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Russia, la condanna di Dmitriev e la storia che fa paura al...

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Russia, la condanna di Dmitriev e la storia che fa paura al regime

Domani la posa della targa al Giardino dei Giusti di tutto il mondo al Monte Stella di Milano

Russia: Dmitriev Giusto fra le nazioni, la sua condanna e la storia che fa paura al regime

La condanna dello storico Jurij Dmitriev a 15 anni di carcere, con accuse artefatte, nel dicembre del 2021, a ridosso dell'inizio della guerra contro l'Ucraina, dopo un calvario giudiziario durato cinque anni, ben rappresenta il filo che in Russia lega le diverse ondate di persecuzioni passate a quelle in corso. Il suo ruolo cruciale nella ricostruzione di uno dei capitoli più tragici del terrore staliniano, l'esecuzione di massa di migliaia di prigionieri e la loro sepoltura in fosse comuni, in una radura boschiva allora priva di nome, emerge con chiarezza nel libro "Il caso Sandormoch. La Russia e la persecuzione della memoria" di Irina Flige- protagonista del ritrovamento, insieme a Dmitriev e allo storico Viniamin Iofe- pubblicato di recente in Italia da Stilo Editrice. Dmitriev ha ricevuto il riconoscimento di Giusto tra le Nazioni dell'associazione Gariwo (Gardens of the Righteous Worldwide): domani, Giornata per i Giusti dell'Umanità, al Giardino dei Giusti di tutto il mondo al Monte Stella di Milano, sarà posata una targa a lui dedicata.

Dmitriev è fra coloro che hanno reso possibile, con un impegno iniziato già negli anni Novanta, la compilazione degli elenchi con i nomi dei prigionieri scomparsi nel 1937 dal Carcere a destinazione speciale delle Solovki - nato nel 1924 come Campo in seguito a un decreto del 1923, Lenin ancora in vita, e che a lungo è stato sinonimo di Gulag. Nel 1997 Dmitriev era riuscito a individuare le zone di sepoltura e a restituire questo luogo alla memoria prima di tutto dei discendenti delle vittime. E Iofe aveva dato un nome anche al luogo: Sandormoch, usato in vecchie cartine per indicare un villaggio abbandonato nella zona delle fosse.

I luoghi di esecuzione delle vittime del terrore staliniano erano rimasti un segreto di Stato fino all'ultimo giorno dell'Unione sovietica. "A oggi non abbiamo gli elenchi completi: non sono stati pubblicati né quello delle prigioni dell'Nkvd, nei cui sotterranei avvenivano le esecuzioni, né quello delle aree in cui si trovavano i siti di esecuzione", scrive Flige, precisando che "allo stesso modo, anche i luoghi di sepoltura rimanevano segreto di Stato". In ottemperanza a regolamento segreto, negli atti dell'esecuzione non c'è traccia dei luoghi di sepoltura.

Ma a rendere ancora più singolare la scomparsa dei prigionieri del convoglio scomparso, composto in gran parte da rappresentanti delle elite nazionali, è che i detenuti delle Solovki, a differenza dei prigionieri politici vittima del terrore, erano in contatto con le loro famiglie. Ricevevano corrispondenza e a volte perfino visite, contatti che si interrompono bruscamente nel 1937, quando migliaia di prigionieri vengono portati via "per decongestionare il campo".

Sempre Dmitriev, a cui il 21 maggio del 2021, centenario della nascita di Andrei Sakharov, era stato assegnato il Premio per la libertà che porta il nome del dissidente sovietico e Nobel per la pace, per l’esistenza di un “filo diretto tra le loro lotte nella Russia odierna”, ha continuato a lavorare in carcere, per ricostruire tutte le biografie delle vittime, giustiziate e sepolte nelle fosse: oltre ai 1111 componenti del convoglio scomparso delle Solovki, 4.955 persone, di cui 1.988 'soldati del canale, che dopo aver aperto il canale che collega il Mar Bianco al Mar Baltico, per la cui costruzione morirono decine di migliaia di detenuti, ne seguivano la manutenzione, 624 coloni del lavoro deportati in Carelia alcuni anni prima da altre regioni dell’Urss, e 2.338 abitanti ‘liberi’ della Repubblica "a cui Dmitriev era riuscito ad attribuire ogni singolo nome".

Dalla metà degli anni dieci del Duemila, "le vittime uccise dallo Stato decine di anni prima, private di dignità in vita e di segna sepoltura in morte, diventano di colpo materiale per riscrivere la storia. e Sandormoch ha un ruolo fondamentale, scrive Andrea Gullotta, curatore el libro, Presidente di Memorial Italia e co Presidente dell'Associazione internazionale Memorial. Il riferimento è anche alla tesi, priva di fondamento, proposta negli anni scorsi da due storici locali, e accolta dalla Società di storia militare che aveva avviato scavi, secondo cui fra le vittime sepolte nella foresta ci potessero essere anche soldati sovietici uccisi dai finlandesi nella guerra di continuazione.

Le vittime del terrore diventano materiale per riscrivere la storia. Ma in questo ingranaggio di riscrittura viene stritolato anche chi questa storia l'aveva scritta in prima battuta, lavorando in modo rigoroso sulle fonti (archivi dei servizi di sicurezza regionali e statali, perfino il romanzo di un funzionario dell'Fsb di San Pietroburgo basato su materiale di archivio reso accessibile da questo sforzo letterario).

La condanna di Dmitriev, che ha 69 anni, il suo trattamento in carcere - viene spesso messo in isolamento, come gli altri prigionieri politici in Russia - indica come il suo ruolo sia altrettanto pericoloso per il regime di quello degli oppositori politici come Aleksei Navalny, morto lo scorso 16 febbraio nella colonia penale di Kharp in cui scontava una condanna a 19 anni di carcere dopo continue vessazioni. Scavare nella storia equivale a scavare nelle azioni corruttive del regime, a denunciarne gli abusi.

"Oggi in Russia non c'è memoria del Terrore di stato di epoca sovietica. Il passato si tramanda per via ereditaria. C'è chi si prende l'eredità delle vittime e chi quella dei carnefici. E' finché le cose stanno così, Sandormoch non può diventare un luogo di memoria. Sandormoch è il luogo di un crimine rimasto impunito ma soprattutto innominabile", scrive Flige.

Sandormoch è stato a lungo fra i più famosi luoghi di memoria di tutta la Russia e l’Europa dedicato alle vittime del Grande terrore in Urss. Sul territorio del cimitero, composto dai diversi memoriali nazionali, ogni anno il 5 agosto si sono svolte le Giornate internazionali della memoria delle vittime del Grande terrore alle quali partecipavano le delegazioni di varie regioni russe e di altri Paesi (decine le nazionalità delle vittime), fino al 2014 anche dell'Ucraina che ricordava le 685 vittime ucraine, fra cui esponenti di spicco della cultura e della politica del Paese, come il regista Lesja Kurbas.

"C’era una certa fibrillazione tra i membri della spedizione – vedrai che saltano fuori i resti! – ma pian piano la routine prese il sopravvento, i comandanti della guarnigione che avevano accompagnato i soldati se ne tornarono indietro, gli altri si sparpagliarono per segnare i punti dove scavare. Poco dopo Dmitriev riemerse dal bosco urlando: "L’ho trovato!'", scrive Flige, ricordano il primo luglio del 1997, il giorno in cui dopo anni di ricerche negli archivi e diversi scavi fu finalmente individuato il luogo giusto.

"Sessant'anni fa una grande potenza mondiale volle distruggere un migliaio di persone in modo che non ne rimanesse traccia. Aveva tutti i mezzi di cui dispone uno Stato, loro soltanto la forza di essere individui, unici e irripetibili. Oggi conosciamo i nomi di tutte le vittime, di tutti i condannati, di tutti gli esecutori, di chi si occupava del trasporto e di chi sparava. Tutti quanti. Questo vuol dire che quel migliaio di persone ha vinto, che il singolo può vincere", disse Iofe, che insieme a Flige e Dmitriev ricostruì la storia, nel discorso che tenne all'inaugurazione del memoriale il 27 ottobre 2017, spiegando così perfettamente anche il peso politico della storia in Russia in questo momento. Sette anni più tardi, le parole di Iofe risuonano, in una Russia molto diverse, nelle parole pronunciate pochi giorni fa dal co presidente del Centro per i diritti umani Memorial, Oleg Orlov al termine del processo a suo carico che si è concluso con una condanna a due anni e undici mesi di carcere. I responsabili delle persecuzioni saranno indicati come responsabili.

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Elon Musk e la ketamina: “La uso, è...

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Il miliardario, scrive la Cnn, sostiene di avere una "prescrizione da un vero dottore" per la sua depressione

Elon Musk (Afp)

"Ci sono momenti in cui ho una sorta di stato chimico negativo nel cervello, una depressione che non è collegata a notizie negative e la ketamina è utile per uscire da uno stato d'animo". E' quanto ha detto il numero uno di X e Tesla Elon Musk al giornalista Don Lemon nel corso di un'intervista di 90 minuti come riporta la Cnn. Musk avrebbe, inoltre, aggiunto che il farmaco gli sarebbe stato prescritto da "un vero, vero dottore" e che ne utilizzerebbe solo "una piccola quantità una volta ogni due settimane".

Musk ha negato di abusare della sostanza, scrive la Cnn, dicendo che "se usi troppa ketamina, non puoi davvero portare a termine il lavoro". "Ho molto lavoro, di solito lavoro 16 ore al giorno, quindi, non ho una situazione in cui non posso essere mentalmente acuto per un lungo periodo di tempo" ha aggiunto. "Dal punto di vista di Wall Street, ciò che conta è l’esecuzione” ha detto. “Stai creando valore per gli investitori? Tesla vale più o meno quanto il resto dell’industria automobilistica, messa insieme, quindi, dal punto di vista degli investitori, se sto prendendo qualcosa dovrei continuare a farlo".

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Elezioni Russia, per Salvini arriva il soccorso di Orsini

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Il professore: "Salvini merita soltanto lodi. E' una persona moderata, equilibrata, non getta benzina sul fuoco"

Alessandro Orsini

Matteo Salvini al centro del dibattito politico e delle polemiche social per le dichiarazioni sulle elezioni in Russia, con la vittoria scontata di Vladimir Putin. Fanno discutere le parole del leader della Lega, secondo cui "quando un popolo vota ha sempre ragione". 'In difesa' di Salvini, in maniera tutto sommato prevedibile, interviene il professor Alessandro Orsini. "Salvini merita soltanto lodi. E' una persona moderata, equilibrata, non getta benzina sul fuoco", dice il professore di sociologia del terrorismo internazionale a Prima di domani.

"E' oziosa la domanda se queste siano o meno elezioni. Quello che conta nella sostanza è se Putin goda di consensi enormi e esorbitanti. La risposta è chiara. Putin è al potere dal 2000, è passato tante elezioni e non sempre ha avuto così tanti consensi", dice Orsin.

"Ho sempre detto che la guerra avrebbe accresciuto i consensi, la nostra chiave di lettera è sbagliata. Questo non è il successo elettorale di Putin, è il successo dei russi che in un momento ipertragico si sono compattati davanti al nemico. Avevo detto che il paese si sarebbe compattato attorno allo stato, uno dei motivi per cui l'esercito va bene in Ucraina è perché ha il sostegno del paese", afferma.

"Quando decidi di sfidare un nemico, devi valutare i rapporti di forza. Ho sempre detto che l'esercito russo è fortissimo e l'economia russa è in grado di sostenere la guerra. Al di là di questo, la Russia ha una popolazione che vuole questa guerra e vuole vincerla con tutta se stessa. I russi condividono quello che Putin sta facendo in Ucraina e vogliono vincere la guerra contro l'Ucraina e la Nato", dice ancora.

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Spagna, bimbe di 2 e 4 anni trovate morte in casa. La...

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E' stata la madre delle piccole ad accusare l'uomo che era in attesa di essere processato per violenza domestica

Forze dell'ordine spagnole, repertorio (Fotogramma)

Due bambine di 2 e 4 anni sono state ritrovate morte nella casa del padre ad Alboloduy in Almería. Secondo quanto riporta El Mundo l'uomo di 35 anni si è tolto, poi, la vita. Il corpo delle piccole è stato ritrovato dalla madre di 23 anni che ha chiamato gli agenti di polizia e accusato il suo ex compagno di averle avvelenate. L'uomo aveva un'ordinanza restrittiva dal 2022, perché la donna lo aveva denunciato per violenza domestica, sostenendo di essere stata picchiata ripetutamente anche quando era incinta.

L'uomo aveva un ordine restrittivo

A causa della denuncia di maltrattamenti, il Tribunale spagnolo per la violenza contro le donne aveva emesso per la compagna un'ordinanza restrittiva di 500 metri e aveva disposto l'applicazione di un braccialetto di sicurezza al presunto aggressore per evitare contatti con la compagna. Il processo era stato fissato per il 10 aprile presso il Tribunale penale di Almería. Per ordine del giudice l'uomo poteva, comunque, vedere le bambine il sabato e la domenica di ogni settimana tra le 12 e le 18.

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