. La perdita di una casa può portare nell’immediato all’insorgenza di un disturbo post traumatico da stress, caratterizzato dalla continua riesperienza del trauma, come se la nostra mente fosse rimasta lì, congelata, costretta a rivivere l’evento. Questo è spesso causa di patologie come l’insonnia, ansia costante e paura”. Per rispondere alle esigenze della popolazione è attivo un numero verde 800024662 che tutti possono chiamare che chiedere aiuto ed assistenza psicologica.

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Tumori, Testino (Sia): “Rapporto alcol-cancro confermato da quasi 85mila studi”

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Esperti: "Etanolo cancerogeno già a dosi bassissime"

“Nessun medico e operatore della salute, per motivi etici e deontologici, deve favorire il consumo di etanolo con affermazioni fondate sulla propria opinione o sulla selezione di singoli articoli scientifici. Ad oggi sono stati pubblicati oltre 85mila studi clinici e sperimentali e oltre il 90% dimostrano con chiarezza il rapporto alcol e cancro”. Così Gianni Testino, presidente nazionale Società italiana di alcologia (Sia) a margine del workshop “Consumo di bevande alcoliche e prevenzione oncologica: lo stato dell’arte”, che ha riunito oggi a Genova i massimi esperti nazionali, clinici e ricercatori, per dare una risposta definitiva alla querelle su alcol e avvertenze nelle etichette.

L’etanolo contenuto nelle bevande alcoliche (vino, birra e superalcolici) – segnala una nota diffusa da Sia, che ha patrocinato l’evento – è cancerogeno già a bassissimi dosaggi. L’alcol è la seconda causa di morte oncologica. Il 4-5% delle forme di cancro è alcol correlato: oltre 10mila casi in Italia nel 2020; il 60% per consumi lievi-moderati. Inoltre, nessun tipo di bevanda alcolica previene le malattie cardiovascolari. Alla luce di questi dati, “è urgente per motivi di salute pubblica – afferma Testino – seguire ciò che già ha fatto l’Irlanda e cioè inserire nelle etichette degli alcolici l’avvertenza che ‘l’etanolo favorisce il cancro’. Informare – conclude – non significa proibire”.

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Salute e Benessere

Salute: identikit acque minerali, quali scegliere se si assumono farmaci

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Le diverse tipologie utili a seconda della patologia

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Le acqua minerali, commercializzate in bottiglia, hanno caratteristiche diverse che non sempre i consumatori conoscono in modo approfondito mentre sarebbe opportuno che chi soffre di malattie croniche, segue una o più terapia farmacologiche o vive fasi cliniche sensibili, sapesse quali acque preferire. A fare il punto per l’Adnkronos Salute è l’immunologo Mauro Minelli, docente di dietetica e nutrizione umana all’Università Lum di Bari. “Tra le acque più ricche di minerali, si trovano quelle a più alta quantità di bicarbonato, indicate per tamponare l’acidità di stomaco e utili nelle patologie renali – spiega Minelli – ci sono le acque clorurate con azione equilibratrice dell’intestino; le acqua calciche indicate nella crescita, in gravidanza e nell’allattamento, in menopausa e nell’adulto come prevenzione dell’osteoporosi e dell’ipertensione; le acque magnesiche con azione lassativa e quelle ricche in fluoro utili per le prevenzione delle carie o comunque per la salute dei denti”.

“E poi ci sono le acque sodiche, maggiormente indicate per gli sportivi, e quelle iposodiche indicate per combattere l’ipertensione, ma anche per specifiche diete, soprattutto destinate a chi soffre di ritenzione idrica, grazie alla loro capacità di favorire la diuresi e l’eliminazione dei liquidi in eccesso”, aggiunge l’immunologo.

L’acqua, infine, “contribuisce ai processi di assorbimento dei farmaci. Da sempre si consiglia di assumere i farmaci esclusivamente con acqua e non con altre bevande, per evitare – osserva Minelli – interazioni con sostanze presenti che potrebbero potenziare o ridurre l’efficacia dello stesso farmaco o determinare la comparsa di effetti indesiderati. Ma attenzione, con l’assunzione di farmaci è da prediligere sempre acqua oligominerale – precisa l’immunologo – preferibilmente a temperatura ambiente o fresca. L’acqua calda si è dimostrata in grado di rallentare l’effetto dei farmaci, mentre l’acqua frizzante determina un assorbimento troppo veloce del principio attivo che quindi potrebbe non sortire l’effetto desiderato”.

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Salute e Benessere

Salute, acqua minerale o rubinetto? esperto Iss: “Questione di gusto, importante è bere”

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Lucentini, 'non aspettare stimolo della sete che è già segnale di lieve disidratazione, falso rischi calcoli per calcio'

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“Tutte le acque potabili, da rubinetto o in bottiglia, sono controllate e possono essere bevute con sicurezza”, ma “nessuna presenta indicazioni terapeutiche specifiche sulla salute. L’unica regola è bere e non ci sono controindicazioni a questo. Fermo restando precisi consigli del medico in patologie specifiche”. Infine “la convinzione, falsa, che acque ricche di calcio possano contribuire alla formazione di calcoli renali è ancora radicata, ma è un falso mito e ce ne sono altri”. Lo spiega all’Adnkronos Salute Luca Lucentini, direttore del Centro nazionale per la sicurezza delle acque dell’Istituto superiore di Sanità.

Per quanto riguarda il rischio calcolosi per l’uso di ‘acqua sbagliata’ “non è assolutamente vero, perché la formazione dei calcoli è legata al metabolismo degli ossalati che derivano dagli alimenti, non dall’acqua. E’ invece vero che la ricchezza di calcio e magnesio, che determina la ‘durezza delle acque’ per l’uomo, che fortunatamente è differente da un elettrodomestico, è associata a una diminuzione del rischio cardiovascolare, prima causa della mortalità in Europa”. Minerale o no “la scelta dell’acqua da bere è, dunque, essenzialmente una questione di gusto”. L’acqua potabile, ricorda, “è un diritto fondamentale dell’uomo e deve essere garantito – in quantità, qualità e prezzi accessibili – a tutti mentre le acque in bottiglia sono un bene di consumo, legate a regole di mercato, ma non ci sono differenze sulla sicurezza e tutte apportano sali minerali con benefici sulla salute sia per quanto riguarda la termoregolazione sia sulle funzionalità psichiche e fisiche”.

Le acque minerali naturali “devono essere, per legge, estratte da fonti profonde protette, la cui stabilità chimica deve essere accertata: nel bicchiere deve arrivare la stessa acqua con le caratteristiche note. Questa è una caratteristica delle acque imbottigliate mentre il profilo di quelle potabili può essere variabile come composizioni perché le fonti sono diverse e possono essere anche superficiali, come accade nel 15% dei casi”. Insomma, “si può scegliere ciò che si vuole l’importante è bere”. La ‘ricetta’ generale è “bere almeno 2 litri di acqua al giorno, quantità che – continua Lucentini – va declinata a seconda della forma fisica della persona, della temperatura esterna, dell’età. L’importante è bere anche senza avvertire il senso di sete, perché, in questo caso, già c’è una leggera disidratazione, che è più decisa nell’anziano e nel bambino. Anche questa leggera disidratazione, però, crea già alterazioni delle nostre performance fisiche e psichiche. Bere regolarmente è fondamentale”. (segue)

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Coronavirus

Salute, Micheletto (Aipo): “Bpco terza causa di morte in Italia, continuare lotta al fumo”

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"Bronchite cronica ostruttiva e asma bronchiale colpiscono 12% popolazione, qualità aria fondamentale"

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“Le malattie dell’apparato respiratorio sono particolarmente frequenti, solo l’asma bronchiale e la bronchite cronica ostruttiva colpiscono circa il 12% della popolazione italiana. Non solo: rimangono motivo di frequente ospedalizzazione le infezioni polmonari (polmoniti) e le neoplasie polmonari che ad oggi rappresentano la prima causa di mortalità tra gli uomini nell’ambito delle neoplasie. Seguono tutte le interstiziopatie polmonari e la sindrome da apnee del sonno. La Bpco è la terza causa di morte in Italia e nel mondo. A influire la qualità dell’aria, quindi inquinamento atmosferico, e soprattutto il fumo. Ecco, per quanto riguarda la Bpco la battaglia che non abbiamo ancora vinto è quella contro il tabagismo”. Lo afferma all’Adnkronos Salute Claudio Micheletto, direttore Unità operativa complessa di Pneumologia dell’Azienda ospedaliera universitaria di Verona, snocciolando dati sulle malattie respiratorie protagoniste, insieme ai temi di politica sanitaria legata all’attuazione del Pnrr e della pneumologia post-Covid, del XXIV congresso nazionale della pneumologia italiana in programma alla Fiera del Levante di Bari, dal 9 all’11 giugno.

In Italia il numero dei fumatori è stabile intorno “al 23% – ricorda Micheletto – percentuale ancora molto alta, se pensiamo che la principale causa della bronchite cronico ostruttiva è il tabacco. Ma a preoccupare è anche il numero dei fumatori tra i giovani perché il fumo in età giovanile, soprattutto continuativo, predispone nei confronti della Bpco. Anche l’inquinamento atmosferico agisce come fattore scatenante, la qualità dell’aria è fondamentale per la salute respiratoria. L’apparato tracheo-bronchiale muove litri e litri di aria tutti i giorni e quindi i nostri bronchi sono a contatto con l’ambiente”. Sotto accusa non solo le polveri sottili “ma anche le polveri ultrasottili in grado di raggiungere gli alveoli e di andare in circolo, quindi rappresentano un fattore di rischio anche per le malattie cardiovascolari”.

E sulla pneumologia del futuro, l’esperto non ha dubbi: “Si sta ridisegnando anche nell’ambito di una nuova organizzazione del Ssn – evidenzia – La lezione positiva che possiamo trarre dalla pandemia riguarda il monitoraggio a domicilio di molti pazienti – in particolare per quelli più gravi che hanno bisogno di ossigeno-terapia o di ventilazione meccanica non invasiva. La telemedicina si è dimostrata fondamentale e può consentire un attento monitoraggio delle condizioni dei pazienti evitando, allo stesso tempo, inutili accessi nelle strutture ospedaliere”.

Come “specialisti stiamo”, inoltre, “costruendo un nuovo rapporto con il territorio, visto che la normativa che istituisce le Case della salute, prevede che nei centri hub (una ogni 50.000 abitanti) vi sia lo spirometro tra le dotazioni tecnologiche e la possibile consulenza dello specialista pneumologo. Questo permetterebbe, in particolare per i casi di minore complessità – spiega – una gestione territoriale con strumenti adeguati. Nella Case della salute sarà anche previsto l’accesso di specialisti per le malattie respiratorie: cardiologo, pneumologo e diabetologo. Obiettivo è uscire dalle mura dei nostri ospedali e fare in modo che il paziente possa trovare anche sul territorio – conclude Micheletto – una modalità adeguata di diagnosi di controllo e di monitoraggio”.

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Salute e Benessere

Urso: “Governo al fianco di imprese straniere che puntano su Italia”

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Il messaggio del ministro delle Imprese e del Made in Italy all’evento ‘Talkin Minds: AstraZeneca parla al futuro’

“Evidenziare le opportunità offerte dal cambiamento demografico è un’occasione importante affinché la longevità si possa tradurre in occasione di crescita e sviluppo per l’Italia. Vi è, infatti, una sempre più forte correlazione tra i temi della demografia e quelli della crescita economica, e in questo l’industria farmaceutica diviene sempre più un settore strategico perché in grado di fornire gli strumenti per migliorare la qualità di vita dei cittadini consentire loro di essere sempre di più parte attiva del mondo produttivo. Per tale ragione il Governo e questo ministero si impegnano a sostenere le imprese straniere che intendono puntare sull’Italia, al fine di favorire l’attrazione di nuovi investimenti in ricerca e innovazione nel settore farmaceutico così da rendere il nostro Paese più competitivo, pronto ad affrontare le sfide future che ci attendono, rafforzando la nostra sicurezza e dunque la nostra crescita”. Così il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso.

Il titolare del Mimit ha inviato oggi un messaggio agli organizzatori della seconda edizione dell’evento Talkin’ Minds “Dalla demografia all’economia: il ruolo delle scienze della vita per l’Italia”, organizzato a Roma da AstraZeneca con il patrocinio di Farmindustria e di Federated Innovation.

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Salute e Benessere

Cappellacci (FI): “Politica spinga su prevenzione e digital health avanzato”

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‘In un Paese che invecchia come l’Italia necessario implementare progetti nel campo della telemedicina’

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“In un Paese che invecchia progressivamente e rapidamente come l’Italia, la politica deve essere in grado di orientare i servizi socio-sanitari e l’assistenza alla cronicità verso forme di sanità digitale sempre più spinte. In particolare, è necessario ormai chiudere la fase delle sperimentazioni e dei progetti pilota nel campo della telemedicina, per programmare e implementare su larga scala programmi di tele-assistenza, tele-consulto e tele-riabilitazione supportati da reti digitali adeguate messe a disposizione delle Asl dallo Stato e dalle Regioni. in grado di auto-alimentare a loro volta il Fascicolo sanitario elettronico di ogni cittadino, che consentirà ai professionisti sanitari di accedere in ogni momento a tutte le informazioni sullo stato di salute del paziente”. Lo ha detto Ugo Cappellacci (FI), presidente della Commissione Affari sociali della Camera, intervento alla seconda edizione dell’evento Talkin’ Minds “Dalla demografia all’economia: il ruolo delle scienze della vita per l’Italia”, organizzato da AstraZeneca oggi a Roma con il patrocinio di Farmindustria e di Federated Innovation.

L’assistenza sanitaria, secondo Cappellacci, “deve entrare nelle case dei cittadini con strumenti in grado di monitorare parametri per i quali non è strettamente necessario recarsi in ospedale o dal proprio medico curante dopo la prima visita di presa in carico”. Per far questo è “necessario predisporre a monte delle vere e proprie sale operative – sottolinea -gestite dai diversi specialisti per decongestionare gli accessi impropri al pronto soccorso e ridurre le liste di attesa ambulatoriali: penso alle opportunità che si aprono per i pazienti diabetici, oncologici, con scompenso cardiaco o post ictus cerebrale, ma anche alla tele-dermatologia e alla riabilitazione, solo per fare alcuni esempi concreti”.

Un aiuto arriva dalla tecnologia che “offre già oggi modalità innovative – rimarca – per monitorare lo stato di salute dei pazienti a distanza e ricalibrare in tempo reale le terapie sulla base delle necessità del momento, nella prospettiva di una vera medicina personalizzata e di precisione, che potrà esplicarsi anche al momento del primo contatto col paziente mediante test genetici e biochimici in grado con alto valore predittivo della risposta individuale alle diverse possibilità di cura o target terapeutici” .

Il nostro Paese dal “punto di vista strategico può e deve puntare sulla qualità della vita e sulla longevità come elemento di sviluppo e di valore – afferma Cappellacci – e questo obiettivo può essere raggiunto solo se investiamo sulla qualità della salute e delle cure. Dopo il momento difficile dell’emergenza pandemica, durante la quale abbiamo fatto esperienza di quanto sia importante avere un Sistema sanitario solido, è il momento di affrontare la sfida della longevità a nostro favore, facendo leva sull’importanza della prevenzione, in particolare in campo oncologico, attraverso programmi di screening volti ad una presa in carico precoce e ad una maggiore appropriatezza terapeutica”.

Infine, “siamo chiamati a fare uno sforzo per una migliore attività di formazione e informazione in tema di adozione di stili di vita sani – conclude il parlamentare – a partire dal contrasto al fumo e le corrette scelte alimentari, fino alla pratica di una regolare attività fisica”.

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Salute e Benessere

Patarnello (AstraZeneca): “Con life science vivremo più a lungo e bene”

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‘Grazie a R&S abbiamo una migliore sopravvivenza e qualità di vita per i pazienti’

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“Abbiamo davanti una grandissima sfida che è quella della sostenibilità del sistema sanitario. L’aumento dell’età media della popolazione non ci aiuta perché abbiamo più anziani e meno giovani: un bilancio che ha sicuramente bisogno del nostro settore, quello delle life science, per trovare soluzioni innovative e sostenibili. La R&S offre l’opportunità di allungare la vita mantenendone una buona qualità per i pazienti”. Così Francesca Patarnello, Vp Market Access & Government Affairs AstraZeneca, a margine della seconda edizione dell’evento Talkin’ Minds “Dalla demografia all’economia: il ruolo delle scienze della vita per l’Italia”, organizzato da AstraZeneca oggi a Roma con il patrocinio di Farmindustria e di Federated Innovation.

“La prima cosa che le aziende del pharma possono fare – sottolinea Patarnello – è continuare a lavorare alla ricerca scientifica grazie alle quale abbiamo un miglioramento senza precedenti della sopravvivenza, ma anche della qualità di vita. Pensiamo alla riduzione delle ospedalizzazioni: oggi si curano o ‘cronicizzano’ malattie prima mortali che da una parte riducono i costi sanitari e sociali e dall’altra rappresentano una opportunità economica grazie ai pazienti che vivono più a lungo e più in salute. Ma possiamo fare ancora di più grazie all’innovazione che sta arrivando sia dalle pipeline farmaceutiche che dalle soluzioni digitali”.

AstraZeneca “investirà in Italia 97 milioni nel 2023 e 2024, con più di 200 studi clinici nel 2024 e già collabora con più di 300 centri di ricerca che rappresentano l’eccellenza scientifica italiana, ma puntiamo ad ampliare questi numeri nei prossimi anni. Siamo convinti che serva collaborazione, semplificazione e una partnership tra pubblico e privato per confermare la leadership italiana in Europa e nel mondo”, conclude Patarnello.

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