Sostenibilità
Salvare l’agricoltura per salvare il futuro: le cinque mosse
Salvare l’agricoltura per salvare il futuro: le cinque mosse
La sfida Cia-Agricoltori italiani: assegni del sistema pensionistico agricolo minimo a 780 euro
Le sfide per un’agricoltura più sostenibile sono ancora aperte e le realtà territoriali nazionali sembrano pronte ad affrontarle. A dimostrarlo è stata la Cia-Agricoltori italiani che nell’ambito della presentazione di un Piano Nazionale per l’Agricoltura, ha promosso le cinque mosse con le quali il governo può ripensare e supportare uno dei settori che maggiormente rappresenta le ricchezze del territorio, la biodiversità italiana e il fatturato nazionale. Presentate il 29 novembre a Roma, all’Auditorium Antonianum, in occasione dell’Assemblea annuale della confederazione, le proposte sono volte a ‘Salvare l’agricoltura per salvare il futuro’. Scopriamo insieme quali sono.
Accrescere peso economico e forza negoziale dell’agricoltura
La prima proposta Cia è quella di redistribuire equamente il valore aggiunto lungo la filiera agroalimentare. Per farlo è necessaria una legge quadro diretta alla salvaguardia della parte agricola. Riconoscimento dei costi di produzione certificati e di prezzi all’origine stabili e dignitosi è la strada che si intende percorrere. Una cabina di regia potrebbe rendere trasparente il processo di formazione del prezzo e assicurare una leale concorrenza tra gli attori coinvolti.
Per accrescere il peso economico, si propone, inoltre, una “Banca unica nazionale delle terre”, per agevolare anche le piccole aziende. Favorire strumenti per la concentrazione produttiva e organizzativa, sostenendo i contratti di filiera con nuove risorse e procedure più semplici, potrebbe facilitare l'interprofessione. Tra gli altri possibili percorsi, Cia ha proposto di aggiornare la normativa sulle pratiche sleali; facilitare l’alleanza tra agricoltori e consumatori, attraverso campagne informative e istituzionali, ma anche sostenendo la vendita diretta e introducendo l’educazione alimentare nei programmi scolastici.
Incentivare ruolo e presidio ambientale svolti dall’agricoltura
“È urgente un nuovo Piano di gestione delle acque a uso irriguo - scrive la Cia in una nota -, secondo una logica che preveda il trattenimento quando l’acqua è disponibile e il suo utilizzo in periodi di siccità, con una programmazione oltre il 2026 e risorse dedicate all’agricoltura per la crescita del sistema delle dighe da considerarsi integrate, e non alternative, a quello dei piccoli invasi (laghetti). Inoltre, occorre favorire da subito il recupero di suolo agricolo e contrastare il dissesto idrogeologico, approvando la legge contro il consumo di suolo, creando un Fondo unico nazionale per premiare le attività di prevenzione e manutenzione del territorio fatte dagli agricoltori, affidando alle imprese agroforestali, a livello comunale, i lavori pubblici di sistemazione e cura del territorio”.
Riformare il quadro degli interventi sulla fauna selvatica puntando sulla gestione e il ripristino dell’equilibrio è quanto è emerso dal dibattito. Infine, per gestire le emergenze climatiche, ambientali, fitosanitarie e contrastare gli effetti sull’agricoltura, una strada utile sarebbe quella di incentivare la ricerca e l’innovazione sostenibile; introdurre un Fondo unico per la gestione delle fitopatie più veloce ed efficiente; adottare una programmazione strutturata a supporto dell’agricoltura di precisione con risorse dedicate; riformare gli strumenti di gestione del rischio, tanto più che oggi coprono in media meno del 3% dei danni reali e i risarcimenti arrivano in estremo ritardo.
L’agricoltura protagonista
La terza proposta è quella di mettere l’agricoltura al centro dei processi di mantenimento e sviluppo delle aree interne. Questo tema riguarda l’abbandono e il depauperamento dei territori marginali per cui serve una programmazione organica con obiettivi definiti e monitoraggio costante: a partire dalle infrastrutture digitali sino ad arrivare a quelle fisiche.
È indispensabile, secondo i relatori, favorire l’abitabilità nelle aree interne, con interventi di fiscalità agevolata, accesso al credito e liquidità per fare impresa nel settore primario.
“Bisogna definire una legge quadro per valorizzare e incentivare la dimensione familiare dell’attività agricola nelle zone rurali e finalizzare una normativa nazionale per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile e femminile”, ha continuato la Cia. Infine, risulta strategico rilanciare il legame tra agricoltura e attività economiche locali, prima tra tutte il turismo, con nuovi fondi dedicati agli agriturismi e ai progetti sulle Comunità del cibo.
Salvaguardare il sociale per i territori rurali
Assegni del sistema pensionistico agricolo, minimo a 780 euro, e introduzione di una pensione di garanzia per i giovani agricoltori: queste le proposte in merito ai servizi sociali dedicati ai territori rurali a chi decide di esserne parte attiva. In molti di questi territori, infatti, bisognerebbe riorganizzare i servizi pubblici essenziali attraverso, ad esempio, una “Strategia Nazionale sulla Medicina Territoriale”. Altrettanto importanti sono gli incentivi fiscali sul costo di locazione degli immobili a uso abitativo per gli operatori sanitari, sociosanitari e scolastici. Occorre, inoltre, promuovere, negli istituti agrari e alberghieri, percorsi di formazione finalizzati all’inserimento lavorativo nelle aziende agrituristiche.
Consolidare crescita export Made in Italy
Il Made in Italy agroalimentare merita di consolidare la propria crescita nell’ambito dell’export e assicurare reciprocità delle regole commerciali lato import. La Cia è tornata, perciò, sull’urgenza di agevolare la crescita delle esportazioni sui mercati “storici” e di intercettare nuova domanda su quelli emergenti. Un “Sistema Unico Digitale di Tracciabilità” è la proposta per assicurare un monitoraggio costante delle importazioni agricole. In particolare, è richiesta un’applicazione tempestiva e un utilizzo flessibile delle barriere commerciali Ue, in particolare le clausole di salvaguardia, per proteggere le produzioni europee da importazioni rischiose.
Sostenibilità
Lazio, arrivato il primo sì per un parco eolico off-shore a...
Spazio all’uso delle rinnovabili a largo delle coste del Centro Italia e soddisfazione da parte dei sindacati: quali vantaggi?
Aumenta l’attenzione da parte delle istituzioni ed enti coinvolti nelle realizzazioni di strumenti e mezzi per la produzione di energie rinnovabili. Come richiesto dai goal europei, ogni Stato membro deve raggiungere un certo livello di efficientamento energetico, riducendo le emissioni di Co2 e contribuendo, così, al miglioramento della salubrità dell’ambiente.
Per questo motivo, grande soddisfazione è espressa dall’annuncio che ieri ha espresso il Ministero per l’Ambiente e la Sicurezza Energetica che ha concesso l’autorizzazione per la valutazione di impatto ambientale relativa al progetto di realizzazione di un parco eolico off-shore al largo di Civitavecchia.
A esprimere il proprio entusiasmo è anche il Segretario Regionale Ugl Lazio Armando Valiani e la responsabile territoriale Fabiana Attig.
Il progetto
Il progetto prevede l'installazione di 27 turbine eoliche galleggianti collocate a oltre venti chilometri dalle coste locali, per una produzione energetica complessiva di 540 megawatt.
Il sindacato ha sottolineato l'importanza di avviare fin da ora la progettazione dell'hub produttivo per la produzione in loco di tutti i componenti necessari, considerando la continuazione del processo procedurale: “È imperativo – hanno spiegato Valiani e Attig – coinvolgere le istituzioni locali nelle questioni sindacali; in tale contesto, si auspica un segnale concreto dalle alte cariche politiche, alla luce della delicata situazione dei lavoratori metalmeccanici a rischio di perdere il lavoro a causa della transizione energetica. Si attendono a livello nazionale l'implementazione di provvedimenti che favoriscano la realizzazione delle infrastrutture necessarie. Tuttavia, fino ad oggi, si è assistito solamente a dibattiti riguardo a tale questione”.
Cosa comporta?
Ma quali effetti potrebbe avere un parco eolico off-shore al largo di Civitavecchia? Prima di tutto, un impatto occupazionale marginale: un primo passo questo, notevolmente distante dalle garanzie precedentemente offerte dalle attività lavorative locali: “L'unico sviluppo economico tangibile per la comunità – concludono Valiani e Attig – è strettamente legato alla creazione dell'hub, della logistica e della cantieristica dove saranno fabbricati e assemblati i vari componenti degli impianti, il che richiederà anche un adeguamento strutturale del porto e del territorio del Comune”.
E dal punto di vista ambientale? L'energia eolica non produce alcuna emissione di Co2, Nox e So2. Si tratta di un tipo di energia priva di tutti gli elementi inquinanti che caratterizzano le centrali a combustibile fossile e quelle nucleari.
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Eventi estremi, la ‘mappa’ delle aree più a...
Uno studio Enea pubblicato sulla rivista Safety in Extreme Environment ha permesso di identificare le aree del nostro Paese più a rischio di mortalità per eventi climatici estremi
Trentino-Alto Adige in testa, seguita da Lombardia, Sicilia, Piemonte, Veneto e Abruzzo. Uno studio Enea pubblicato sulla rivista Safety in Extreme Environment ha permesso di identificare le aree del nostro Paese più a rischio di mortalità per eventi climatici estremi, che dal 2003 al 2020 hanno causato complessivamente 378 decessi, di cui 321 per frane e valanghe, 28 per tempeste e 29 per inondazioni.
Le regioni più a rischio
Le regioni con il maggior numero di decessi e di comuni coinvolti sono risultate: Trentino-Alto Adige (73 decessi e 44 comuni), Lombardia (55 decessi e 44 comuni), Sicilia (35 decessi e 10 comuni), Piemonte (34 decessi e 28 comuni), Veneto (29 decessi e 23 comuni) e Abruzzo (24 decessi e 12 comuni), con un alto numero di comuni a rischio riscontrato anche in Emilia-Romagna (12), Calabria (10) e Liguria (10). Tra le regioni ad alto rischio c’è anche la Val d’Aosta con 8 decessi, un numero elevato se si tiene conto degli abitanti complessivi.
“La mortalità è l’unico indicatore sanitario immediatamente disponibile per tutti i comuni italiani e la Banca Dati Epidemiologica dell’Enea consente di effettuare studi sull’intero territorio nazionale utilizzando la mortalità per causa come indicatore di impatto”, spiega Raffaella Uccelli, ricercatrice del Laboratorio Enea Salute e Ambiente e coautrice dello studio insieme alla collega Claudia Dalmastri.
Dallo studio emerge inoltre che circa il 50% dei 247 comuni italiani con almeno un decesso è costituito da centri montani o poco abitati, dove il rischio di mortalità associata a eventi meteo-idrogeologici estremi potrebbe essere connesso alla loro fragilità intrinseca e alle difficoltà degli interventi di soccorso.
“A livello demografico le vittime sono state 297 uomini e 81 donne. La ragione di questa disparità fra i sessi potrebbe essere collegata, almeno in parte, a diversi stili di vita, alle attività svolte, agli spostamenti casa-lavoro e ai tempi diversi trascorsi all’aperto”, sottolinea Claudia Dalmastri.
Eventi estremi in aumento
Nel nostro paese, oltre il 90% dei comuni e oltre 8 milioni di abitanti sono a rischio a causa di eventi climatici estremi, in particolare frane (1,3 milioni di abitanti) e inondazioni (6,9 milioni di abitanti). Da gennaio a maggio 2023, si sono verificati 122 eventi meteorologici estremi rispetto ai 52 registrati nello stesso periodo del 2022 (+135%)(dati Legambiente 2023) e le regioni più colpite sono state Emilia-Romagna, Sicilia, Piemonte, Lazio, Lombardia, Toscana. Tutte queste aree, eccetto il Lazio, sono state identificate come a rischio anche nello studio Enea.
“Gli eventi meteo estremi stanno aumentando di frequenza e intensità a causa dei cambiamenti climatici, con conseguenze drammatiche su territori e popolazioni, in particolare sugli over 65, la cui percentuale in Italia è aumentata del 24% in 20 anni. Conoscere le aree a più alto rischio anche per la mortalità associata diventa quindi fondamentale per definire le azioni prioritarie di intervento, allocare risorse economiche, stabilire misure di allerta e intraprendere azioni di prevenzione e di mitigazione a tutela del territorio e dei suoi abitanti”, conclude Raffella Uccelli.
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Piantare alberi nel modo giusto, la scienza in soccorso del...
Non c’è organizzazione, governo nazionale o locale che negli ultimi anni non abbia promesso di piantare degli alberi per combattere il riscaldamento globale. Gli esperti di The Nature Conservancy, ente non profit con sede ad Arlington, negli Stati Uniti, li mettono in guardia: non tutte queste iniziative contribuiscono al benessere del Pianeta. I progetti che non tengono conto dell’albedo, il potere riflettente di una superficie, rischiano di sovrastimare i loro effetti positivi del 20-80%. Lo riporta Agence France-Presse.