

Salute e Benessere
Operato a 7 anni con risonanza a ultrasuoni, a Milano ‘prima mondiale’
Al Besta bimbo in gravi condizioni per una distonia degenerativa salvato da complicanze ed esiti fatali

Un bambino di 7 anni, arrivato a Milano dalla Sardegna dove era ricoverato in gravi condizioni per una distonia degenerativa, è stato sottoposto all’Istituto neurologico Besta a un intervento con risonanza magnetica a ultrasuoni (Mrgfus, Magnetic Resonance guided Focused Ultrasound). A darne notizia è l’Irccs meneghino in una nota: “Per la prima volta al mondo” la tecnica, “una procedura mini-invasiva in grado di effettuare un intervento chirurgico di tipo lesionale sotto controllo diretto radiologico e con l’ausilio degli ultrasuoni, è stata utilizzata con ottimi risultati su un bambino di 7 anni”, spiegano dalla struttura. Il piccolo “ora sta meglio”. L’intervento, si legge, “ha evitato complicanze o esiti fatali per il paziente, già affetto da una distonia degenerativa (deficit di Pkan) su base genetica”.
La distonia è un disturbo motorio che causa posture anomale e/o degli spasmi muscolari involontari e che può avere differenti cause, che vanno dal danno perinatale o post-natale alle forme genetiche, come nel caso del piccolo paziente, affetto da una forma genetica rara particolarmente aggressiva. In caso di stato distonico si manifestano spasmi molto gravi che richiedono sedazione profonda in rianimazione.
A eseguire la procedura Vincenzo Levi, neurochirurgo della Struttura semplice dipartimentale (Ssd) di Neurochirurgia funzionale, e Giovanna Zorzi, neuropsichiatra infantile e direttore della Struttura complessa (Sc) di Neuropsichiatria infantile 1- Disordini del movimento del Besta, coadiuvati dall’équipe anestesiologica diretta da Marco Gemma, dall’équipe della Sc Neurologia 1 – Disturbi del movimento diretta da Roberto Eleopra, dall’équipe della Sc di Neuroradiologia di Marina Grisoli e dall’équipe della Sc di Neuroradiologia intervenzionale di Elisa Ciceri.
“Il bambino – riferisce Zorzi – ha presentato un grave e rapido peggioramento clinico per la comparsa di uno stato distonico refrattario alla terapia medica che ha reso necessario il ricovero in terapia intensiva, prima a Sassari poi qui al Besta. E’ stato sedato, intubato e ventilato per quasi un mese con un alto carico di farmaci anti-distonici e sedativi e con gravi complicanze cliniche, come setticemia, trombosi settica che stavano mettendo ad alto rischio la vita del paziente”.
Lo stato distonico, approfondisce Levi, “è una rara e grave complicanza delle distonie pediatriche. Se non trattata per tempo può essere fatale. Quando la terapia medica non è efficace vengono effettuati con successo interventi neurochirurgici tradizionali (stimolazione cerebrale profonda o pallidotomia a radiofrequenza). In questo caso non era possibile effettuare tali interventi invasivi dato il ricorrente stato settico del bambino. E’ stato quindi deciso, dopo aver ottenuto il parere favorevole del Comitato etico, di sottoporre il bambino a un trattamento mediante Mrgfus, una procedura chirurgica minimamente invasiva in grado di effettuare una pallidotomia bilaterale sotto controllo diretto radiologico, utilizzando gli ultrasuoni focalizzati”.
La procedura è stata effettuata in anestesia generale “senza complicanze – aggiunge Levi – Dopo 48 ore dall’intervento è stato possibile alleggerire la sedazione e dopo una settimana trasferire il bambino dalla terapia intensiva al reparto di degenza, dal quale verrà dimesso nelle prossime settimane in una situazione di compenso, avendo riacquisito la capacità di interazione con il mondo esterno”.
Questa tecnica “viene impiegata nel trattamento di alcuni disordini del movimento ed è attualmente prevista per i soli pazienti adulti che sono in grado di effettuare la procedura senza sedazione e unilateralmente – commenta il direttore generale del Besta, Angelo Cordone – L’eccezionalità dell’intervento, primo al mondo, consiste nell’aver effettuato con successo una pallidotomia bilaterale tramite Mrgfus in un bambino, affetto da uno stato distonico refrattario alla terapia medica, per il quale non era percorribile alcun’altra opzione terapeutica. Una procedura mai compiuta prima su un bambino, che apre una nuova prospettiva terapeutica poco invasiva, che ha premiato con un risultato eccezionale i nostri medici e fa del Besta un’eccellenza mondiale nelle neuroscienze”.
“Il Besta è dotato di apparecchiature all’avanguardia, ma soprattutto di équipe mediche di alto livello che, in questo caso, hanno salvato la vita al piccolo, già provato da una rara malattia”, ha aggiunto il presidente dell’Irccs, Andrea Gambini, evidenziando che così si può “dare speranza ai malati, in questo caso a un bambino e alla sua famiglia”.
Per l’assessore al Welfare della Regione Lombardia, Guido Bertolaso, c’è anche un altro aspetto da evidenziare: “La capacità dei nostri professionisti di ‘guardare oltre’ e adottare soluzioni innovative per problematiche che purtroppo sembrano non avere possibilità di essere trattate. Mi complimento con gli specialisti delle Neuroscienze del Besta – afferma – per la grande competenza e li ringrazio per questo spirito d’iniziativa messo a servizio di chi si affida a loro per essere curato. Un pensiero particolare e personale va al piccolo paziente e ai suoi familiari a cui auguro tutta la serenità possibile”.
Salute e Benessere
Dermatite atopica e alopecia areata, rimborso per Jak inibitore orale

Bariticinib in fascia H per 2 patologie della pelle con forte impatto su qualità di vita

Un unico farmaco – bariticinib, un inibitore orale delle Janus chinasi (Jak), enzimi coinvolti nei processi immunitari ed infiammatori – è ora rimborsato, in fascia H, per i pazienti candidati a una terapia sistemica affetti da alopecia areata severa e da dermatite atopica severa, in associazione a corticosteroide topico. Il via libera in Italia alla rimborsabilità da parte del Servizio sanitario nazionale (Ssn) – spiega Eli Lilly in una nota diffusa oggi – arriva dopo l’approvazione del 2020 da parte dell’Agenzia europea dei medicinali (Ema) per la dermatite atopica moderata e severa e nel 2022 per l’alopecia areata severa, patologia per la quale è in assoluto il primo farmaco autorizzato. Sulle nuove prospettive di cura di queste patologie della pelle si è parlato oggi a Milano nel corso di un evento.
La dermatite atopica e l’alopecia areata sono due malattie cutanee, rispettivamente di tipo infiammatorio e autoimmune, che hanno pesanti ricadute sulla qualità della vita di chi ne è affetto: disturbi del sonno, depressione, ansia, difficoltà a socializzare con conseguenze negative anche sulla vita lavorativa. Associate erroneamente a un disagio prettamente estetico – continua la nota – in Italia colpiscono circa 117.966 persone. La dermatite atopica interessa dal 5-8% della popolazione, soprattutto le donne di età compresa tra i 20 e i 40 anni, mentre alopecia areata si manifesta nello 0,2% degli italiani, può comparire a qualsiasi età, senza distinzione di genere e determina una perdita, a chiazze o totale, di capelli, ciglia, sopracciglia.
“Quando è nato il mio primo figlio – afferma Mario Picozza, presidente Associazione nazionale dermatite atopica (Andea) e FederAsmallergie – non potevo nutrirlo né tenerlo in braccio a causa delle lesioni sulle braccia e del prurito che non mi faceva dormire. Chi soffre di dermatite atopica non ha un problema estetico, ma una patologia cronica che spesso toglie il sonno, che compromette la vita intima e sociale, che apre a discriminazioni se in presenza di lesioni visibili. Avere nuove opzioni terapeutiche è cruciale proprio per consentire al paziente di recuperare quelle dimensioni di vita che la malattia gli ha tolto o fortemente compromesso”.
Le persone con dermatite atopica “affrontano quotidianamente disturbi legati al prurito che impatta per il 70% di loro sulla qualità di vita con gravi ripercussioni sulla vita sociale e relazionale – aggiunge Antonio Costanzo, direttore dell’Unità operativa di Dermatologia- Humanitas (Milano) – Bariticinib è un farmaco già molto utilizzato nel trattamento dell’artrite reumatoide, con un profilo di sicurezza ben caratterizzato, e che ha poche interazioni farmacologiche. Sul piano terapeutico, come dimostrato dagli studi Breeze, ha il vantaggio di agire rapidamente calmando il prurito e agendo anche sulle lesioni della pelle. La rimborsabilità è un’ottima notizia anche perché sono ancora poche le terapie sistemiche”.
La caduta dei capelli, nelle persone con alopecia areata, è una delle principali cause di disagio psicologico con conseguenti ansia, paura, preoccupazione, depressione, fino all’aumento del rischio suicidario. Ma c’è di più. “Ci sono bambini vittime di bullismo – racconta Claudia Cassia, presidente Associazione italiana pazienti alopecia and friends (Aipaf) OdV – come una bimba che ha assistito all’uscita di tutti gli altri coetanei dalla piscina in cui nuotava, persone che perdono il lavoro, che vengono allontanate dai luoghi pubblici, donne abbandonate all’altare. Questa nuova terapia – continua – rappresenta per noi un traguardo importantissimo anche nel cammino verso il riconoscimento dell’alopecia areata come malattia cronica e, quindi, verso una nuova presa in carico e gestione dei pazienti”. L’alopecia areata “è una patologia di cui si parla poco – osserva Bianca Maria Piraccini, direttore della Uoc Dermatologia Irccs Policlinico di Sant’Orsola Università degli Sudi di Bologna – quasi fosse una colpa o qualcosa di contagioso, ma ha gravi ripercussioni sulla stabilità emotiva, la vita privata e sociale di chi ne è colpito. La rimborsabilità per Bariticinib è un grande passo avanti perché è stato il primo farmaco approvato per il trattamento di questa patologia e gli studi Brave ne hanno ampiamente dimostrato sicurezza ed efficacia”.
“Siamo orgogliosi di poter annunciare la disponibilità di questa importante soluzione terapeutica per i pazienti italiani che soffrono di dermatite atopica e alopecia areata – sottolinea Veronica Rogai, Associate VP-Medical Italy Hub Lilly – Baricitinib rappresenta un’ulteriore conferma del nostro impegno nei confronti delle malattie dermatologiche e dell’impegno più ampio di Lilly a rispondere ai bisogni ancora insoddisfatti dei pazienti, migliorando la vita delle persone.”
Salute e Benessere
Tumori, i capolavori italiani ‘indossano’ la prevenzione, Colosseo in rosa

Nel mese internazionale della lotta ai tumori del seno, i capolavori italiani ‘indossano’ la prevenzione grazie alla collaborazione tra il ministero della Cultura e Komen Italia. Questa sera a Roma il Colosseo sarà illuminato di rosa. L’iniziativa è stata presentata oggi al Mic, che nel prossimo mese di ottobre offrirà l’accesso gratuito a molti musei statali a coloro che sceglieranno di sostenere le attività di Komen Italia con una donazione sul sito www.prevenzione.komen.it.
Con oltre 56mila nuovi casi l’anno solo in Italia, i tumori del senso rappresentano le neoplasie più frequenti nelle donne, ricorda Komen Italia. L’incidenza è in continuo aumento e si stima che entro il 2025 nel mondo si ammaleranno quasi 6 milioni di donne. “Cultura, arte e medicina hanno ragione di essere insieme perché anche le prime due curano – ha detto Riccardo Masetti, fondatore di Komen Italia – Ringrazio il Mic con cui abbiamo negli anni lavorato insieme, il sostegno per noi vuol dire tanto. E’ un riconoscimento al nostro lavoro. L’ingresso gratuito a tanti musei italiani a chi farà una donazione aiuterà la promozione della prevenzione, che può evitare un terzo dei casi di tumore al seno”. (Segue)
Salute e Benessere
Giornata mondiale dell’Alzheimer, il punto sulle terapie innovative

Paolo Rossini, direttore Neuroscienze e dell’Irccs San Raffaele di Roma, passa in rassegna alcune molecole

Oggi è la Giornata mondiale dell’Alzheimer, la forma più comune di demenza degenerativa progressivamente invalidante, non c’è ancora una terapia ma diverse molecole hanno cercato una ribalta negli ultimi anni. Aprendo qualche speranza per i pazienti e i familiari. A fare il punto è Paolo M. Rossini, direttore Dipartimento Neuroscienze e Neuroriabilitazione dell’Irccs San Raffaele di Roma. “Avevamo chiuso il 2022 con un po’ di amaro in bocca per malati, famiglie e addetti ai lavori legato al fatto che il primo farmaco che aveva dimostrato una qualche efficacia nel modificare l’andamento naturale della malattia approvato negli Usa (Aducanumab*) non era stato poi approvato in Europa (e quindi in nessuno dei Paesi Eu) a causa di una serie di motivazioni peraltro per lo più condivisibili – osserva – come la scarsa efficacia clinica, gli effetti collaterali relativamente frequenti e talvolta allarmanti, gli elevati costi diretti e indiretti (inclusi quelli organizzativi per l’erogazione ospedaliera ed il monitoraggio degli effetti collaterali)”.
Il 2023 “si è aperto con l’approvazione da parte dell’Fda di un altro anticorpo monoclonale contro la beta-amiloide (come Aducanumab) il cui percorso approvativo è ora all’attenzione delle autorità dell’Ente europeo per il farmaco. La molecola si chiama Lecanumab*; in questo caso l’efficacia sembra maggiore, gli effetti indesiderati molto minori, mentre permangono irrisolti i problemi relativi ad i costi diretti ed indiretti”, prosegue Rossini.
“Come era prevedibile, aperta la porta da Aducanumab, si sarebbe assistito ad un progressivo ingresso di nuove molecole che sono in grado di rallentare l’evoluzione della malattia. Ci sono infatti diversi farmaci in attesa di terminare la loro Fase III che – se corroborata da risultati positivi- permette poi la richiesta di immissione sul mercato; alcuni di questi sono somministrabili sottocute (come l’insulina per il diabete) e non richiederebbero quindi una onerosa e costosa fase di distribuzione ospedaliera quale quella richiesta per effettuare una flebo. Tra questi mi pare utile segnalare quello con il Valitramilprosato* – sottolinea Rossini – perché sarebbe la prima formulazione assumibile per bocca, perché agirebbe non solo su beta-amiloide, ma anche su tau (un altro ‘killer’ alla base della formazione dei grovigli neurofibrillari all’interno dei neuroni attaccati dai processi neurodegenerativi), avrebbe pochissimi effetti collaterali e di scarso rilievo e sembrerebbe in grado di bloccare l’evoluzione della malattia. L’uso di tanti condizionali è d’obbligo- precisa – poiché tutte le informazioni sin qui disponibili arrivano dall’azienda produttrice e necessitano quindi di una valutazione approfondita da parte di un comitato neutrale non appena la medesima azienda dovrà aprire i propri archivi per mostrare i dati originali al fine di iniziare un percorso approvativo”.
Ed intanto ora cosa si fa? “Ci sono i soliti farmaci ‘sintomatici’ con tutti i limiti ben noti – risponde il neurologo – c’è l’attenzione sullo stile-di-vita (sempre più solidi sono le evidenze scientifiche a supporto del fatto che fare ginnastica tutti i giorni e dedicare tempo ad attività cognitive aumenta la resistenza dei neuroni e dei circuiti nervosi superstiti) e sui fattori di rischio da ridurre o eliminare del tutto (obesità, fumo, eccesso di alcool, controllo diabete, controllo pressione, controllo cardiopatie)
“Infine, stanno emergendo ipotesi di trattamento che attualmente dobbiamo ancora considerare sperimentali in cui si utilizzano vari tipi di energie (campi magnetici pulsanti, correnti elettriche di bassa intensità, ultrasuoni focalizzati, onde d’urto) in grado di attivare in modo selettivo (le sonde di stimolazione vengono guidate dalle immagini del cervello di quel determinato paziente tramite tecniche di neuronavigazione) facendo impattare l’energia in uso sulle ‘centraline’ cerebrali particolarmente importanti per la memoria, l’orientamento, il linguaggio, il tono dell’umore etc. Sembra che sedute quotidiane della durata di alcune decine di minuti, ripetute dal lunedi al venerdi per 3 o 4 settimane consecutive siano in grado di mantenere o addirittura di migliorare le funzioni connesse ai circuiti stimolati per i 6-12 mesi successivi”, conclude.
Coronavirus
Covid e scuola, Vaia: “No al ritorno di mascherine e Dad”

Il direttore della Prevenzione del ministero della Salute: "Istituito tavolo tra ministeri. Contagi? Abbastanza contenuti"
“Bisogna evitare assolutamente il ritorno delle mascherine a scuola e della Dad” contro il Covid “per fare questo abbiamo istituito un tavolo interdisciplinare tra ministero della Salute, Istruzione e merito, Pubblica amministrazione e con il ministero del Lavoro per verificare insieme quali misure adottare per dare serenità ai ragazzi, al corpo docente e non docente e ai famigliari a casa”. Lo ha detto al Tg1 il direttore della Prevenzione del ministero della Salute, Francesco Vaia.
“Dai primi dati in nostro possesso – ha aggiunto Vaia – rileviamo un aumento abbastanza contenuto dei contagi da Covid-19, ben al di sotto sia in termini percentuali che assoluti di quanto alcuni temevano”.
Coronavirus
Vaccini, allo studio ‘scudo’ a mRna contro la malattia di Lyme

La ricerca negli Usa contro la malattia trasmessa dalle zecche

Allo studio negli Usa un vaccino a mRna contro la malattia di Lyme, l’infezione trasmessa dalle zecche. Secondo i ricercatori dell’Università della Pennsylvania che lo stanno sviluppando e lo hanno testato per ora su modelli animali, il prodotto – basato sulla stessa tecnologia dei vaccini anti-Covid – può prevenire l’insorgenza della malattia di Lyme e rappresentare “un potente strumento per ridurre il numero di casi”.
Il batterio che causa la malattia di Lyme si chiama Borrelia burgdorferi, viene trasmesso attraverso la puntura di zecche infette e può dare febbre, mal di testa, affaticamento ed eruzioni cutanee. Se non trattata, l’infezione può diffondersi alle articolazioni, al cuore e al sistema nervoso. Benché nella maggior parte dei casi la malattia si risolva con qualche settimana di antibiotici, alcuni pazienti sviluppano la cosiddetta sindrome della malattia di Lyme post-trattamento, che può provocare sintomi persistenti come forti dolori articolari e problemi neurocognitivi. Vaccini anti-Lyme esistono per i cani, ma non ancora per l’uomo. “I batteri sono organismi più complessi dei virus e quindi può essere più difficile sviluppare vaccini efficaci per contrastarli”, spiega il microbiologo Norbert Pardi, autore senior dello studio pubblicato su ‘Cell’. In questo caso “siamo stati in grado di identificare un bersaglio per un vaccino a mRna che mostra risultati promettenti nella prevenzione dell’infezione da B. burgdorferi nei modelli animali”.
Insieme a Drew Weissman, pioniere dei vaccini a mRna, Pardi e colleghi hanno individuato come target una proteina detta OspA, presente sulla superficie di B. burgdorferi e conservata in molteplici ceppi del batterio. Nei test sui modelli animali, dopo una singola somministrazione, il vaccino sperimentale ha indotto “una forte risposta di anticorpi e cellule T antigene-specifici” che potrebbe proteggere dalla Lyme. Il prodotto ha suscitato inoltre “una forte risposta delle cellule B di memoria”, che potrebbe aiutare a prevenire l’infezione da B. burgdorferi anche molto tempo dopo l’inoculo. Il progetto è finanziato dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases (Niaid) americano, dalla Steven and Alexandra Cohen Foundation, dall’Howard Hughes Medical Institute Emerging Pathogens Program e dal Burroughs Wellcome Fund.
Salute e Benessere
Vaccini, Tronzano (Reg. Piemonte): “Su anti-Zoster fatto molto ma si può migliorare”

L'assessore regionale al Bilancio: "Operazione straordinaria con medicina generale, più risorse dalla politica"

“Va dato merito ai medici di medicina generale di aver promosso questo tipo di iniziativa, oggettivamente straordinaria. Chi salva una vita, o potenzialmente la salva, merita il più grande rispetto, ed è per questo che le istituzioni sono qui oggi. L’Herpes zoster è una malattia dolorosa, lunga, ed è molto sottovalutata. In questo senso la prevenzione per noi è importantissima. Abbiamo l’esempio”, in altro contesto, “dell’ospedale infantile Regina Margherita che farà 6mila screening neonatali ai bambini, quando una volta si parlava di 20-30, 40 al massimo. Siamo arrivati a livelli importanti, ma la politica può fare di più, mettere più risorse. Come Regione Piemonte stiamo facendo molto, ma si può sempre migliorare”. Lo ha detto Andrea Tronzano, assessore al Bilancio della Regione Piemonte a margine del convegno ‘I risultati di un progetto di medicina d’iniziativa per la vaccinazione contro Herpes zoster in Regione Piemonte; i protagonisti del territorio nelle vaccinazioni dell’adulto”, che si è svolto a Torino.
La vaccinazione anti-Herpes zoster – si è ricordato all’evento – è decollata nella città della Mole, grazie a un progetto della Scuola piemontese di medicina generale, in sinergia con la direzione generale dell’Asl città di Torino e con il patrocinio della Regione Piemonte. Ideato per avvicinare i pazienti all’ambulatorio del medico di famiglia, l’iniziativa ha contribuito a triplicare le somministrazioni delle vaccinazioni da gennaio ad agosto 2023, rispetto al periodo 2019-2022. “Nello specifico della vaccinazione e contro l’Herpes zoster – afferma Stefano Taraglio, direttore sanitario dell’Asl Città di Torino – abbiamo cercato di potenziare l’offerta vaccinale attraverso il coinvolgimento delle nostre strutture pubbliche, i servizi di igiene di sanità pubblica, i nostri due hub vaccinali del Lingotto e del San Giovanni Bosco”.
“Con il coinvolgimento dei medici di medicina generale – continua – si è avuto un significativo incremento del numero di vaccinazioni, perché i pazienti vengono direttamente visti e segnalati dal proprio medico che può procedere o a vaccinare in proprio, oppure utilizzare le strutture vaccinali per i casi di maggior complessità. Possiamo dire quindi che il sistema messo in atto ha finora consentito il raggiungimento di un valore che rispetto a circa due anni fa è significativamente aumentato, direi addirittura di 7-8 volte – osserva Taraglio – numeri ottimali ma non ancora sufficienti per raggiungere i valori previsti dal piano nazionale di prevenzione vaccinale. L’obiettivo – conclude – è incrementare la sinergia tra medicina generale e strutture pubbliche, proprio per raggiungere il maggior numero di pazienti possibile e garantire la copertura vaccinale necessaria”.
Coronavirus
Pediatria: bronchioliti sempre più gravi causa varianti Vrs, studio Sapienza-Iss

I risultati di uno studio dell'università Sapienza di Roma in collaborazione con il Dipartimento di Malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità

Negli ultimi anni sono aumentati i casi gravi di bronchiolite nei bambini, e all’impennata hanno contribuito varianti del virus respiratorio sinciziale (Vrs), responsabile della malattia. Lo suggeriscono i risultati di uno studio condotto dai virologi dell’università Sapienza di Roma, in collaborazione con il Dipartimento di Malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità (Iss), pubblicato dal ‘Journal of Infection’.
La bronchiolite – ricorda una nota congiunta Iss-Sapienza – è una malattia spesso associata all’infezione da Vrs che può causare insufficienza respiratoria soprattutto nei bambini con età inferiore a un anno. È importante riuscire a comprendere perché alcuni di loro sviluppino forme cliniche molto gravi e tali da richiedere l’ospedalizzazione e ricovero in terapia intensiva. La caratterizzazione di questi casi, inclusa l’individuazione di ceppi virali che provocano un decorso severo dell’infezione, è di fondamentale importanza per una migliore gestione clinica e terapeutica dei pazienti e per l’utilizzo mirato di misure profilattiche già disponibili o disponibili a breve, come anticorpi monoclonali e vaccini anti-Vrs. La ricerca, finanziata da un progetto Ccm del ministero della Salute, ha analizzato i casi ospedalizzati per bronchiolite presso i reparti del Dipartimento materno infantile del Policlinico Umberto I nelle stagioni pre-pandemiche, durante e dopo la pandemia, utilizzando i dati della piattaforma di sorveglianza RespiVirNet dell’Iss.
I risultati hanno dimostrato che nell’autunno 2021 si è verificato un numero di ospedalizzazioni per bronchiolite da Vrs quasi doppio rispetto ai periodi pre-pandemici, probabilmente per effetto dell’allentamento delle misure di contenimento del virus. In particolare – dettaglia la nota – la malattia è stata causata principalmente da ceppi di Vrs sottotipo A, che circolavano anche prima della pandemia di Covid, e la gravità è stata simile a quella delle stagioni precedenti. Diversamente, le ospedalizzazioni per bronchiolite del 2022-2023, in numero simile all’anno precedente, sono state principalmente causate da nuove varianti genetiche di Rsv sottotipo B, associate a una maggiore severità della malattia se confrontata a quella delle stagioni precedenti, soprattutto per l’elevata necessità di supporto respiratorio e di ricovero in terapia intensiva.
“Un punto di forza delle nostre ricerche – spiega Guido Antonelli del Dipartimento di Medicina molecolare della Sapienza – è quello di aver svolto un’analisi virologica dettagliata su un numero elevato di pazienti pediatrici ospedalizzati per bronchiolite durante le ultime sei stagioni invernali dal 2018-2019 al 2022-2023. In tutti i bambini ricoverati è stata eseguita la caratterizzazione molecolare e il sequenziamento del ceppo di Vrs e un’analisi statistica dettagliata dei dati demografici e clinici associati a un maggiore rischio di forme gravi di bronchiolite”.
“Il nostro studio aggiunge nuovi elementi alla comprensione dei meccanismi patogenetici associati alle varianti di Vrs circolanti nel periodo post-pandemico. In effetti sembra che la maggiore severità della patologia e l’aumento degli ingressi in terapia intensiva riscontrato nei casi di Vrs sottotipo B, nel 2022-2023 non sono spiegabili solo dal debito immunitario associato ai periodi di lockdown”, spiegano Alessandra Pierangeli e Carolina Scagnolari, coordinatrici della ricerca condotta in collaborazione con il gruppo di pediatri diretti da Fabio Midulla e il coordinamento del Dipartimento di Malattie infettive dell’Iss diretto da Anna Teresa Palamara.
“Lo studio – sottolinea Palamara – evidenzia la necessità di rafforzare la sorveglianza epidemiologica a livello nazionale di Vrs, così come degli altri virus respiratori circolanti soprattutto nei mesi invernali, e di progetti di sequenziamento genomico integrati da studi che possano monitorare infettività e patogenicità delle varianti virali. Attraverso dati come quelli evidenziati da questo studio è possibile prevedere l’intensità dei picchi stagionali di casi di bronchiolite allo scopo di razionalizzare le risorse sanitarie”.
Coronavirus
Fitness, passato il Covid ‘vade retro’ app, si riparte in palestra e con lezioni all’aperto


“Il Covid è stato un vero e proprio disastro per il settore del fitness, ma nel 2022 i club hanno ripreso, recuperando quello che era stato perso. E nel 2023 c’è stato il recupero sia in termini di numero di clienti che di fatturato. Considerando che l’attività sportiva in palestra è strettamente stagionale, settembre-agosto, anche se siamo solo all’inizio la sensazione è molto positiva e con la speranza che ‘non rompano le scatole con il Covid'”. Lo dice in un’intervista all’Adnkronos/Labitalia Paolo Menconi, presidente di Ifo – International fitness observatory.
“Sia i gestori delle palestre che le persone-iscritti – sottolinea – non vogliono più sentire parlare di Covid, ci si vuole allenare senza usufruire delle app, ma andando in palestra allenandosi all’aperto. Molti iscritti pensano che nessuno può sostituire un istruttore in carne e ossa, la gente vuole il contatto fisico e la socializzazione che un’app a casa non può certo offrire”.
“Assistiamo infatti a un aumento – fa notare – dell’interesse dell’outdoor cioè un allenamento sempre guidato da un istruttore della palestra, però in un ambiente esterno la mattina e la sera. Questo è un servizio in più che i club, prima del Covid, non era così emerso chiaramente”.
Salute e Benessere
Gallina Toschi (Federfarma), ‘pillola progestinica senza ricetta, farmacisti pronti’

‘Ci sono gli strumenti formativi e le reti con medici e pazienti per dare consulenza adeguata’

In Italia, “lasciando stare l’aspetto politico decisionale, che non spetta al farmacista, se l’evoluzione normativa dovesse andare in questa direzione – cioè la pillola anticoncezionale solo progestinica diventasse un farmaco dispensabile senza obbligo di ricetta (Sop) – credo ci sarebbero tutte le basi per dare al farmacista questo compito”. Lo ha detto, all’Adnkronos, Achille Gallina Toschi, presidente di Federfarma Emilia Romagna e consigliere nazionale della stessa Federazione dei titolari di farmacia, commentando il recente via libera dell’Agenzia americana del farmaco (Fda) alla vendita senza prescrizione medica della prima pillola contraccettiva, a base di solo progestinico (norgestrel).
“Ci sono tutti gli strumenti, sicuramente da espandere, soprattutto sull’aspetto formativo – continua – per far sì che il farmacista possa avere un ruolo fondamentale in questa attività. Già dal 2008 consegniamo dei farmaci urgenti senza prescrizione. Con la pandemia sono stati riconosciuti al farmacista tanti ruoli, il più importate la vaccinazione dopo, ovviamente, la formazione da parte dell’Istituto superiore di sanità (Iss). A fronte di una formazione adeguata e, avvalendosi di strumenti assolutamente già disponibili, come la rete presente tra tutte le farmacie, tra farmacie e medici di medicina generale e tramite il Fascicolo sanitario elettronico (Fse) – aggiunge Gallina Toschi – credo che il farmacista possa assolutamente, da un lato, fare una consulenza al paziente e, dall’altro, tenere sempre aggiornato il medico prescrittore, attraverso il Fse, della consegna del farmaco”.
La vendita della pillola progestinica senza prescrizione medica, “come avviene in Nuova Zelanda – ricorda Gallina Toschi – nel Regno Unito e, a partire dal 2024, anche dagli Stati Uniti come da recente approvazione dall’Agenzia americana Fda, apre scenari nuovi. Sicuramente però il Paese di riferimento, per noi, è il Regno Unito sia per vicinanza che per caratteristiche. E’ quello il sistema a cui fare riferimento in questa evoluzione normativa in tema di contraccezione, anche in relazione all’attività del farmacista”.
L’attività di consulenza su tematiche legate alla salute sessuale e riproduttiva e, in generale sulla contraccezione, fa già parte delle attività del farmacista. “Penso ad esempio – sottolinea l’esperto – all’attività che viene fatta nella consegna del farmaco contraccettivo d’emergenza che è stato autorizzato qualche anno fa in Italia, alle tantissime attività fatte in occasione delle giornate dell’Aids, sull’utilizzo del profilattico. Di fatto – ribadisce Gallina Toschi – il farmacista ha già un rapporto con i pazienti su questo tipo di tematiche, sia sulla contraccezione con l’utilizzo del profilattico, sia in caso di un evento che richieda la contraccezione di emergenza. Si tratterebbe solo di ampliare la formazione per la consegna della pillola progestinica senza prescrizione. Gli strumenti ci sono – riflette il consigliere di Federfarma – Durante la pandemia, l’Iss ha formato online, in 3-4 mesi, circa 8mila farmacisti alle vaccinazioni. Sicuramente gli strumenti tecnologici ci sono, basta pensare al fascicolo sanitario elettronico che permette il dialogo con il paziente e il medico”.
Da parte delle farmacie “c’è sempre disponibilità a supportare il Servizio sanitario – sottolinea Gallina Toschi – in qualunque evoluzione ci sia, a favore del paziente. Testimonianza ne sono le attività fatte durante la pandemia, con tamponi e soprattutto i vaccini. La decisione non spetta a noi, ma qualora ci fosse un’evoluzione in questo senso, con le caratteristiche che il ministero della Salute vorrà approntare – conclude – le farmacie daranno la loro disponibilità”.
Salute e Benessere
Pillola progestinica senza ricetta? ginecologa Nappi, ‘in farmacia sicura’

'Per garantire la temporanea infertilità ormonale nella donna il solo progestinico è efficace’

“Ogni donna ha diritto ad avere una contraccezione e quella con la pillola progestinica va incontro ai bisogni delle donne che generalmente hanno controindicazioni ad assumere gli estrogeni”. Questa condizione, che “sembra di nicchia, può essere utile anche nelle donne che possono avere bisogno di una contraccezione ormonale immediata, ma non hanno possibilità di rivolgersi al medico per farsi prescrivere, in prima battuta, una pillola con estrogeni, o si trovano nell’impossibilità di rinnovare una ricetta. Questo è il concetto più importante da considerare nella contraccezione solo progestinica, da dispensare senza ricetta, in farmacia, sotto il controllo del farmacista”. Così Rossella Nappi, docente dell’Università di Pavia e membro del direttivo della Società Internazionale di Endocrinologia ginecologica (Isge), all’Adnkronos commenta il recente via libera dell’Agenzia americana del farmaco (Fda) alla vendita senza prescrizione medica della prima pillola contraccettiva a base di solo progestinico (norgestrel).
“La contraccezione ormonale – spiega Nappi – può essere effettuata con pillole che contengono estrogeni e con pillole che non contengono estrogeni, le cosiddette pillole solo progestiniche. Per impedire l’ovulazione in modo adeguato e garantire la temporanea infertilità di una paziente basta un progestinico. Il motivo per cui abbiamo da sempre anche prodotti che contengono anche estrogeni – continua – è perché possono avere effetti positivi nel controllo del ciclo, ma per l’efficacia contraccettiva basta un progestinico che è sicuro perchè non ha un impatto sul sistema cardiovascolare. Le donne che usano una contraccezione progestinica, infatti, sono esposte a un rischio che è assolutamente bassissimo, pressoché nullo”.
La pillola progestinica “è sicura – afferma Nappi – tant’è che può essere assunta, per esempio, anche dalla donna che allatta, ma per l’assenza degli estrogeni, il ciclo mestruale non è regolare, ma è efficace per la contraccezione ed è sicura. Non deve essere assunta nelle pazienti che hanno un tumore ormono-dipendente – ricorda la ginecologa – ma è piuttosto difficile che, in tali condizioni, una paziente assuma ormoni o che qualcuno dispensi una pillola che li contenga. Anche per i rischi cardiovascolari – osserva – piuttosto di avere una gravidanza indesiderata secondo le linee guida dell’Organizzazione mondiale della salute (Oms) la pillola progestinica è sempre più sicura rispetto al dover affrontare una gravidanza indesiderata. E’ fondamentale sapere – sottolinea l’esperta – che la gravidanza non pianificata, nella metà dei casi, in tutte le statistiche che abbiamo in Europa, purtroppo, esita in un aborto volontario, cosa che non vogliamo per le nostre pazienti. Bisognerebbe cancellarlo – riflette Nappi – ma purtroppo questo non è possibile: va comunque sempre garantito alla donna di poter scegliere”.
La proposta è di agire a monte. “Se vogliamo ridurre l’aborto volontario – suggerisce la ginecologa – non dobbiamo restringere la possibilità di accesso, ma allargare la capacità di proteggere la donna. Le donne non sono affatto contente di fare un aborto volontario. Se lo fanno c’è una ragione. Ci sono tante fragilità da considerare. Si può aver dimenticato una pillola, rotto un preservativo: allora entra in campo la pillola del giorno dopo. Questa però – mette in guardia la specialista – non è una risposta ai problemi delle donne perché -ribadisce – sarebbe sempre meglio fare una contraccezione ormonale sicura a monte. E’ per questo che dobbiamo favorirne l’accesso, soprattutto per quelle donne che possono trovarsi in maggiore difficoltà nella fascia adolescenziale e nelle donne adulte che, non sempre hanno la possibilità di rivolgersi allo specialista, o che non sono preparate culturalmente”.
In pratica, la pillola progestinica, anche se “è chiaro che non può rispondere alle esigenze di tutte le donne in tema di salute e benessere, è capace di inibire l’ovulazione. Quindi – chiarisce Nappi – se una donna ha bisogno di iniziare un contraccettivo o ha una condizione in cui prendeva una pillola contraccettiva, ma in quel momento non ha la prescrizione di quella abituale, può farsi dispensare una pillola altrettanto sicura, o anche più sicura, per la salute e la contraccezione e rivolgersi poi per la prescrizione dal suo medico. In buona sostanza – riassume – tutte le persone che si trovano nella necessità di mettere al primo posto l’efficacia contraccettiva hanno la possibilità di acquistare un prodotto senza passare dal medico”
Chiaramente “il farmacista – ricorda Nappi – ha un ruolo fondamentale: può dare informazioni sul tipo di contraccettivo, verificare, in prima battuta che non ci siano controindicazioni, come una patologia ormono-dipendente e indicare di rivolgersi al medico di medicina generale, piuttosto che al ginecologo. Prendere una pillola progestinica in farmacia senza ricetta – conclude l’esperta – deve diventare un elemento di sicurezza per le donne, uno strumento perché le donne si rivolgano sempre con maggiore fiducia a chi si occupa di salute riproduttiva e sessuale, per fare una contraccezione consapevole e il più possibile in linea con i bisogni e la salute delle donne, con meno barriere, date le attese per prendere un appuntamento al Cup, con il ginecologo o con il proprio medico”.
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