

Spettacolo
Platinette: “Non sono mai stato deviato, mi affascinava il meccanismo della seduzione”
(Adnkronos) – “Come va? Insomma… Se vuole una falsità le dico che sto bene. Posso ringraziare la mia infanzia non felice, perché grazie a questo sono riuscito ad affrontare la vita con maggior determinazione e forza”. Mauro Coruzzi in arte Platinette si racconta in un’intervista esclusiva al quotidiano La Ragione. E parla del suo rapporto con il sesso: “Mi sono approcciato a questo tema abbastanza presto, ai tempi delle superiori. Non sono però mai stato deviato o cose del genere. Da un punto di vista analitico, a posteriori, posso dire che mi affascinava il meccanismo della seduzione. A interessarmi non era il sesso quanto il fatto di essere interessante per qualcuno, anche se a onor del vero fin dalle elementari mi sono accorto che c’era chi mi guardava con occhi non proprio innocenti. Mi ricordo ancora di quando avevo 6 anni: c’erano macchine che rallentavano e mi seguivano passo passo; al loro interno uomini che cercavano di irretirmi, ma senza successo”.
La vera passione di Coruzzi è la musica: “Non è un’ancora di salvezza ma se può diventare un lavoro allora tanto di guadagnato – precisa – A 18 anni scrivevo canzoni ma erano orrende e allora ho cercato un approccio diverso. Sogni nel cassetto? No, per carità. Mi rifiuto di avere obiettivi. Adesso mi sono messo in discussione con un musical, l’obiettivo in questo caso è far bene con il minimo sforzo. Bisogna essere consapevoli della predisposizione della propria indole”. Quanto alle classificazioni sessuali, argomento che impegna a tempo pieno la comunità Lgbt, “io invece le odio – afferma tranchant – Essendo onnivoro e non avendo pregiudizi, le categorie mi infastidiscono. Per un certo periodo andava per la maggiore la bisessualità, ovvero la predisposizione ad andare sia con uomini che con donne. Non credo però alla classificazione così come alla fluidità, anche perché mi fa venire in mente il sapone, non certo il sesso”.
Quando gli si chiede se abbia il rimpianto di non essere padre, chiosa: “Per carità, meglio risparmiare a un figlio un padre con un tale carattere. Io sono la mia famiglia, grazie a Dio. Non devo rendere conto a nessuno, vivo come se fosse non dico l’ultimo ma il penultimo giorno. Che devo dire, le relazioni stabili sono una noia mortale. Sopportare impegni e doveri è la peggiore delle costrizioni possibili”. Al termine dell’intervista il redattore gli augura ogni bene: “Io mi auguro l’esatto contrario, perché le avversità mi permettono di reagire al destino… E menomale, altrimenti diventerei un’ameba”, conclude Coruzzi.
Spettacolo
C’è campo per i cellulari nel “Giardino dei ciliegi” alla Sala Umberto di Roma

(Adnkronos) – Nel ‘Giardino dei ciliegi’ c’è… campo. Anche i cellulari fanno la loro comparsa nella edizione dell’opera di Anton Cechov adattata e collocata ai giorni nostri da Rosario Lisma, che firma anche la regia e figura nel cast di attori assieme, fra gli altri, a Milvia Marigliano e Giovanni Franzoni, in scena fino al 2 aprile alla Sala Umberto di Roma. I personaggi si muovono in abiti contemporanei e danzano al ritmo delle musiche di Franco Battiato, in questo che fu l’ultimo lavoro di un Cechov già malato e vicino alla morte, parlando lui stesso di “ultima commedia”, in cui descrive l’apatia di un mondo russo colto nel passaggio di titolarità dalla famiglia aristocratica, già ricca e ora indebitata, al figlio di quella che fu la servitù ma che con intraprendenza e lungimiranza pari solo alla mancanza di scrupoli e di veri o finti romanticismi, interpreta al meglio la nuova società che bussa alle porte.
Il giardino evocato nel titolo non produce più i ciliegi che erano famosi e commerciati in tutto il Paese e rappresenta l’ombra di un passato che non tornerà più. Così, le speranze e gli entusiasmi che erano legati a quel luogo, ora all’asta per debiti, sono irrimediabilmente perduti perché il declino economico fa ‘pendant’ con il declino della loro stessa esistenza, cui non sanno e forse neanche vogliono porre rimedio. Se resta un barlume di salvezza, va rintracciato nei due ragazzi che si amano e che sono capaci di interpretare la distruzione del giardino e l’abbattimento degli alberi di ciliegie non come il crollo e la fine della vita che fu ma come l’inizio di una vita nuova.
Il regista Rosario Lisma, nelle sue note, sottolinea l’importanza iconica della scenografia: “Un grande spazio chiaro, con una forte presenza illuminotecnica contemporanea, con pochi elementi scenici richiamanti la stanza dei bambini, oggetti volutamente sproporzionati rispetto alla statura dei personaggi, come se fossero ancora piccoli rispetto all’ambiente, mai cresciuti”: un tavolo colorato, una sediolina a dondolo, un grande pelouche e, soprattutto, un enorme armadio centrale sullo sfondo, “come un monumento testimone del tempo felice che fu, imponente e simbolico come un dolmen sbiadito”. Sempre chiuso per tutto il tempo dell’azione scenica, l’armadio si aprirà solo sul finale, da parte del nuovo proprietario, che ne scoprirà il contenuto.
(di Enzo Bonaiuto)
Spettacolo
Teatro, alla Nuvola di Fuksas ‘Adam’s Passion’ con trio Wilson-Part- Childs

(Adnkronos) – Giunge per la prima volta in Italia ‘Adam’s Passion’, lo spettacolo teatrale ideato nel 2015 da Robert Wilson in collaborazione con il compositore estone Arvo Pärt e proposto in esclusiva grazie ad una coproduzione tra Opera di Roma ed Eur S.p.A. il 31 marzo e l’1 aprile al Roma Convention Center La Nuvola, ideato da Massimiliano Fuksas. Un’opera d’arte totale’ che fonde insieme musica, canto, danza, movimento, luci e scenografia. A dirigere l’orchestra e il coro della fondazione lirica capitolina sarà Tõnu Kaljuste, grande interprete della musica di Pärt, mentre sul palcoscenico è protagonista la grande danzatrice statunitense Lucinda Childs, classe 1940, al suo debutto all’Opera di Roma. Il tutto per raccontare, con l’evocativo linguaggio di Wilson e Pärt, la vita di Adamo dopo la cacciata dall’Eden.
Come da vicenda biblica, dopo aver colto il frutto dell’albero della conoscenza, Adamo viene scacciato dall’Eden. Lasciato a se stesso in una terra desolata, riceve alcune visioni che gli mostrano i futuri orrori commessi e subiti dagli uomini, conseguenze della caduta di cui Adamo è artefice. Ad Adamo non resterà altro che supplicare l’amore ed il perdono di Dio. ‘Adam’s Passion’ è stato rappresentato per la prima volta il 12 maggio 2015 al Noblessner Foundry di Tallin, in Estonia, con l’orchestra e il coro da camera della città diretti da Tõnu Kaljuste, una produzione originale di Eesti Kontsert e Change Performing Arts.
“Ho costruito un ambiente, uno spazio, con l’intenzione di aiutare il pubblico ad ascoltare meglio la musica di Pärt, che è molto difficile da portare in scena- spiega Robert Wilson – E’ una musica che esorta alla riflessione, a cui si continua a pensare una volta usciti dal teatro. Per me era importante che la regia e la scenografia restassero aperte. Ho allestito uno spazio evocativo, che non imponesse al pubblico la mia visione”.
Successivamente è stato ripreso in Germania, alla Konzerthaus di Berlino, nel 2018. Sullo spettacolo è stato realizzato un documentario, trasmesso su Arte e proiettato in diversi paesi, dal Canada all’Ungheria. il progetto segna la prima collaborazione di due giganti della scena e della musica come Wilson (classe 1941) e Pärt (classe 1935). Per lo spettacolo il compositore estone, tra i più eseguiti dei nostri tempi, ha selezionato tre sue composizioni preesistenti. Si tratta di ‘Adam’s Lament’ (2009), ‘Tabula rasa’ (1977) e ‘Miserere’ (1989), alle quali ha aggiunto una sinfonia creata appositamente nel 2014, ‘Sequentia’, dedicata a Robert Wilson, il grande artista texano, ricercatissimo dai teatri di tutti il mondo.
La prima rappresentazione assoluta è avvenuta in una fabbrica di sottomarini dismessa di Tallin, risalente all’epoca sovietica, e anche la messa in scena romana si avvale di uno spazio unico, il centro congressi e fieristico Accanto a Robert Wilson, ideatore di regia, scene e luci, hanno partecipato al progetto A. J. Weissbard per il light design, Tilman Hecker come regista collaboratore, Serge von Arx come scenografo collaboratore, Carlos Soto per i costumi, e Konrad Kuhn per la drammaturgia. Protagonisti sul palcoscenico sono Lucinda Childs (Woman), Michalis Theophanous (Man), Endro Roosimäe (Heavy Man), Erki Laur (Another Heavy Man), Tatjana Kosmõnina (A Woman), Triin Marts (Another Woman) e Madis Kolk (Tall Man). Il coro dell’Opera di Roma è istruito da Ciro Visco.
Spettacolo
iLMeteo.it diventa una canzone

(Adnkronos) – iLMeteo.it debutta nel mondo delle hit musicali. Quale migliore occasione se non la collaborazione all’interno del videoclip del singolo “Meteo”, la nuova canzone di Emanuele Aloia, cantante torinese classe 1998 che negli ultimi due anni ha scalato le classifiche e dominato i social con i suoi singoli “Girasoli”, “Il bacio di Klimt”, “L’urlo di Munch”.
Il sito meteo più amato dagli italiani, con 6 milioni di utenti medi al giorno e una media mensile di 30 milioni di utenti unici, sceglie così la musica per incontrare il target della Generazione Z. Secondo una ricerca Doxa per iLMeteo.it, il 42% dei giovani fra i 18 e i 24 anni si informa sulle previsioni meteo dai canali de iLMeteo.it e il 27% di loro lo considera il sito di riferimento. “In questi anni siamo riusciti a diventare un canale di consultazione trasversale capace di parlare a tutti gli italiani, complice anche il nostro approccio pop e previsioni sempre più puntuali – dice Emanuele Colli, amministratore delegato de iLMeteo.it – Oggi con questa operazione vogliamo dare seguito a quel dialogo che intratteniamo con il pubblico più giovane, che ci spinge a investire sulle nuove tecnologie e a innovare le forme e i modi di comunicazione”.
“È un grande piacere per me aver realizzato il videoclip del mio singolo “Meteo” insieme a iLMeteo.it – ha detto Emanuele Aloia. “Il giorno dell’uscita del mio singolo, tra i vari commenti c’era anche quello de iLMeteo.it, cosa che ha suscitato grande divertimento e interazione tra i miei follower per il collegamento che c’è con il titolo del mio brano. Penso proprio che le cose che nascono in modo così naturale siano le più belle ed è per questo che, da quel commento, abbiamo deciso di realizzare qualcosa insieme”.
Il videoclip di “Meteo” è realizzato dalla Sunflower. L’app de iLMeteo.it compare in apertura e chiusura del video sul refrain “Cambiavi umore come il meteo, senza avviso”.
Spettacolo
Zelig, da Vergassola a Bertolino: “Se chiude luogo mitico noi orfani”

(Adnkronos) – La fine di un’epoca: da Enrico Bertolino a Dario Vergassola, sentiti dalla AdnKronos, la paventata chiusura dello storico locale milanese ‘Zelig’, tempio del cabaret e della satira, viene giudicata come una autentica iattura, da fare il possibile per scongiurare. “Un luogo mitico, di cui ci sentiremmo tutti orfani. E dopo la morte di Maurizio Costanzo, la chiusura dello Zelig mi farebbe sentire orfano di padre e di madre… Una notizia che mi farebbe davvero male”, esclama Dario Vergassola.
“Ricordo ancora la mia prima serata, dopo il provino, quando era ancora poco più di un bar. Ero appassionato di cabaret, da attore come da spettatore: a notte fonda, per non dire all’alba, ripartivo da Milano per tornare alla Spezia a lavorare come operaio”, ricorda Vergassola.
“Mi chiedo come si siano potuti accumulare tanti debiti gestendo un marchio così importante, riconoscibile e riconosciuto, richiamato anche in tv dall’omonimo show di grande successo. Non conosco le dinamiche interne ma spero proprio che anche questa volta si trovi rimedio, come in passato quando tanti di noi si autotassarono acquisendo delle quote. Speriamo che ora si tratti di un falso allarme”, auspica l’attore.
Sottolinea Vergassola: “Il cabaret moderno è nato lì, con un pubblico meraviglioso, molto colto: altrove era inevitabilmente diverso. Lì ci si andava indipendentemente dal richiamo di un singolo artista comico, era quasi un hobby andare allo Zelig magari anche solo per criticare chi si era esibito. Tutti animanti dal sacro fuoco del cazzeggio”.
Un tipo di comicità strettamente milanese o comunque di ‘stampo nordico’… “La differenza con i comici romani o napoletani è che non si usava la parlata dialettale, mentre loro erano più riconoscibili – risponde Dario Vergassola – Ma fondamentalmente eravamo tutti accomunati dalla narrazione della quotidianità della vita e dallo smontaggio dei luoghi comuni per fare ironia, più o meno raffinata, proponendo anche tanta satira; poi, si è un po’ tutto anestetizzato”.
Però, assicura Vergassola, “il genere ‘cabaret’ non è ancora morto, anche se ora va di moda chiamarlo ‘stand up’ che non vuol dire niente… Ma è la stessa cosa. L’unica differenza fra chi fa cabaret e chi fa stand up, come si usa dire con una battuta fra vecchi cabarettisti, è che quello che fa stand up lo riconosci perché non fa ridere… Forse la tv, se da un lato ha regalato successo, fama e in qualche caso anche soldi agli artisti da cabaret, per altro verso ne ha cominciato a segnare anche il declino”.
Per Enrico Bertolino, la chiusura dello Zelig sarebbe “una bruttissima notizia, che segna il finale di un’epoca: Milano ha già visto chiudere il ‘Derby’ e la chiusura dello ‘Zelig’ sarebbe davvero una perdita enorme. Anche se sento dire che c’è il tentativo di rianimare una situazione che pare al collasso, con una gestione di sei mesi in autonomia, con voci che vedono anche l’intervento di Mediaset che avrebbe preso il marchio già ora presente nel suo palinsesto tv”, riferisce.
“La chiusura sarebbe un vero peccato, perché questo è proprio il momento in cui servirebbe di più la presenza forte della satira, politica e di costume. Ma in un Paese che non ha più un’opposizione, è normale che sparisca anche il cabaret, che è opposizione al potere, a qualunque potere di qualsiasi colore”, sottolinea.
“Sono tuttora un socio in liquidazione con una minima quota rilevata da un attore in difficoltà: ma l’ho fatto con amore e mi sentivo onorato di appartenere alla famiglia di Zelig: e quando una famiglia finisce in tribunale è una cosa bruttissima…”, commenta Bertolino.
Un marchio, quello di Zelig, “diventato famoso e garanzia di comicità di qualità. E’ brutto vedere che si toglie un palco in più per la realizzazione dei sogni di tanti ragazzi. Noi abbiamo avuto la fortuna di averlo: per la mia carriera è stato un autentico colpo di fortuna, arrivato a 37 anni e dunque in età molto avanzata per un comico. Arrivare allo Zelig era come per un cantante essere ammesso alla Scala o per un aspirante ingegnere al Mit di Boston”, osserva Enrico Bertolino.
Ricorda ancora l’attore: “Sono passate figure storiche dallo Zelig, che si sono proposte a un pubblico competente. Esibirsi allo Zelig, dove arrivavano da ogni parte d’Italia, era come proporsi all’Accademia del Comico. Una dimensione che non si può riprodurre a tavolino”.
Eppure, sottolinea Bertolino, “questo sarebbe proprio il tempo giusto per far ripartire il genere ‘cabaret’: c’è bisogno di gente che racconti storie, non di battutisti da Twitter o TikTok; c’è bisogno di parlare alla gente, per metterla in condizione di ragionare, di riflettere, lasciandole anche un retrogusto amaro e irriverente all’uscita dal teatro”.
(di Enzo Bonaiuto)
Spettacolo
Strage Corinaldo, il racconto di Sfera Ebbasta: “In altra occasione mio concerto interrotto per spray”

(Adnkronos) – “In altre circostanze è stato usato lo spray al peperoncino, ma senza feriti. E’ capitato anche durante una mia esibizione, il concerto era stato interrotto per un quarto d’ora, io ero sul palco, la gente è fatta uscire ma non ci sono state conseguenze vero è che poi sono state fatte rientrare le persone e il concerto è ripreso. Ricordo che ero sul palco mentre è successa la cosa. L’esibizione era già iniziata, hanno iniziato tutti a uscire, si sentiva non puzza, ma non si riusciva a respirare, la gola e gli occhi bruciavano, la gente iniziava ad agitarsi. Quindi si sono accese le luci, abbiamo stoppato e i ragazzi della sicurezza del locale hanno aperto le porte. Io però, nel momento in cui hanno acceso le luci e capito che bisognava sgomberare, sono andato nel backstage e non ho visto iniziare il deflusso, ma lo show fermarsi”. E’ il racconto che Gionata Boschetti, in arte Sfera Ebbasta, ha fatto in aula al tribunale di Ancona, ascoltato come testimone nel processo per la strage di Corinaldo, la notte tra il 7 e l’8 dicembre 2018, quando cinque adolescenti e una giovane mamma morirono nel tentativo di uscire dal locale ‘Lanterna Azzurra’ dove era stato spruzzato dello spray al peperoncino tra i ragazzi in attesa del trapper quella sera in concerto.
“Quando sali sul palco non riesci a capire quanto è pieno, di solito ci dicono dopo che c’é il sold out. In generale i requisiti richiesti per la sicurezza del locale sono sostanzialmente sempre più o meno gli stessi, ovviamente si spera che nessuno abbia con sé lo spray al peperoncino, è anche vero che nessuno può controllare le tasche di chi entra”, ha aggiunto. La sera della tragedia il trapper non arrivò mai alla ‘Lanterna Azzurra’. “Eravamo nei van, in quello davanti a me c’era il mio manager. Quando abbiamo capito che c’erano problemi -racconta ancora il trapper- lui si è avvicinato a piedi al locale e lì davanti ha visto le ambulanze e il panico e mi ha avvisato”.
(di Silvia Mancinelli)
Spettacolo
Strage Corinaldo, Fedez: “Non ricordo spray ai miei concerti”

(Adnkronos) – Fedez chiamato a testimoniare nell’udienza del processo bis sulla strage al ‘Lanterna Azzurra Clubbing’ di Corinaldo dove, nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 2018, morirono una giovane mamma e cinque adolescenti. “Devo dire onestamente che ho fatto così tante date che non ho un ricordo nitido che possa essere utile alla corte. Penso di essere abbastanza tranquillo nell’asserire che fosse stata una data tranquilla, perché ho avuto esperienze di date gestite male e quella della ‘Lanterna’ non rientra tra quelle critiche”, ha spiegato davanti al giudice Francesca Pizzi. Il rapper, che in quella discoteca si era esibito il 27 febbraio 2016, questa mattina in aula al Tribunale di Ancona ha spiegato al pm Paolo Gubinelli che “no, non mi è mai capitato nella mia vita artistica che sia stato spruzzato spray al peperoncino”.
“Faccio una mia piccola valutazione – ha poi aggiunto – perché credo che questo sia collegato ad una certa tipologia di artisti e a una certa tipologia temporale. Tanto tempo fa non c’era la moda dello spray al peperoncino ma anche quando esplose questa malsana usanza, comunque sia, in nessun tipo di mio concerto è stato usato, ma vedevo che altre tipologie di artisti venivano coinvolti, artisti trap. Gli eventi dello spray al peperoncino sono concomitanti con l’esplosione del genere trap”.
“Sicuramente dalla parte del locale ci doveva essere certezza e contezza di quanti biglietti fossero stati venduti. Trovo surreale, strano, che non ci fosse anche dall’altra parte”, ha poi aggiunto Fedez. Agli avvocati di parte civile e ai giudici impegnati nell’individuazione delle responsabilità per la sicurezza dentro e fuori il locale, delle carenze strutturali e del rilascio della concessione per il pubblico spettacolo, ha sottolineato: “Prima dell’arrivo dell’artista qualcuno che fa le veci del management va comunque a controllare la situazione all’interno del locale”.
Fedez due volte alla Lanterna Azzurra, ha poi aggiunto: “Lo scenario peggiore (quello della fuga disperata dal locale prima e della morte dei sei spettatori poi, ndr) si poteva prevedere sul fatto che c’era un cachet molto alto, un prezzo molto basso dei biglietti ma soprattutto la capienza limitata del locale”.
(di Silvia Mancinelli)
Spettacolo
Centro Sperimentale di Cinematografia acquisisce archivio Tinto Brass

(Adnkronos) – Tinto Brass compie novant’anni domenica prossima, 26 marzo. Nel rendere omaggio al regista, il Centro Sperimentale di Cinematografia annuncia il deposito del suo archivio personale presso la Cineteca Nazionale e la Biblioteca Luigi Chiarini, che dopo averlo catalogato lo metteranno a disposizione di studiosi e spettatori.
Il Fondo Tinto Brass comprende le copie in pellicole dei suoi film, dagli esordi con opere di montaggio fino alle sue esperienze più recenti, e 250 faldoni e scatole comprendenti soggetti, trattamenti, proposte di film, contratti, diari di lavorazione, corrispondenza, rassegne stampa, bozzetti di scenografia, materiali per film non finiti o non realizzati: un’autentica miniera di documenti che attraversa sessant’anni di storia del cinema italiano. Conservato con cura per decenni dallo stesso regista, l’archivio di pellicole e documenti fotografa l’intero processo creativo alla base di singoli film, schedato minuziosamente grazie a un accurato e articolato lavoro di raccolta, riordino e classificazione da parte della moglie Caterina Varzi.
“Brass è conosciuto soprattutto per il genere erotico – dice Alberto Anile, conservatore della Cineteca Nazionale – ma il suo cinema ha in realtà toccato tutti i generi, dalla commedia al western, influenzato dalla Nouvelle Vague e da Roberto Rossellini, del quale fu montatore, e dotato di un approccio anarchico e umoristico singolarissimo. Il Fondo Tinto Brass consentirà di mettere finalmente a fuoco la figura di questo vulcanico e controverso autore, capace di incidere non solo sul cinema ma anche sulla società e sul costume”.
Spettacolo
Tinto Brass: “90 anni? Non li sento, sul set avrei voluto Klaus Kinski”

(Adnkronos) – Non basterebbe una vita per raccontare quella di Tinto Brass. “Novant’anni sono un traguardo importante per le persone che mi amano e il mio pubblico. Io non li sento gli anni” ammette il regista conversando con l’AdnKronos a qualche giorno dal suo compleanno, che ricorre domenica prossima, 26 marzo. “Mi basta un sigaro e un buon whisky per festeggiare – dice -. Ma sarò felice di accogliere gli amici più intimi qui a casa a Isola Farnese. Mi spiace che non ci sarà il mio amico Maurizio, l’ultimo ortodosso di una vita gaia e anarchica. A lui mi lega un destino affine e l’amore per la stessa donna: Caterina…ma questa non è una storia per conformisti”.
Sopravvissuto a un’emorragia cerebrale, a un ictus e a due ischemie, oggi il maestro del cinema erotico vive alle porte di Roma accanto alla moglie e musa, Caterina Varzi, sua sposa dal 2017, che ne cura meticolosamente l’opera artistica e l’archivio e con la quale ha scritto la biografia ‘Una passione libera’, edita di recente da Marsiglio. E’ anche grazie al lavoro capillare di Caterina se oggi possiamo conoscere il maestro a tutto tondo. “Caterina ha il fascino dell’inattuale – confida Brass – Calda, allegra, attenta. Mi ricorda ogni giorno, ogni istante, che l’amore senza remore e senza limiti esiste”.
Di progetti in cantiere il maestro preferisce non parlarne oggi, “per scaramanzia” ma sul grande schermo ha sperimentato ogni tipo di realtà, non solo per quanto riguarda l’eros. Nato a Milano, cresciuto a Venezia, Tinto (nato Giovanni, l’alias è un omaggio al nome del pittore veneziano Tintoretto, ndr) negli anni ’50 vola a Parigi, dove fa l’archivista per la Cinématheque, entrando in contatto con i grandi della Nouvelle Vague, e confrontandosi con registi quali Jean-Luc Godard e François Truffaut. E’ da questo confronto che nasce la sua concezione cinematografica, il suo modo di intendere il cinema, che doveva essere di rottura rispetto alla tradizione e quindi sperimentale. “Vita e cinema sono per me una sola avventura – sottolinea il regista -. Sono tutti i miei film e tutte le mie ossessioni”.
Già assistente di maestri come Roberto Rossellini e Joris Ivens, Brass esordisce nella regia con il lungometraggio ‘In capo al mondo’ (1963), apologo sul disagio giovanile, di cui cura anche la sceneggiatura e il montaggio. I censori dell’epoca gli impongono di rigirare la pellicola daccapo. Per tutta risposta Brass cambia solo il titolo ‘Chi lavora è perduto’, rendendo ancora più esplicito il messaggio politico-sociale. Rimpianti Tinto Brass non ne ha. Come quando rinuncia ad ‘Arancia meccanica’ perché stava finendo di girare ‘L’urlo’. Lui giura di non essersene mai pentito. “Sono tanti gli artisti che avrei voluto sui i miei set – spiega -. Mi torna in mente Klaus Kinski. Gli proposi ‘Dna’, un film che girai solo in parte con Vanessa Redgrave e Gigi Proietti”.
La ‘svolta’ nel mondo del cinema erotico risale al 1983, quando Brass gira ‘La chiave’ con Stefania Sandrelli, seguito da altre pellicole cult come ‘Miranda’, con Serena Grandi (1985), e ‘Capriccio’ con Francesca Dellera (1987), quindi ‘Paprika’, che lancia Debora Caprioglio (1991), e ‘Così fan tutte’, con l’esordiente Claudia Koll (1992). Con le sue attrici ha sempre avuto un ottimo rapporto sul set. Anna Ammirati (protagonista di ‘Monella’, ndr) va spesso a trovarlo ed è sempre presente e vicina. Anche Stefania Sandrelli, “una grandissima attrice”, l’ha rivisto qualche tempo fa.
Nella sua vita non c’è stato solo il cinema. Nel 2010 si presenta alle elezioni con la lista Bonino-Pannella. ‘Meglio un culo che una faccia di culo’ lo slogan del manifesto, sul quale campeggia un sedere nudo, “il mio” ha ammesso sua moglie Caterina. Due figli, Bonifacio e Beatrice, nati dal matrimonio con la sceneggiatrice e sua collaboratrice Carla Cipriani, morta nel 2006, Tinto oggi conserva lo stesso sguardo vivace e attento sul mondo, e ai giovani dice: “Vivete per libertà e non abbiate paura di fare esplodere gli schermi”. (di Federica Mochi)
Coronavirus
Depeche Mode, ecco il nuovo album ‘Memento Mori’

(Adnkronos) – Un disco introspettivo, che esplora una grande varietà di sentimenti ed emozioni, dalla cupa apertura fino alla chiusura finale. Esce oggi ‘Memento Mori’, l’ultimo album dei Depeche Mode, il primo della band britannica dopo la scomparsa di Andy ‘Fletch’ Fletcher, il tastierista morto l’anno scorso. Il disco di inediti (Columbia Records/Sony Music), già acclamato dalla critica, arriva a sei anni di distanza dal precedente ‘Spirit’ (2017), certificato Oro in Italia ed è disponibile in digitale, cd e doppio vinile trasparente.
Quindicesimo disco in studio della band, ‘Memento Mori’ letteralmente ‘ricordati che devi morire’, contiene un booklet con la dedica ‘Andrew John Fletcher 1961-2022 ‘In our hearts and minds. Dave & Martin”. Prodotto da James Ford, e con la produzione aggiunta da Marta Salogni, ‘Memento Mori’ è nato durante le prime fasi della pandemia da Covid-19, per cui alcune tematiche trattate al suo interno sono state direttamente ispirate da quel periodo. Le 12 tracce dell’album esplorano una grande varietà di sentimenti ed emozioni, spaziando dai temi come la paranoia e l’ossessione per arrivare poi alla catarsi e alla gioia, con tutte le infinite sfaccettature che vi sono nel mezzo.
“Ricordati che devi morire è un esortazione a trarre il massimo dalla vita e sfruttare al massimo ogni giorno” ha detto Dave Gahan a ‘Nme’ mentre Martin Gore ha raccontato a Mojo “Non bisogna associare il titolo a qualcosa di deprimente, riguarda più l’idea di godersi la vita”. Questa la tracklist di ‘Memento Mori’: My Cosmos Is Mine; Wagging Tongue; Ghosts Again; Don’t Say You Love Me; My Favourite Stranger; Soul With Me; Caroline’s Monkey; Before We Drown; People Are Good; Always You; Never Let Me Go; Speak To Me.
L’album è stato anticipato dal primo singolo ‘Ghosts Again’ che attualmente si trova nella Top 15 (#11) dell’Airplay radiofonico italiano. Il brano ha tutte le caratteristiche tipiche di Depeche Mode: le parole evocative di Dave Gahan, come “wasted feelings, broken meanings… a place to hide the tears we cry”, e il sound ipnotizzante della chitarra di Martin Gore. “Per me ‘Ghosts Again’ cattura perfettamente quell’equilibrio che esiste tra malinconia e gioia”, ha commentato Gahan in merito al brano. Gore ha aggiunto: “Non capita spesso che ci ritroviamo a registrare un brano che poi non mi viene a noia quando lo ascolto. Sono eccitato all’idea di poterlo condividere con tutti”.
I Depeche Mode hanno dato il via ieri al loro tour mondiale da Sacramento, che prevede oltre 80 date, il primo in più di cinque anni e il diciannovesimo in totale. Dave Gahan e Martin Gore arriveranno in Italia questa estate con tre date: il 12 luglio Stadio Olimpico – Roma, il 14 luglio Stadio San Siro – Milano e il 16 luglio Stadio dall’Ara – Bologna. La band è stata ospite alla serata finale del 73esimo Festival di Sanremo dove ha presentato il singolo ‘Ghosts Again’ in anteprima mondiale. Online anche il videoclip ufficiale del brano, diretto da Anton Corbijn.
Spettacolo
Fiorello: “A Pino Insegno Sanremo 2024? Amadeus con noi a Teleminkia”

(Adnkronos) – ”Leggo che oltre all’addio di Fuortes, in Rai ci saranno altre novità come la conduzione del prossimo Festival di Sanremo a Pino Insegno. Ma tranquilli, tanto Amadeus ce lo prendiamo noi a Teleminkia”. Così Fiorello commenta con ironia a Viva Rai2! le indiscrezioni sui cambiamenti che potrebbero interessare la Rai nei prossimi mesi. “Io già immagino il discorso di apertura di Pino Insegno a Sanremo, lui grandissimo doppiatore: ‘Questo Festival non appartiene ad un uomo solo, ma a tutti – recita lo showman con voce possente ricordando il doppiaggio di Insegno del personaggio di Aragorn nella trilogia de ‘Il Signore degli Anelli’ – Stanotte queste colline brulicheranno di orchi, elfi, cantanti, musicisti, coristi e televoto. Scenderemo le scalinate dell’Ariston, conquisteremo l’Ariston, manderemo gli argonauti nella giuria demoscopica. Benvenuti alla 74esima edizione del Festival della Terra dei Fiori, al mio segnale scatenate l’orchestra!!! E soprattutto, Amadeus pigliatela in saccoccia!”’.
Fiorello poi aggiunge scherzando: ”Pensate ad Amadeus che ora dirà ‘Ho un amico di mer…’ ma Ama lascia stare il quinto Festival! Riposati! Lascialo fare ai ragazzi che noi abbiano Teleminkia! Stiamo già preparando il palinsesto che andrà in onda dopo Pasqua – conclude lo showman ridendo – Ci sarà il MeteoMinkia, ma anche il gioco La Ruota della Minkia e il programma a quiz il MinkiaTutto”, conclude Fiorello tra le risate”.
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