Economia
Manovra 2024, modifiche Bilancio e riforma Ue: dicembre...
Manovra 2024, modifiche Bilancio e riforma Ue: dicembre caldo per il governo
Doppio binario con l'esame del ddl in Parlamento e la revisione di Maastricht: due partite da chiudere auspicabilmente entro 31 dicembre
Dicembre caldo per la politica economica del governo impegnato sul doppio binario dell'esame della Manovra 2024 in Parlamento e il confronto con i sindacati sul fronte interno, e la riforma del Patto Ue sul fronte europeo. Due partite da chiudere auspicabilmente entro il 31 dicembre per evitare, nel primo caso, che scatti l'esercizio provvisorio e, nel secondo caso, che si torni alle vecchie regole di Maastricht .
A questo quadro va aggiunto il tassello dell'incontro con i sindacati martedì, nel pieno degli scioperi generali indetti da Cgil e Uil a partire dal 17 novembre scorso. Più attendista e moderata la posizione della Cisl, che non ha partecipato alla mobilitazione ma rivendica con forza modifiche alla manovra, stretta alle pensioni di alcune categorie di statali e medici in primis.
Sulla manovra l'esame si preannuncia difficile a causa della raffica di emendamenti presentati dalle opposizioni, circa 2.650. Toccherà alla scure delle ammissibilità iniziare a scremare la montagna di richieste di modifica su un ddl che, nelle intenzioni originarie del governo, doveva essere blindato. Ad ogni modo questo lavoro di potatura non verrà concluso prima di venerdì prossimo con il rischio di allungare i tempi dell'esame della manovra in commissione Bilancio al Senato. La legge è attesa in Aula a Palazzo Madama tra il 12 e il 15 dicembre, dovrà passare poi alla Camera e, senza incidenti di percorso, il via libera arriverebbe a ridosso di Natale.
Su questo iter pesa però l'accoglienza che verrà riservata al maxi- emendamento nel quale il governo farebbe convergere le correzioni della manovra. Intanto per martedì mattina il premier Giorgia Meloni ha convocato il tavolo con i sindacati.
Ma alla partita tutta nazionale che il governo gioca in casa, si affianca un'altra partita che l'esecutivo gioca nell'assise Ue. Incassato il via libera alla revisione del Pnrr, con circa 3 mld di prestiti aggiuntivi che portano la dotazione complessiva del Piano a 194,4 miliardi, ora Roma si trova alla stretta finale con gli altri partner Ue sulla riforma del Patto di Stabilità. Sullo sfondo il caso del Mes, il fondo salva-stati Ue che l'Italia - unica nell'Unione - non ha ancora approvato.
Sulle nuove regole di bilancio gli stati membri sono agli ultimi, decisivi passi per l'intesa o la débâcle. Nello scenario più roseo un accordo sulla proposta della presidenza spagnola di turno dell'Ue all' Eurogruppo e all'Ecofin del 7 e 8 dicembre aprirebbe la strada al via libera del Consiglio europeo in programma il 14 e 15 dicembre a Bruxelles. Se così non fosse però il dossier piomberebbe direttamente sul tavolo dei leader per trattative serrate che scongiurino che dal primo gennaio scatti la tagliola delle vecchie regole di bilancio.
Economia
Mondo Convenienza, prodotti non completi e reclami...
"Ha ostacolato i diritti dei consumatori prevedendo tempistiche ristrette per il reclamo e limitazioni al diritto di ottenere la sostituzione dei prodotti stessi o la restituzione di quanto pagato"
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha irrogato a Iris Mobili, titolare del marchio Mondo Convenienza, una multa di 3 milioni e 200mila euro. La società ha adottato condotte illecite nelle fasi di consegna e di montaggio dei mobili e degli arredi e ha ostacolato i consumatori nella fruizione dei servizi post-vendita. Lo rende noto l'Antitrust in un comunicato.
"Pur consapevole dell’elevato numero di consegne di prodotti non completi e non corrispondenti agli ordini o non in perfette condizioni di utilizzo, la società - sottolinea l'Autorità - non ha adottato comportamenti idonei a risolvere questi problemi, violando così l’obbligo di diligenza professionale previsto dal Codice del Consumo. Inoltre, ha ostacolato i diritti dei consumatori prevedendo tempistiche ristrette per il reclamo e limitazioni al diritto di ottenere la sostituzione dei prodotti stessi o la restituzione di quanto pagato. In questo modo, Mondo Convenienza ha limitato considerevolmente la libertà di scelta dei consumatori".
Queste infrazioni, rileva l'Antitrust, "riguardano un’importante fase del rapporto di consumo ovvero l’esatta esecuzione del contratto di compravendita; in particolare la consegna completa e corretta del bene acquistato, la prestazione del servizio di assistenza post-vendita, il rimborso in caso di recesso e la previsione di misure compensative per i disagi subiti dai consumatori".
Economia
Chi rientra nella no tax area IRPEF? Ecco le soglie limite
Non tutti pagano l’IRPEF: chi rientra nella no tax area è totalmente esonerato dal versamento dell’imposta sui propri redditi. Di cosa si tratta e come funziona, alla luce delle novità introdotte dal 1° gennaio 2024.
I titolari di redditi bassi non sono tenuti al versamento dell’IRPEF, per effetto delle regole previste dalla disciplina della no tax area.
Lavoratori dipendenti, pensionati e anche titolari di partita IVA che nel corso dell’anno percepiscono redditi inferiori alle soglie previste per legge restano fuori dal perimetro dei soggetti obbligati al pagamento delle imposte.
In parallelo, viene meno la possibilità di beneficiare delle detrazioni IRPEF fruibili con la dichiarazione dei redditi così come, per i titolari di redditi da lavoro dipendente, del trattamento integrativo in busta paga.
Dai limiti di reddito alle novità in vigore dal 1° gennaio 2024, un focus delle regole per capire cos’è e come funziona la no tax area.
Cos’è la no tax area IRPEF
È l’articolo 13 del TUIR, il DPR n. 917/1986, a disciplinare le regole relative alla no tax area, soglia di reddito entro la quale per effetto del sistema delle detrazioni fiscali spettanti sui redditi da lavoro dipendente, pensione o lavoro autonomo, l’IRPEF non risulta dovuta.
A livello general, con il termine no tax area si intende il limite reddituale al di sotto del quale l’ IRPEF è totalmente assorbita dalle detrazioni fiscali. Chi vi rientra non è quindi tenuto a versare le imposte sui redditi da lavoro o pensione percepiti.
Sul fronte operativo pertanto, il funzionamento della no tax area è direttamente legato al meccanismo delle detrazioni IRPEF riconosciute a dipendenti, pensionati e lavoratori autonomi, sul quale è recentemente intervenuto il decreto legislativo n. 216/2023.
Nell’ambito dell’attuazione della riforma fiscale, in parallelo all’accorpamento delle prime due aliquote IRPEF, è stata fissata una soglia unica di no tax area per dipendenti e pensionati.
L’importo della detrazione fissa riconosciuta per i redditi da lavoro dipendente fino a 15.000 euro è salito a 1.955 euro, così come previsto per l’appunto per i titolari di redditi da pensione, rispetto ai 1.880 euro previsti fino allo scorso anno con il fine di incrementare la soglia di reddito al di sotto della quale non si paga l’IRPEF.
Chi rientra nella no tax area? I I limiti di reddito per dipendenti, pensionati e partite IVA
Alla luce delle novità sopra esposte, operative dal 1° gennaio 2024, nella no tax area rientrano:
● i titolari di redditi da lavoro dipendente fino alla soglia di 8.500 euro;
● i titolari di redditi da pensione fino alla medesima soglia di 8.500 euro;
● i titolari di redditi da lavoro autonomo fino alla soglia di 5.500 euro.
Se la riforma fiscale ha equiparato la soglia reddituale delle prime due categorie, nulla è cambiato invece sul fronte dei titolari di redditi di lavoro autonomo. In questo caso, il valore massimo della detrazione IRPEF che consente di abbattere integralmente le imposte dovute resta pari a 1.265 euro.
No tax area, detrazioni e incapienza: gli effetti sul fronte della dichiarazione dei redditi
Chiariti i concetti basilari da conoscere, è bene soffermarsi sugli effetti sul fronte fiscale legati all’appartenenza alla no tax area.
I contribuenti non tenuti al versamento dell’IRPEF, in quanto titolari di redditi inferiori alle soglie previste, si considerano incapienti. Questo comporta che, in sede di dichiarazione dei redditi, non sarà possibile fruire delle detrazioni fiscali per oneri, quali ad esempio quelle spettanti per i lavori in casa.
No tax area e incapienza sono quindi due concetti che corrono in parallelo: l’esenzione totale dal versamento dell’IRPEF ha come “effetto collaterale” quello di non poter beneficiare dei rimborsi fiscali che sono calcolati, per l’appunto, sulla base dell’imposta corrisposta.
L’impatto della no tax area è inoltre evidente anche sul fronte del diritto al trattamento integrativo, l’ex bonus Renzi, che è riconosciuto ai lavoratori dipendenti in anticipo e sulla base del reddito teorico che si presume di incassare nel corso dell’anno.
Cosa succede se alla fine del periodo d’imposta il reddito percepito rientra nella no tax area? Chi non versa l’IRPEF non ha diritto neppure al trattamento integrativo, che dovrà essere quindi restituito all’Erario in sede di conguaglio fiscale.
Da evidenziare infine che la no tax area non ha effetti sul fronte dell’adesione a regimi opzionali di tassazione, quale ad esempio la cedolare secca sugli affitti. In tal caso infatti i redditi da locazione si considerano “separatamente” rispetto a quelli assoggettabili ad IRPEF, con la conseguenza che in ogni caso sarà obbligatorio presentare la dichiarazione dei redditi e versare l’imposta sostitutiva del 21% o del 10%.
Economia
Scuola guida sempre più cara, si può spendere fino a 1500...
Lo conferma l'indagine condotta da Altroconsumo: a Bologna il costo medio più elevato, Roma la più conveniente
Scuole guida sempre più costose: lo conferma una indagine condotta da Altroconsumo che ha coinvolto 146 autoscuole in sette città (Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna, Cagliari e Genova) con l’obiettivo di comprendere come variano i prezzi e quali sono le voci di spesa da tenere d’occhio per riuscire a ridurre la spesa per ottenere la patente. I problemi iniziano già cercando di contattare, via telefono o via email, le scuole per conoscerne i prezzi ed ottenere un preventivo. Un’operazione che è risultata difficile e complessa, poiché le autoscuole utilizzano strutture di prezzo differenti e non tutte posseggono un sito web che possa fornire tutte le informazioni. Dall’indagine è emerso comunque come una adeguata comparazione tra le diverse offerte possa generare un risparmio tra i 240 e i 615 euro, a seconda della città. I prezzi, infatti, possono variare molto, quindi, per ridurre la pressione sul portafoglio delle famiglie è bene raccogliere quante più informazioni possibile, fare attenzione ai costi extra e alla durata delle lezioni di guida. Rispetto alle rilevazioni effettuate, la città nella quale si è registrato il costo totale medio più alto è Bologna (1.061 euro). In questa città, peraltro, si può arrivare a spendere fino a 1.490 euro, mentre Roma è la città che registra il costo medio più basso (695 euro).
L’analisi ha quindi preso in considerazione le differenze interne alle città, infatti, la voce di Differenza tra massimo e minimo rappresenta la differenza di costo tra la scuola più costosa e quella meno costosa all’interno dello stesso comune. Ne emerge che una adeguata comparazione delle offerte, in città come Bologna, possono generare un risparmio fino a 615 euro. Per le restanti città, invece, il risparmio è di circa 300 euro.
Sono dunque emerse differenze di prezzo che variano dal 35% al 70%. Infatti, tutte le voci di spesa individuate presentano una rilevante variabilità: spiccano, però, le differenze di prezzo per l’iscrizione e per sostenere gli esami. Nel primo caso, a Bologna, le differenze di prezzo variano tra i 100 e i 780 euro, a Milano tra i 290 e i 485 euro. A Torino, per l’iscrizione all’esame di teoria, il costo massimo registrato è quasi quattro volte quanto il minimo.
Il costo sostenuto per le guide certificate, invece, pur essendo variabile, vede differenze più contenute, che oscillano tra il 15% e il 20% circa. Ed è proprio ai costi delle guide e alla loro durata che bisogna fare attenzione quando si richiede un preventivo.
Nella maggior parte delle rilevazioni le guide proposte erano da 60 minuti, ma spesso possono anche essere di tempo inferiore. Ed essendo 6 ore il tempo minimo di pratica alla guida da dover sostenere per legge (le guide cosiddette “certificate”, appunto), in questo caso sei sessioni non sarebbero sufficienti a raggiungere le sei ore obbligatorie. È, inoltre, rilevante fare attenzione alla differenza di prezzo tra le sei ore di guida certificate e le ore di pratica aggiuntiva che si potrebbero voler aggiungere: da alcune rilevazioni è emerso quest’aspetto.
Il consumatore deve poi considerare un insieme di spese extra, come quelle amministrative e legate alla burocrazia. Si tratta di spese obbligatorie, quindi è necessario informarsi per capire se sono incluse o meno nella proposta di preventivo della scuola guida, come certificato medico di base, costi per il materiale didattico, visita medica, costo per sostenere l’esame di teoria e costo per sostenere l’esame di pratica.