

Cronaca
Operazione ‘Fake cars’, 9 misure cautelari a Caltanissetta
Vendevano a ignari acquirenti automobili rubate o indebitamente appropriate ai danni di società leasing. Ma sono stati scoperti. E’ accaduto a Caltanissetta dove la Squadra mobile, diretta dal vicequestore aggiunto Antonino Ciavola, ha eseguito, nel corso delle indagini preliminari, nove misure cautelari emesse dal Giudice per le Indagini Preliminari, su richiesta della Procura della Repubblica Distrettuale di Caltanissetta. Cinque dei nove indagati attinti dal provvedimento cautelare sono indiziati, a vario titolo, “di aver promosso, costituito e partecipato a un’associazione per delinquere allo scopo di reperire autoveicoli – acquisiti illecitamente attraverso truffe realizzate ai danni di società finanziarie e comportanti l’utilizzo di documenti falsi ovvero provenienti dai reati di furto o appropriazione indebita commessi in territorio campano e siciliano – da rivendere a terzi ignari per ottenerne un profitto, gli addebiti temporanei, pertanto, sono quelli di: falsità materiale commessa dal privato in atti pubblici, possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi, truffa, ricettazione e riciclaggio”.
Gli altri quattro indagati interessati dal provvedimento cautelare sono indiziati di aver commesso alcuni dei reati scopo dell’associazione. L’indagine ha avuto origine da alcuni controlli effettuati dalla Sezione Polizia Stradale di Caltanissetta nel 2020, in quanto “vi era il fondato sospetto che sul territorio della provincia nissena operasse un gruppo di soggetti dedito all’acquisto di veicoli di origine illecita”. Fondamentale la segnalazione da parte di alcuni cittadini vittime di truffe.
Le indagini avviate dalla Squadra Mobile e dalla Sezione della Polizia Stradale, coordinate dalla Procura della Repubblica di Caltanissetta, sostanzialmente, hanno permesso di ricostruire il modus operandi messo in atto dagli odierni indagati.
In particolare, gli indagati avrebbero rivenduto automobili oggetto di furti o di appropriazioni indebite ai danni di società di leasing e i cui segni di riconoscimento, in alcuni casi, risultavano manomessi, così da poterne occultare la provenienza delittuosa. “L’attività illecita destava particolare preoccupazione stante la pluralità e l’elevato numero delle persone offese, individuabili tanto nei soggetti vittime dei furti e delle appropriazioni indebite, quanto negli ignari acquirenti di autovetture di origine illecita, peraltro di elevato significativo commerciale – dicono gli inquirenti – La lunga e complessa attività d’indagine della Polizia di Stato ha permesso di individuare 54 veicoli di provenienza illecita rivenduti ad ignari cittadini, per un valore complessivo di oltre un milione di euro; gli ignari acquirenti hanno subito anche il sequestro delle vetture non ottenendo il dovuto ristoro delle somme pagate quale corrispettivo”.
Secondo i gravi indizi ritenuti dal Gip gli indagati avrebbero agito secondo schemi più o meno complessi escogitati al fine di dissimulare l’origine illecita degli autoveicoli commercializzati, tra cui la sostituzione delle targhe a seguito della presentazione di false denunce di smarrimento, la formazione di atti notarili falsi o, ancora, l’utilizzo di autoveicoli con la numerazione del telaio ribattuta simulandone la provenienza estera. In questo ultimo caso sarebbe stata prodotta documentazione falsa attestante la titolarità del veicolo, così da consentirne la circolazione nel mercato lecito. I nuovi dati identificativi inseriti erano quelli di autovetture effettivamente esistenti e circolanti in uno Stato estero, che, in tal modo, venivano “clonate”. Successivamente, le medesime autovetture sarebbero state “ri-nazionalizzate”, così simulandone – documentalmente – la loro importazione dall’estero (ove in realtà continuava a circolare l’originale veicolo “clonato” in Italia utilizzando mezzi oggetto di illecita sottrazione). Gli indagati nell’ambito dell’operazione sarebbero entrati in gioco proprio in questa seconda fase occupandosi, dopo aver ricevuto le autovetture falsamente importate dall’estero, di trasferirle rapidamente ad ignari acquirenti ad un prezzo lievemente inferiore a quello di mercato.
I 54 veicoli individuati durante le indagini sono tutti circolanti in diverse regioni italiane ed in quasi tutte le province siciliane. “Sussistendo un fondato motivo di ritenere che gli indagati fossero ancora in piena operatività, i Pubblici Ministeri titolari delle indagini, oltre a richiedere l’applicazione delle misure cautelari personali, hanno richiesto al Giudice per le Indagini Preliminari di disporre il sequestro preventivo di nove autovetture, del valore complessivo di 200.000 euro”. I veicoli sono stati sequestrati questa mattina nelle città di San Cataldo, Agrigento, Catania, Avellino e Reggio Calabria. Si allegano le fotografie di due degli indagati: Amico Eugenio e Giarratana Michele al fine di individuare ulteriori persone offese vittime di truffa, considerato che i due indagati hanno più volte utilizzato documenti falsi per stipulare contratti.
Cronaca
Superenalotto, numeri estrazione vincente oggi 3 giugno 2023

Centrati 5 punti '5' da 47,453 euro ciascuno e un '4 stella' da 38,125 euro
I numeri dell’estrazione vincente del Superenalotto di oggi, 3 giugno 2023: 27, 39, 56, 58, 63, 64 numero Jolly 55 e SuperStar 38. Centrati 5 punti ‘5’ da 47,453 euro ciascuno e un ‘4 stella’ da 38,125 euro. Nessun ‘6’ è stato realizzato nella terza e ultima estrazione della settimana del SuperEnalotto e il Jackpot sale a 40,4 milioni di euro.
L’ultimo “6” da 73,8 milioni di euro è stato centrato il 25 marzo 2023 grazie a una giocata online.
Cronaca
Giulia Tramontano, la lettera immaginaria del nascituro Thiago alla mamma

A scriverla la sorella della 29enne uccisa: "lo non ero una gravidanza mammina, ero una persona"

“Mamma Giulia”, inizia così la lettera immaginaria da parte di Thiago, il bimbo che la 29enne uccisa una settimana fa a Senago portava in grembo, pubblicata su Instagram da Chiara Tramontano, sorella della vittima.
Di fronte all’accusa di interruzione non consensuale di gravidanza (uno dei tre capi d’accusa di cui deve rispondere Alessandro Impagnatiello, insieme all’omicidio aggravato e occultamento di cadavere di Giulia Tramontano), il bambino non ancora nato attraverso le parole della zia osserva: “Ma che è questa cosa, mammina? Lui mi ha ammazzato, ci ha ammazzati entrambi! lo non ero una gravidanza mammina, ero una persona. Avevo braccia e gambe e testa e cuore. E avevo anche imparato ad amarlo. Lui, il mostro”.
Più volte torna la definizione “mostro” riferita a Impagnatiello nella lettera immaginaria, che ripercorre dal punto di vista del nascituro tutte le ultime ore di vita di Giulia Tramontano, da quando si è incontrata con l’altra donna del compagno nel pomeriggio, fino al momento della morte. “È durato poco, mi sono raggomitolato in quello spazio dolcissimo e insieme siamo volati via. Dicono che era mio padre, lui, il mostro. Quello che ti ha ammazzata e che ha ammazzato anche me. Dicono che aveva organizzato tutto, ogni dettaglio”.
Nella lettera viene ricordato che Giulia a volte chiamava Impagnatiello “papà” rivolgendosi al bambino che portava in grembo. “Ma quale papà, mammina? Quello un mostro è, senza cuore. Ci ha ammazzati mammina Giulia, senza pietà”, ribatte Thiago nell’immaginaria lettera scritta da Chiara Tramontano.
Cronaca
Giulia Tramontano, “batti un colpo, dove sei?”: i messaggi di Impagnatiello dopo l’omicidio

L'uomo inizia a inviarli dalla mezzanotte di sabato e continua nei giorni successivi

“Dicci solo che stai bene”, “finiscila con questa storia e batti un colpo”. Alessandro Impagnatiello aveva giù ucciso Giulia Tramontano ma le scriveva messaggi, allo scopo – secondo gli inquirenti – di depistare le indagini sulla sua scomparsa. Si lamentava di avere i “giornalisti” che “mi stanno molestando sotto casa. Ti prego – supplicava la donna morta quattro giorni prima – è invivibile così”.
Impagnatiello inizia a inviare messaggi dalla mezzanotte di sabato, poche ore dopo aver ucciso la 29enne. La mattina successiva le scrive dal lavoro, raccomandandole di riposarsi. E di fronte al silenzio di lei, ormai morta: “Hey ma sei ancora a letto?”. E così per tutta la giornata di domenica, quando viene sporta la denuncia di scomparsa.
I messaggi proseguono anche nei giorni successivi, mentre continua la disperata ricerca della 29enne. “So che non son stato un fidanzato ideale negli ultimi mesi. Ti ho mancato di rispetto. A te che sei stata la prima ed unica ragazza ad avere accolto mio figlio”, scrive Impagnatiello, già padre di un bambino avuto da una precedente relazione. “Mi hai fatto esplodere il cuore. Non volevo spezzare il tuo io invece. Non volevo che non ti brillassero più gli occhi quando stavamo insieme. Hai il pieno delle ragioni, ma voglio chiederti solo un favore: dicci solo che stai bene”, le parole che rivolge alla donna che ha ucciso due giorni prima.
La mattina del 31 maggio, dopo aver lasciato – stando alla confessione fatta la notte successiva – il corpo di Giulia in un’intercapedine, Alessandro le scrive ancora, chiamandola affettuosamente “Tata”. E dopo essersi lamentato dei giornalisti sotto casa, “Siamo al quarto giorno oggi, finiscila con questa storia e batti un colpo, ti supplico”. E’ l’ultimo messaggio, poche ore dopo Impagnatiello, di fronte alle prove ormai evidenti raccolte contro di lui dagli inquirenti, confesserà l’omicidio, facendo ritrovare il corpo della 29enne incinta.
“Giuliet, Tata, ti giuro, non ho minimamente idea di chi sia quel rossetto, non so da quanto, né perché sia in macchina”. Così, in decine di messaggi inviati a Giulia Tramontano tra il 9 e il 10 maggio scorsi, Alessandro Impagnatiello negava le prove del suo tradimento. La 29enne incinta, che a gennaio aveva saputo che il compagno aveva un’altra relazione e a maggio continuava a nutrire sospetti sulla sua fedeltà, ne trova conferma nell’auto del 30enne: la cassa d’acqua appoggiata sul sedile del passeggero anteriore è stata spostata dietro e per terra c’è un rossetto.
“Mio non è, quindi è di qualcuno che è stato dal lato passeggero e gli sarà caduto. Chi è entrato in macchina?”, chiede ripetutamente Giulia sulle chat agli atti degli inquirenti. E lui: “Non è salito nessuno nella mia macchina. Non so proprio cosa dire, baby! Giuro!”. “Rispondi come si deve, sennò mi vedrai nel binocolo. Deficiente non sono”, lo incalza la compagna, ma Impagnatiello non cede: “Giulia non ho fatto niente, Dio mio! Amore non so di chi sia, giuro. Ti prego”.
Su whatsapp i due tornano a discutere del rossetto trovato in auto giorni dopo: è il pomeriggio del 27 maggio, Giulia è stata contattata dall’altra ragazza con cui il 30enne ha una relazione. Le due, che si stanno per incontrare, si sono confidate, smascherando l’una all’altra le menzogne dell’uomo cui sono entrambe legate. “Il labello era suo” scrive la 29enne a Impagnatiello, poche ore prima di venire uccisa.
Cronaca
Roma, incendio Colli Aniene: tre feriti ancora in prognosi riservata

Dimesso il bambino ricoverato ieri all'ospedale Sant'Eugenio

Restano intubati e in prognosi riservata i tre pazienti ricoverati all’ospedale Sant’Eugenio perché coinvolti nell’incendio divampato ieri in un palazzo a Colli Aniene a Roma. Secondo l’ultimo bollettino, le condizioni dei tre pazienti ricoverati presso l’ospedale Sant’Eugenio sono stazionarie: una paziente si trova ancora ricoverata presso il reparto di rianimazione, altre due persone, con ustioni rispettivamente sul 30% e sul 12% del corpo, sono ricoverate nel Centro grandi ustionati. Tutti e tre i pazienti restano intubati e in prognosi riservata. Le loro condizioni sono costantemente monitorate e verranno valutate nelle prossime ore. Il bambino ricoverato nel reparto di pediatria dell’Ospedale Sant’Eugenio è stato dimesso.
Due dei tre feriti arrivati ieri all’ospedale San Giovanni sono stati dimessi oggi: si tratta di un codice rosso e di un codice arancione. Resta invece tuttora in osservazione al pronto soccorso il terzo paziente in codice arancione. Uno dei nove feriti portati al Policlinico Umberto I è stato dimesso. Gli altri otto restano ricoverati per ulteriori accertamenti: tre sono privi di sintomatologia e prossimi alla dimissione, per tre è necessaria una nuova Tac toracica e due necessitano di ulteriori cicli in camera iperbarica.
“I dati odierni parlano di 78 sfollati circa suddivisi così: civico 73 nominativi 23; civico 79 nominativi 28; civico 81 nominativi 25”. Lo scrive su Facebook il presidente del IV Municipio Massimiliano Umberti che, in un post precedente aveva informato che “i cittadini stanno iniziando a entrare nei loro appartamenti accompagnati dai vigili del fuoco per riprendere gli effetti personali”.
Un valore con trend in aumento rispetto a ieri del Pm10, passato da 19 a 23 ug/m3, è stato evidenziato da Arpa Lazio nella zona interessata dall’incendio: un valore più alto rispetto a quello delle altre centraline ma comunque al di sotto del valore massimo previsto dalla normativa. Per quanto riguarda la qualità dell’aria nella zona interessata dall’incendio, dall’analisi dei dati in possesso di Arpa Lazio per la stazione fissa di Tiburtina “non si evidenzia un aumento sostanziale dei valori di NO2 tra la giornata di ieri, data dell’incendio, e il giorno precedente, giovedì 1 giugno”.
Cronaca
Brindisi, morto dopo essersi dato fuoco: aveva accoltellato e ustionato la moglie

Si è suicidato davanti all'ospedale dove la donna è ricoverata in gravi condizioni con ustioni di terzo grado sul 25% del corpo
E’ morto all’ospedale ‘Perrino’ di Brindisi l’uomo di 32 anni che, nei giorni scorsi a Galatone, in provincia di Lecce, aveva ferito in modo grave la moglie prima accoltellandola e poi dandole fuoco. Dopo essere fuggito ed essersi reso irreperibile per tre giorni, sottraendosi alle ricerche dei carabinieri, si era presentato davanti allo stesso ospedale Perrino. Dopo aver tentato di entrare dall’ingresso principale nella struttura nella quale è ricoverata la donna ed essere stato respinto dalle guardie giurate, era tornato in auto, aveva preso una bottiglia di benzina e se ne era versato addosso il contenuto, dandosi fuoco a sua volta e provocandosi ustioni sull’80% del corpo.
Nonostante l’intervento dei vigilantes e di altre persone che avevano spento le fiamme con gli estintori in dotazione, le sue condizioni erano state subito definite dai sanitari molto gravi. La moglie è ricoverata in gravi condizioni nel reparto specializzato dell’ospedale con ustioni di terzo grado su una superficie del 25% del corpo (parte superiore, compresi testa e volto). La paziente è seguita dai medici di Rianimazione in collaborazione con il Centro Ustioni dell’ospedale.
Cronaca
Giulia Tramontano voleva lasciare Impagnatiello ma lui: “Che madre sei?”

Il messaggio in chat due giorni prima di ucciderla: "Vuoi farlo nascere con due genitori già separati?"

“Veramente prima ancora di far nascere un bambino tu vuoi già dividerci? Vuoi farlo nascere con due genitori già separati? Ma che madre sei!”. Così scriveva il 25 maggio scorso, due giorni prima di ucciderla, Alessandro Impagnatiello alla compagna Giulia Tramontano. La 29enne incinta al settimo mese aveva scoperto dei tradimenti e delle menzogne del partner, decidendo di lasciarlo.
“Accetta la mia decisione e chiudiamo il discorso”, scriveva Giulia, spiegando concitata ad Alessandro di non volerlo più vedere come il suo compagno “così da non aspettarmi più nulla e trovare la mia pace”. Nel frattempo “condividiamo una casa finché sarà necessario”.
E a lui che le ribatteva “che madre sei?”, la 29enne rispondeva sarcastica: “L’importante è che tu sia un buon padre, io penso a me, tranquillo”. E lui: “Ma ti sembra normale parlare così con un bambino in pancia?”. E Giulia esasperata: “Non mi sembra normale far arrivare invece una persona a questo limite”.
Cronaca
Legale familiari vittime Cutro: “Quella notte lo Stato ha sbagliato tutto”


(di Elvira Terranova) – “Quella notte, lo Stato ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare. Tutto. E noi avevamo visto giusto fin dal principio. Adesso, finalmente, le cose iniziano a essere più chiare e le responsabilità stanno venendo a galla”. Lo ha detto all’Adnkronos l’avvocato Francesco Verri, il legale che rappresenta alcune dei familiari delle vittime della strage di Cutro dello scorso 26 febbraio. Sono oltre 90 i morti della tragedia di Steccato di Cutro, tra cui 35 minori. E alcuni dei corpi non sono mai stati ritrovati. Nei giorni scorsi, la Procura di Crotone, guidata dal Procuratore Giuseppe Capoccia che coordina l’ichiesta con il Pm Pasquale Festa, ha iscritto nel registro degli indagati sei persone, tra cui tre finanzieri.
La Procura della Repubblica di Crotone ha emesso un decreto di perquisizione nei confronti del tenente colonnello Alberto Lippolis, comandante del Roan di Vibo Valentia della Guardia di Finanza; ad Antonino Lopresti, dello stesso Roan, operatore di turno la notte della tragedia, e al colonnello Nicolino Vardaro, comandante del Gruppo aeronavale di Taranto. Lo stesso provvedimento è stato notificato ad altre tre persone i cui nomi, però, ancora non sono stati resi noti. Lo scopo dell’inchiesta è quello di accertare i motivi del mancato intervento in soccorso dei migranti e se sia stata rispettata la normativa che imponeva un intervento a prescindere dalle singole competenze e responsabilità.
“Adesso sono più chiare le responsabilità – spiega ancora l’avvocato Verre – Non è compito agevole e lo capisco. E’ chiaro che la Procura ha bisogno di un po’ di tempo per arrivarci, ma mi pare che la situazione sia abbastanza chiara. La certezza è che lo Stato ha sbagliato. Esattamente come diciamo dal primo giorno. Punto”. E, parlando dei documenti inediti pubblicati da Lighthouse Reports, con decine di testimonianze su cosa è accaduto quella sera, per capire quali sono state le falle nella catena di comando, l’avvocato Verri dice: “Questi documenti sono ancora più eloquenti, sono prove ancora più schiaccianti. Perché adesso è confermato che già alle nove di sera Frontex dice chiaramente che c’è una barca con possibili migranti a bordo, non c’era nulla da interpretare – dice – noi abbiamo fatto le nostre considerazioni in questi mesi, dicendo che alle 23 l’agenzia Frontex segnala che c’è una barca con i boccaporti aperti e d’inverno non si naviga in alto mare con il boccaporto schiuso”.
“Meno che mai con il mare in tempesta – spiega l’avvocato Verri- dunque bisognava dedurre che c’erano migranti a bordo. E’ stato pubblicato anche il brogliaccio della Guardia di Finanza che quella notte decodifica correttamente e dice che c’era una nave con migranti in avvicinamento. Invece, ora sappiamo che già due ore prima, alle 21, Frontex aveva detto che c’era una possibile barca con migranti a bordo. Non c’è da fare alcuna interpretazione. E’ tutto nero su bianco”. “Quel documento lì chiude il cerchio – ribadisce l’avvocato Verre – finora erano solo delle deduzioni ragionevoli. Cosa ci fa un caicco in mezzo al mare, con onde alte due metri? Era fin troppo chiaro che trasportasse dei migranti. Ora siamo in possesso di un documento con Frontex che individua la barca con i migranti a bordo e lo segnala alle nove di sera alle autorità italiane”.
La Procura ha sequestrato nei giorni scorsi pc, telefonini e tablet di ufficiali e sottufficiali in servizio quella notte, a Vibo Valentia, a Crotone, a Taranto per valutare – come si legge nel provvedimento – “gli atti dell’ufficio compiuti, rapporti interni, rapporti tra uffici relativi all’operazione di law enforcement, le fasi antecedenti all’affondamento, le modalità operative prescelte, le fasi e i momenti successivi al ritorno in porto”, ma anche “reazioni, sfoghi o più in generale commenti rispetto all’operato”.
“Se, come dicono le autorità italiane quella era una operazione di law enforcement – dice ancora Verri – perché sulla spiaggia non c’erano forze dell’ordine? Se stanno violando la legge su quella imbarcazione perché non c’era nessuno sulla terraferma? In che cosa confidavano? Che la barca svanisse?…”. E aggiunge: “I Carabinieri sono arrivati sulla spiaggia alle 4.37 a mani nude”.
Ma cosa si aspettano i familiari delle vittime? “Siamo certi che ci sarà un processo, ne sono certo. Poi, ovviamente, c’è la presunzione di innocenza e vale anche per questi indagati. Non ho mai avuto nessun dubbio, ho sempre pensato che la Procura facesse le cose egregiamente. Conosco sia il Procuratore che il Pm Pasquale Festa. Poi ci sono i dati oggettivi”. E conclude: “Il quadro era già netto e limpido fin dal primo minuto. A noi non interessa se è stato tizio o caio, ma ci interessa che emerga la verità. E se ci sono state responsabilità ed errori quella notte. Costata la vita a quasi 100 persone”.
Cronaca
Greenpeace Italia: “Vicini a catastrofe, transizione energetica unica via”

Il direttore Onufrio: "Per tanti anni inascoltati, ora tra i cittadini cresce attenzione ma non tra i decisori politici. I dati sono allarmanti, ma le soluzioni ci sono. Il futuro è verde"

“Greenpeace ha pubblicato il primo rapporto sul clima a livello globale nel 1990 e in Italia nel 1992. Per tantissimi anni siamo rimasti inascoltati, oggi qualcosa è cambiato: l’attenzione dei cittadini sulle questioni ambientali è cresciuta, purtroppo non è accaduto lo stesso tra i decisori politici”. A dirlo all’Adnkronos è Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia, secondo il quale “non siamo mai stati vicini alle soluzioni e, allo stesso tempo, alla catastrofe come in questo momento”. I fenomeni che recentemente hanno investito l’Italia lo dimostrano. “Siccità e alluvioni sono in qualche modo due facce della stessa medaglia – spiega -. Negli ultimi 15 anni abbiamo assistito ai cosiddetti ‘uragani mediterranei’ e ai loro effetti distruttivi, fenomeni legati al cambiamento climatico e che si ripetono oggi con una frequenza maggiore rispetto al passato”.
Davanti a uno scenario già oggi preoccupante serve un’inversione di rotta. “Una quota di questi cambiamenti è per così dire inevitabile – sottolinea Onufrio -. Da una parte, quindi, dovremo adattarci – un adattamento certamente complesso -, dall’altra è necessario ridurre le emissioni perché oltre un certo limite l’adattamento non sarà più possibile”. Da una recente indagine, effettuata da AstraRicerche per Greenpeace Italia tra il 19 e il 21 maggio scorsi, su un campione di 800 italiani di età compresa tra i 15 e i 70 anni, emerge il quadro di una società ‘multi allarmata’, dove tutte le minacce all’ecosistema e alla salute del Pianeta e dell’uomo fanno paura. Secondo lo studio l’emergenza ambientale che più preoccupa gli italiani è proprio il cambiamento climatico (20,9%) e i suoi effetti più evidenti come siccità e inondazioni (17,4%), due voci che insieme riguardano quasi 4 italiani su 10, seguite dall’inquinamento dell’aria (10,8%) e dell’acqua (8,9%).
“E’ fondamentale agire – avverte il direttore di Greenpeace Italia -. Lo scenario è allarmante perché, in assenza di interventi, le politiche attuali ci porteranno a un aumento di temperatura dell’ordine di 3 gradi. Questo significa che vaste aree del pianeta diventeranno inabitabili e i conflitti per le risorse e per l’acqua, già oggi in atto in varie aree della Terra, aumenteranno. Non siamo mai stati vicini alle soluzioni e, allo stesso tempo, alla catastrofe come in questo momento. Le tecnologie ci sono, però, si stenta a realizzare una transizione energetica, indispensabile a livello internazionale. Diversi Paesi hanno iniziato a muoversi – ammette il direttore di Greenpeace Italia -, ma stiamo andando troppo lentamente. Anche in Italia il passo è lento. Noi chiediamo ai decisori politici e aziendali di cambiare strategia perché davanti a noi abbiamo uno scenario di aumento del caos climatico e dei conflitti”.
La cooperazione internazionale è l’unica strada. “Solo così potremo ridurre il danno ed evitare che il pianeta vada verso una condizione di irreversibilità – sottolinea -. Tutti i parametri ambientali sono allarmanti e questo l’opinione pubblica italiana lo ha capito. Abbiamo già adesso una diminuzione media della piovosità, piove meno ma peggio, in maniera concentrata e distruttiva. Vanno cambiate tutte le nostre politiche”. Il problema, però, per Onufrio è anche di “consenso politico”. “L’idea che del territorio si può fare qualunque cosa per ottenere voti non è più sostenibile in alcun modo. Lo abbiamo visto negli ultimi casi di alluvioni: si è costruito in luoghi in cui si sapeva che poteva succedere quello che poi è successo”. Da qui l’appello. “Occorre alzare il livello di consapevolezza e passare ai fatti. I combustibili fossili sono fonti che vanno progressivamente ridotte e va fatto adesso. Non c’è più tempo da perdere”.
E l’allarme sulla possibile macelleria sociale con il crollo dell’occupazione? “Siamo dentro una transizione tecnologica che ha molti elementi positivi, perché si stanno sviluppando tecnologie che ci consentirebbero di ridurre la nostra dipendenza dal petrolio. Alcune aziende sono in ritardo, ma frenare questa transizione significherà semplicemente aggiungere al danno climatico la beffa di non entrare in settori che probabilmente sono già quelli in cui si sta costruendo il futuro”. Il direttore di Greenpeace Italia non ha dubbi. “Lo spazio per agire c’è, uno spazio che sarebbe anche conveniente per generare posti di lavoro e per aprire in settori industriali a più basso impatto, che sono la strada per poter rispondere alla crisi del clima”.
“C’è un pezzo di futuro verde, oggi le fonti rinnovabili sono diventate quelle più competitive – avverte -. Bloccare la crisi climatica consentirebbe all’Italia di continuare a giocare un ruolo come Paese industrializzato. Bisognerebbe mettere al centro la transizione, invece di ostacolarla. La transizione energetica pone delle sfide, ma ci può consentire di aprire un dialogo e una collaborazione che converrebbe a tutti, sia sul piano economico sia per combattere un nemico comune: la crisi del clima. Una crisi – conclude – che colpirà tutti. Lo vediamo negli incendi in California, in quelli Australia, nei fenomeni in Cina e in quelli nel Mediterraneo e in Italia. I Paesi collaborino, si ‘armino’ contro il nemico comune: la crisi climatica”. (di Rossana Lo Castro)
Coronavirus
Omar Favaro, violenze a ex moglie: nuove accuse 22 anni dopo delitto Novi Ligure

Insieme alla fidanzata Erika nel 2001 massacrò la madre e il fratellino di lei. Ora è indagato per abusi e maltrattamenti in famiglia

Nuove accuse per Omar Favaro, a 22 anni dalla strage di Novi Ligure. L’uomo, oggi 40enne, è accusato di violenze nei confronti della ex moglie e maltrattamenti in famiglia. Era il 2001 quando Omar aiutò la fidanzata dell’epoca, Erika De Nardo, ad uccidere con 97 coltellate la madre di lei, Susy Cassini, e il piccolo Gianluca, il fratellino che aveva solo 11 anni. Adesso, Favaro potrebbe dover tornare davanti ai giudici, riporta Repubblica, che specifica come i fatti contestati sarebbero avvenuti tutti prima del 2022, in particolare durante il periodo del Covid-19.
“Minacce di morte, botte, soprusi fisici e psicologici. ‘Ti sfregio la faccia con l’acido’, ‘ti mando su una sedia a rotelle’, ‘ti faccio la festa’. La testa di lei presa per i capelli e avvicinata pericolosamente a un fornello acceso. E un clima di costante paura, controllo, insulti: ‘Fai schifo’, ‘non esci viva da qui’. Oggetti scagliati addosso – riporta ancora il quotidiano – cellulari rotti, il divieto di chiamare i carabinieri. La donna ha taciuto a lungo per paura. E il tempo le è diventato nemico. La procura di Ivrea ha provato a fermare Omar, chiedendo una misura cautelare: il divieto di avvicinamento per quelle ripetute minacce di morte. Ma il giudice ha detto di no. La coppia, infatti, nel frattempo si è separata e, secondo il magistrato, non c’è più l’attualità del pericolo”.
“Il suo passato non c’entra ma continua a perseguitarlo e non deve essere strumentalizzato come invece si sta cercando di fare in una vicenda che guarda caso nasce proprio durante una causa di separazione dove è in discussione l’affidamento della figlia”, spiega l’avvocato Lorenzo Repetti che è tornato ad assistere Omar. La pm Valentina Bossi e la procuratrice capo di Ivrea Gabriella Viglione hanno fatto appello contro il rifiuto della misura. Il fascicolo è arrivato ora al tribunale del Riesame di Torino che dovrà rivalutare la situazione effettiva di rischio che stanno correndo le vittime.
Cronaca
Giulia Tramontano, la sorella: “Problemi con Alessandro già da febbraio 2021”

La testimonianza di Chiara: "Sapeva che lui aveva un'altra da gennaio di quest'anno"

Giulia Tramontano, la 29enne incinta al settimo mese uccisa una settimana fa a Senago dal compagno Alessandro Impagnatiello, sapeva che il 30enne aveva una relazione con un’altra donna già dal mese di gennaio. Lo ha riferito la sorella di Giulia, Chiara Tramontano, quando lo scorso lunedì è stata sentita dai carabinieri della stazione di Senago, all’indomani della denuncia di scomparsa della 29enne.
Le due sorelle, legatissime, vivevano lontane da cinque anni, ma si sentivano quotidianamente e trascorrevano le vacanze insieme. Chiara, di due anni più piccola, però non approvava la relazione con Impagnatiello. “Fin dall’inizio non ho mai avuto una grande stima di Alessandro”, racconta Chiara ai carabinieri. Perplessità manifestate anche alla sorella, che dal canto suo non le nascondeva che fin dal “febbraio 2021, quando è iniziata la convivenza con Alessandro” nella casa di Senago “c’erano problematiche sentimentali con il compagno”, che “spesso assente per lavoro” lasciava Giulia a casa da sola.
La situazione si aggrava quando “nel mese di gennaio 2023 mia sorella mi riferiva che Alessandro le aveva confidato di avere un’altra relazione sentimentale con un’altra ragazza”. Giulia, che ha superato il primo trimestre di gravidanza, lascia Senago e trascorre due settimane con la famiglia nella casa di Sant’Antimo, in provincia di Napoli. Racconta ai genitori di essere incinta e delle “problematiche sentimentali con Alessandro”, ricevendo da loro tutto il supporto necessario. La ragazza si congeda dalla famiglia dicendo che “non avrebbe perdonato Alessandro, ma sarebbe tornata a Senago temporaneamente in attesa di trovare un’altra soluzione abitativa oppure tornare a casa dei genitori”.
Passano i mesi e la 29enne resta a vivere con il compagno nel Milanese. Ad aprile i due decidono di fare qualche giorno di vacanza a Ibiza. Chiara non approva e le due sorelle discutono. I rapporti si raffreddano, ma i primi di maggio, quando si ritrovano insieme a casa dei genitori, tra loro torna tutto come prima, con scambi di messaggi e telefonate quotidiani, fino a quando Giulia, domenica scorsa, smette di rispondere. Era già morta, uccisa la sera prima da Alessandro.
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