Esteri
Usa 2024, Biden e Trump pronti per il secondo round: al via...
Usa 2024, Biden e Trump pronti per il secondo round: al via sfida per la Casa Bianca
"Si vota per scegliere futuro Paese, a rischio libertà e democrazia", ha detto il presidente. Il Tycoon: "Non falliremo, ci riprenderemo il nostro grande Paese"
Vedrà di nuovo Biden contro Trump la sfida per le elezioni presidenziali Usa in programma martedì 5 novembre 2024. Il presidente Usa in carica e il tycoon hanno infatti conquistato la nomination per la rielezione alla Casa Bianca. E tra attacchi fontali e allarmi per il futuro della democrazia americana, entrambi sono pronti per un nuovo round.
Biden: "Con Trump libertà e democrazia a rischio"
"Gli elettori ora dovranno fare una scelta sul futuro del Paese", ha detto Joe Biden con un messaggio con cui ha celebrato la sua, scontata, nomination, accusando Donald Trump di "condurre una campagna basata sul risentimento, la vendetta e la rappresaglie che minaccia la stessa idea d'America" e "mette a rischio libertà e democrazia".
Il presidente ha ricordato come nel 2020 si sia candidato perché "convinto che eravamo in una battaglia per l'anima della nazione". "Grazie al popolo americano abbiamo vinto quella battaglia - ha continuato - e ora sono onorato che una vasta coalizione di elettori che rappresentano la ricca diversità del partito democratico in tutto il Paese ha messo di nuovo la sua fiducia in me per guidare il partito, e il nostro Paese, in un momento in cui la minaccia posta da Trump è più grande che mai".
"Vi alzerete per difendere la nostra democrazia o lascerete che altri la distruggano? - ha detto ancora Biden - Restaurerete il diritto di scegliere e proteggere le nostre libertà o lascerete che gli estremisti le portino via? Faremo finalmente pagare ai ricchi una parte equa di tasse - ha concluso, con un riferimento alla sua proposta di finanziaria in cui aumenta tasse a ricchi e corporation - o permetteremo all'avidità delle corporation di arricchirsi sulle spalle della classe media?".
Trump: "Grande giorno di vittoria, partito unito e forte"
Donald Trump celebra l'ottenuta certezza matematica della nomination come "un grande giorno di vittoria" e assicura che il partito repubblicano è "forte e unito" attorno a lui. "E' il vostro presidente preferito che vi parla in un giorno veramente grande di vittoria - ha detto in un video pubblicato su X dalla sua campagna - una settimana fa abbiamo avuto una cosa chiamata Super Tuesday che è stata in effetti super, perché abbiamo raggiunti numeri mai visti prima".
"E anche questa notte - ha continuato riferendosi ai risultati delle primarie di ieri che gli hanno permesso di raggiungere il numero magico di 1215 delegati che gli assicurano la nomination - il comitato repubblicano mi ha appena dichiarazione il candidato ufficiale".
Prima del video, in un post su Truth Social l'ex presidente ha detto che il "nostro partito è unito e forte e comprende a pieno che siamo candidati contro il peggiore, più incompetente, più corrotto e distruttivo presidente degli Stati Uniti", riferendosi a Joe Biden. "Ma non abbiate paura, non falliremo, ci riprenderemo il nostro grande Paese, metteremo l'America al primo posto e la renderemo di nuovo grande, il 5 novembre - ha concluso citando la data delle presidenziali - diventerà il giorno più importante della storia americana".
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G7, Tajani: “Convergenza su tutte le questioni...
A Capri il vertice dei ministri degli Esteri
"Grande unità d'intenti e convergenza su tutte le questioni internazionali". Così Antonio Tajani nella conferenza finale del vertice dei ministri degli Esteri dei Paesi del G7 a Capri. Ribadito il no all'operazione militare israeliana a Rafah, per il Medio Oriente va perseguita la de-escalation. Ok alle sanzioni all'Iran ma la porta del dialogo resta aperta.
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Israele-Iran, l’esperto Litvak: “Da Tel Aviv...
Se ci sarà la rappresaglia di Teheran? La Repubblica islamica "non è uno Stato monolitico, le opzioni sono diverse"
Con l'attacco 'limitato' della scorsa notte contro l'Iran, Israele ha mandato il messaggio di "non essere interessato all'escalation", quanto ad una possibile rappresaglia di Teheran, le opzioni "sono diverse", perché diverse sono le voci nella Repubblica islamica, che "non è uno stato monolitico". E' l'interpretazione che Meir Litvak, professore di storia del Medio Oriente all'Università di Tel Aviv, dà dell'operazione della scorsa notte, scattata in risposta all'attacco iraniano del 13 aprile contro Israele.
"Credo che Israele abbia voluto inviare a Teheran il messaggio che non è scoraggiato dal recente attacco iraniano, che l'Iran è vulnerabile e che Israele dispone di una buona intelligence, e che quindi continuerà a impegnarsi per cercare di interrompere le forniture di armi avanzate a Hezbollah", spiega Litvak all'Adnkronos. Per il quale poi è "altrettanto importante la portata e il modo con cui è stato condotto l'attacco", perché così Israele "ha anche inviato il messaggio di non essere interessato a un'escalation, dando all'Iran il modo di minimizzare l'attacco e il suo significato, in modo che Teheran non debba rispondere di nuovo", sostiene l'esperto.
Litvak dice poi di "non avere idea se ci sarà o meno un'escalation: molto dipende da quale sarà la reazione iraniana". "L'Iran non è uno Stato monolitico - sottolinea il professore dell'Università di Tel Aviv - Una fonte potrebbe negare la necessità di rispondere, mentre i Pasdaran potrebbero cercare di spingere la Guida Suprema Khamenei a vendicarsi in qualche modo".
"Non so come reagirà l'Iran se Israele dovesse attaccare in Siria un altro convoglio di armi consegnate a Hezbollah", l'affermazione di una fonte anonima di Teheran secondo cui "non ci saranno ritorsioni potrebbe essere autentica, ma potrebbe anche essere una disinformazione deliberata - conclude Litvak - Non lo so davvero, e ci sono molte opzioni diverse".
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Israele Iran, Blinken: “Usa non coinvolti in...
L'attacco attribuito a Israele nella zona a Isfahan, in Iran, è stato al centro dei lavori dell'ultima giornata del G7 degli Esteri a Capri. I ministri hanno invitato alla prudenza e convenuto sulla necessità di evitare una escalation nell'area dove va avanti il conflitto tra Israele e Hamas. Le parole del segretario di Stato americano Antony Blinken:"Non siamo coinvolti in alcuna operazione offensiva".