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Civili uccisi a Gaza in attesa degli aiuti, Israele nega...

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Civili uccisi a Gaza in attesa degli aiuti, Israele nega responsabilità

Nuova bozza risoluzione Usa: "Timori per Rafah, tregua per arrivare a cessate il fuoco duraturo". Venti civili uccisi a Gaza in attesa degli aiuti, Israele nega responsabilità. Prima nave corridoio marittimo umanitario a Gaza

Sfollati a Gaza - Afp

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha respinto le ''richieste ancora assurde'' di Hamas per arrivare a un cessate il fuoco e ha dato il suo via libera al piano presentato dalle Forze di difesa israeliane (Idf) per l'operazione di terra a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza. Lo rende noto l'ufficio di Netanyahu in una nota condivisa al termine della riunione del gabinetto di guerra, affermando che ''l'Idf è pronto per l’operazione e per evacuare la popolazione'' civile da Rafah.

Israele, prosegue la nota, invierà una propria delegazione a Doha, in Qatar, per continuare i colloqui finalizzati a raggiungere un accordo di tregua ''una volta che il gabinetto di sicurezza avrà discusso la posizione israeliana''.

La decisione sull'operazione a Rafah è stata presa nonostante le pressioni internazionali su Israele affinché eviti di entrare con i militari nella città dove si stanno rifugiando circa 1,5 milioni di palestinesi sfollati.

Funzionario Usa a Cnn: "Cauto ottimismo"

Nonostante la linea dura di Netanyahu, "cauto ottimismo" è stato espresso dall'Amministrazione Usa sulla direzione in cui stanno andando i colloqui. Lo ha detto un funzionario americano alla Cnn dopo che una fonte diplomatica ha riferito all'emittente che gli sforzi di mediazione per arrivare a un cessate il fuoco nell'enclave palestinese vanno in una direzione positiva, anche se "ancora non ci siamo".

La bozza della risoluzione Usa all'Onu

La preoccupazione per un'eventuale offensiva di terra israeliana a Rafah e l'affermazione che una tregua iniziale nella Striscia di Gaza, se e quando concordata, dovrebbe "gettare le basi per un cessate il fuoco duraturo" è invece riportata, secondo la Cnn, nella nuova bozza di risoluzione messa a punto dagli Stati Uniti per essere sottoposta al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Il testo, visionato dalla rete americana, prende atto degli "sforzi diplomatici intensificati da parte di Egitto e Qatar, volti ad arrivare al rilascio degli ostaggi, aumentare la fornitura e la distribuzione degli aiuti umanitari, ad alleviare le sofferenze dei civili a Gaza attraverso un accordo per il rilascio degli ostaggi e un cessate il fuoco immediato di circa sei settimane".

La bozza propone che il Consiglio di Sicurezza "sostenga inequivocabilmente sforzi diplomatici internazionali per stabilire un cessate il fuoco immediato e duraturo nel quadro di un accordo per il rilascio degli ostaggi e che getti le basi per una pace più duratura per alleviare le sofferenze".

Nel testo gli Usa propongono che il Consiglio di Sicurezza sottolinei "la sua preoccupazione che un'offensiva di terra a Rafah risulti in ulteriori danni per i civili e in un ulteriore spostamento" della popolazione già sfollata, "anche potenzialmente in Paesi vicini, e avrebbe implicazioni per la pace e la sicurezza nella regione".

Prima nave corridoio marittimo umanitario a Gaza

La nave di Open Arms impegnata in una missione congiunta con l'organizzazione non governativa statunitense World Central Kitchen è ''al largo di Gaza dopo 72 ore di navigazione'' come ''prima nave ad aprire il corridoio marittimo umanitario che consentirà l'ingresso di cibo per alleviare la sofferenza estrema da milioni di persone nella Striscia''. Lo scrive Open Arms in un tweet confermando che ''a bordo ci sono 200 tonnellate di farina, riso, lenticchie, ceci, tonno e altri alimenti di base che diventeranno un milione di pasti'' per la popolazione palestinese. ''Non dimenticheremo mai questo momento. E' storia'', scrive lo staff su 'X'. La Cnn spiega che gli operatori hanno iniziato a caricare gli tonnellate di aiuti alimentari su imbarcazioni più piccole al largo del quartiere di Sheikh Ajleen, a Gaza City.

Ministero Sanità Gaza: "31.500 morti da 7 ottobre"

Sfiorerebbe intanto i 31.500 morti il bilancio dei morti nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre scorso. Il nuovo bollettino del ministero della Sanità di Gaza, che nel 2007 finì sotto il controllo di Hamas, parla di 31.490 morti, 149 in 24 ore, e di 73.439 feriti. Fra questi, stando a quanto riporta la tv satellitare al-Jazeera, 300 persone sono rimaste nelle ultime 24 ore.

20 civili uccisi in fila per aiuti, Israele nega responsabilità

Il ministero della Sanità di Gaza afferma che almeno 20 persone sono state uccise e 155 ferite dai bombardamenti israeliani mentre ieri erano in attesa degli aiuti. L'esercito israeliano ha negato di essere dietro l'attacco e ha detto che sta indagando sull'incidente. Il bilancio delle vittime è destinato a aumentare poiché le vittime vengono ancora trasferite in ospedale, secondo Mohammad Ghrab, un medico del pronto soccorso dell'ospedale Al Shifa.

Secondo il ministero della Sanità la carneficina è "il risultato del fatto che le forze di occupazione israeliane hanno preso di mira un gruppo di cittadini in attesa di aiuti umanitari alla rotatoria 'Kuwait' a Gaza. Le squadre mediche non sono in grado di gestire il volume e il tipo di feriti che raggiungono gli ospedali nel nord di Gaza a causa delle deboli capacità mediche e di personale", ha aggiunto il ministero.

La rotatoria del Kuwait a Gaza City è l’area in cui i camion degli aiuti distribuiscono cibo, attirando folle di persone alla disperata ricerca di aiuto. Le forze di difesa israeliane hanno negato di essere responsabili dell'attacco, in una dichiarazione rilasciata alla Cnn. "Le notizie secondo cui l'Idf ha attaccato decine di abitanti di Gaza in un punto di distribuzione degli aiuti sono false", si legge nella dichiarazione.

Testimoni oculari hanno riferito che l'area è stata colpita da quello che secondo loro sembrava un fuoco di carri armati o di artiglieria. Il portavoce della difesa civile di Gaza, Mahmoud Basal, ieri ha accusato Israele di essere dietro l'attacco in una dichiarazione. "Le forze di occupazione israeliane stanno ancora praticando la politica di uccidere cittadini innocenti in attesa di aiuti umanitari a causa della carestia che si sta verificando nel nord della Striscia di Gaza", ha detto Basal in una nota.

Hamas contro Abbas: "Rifiutiamo scelta unilaterale Mustafa"

Hamas ha criticato la scelta "unilaterale" del presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), Mahmoud Abbas, di nominare come nuovo primo ministro, Mohammed Mustafa. In una nota il movimento terroristico ha affermato che la decisione è stata presa senza consultarlo, nonostante abbia di recente preso parte a un incontro a Mosca, a cui ha partecipato anche Fatah, per mettere fine alle divisioni di lunga data tra i movimenti palestinesi. "Esprimiamo il nostro rifiuto di continuare questo approccio che ha inflitto e continua a infliggere danni al nostro popolo e alla nostra causa nazionale", ha dichiarato Hamas, che ha definito "delirante" ogni tentativo di escluderla dalla vita politica palestinese. "Prendere decisioni individuali e impegnarsi in passi superficiali e vuoti come formare un nuovo governo senza consenso nazionale non fa altro che rafforzare una politica di unilateralismo e approfondire la divisione", ha aggiunto Hamas, sottolineando che in una fase di guerra con Israele, i palestinesi avevano bisogno di una leadership unificata che preparasse elezioni libere e democratiche.

Restrizioni per ingresso al-Aqsa, in 80mila alla moschea

Circa 80.000 fedeli si sono recati nella moschea di Al-Aqsa nonostante le rigide restrizioni israeliane sull’accesso al luogo sacro per le prime preghiere del venerdì del Ramadan. Lo riferisce Quds News Network, citando il Waqf islamico che gestisce il complesso della moschea. Ad altre migliaia di palestinesi provenienti dalla Cisgiordania occupata è stato negato l'ingresso a Gerusalemme, dove una massiccia presenza di sicurezza israeliana circonda la moschea. Solo agli uomini di età superiore ai 55 anni e alle donne di età superiore ai 50 anni è permesso entrare nella moschea con un permesso valido, disposizione che rende il sito inaccessibile alla stragrande maggioranza dei palestinesi.

“E' diritto assoluto di tutti i musulmani entrare nella moschea di Al-Aqsa”, sia che vivano nei territori palestinesi che altrove, ha dichiarato ad al Jazeera il direttore della moschea, Omar Kiswani, aggiungendo che "non dovrebbero essere richiesti permessi per entrare nella moschea e questo è qualcosa che l'occupante deve capire". “Vediamo un numero significativo di soldati, poliziotti e altro personale delle forze dell’ordine circolare a Gerusalemme e nella moschea di Al-Aqsa, impedendo ai nostri fratelli della Cisgiordania di accedere ai luoghi santi”, ha continuato il direttore. “La moschea di Al-Aqsa è un luogo di culto e di pace, ma è diventata come una grande prigione a causa delle eccessive restrizioni e dei posti di blocco imposti. Assomiglia a un accampamento militare”.

Usa sanziona coloni in Cisgiordania

Intanto il Dipartimento di Stato americano ha annunciato nuove sanzioni contro tre coloni israeliani e due fattorie nella Cisgiordania occupata, poiché l’amministrazione prende di mira le minacce alla pace e alla sicurezza nell’area. A riportarlo è la Cnn. Le ultime sanzioni fanno seguito a un ordine esecutivo firmato il mese scorso dal presidente Joe Biden volto a prendere di mira i coloni israeliani violenti in Cisgiordania che, secondo lui, minano la stabilità nell’area. Il portavoce del Dipartimento di Stato Matt Miller ha affermato che "dai terribili attacchi terroristici contro Israele del 7 ottobre, la violenza in Cisgiordania è aumentata notevolmente".

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Ucraina, Crosetto: “Italia ha fornito tutto quello...

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"Noi veniamo da 40 anni con l'idea che la difesa fosse qualcosa di cui non avevamo bisogno"

Guido Crosetto

"Noi domani avremo una incontro, una call, a cui presumo ci sarà lo stesso Zelensky, per fare il punto" sugli aiuti all'Ucraina. "Mi pare che l'Europa e l'Italia in particolare abbiano fornito in questo periodo tutto quello che riuscivano a dare". Lo ha detto il ministro della Difesa Guido Crosetto, intervenendo all'incontro promosso da PwC Italia in collaborazione con il gruppo editoriale Gedi, dal titolo 'Il ruolo della ricerca militare nello sviluppo economico italiano'.

"Il problema - ha spiegato - è che noi veniamo da 40 anni con l'idea che la difesa fosse qualcosa di cui non avevamo bisogno, che le scorte e gli investimenti per la difesa non servissero, per cui non abbiamo magazzini pieni con cui possiamo aiutare. Quello che potevamo dare fino ad adesso l'Italia lo ha dato quasi integralmente. La parte che non ha ancora dato la darà prossimamente", ha detto il ministro.

"Sono talmente arrabbiato che dico una cosa pubblicamente: l'Italia ha ordinato alcuni sistemi di difesa aerea Samp-T due anni fa, l'industria che ha la commessa mi dice che li consegnerà tra tre anni. Un ordine di Samp-T per la difesa italiana fatto due anni fa, l'industria mi dice che lo consegna tra tre anni", ha proseguito.

"Voi pensate che uno possa fare il ministro della difesa o difendere un Paese con questi tempi? Non riesco a capire come sia possibile metterci tre anni per costruire una qualunque cosa, anche la più complessa che esiste al mondo", ha osservato Crosetto, spiegando che il problema è che "noi abbiamo un'industria che si era tarata su una capacità produttiva in cui lo Stato fa l'appalto, dà i soldi, quando li dà si inizia a costruire e poi quando si riesce, si consegna. Invece viviamo tempi in cui avremmo bisogno delle cose subito". Il problema - ha riferito il ministro - "non è solo italiano, ma europeo. Lo ha anche il ministro francese, con cui stiamo facendo una battaglia a due".

A differenza di quanto accade in Europa, "in Russia, in Cina e in Iran alzano il telefono e l'azienda che prima faceva frigoriferi" viene convertita per la produzione della difesa. "Noi invece ci confrontiamo con regole costruite in tempi di pace e in tempi normali in tempi che non sono di pace e non sono normali".

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India al voto, Armellini: “Grande democrazia? Con...

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L'ex ambasciatore a Nuova Delhi: "Il Paese è cresciuto, ma stretta autoritaria sempre più opprimente"

(AFP)

L'India resta un grande Paese, ma non è detto che resterà una grande democrazia. Alla vigilia della prima tornata elettorale nel gigante asiatico - dove da domani al primo giugno poco meno di un miliardo di elettori andrà a votare in 28 Stati federali e otto territori - l'ex ambasciatore italiano a Nuova Delhi, Antonio Armellini, parla con l'Adnkronos dell'India di Narendra Modi, che si avvia al suo terzo mandato, dopo dieci anni già al governo.

Con il leader del Bjp "l'India è molto cambiata, è cresciuta economicamente, è migliorata al suo interno, il programma di investimenti sulle infrastrutture ha portato risultati ed il sistema finanziario è stato ammodernato", riconosce Armellini. Che tra i 'meriti' cita "la presa sull'elettorato, che si è ampliato e non è più solo quello tradizionale del Bjp", il partito dei commercianti e degli imprenditori.

Parallelamente, osserva l'ex ambasciatore, "la stretta autoritaria del governo Modi è diventata sempre più opprimente, figlia di un controllo e di un meccanismo del consenso molto sofisticati", mentre l'opposizione divisa e frammentata "è in difficoltà nel trasmettere un qualche tipo di messaggio che possa essere recepito dagli elettori".

L'India cresce "ma crescono anche le diseguaglianze", sottolinea ancora Armellini, mentre si avvia a diventare "una democrazia autoritaria sempre più lontana dal modello che ne aveva fatto un unicum nel continente asiatico, una grande democrazia liberale, figlia del pensiero politico del 19mo secolo, che aveva avuto anche Giuseppe Mazzini tra gli ispiratori della lotta per l'indipendenza". "L'India laica, tollerante, multietnica, rispettosa dello stato di diritto non è l'India di Modi, fortemente identitaria - ragiona l'ex ambasciatore - L'India è un grande Paese, ma che resti una grande democrazia è un punto interrogativo".

Quanto alla politica estera di Nuova Delhi, che "ha una percezione di sé come grande potenza sullo stesso piano di Stati Uniti e Cina, il punto da cui partire è che l'India non ha alleanze, ma relazioni, è partner di molti, ma nel proprio interesse". Che è quello di "grande potenza autonomia con due punti di riferimento imprescindibili: il contrasto con la Cina e il conflitto con il Pakistan", spiega Armellini. E chi, "come a tratti cercano di fare gli Stati Uniti, pensa di poterla legare in una vera e propria alleanza, rischia di restare fortemente deluso".

Infine l'ex ambasciatore si dice convinto che Nuova Delhi abbia "una maggiore capacità di attrazione per diventare il punto di riferimento del Sud globale", in particolare rispetto a Pechino, che agli altri Paesi "richiede di schierarsi", laddove l'India ha un approccio meno identitario.

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G7, Tajani: “Tutti insieme dobbiamo dare messaggio di...

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Le parole del ministro degli Esteri al summit di Capri

"Tutti insieme credo che dobbiamo dare un messaggio di pace". Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, nel corso del G7 Esteri a Capri.

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