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Gaza, il figlio di Barghouti: “Mio padre sottoposto a...

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Gaza, il figlio di Barghouti: “Mio padre sottoposto a trattamento disumano in carcere”

Aarab Barghouti all'Adnkronos: "Crede nell'unità palestinese e nella democrazia"

Aarab Barghouti

Benjamin Netanyahu "deve essere processato da un tribunale internazionale. Sarebbe un sogno per ogni palestinese vederlo in prigione. Così almeno parte di giustizia sarebbe fatta". Lo afferma in un'intervista all'Adnkronos Aarab Barghouti, figlio di Marwan Barghouti, uno dei politici palestinesi più importanti e da molti considerato una sorta di 'Mandela palestinese', in carcere dal 2002 in Israele dove sta scontando condanne a cinque ergastoli per il suo presunto ruolo nella pianificazione di attacchi durante la Seconda Intifada.

A proposito del primo ministro israeliano, Barghouti figlio - che dopo anni di studi sulla Finanza negli Stati Uniti oggi vive a Ramallah dove insegna - dice di credere che sia "psicopatico" perché "non solo non gli interessa delle vite dei palestinesi o degli altri popoli della regione, ma penso che non gli importi nulla nemmeno delle vite degli israeliani. Perché qualsiasi leader israeliano che guardi alla sicurezza a lungo termine del suo popolo capirebbe che l'unica via per una pace sostenibile e a lungo termine tra i due popoli deve garantire a noi palestinesi uguaglianza, libertà e dignità e la fine dell'occupazione".

"Guerra è minaccia reale, follia pensare Iran non risponderà"

Il governo israeliano "sta trascinando tutta la regione verso la guerra" e questa minaccia diventerà "reale" se "non fermeremo il genocidio a Gaza e Netanyahu non sarà fermato e consegnato alla giustizia", prosegue Aarab Barghouti, commentando l'annunciata ritorsione iraniana per il raid su Damasco attribuito a Israele in cui sono rimasti uccisi, tra gli altri, due alti comandanti dei pasdaran. "Lo accolgono in Europa, lo accolgono negli Stati Uniti, l'ipocrisia di questo mondo è per me semplicemente incredibile", continua il figlio di Marwan Barghouti riferendosi sempre al premier israeliano, ritenendo che esista "una minaccia reale di una guerra regionale, se non mondiale, finché persone come Netanyahu prendono decisioni che mettono a repentaglio la sicurezza dell'intera area".

"Quando si dà a uno psicopatico come Netanyahu la possibilità di fare quello che vuole, di bombardare il Libano, la Siria, l'Iraq, lo Yemen e, naturalmente, di provocare gli iraniani poi è pura follia aspettarsi che non ci sarà alcuna ritorsione", sostiene Aarab Barghouti, denunciando che "i leader palestinesi, solo per aver sostenuto ciò che è legale secondo il diritto internazionale, vengono condannati all'ergastolo e restano per decenni nelle carceri israeliane, mentre qualcuno come Netanyahu, che ha ucciso letteralmente decine di migliaia di civili innocenti e ha il sangue sulle mani, non verrà processato".

"Morte figli Haniyeh una vergogna ma anche mani Occidente sporche sangue"

"E' una vergogna per tutta l'umanità" che ai "criminali israeliani" sia stato permesso di uccidere "figli e nipoti di un leader solo perché vogliono vendicarsi con lui. Giustificare l'uccisione di bambini per qualsiasi causa è davvero disgustoso", dichiara il figlio di Marwan Barghouti all'indomani del raid su Gaza City in cui sono stati uccisi tre figli del capo dell'ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh, ed alcuni suoi nipoti. "Penso che l'umanità abbia perso la direzione e che questa sia una chiara violazione del diritto internazionale", scandisce Barghouti figlio, accusando anche l'Occidente di essere "complice" e di avere "le mani sporche di sangue" visto che non ha fatto nulla per fermare gli israeliani, ma anzi "giustifica" quello che sta accadendo a Gaza. "Credo che i leader europei, gli americani, gli inglesi, gli australiani, i canadesi, dovrebbero vergognarsi - sottolinea - E' così triste che l'uccisione di bambini venga usata come strumento di guerra". Secondo il figlio di Barghouti, "noi palestinesi abbiamo smascherato l'ipocrisia dei leader occidentali che continuano a parlare di valori, ma non hanno più moralità". E allora "l'unica cosa positiva di questa guerra è che la prossima generazione in Europa, negli Stati Uniti, in Medio Oriente, ovunque, si unirà contro l'ipocrisia di quelle élite e apporterà un vero cambiamento nel mondo intero e la giustizia trionferà come valore universale".

"Israele accecato dalla storia, fine occupazione o sicurezza sarà illusione"

I leader israeliani "sono stati accecati dalla storia" e "si illudono" se pensano di poter garantire la sicurezza a lungo termine dello Stato ebraico "senza porre fine all'occupazione", ritiene Aarab Barghouti, secondo cui il popolo palestinese continuerà a sollevarsi e a resistere sulla base del diritto internazionale dal momento che Israele è riconosciuto come potenza occupante. Finché non si porrà fine all'occupazione, non credo che andremo da nessuna parte e che il ciclo di violenza finirà mai". Barghouti figlio accusa Israele di continuare a giocare "la carta dell'antisemitismo", ma "non abbiamo mai avuto problemi con gli ebrei e, anzi, riconosciamo la storia ebraica della Palestina di cui siamo orgogliosi. Il nostro problema è la mentalità sionista. Secondo loro questa terra è solo per gli ebrei, mentre cristiani e musulmani vivono qui da secoli".

"Mio padre sottoposto a trattamento disumano in carcere"

"Mio padre in carcere è sottoposto a condizioni davvero disumane. E' tenuto in una cella piccolissima senza finestre, lo costringono ad ascoltare l'inno israeliano tutto il giorno a volume altissimo e gli tolgono il materasso, che è l'unica cosa che ha, dalle 5 del mattino alle 21", denuncia Aarab Barghouti, confermando le violenze fisiche contro il leader palestinese rese note anche dall'Olp. Ricordando che dal 7 ottobre, "13 prigionieri politici palestinesi sono morti nelle carceri israeliane" a causa della mancanza di acqua, cibo e cure mediche, Barghouti figlio afferma che gli israeliani, approfittando dell'attenzione mediatica concentrata sulle loro "atrocità" commesse a Gaza, hanno iniziato a "torturare" i prigionieri palestinesi e la loro aggressione è arrivata "a un punto mai visto prima".

Aarab esprime grande preoccupazione per il padre che "ha già perso 10 chili e non è più un ragazzino, ha 64 anni", evidenziando che il 6 marzo "sappiamo per certo che è stato aggredito fisicamente e ha subito abusi. Lo hanno picchiato finché non è svenuto. E' rimasto senza sensi per ore e ore e poi, quando si è svegliato, ha trovato ferite su tutto il corpo e non ha ricevuto alcuna cura medica. Naturalmente, hanno mentito al riguardo dicendo che non era successo nulla, ma quando l'avvocato lo ha visto ha confermato le ferite, le aggressioni e tutto quello che ci era stato detto", prosegue Aarab, che racconta di essere attivo nella campagna internazionale per la liberazione del padre e di aver sollevato la questione con le ambasciate europee e americana.

"Mio padre crede nell'unità palestinese e nella democrazia"

Marwan Barghouti può essere il leader in grado di riunire tutte le fazioni palestinesi e superare la divisione inter-palestinese. Ne è convinto il figlio Aarab, mettendo in evidenza come il padre sia stato tra i leader palestinesi che per primi hanno lavorato per l'unità tra le fazioni, come dimostra il suo ruolo chiave nel 2006 nella firma del Documento di conciliazione nazionale dei detenuti scritto da prigionieri palestinesi di Fatah, Hamas, Jihad islamica, Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp) e Fronte democratico per la liberazione della Palestina (Fdlp).

Quello che molti nei Territori palestinesi vorrebbero alla guida dell'Autorità nazionale palestinese come successore di Mahmoud Abbas, di cui è stato per anni il delfino, "è un leader disposto a compiere passi coraggiosi e che crede nell'unificazione del popolo palestinese e nelle partnership politiche. E' per questo che è molto rispettato a livello nazionale, non solo da Fatah", spiega il figlio, secondo cui Marwan Barghouti "vuole un contributo maggiore dei giovani e delle donne alla politica palestinese. E l'unico modo per farlo è attraverso la democrazia e le elezioni. Ed è un così grande sostenitore della democrazia che non ha mai ricoperto alcuna carica per la quale non era stato eletto". Secondo Aarab, "in Palestina tutti sanno che abbiamo bisogno di un completo rinnovamento del sistema politico e questo passa attraverso le elezioni, che speriamo di poter tenere il prima possibile. Ho 33 anni e non ho mai votato prima, vorrei poter almeno contribuire con il mio voto e condivido questo pensiero con tutta la mia generazione. Quindi penso che le elezioni siano un must".

Marwan Barghouti, insiste Aarab, è "uno dei pochi della sua generazione che crede ancora alla soluzione a due Stati", ricordando il lavoro incessante svolto negli anni Novanta con le delegazioni israeliane, europee e americane, "in tutto il mondo, anche a Tel Aviv e Ramallah, per far sì che il processo di pace fosse sostenibile a lungo termine. Ritengo che il problema con la soluzione dei due Stati non siano i palestinesi. Noi siamo stati chiari riguardo il nostro sostegno alla soluzione a livello di leadership palestinese fin da Arafat e, nel tempo, persino Hamas ha mostrato interesse per questo tipo di soluzione. Il problema riguarda la parte israeliana che non è interessata" come dimostra il fatto che "Netanyahu sia orgoglioso di aver impedito la creazione di uno Stato palestinese e di costruire sempre più insediamenti. E sappiamo che gli insediamenti sono un cancro. Li chiamiamo cancro perché continuano a diffondersi e a uccidere le nostre speranze e il nostro futuro. E finché il mondo occidentale, gli europei, gli americani e tutti i Paesi che danno agli israeliani sostegno incondizionato non si renderanno conto del fatto che Netanyahu è la più grande minaccia alla loro sicurezza e alla pace nella regione non cambierà nulla".

"Gli europei e gli americani hanno perso la testa per alcune centinaia di bambini uccisi in Ucraina dai russi e imposto sanzioni a Mosca e a Putin. Non voglio sminuire queste vite, ma a Gaza parliamo di 14-15mila bambini uccisi e non fanno niente contro gli israeliani. Ci stanno rubando la terra a un ritmo mai visto prima dagli Accordi di Oslo. Eppure, non vediamo l'Occidente fare abbastanza per fermare gli israeliani come hanno fatto con i russi o con qualsiasi Paese che viola il diritto internazionale".

Alla domanda se abbia mai pensato di raccogliere l'eredità del padre, Aarab risponde con le parole che la madre pronuncia sui palestinesi che vogliono fare politica: "Finiranno per essere uccisi in prigione o diventeranno leader corrotti". Ma la sua idea va oltre. "Mi trovo sempre a parlare di politica perché ha un impatto diretto sulle nostre vite. E ho una missione nella vita che mio padre ha condiviso con me e molti altri palestinesi ed è che i nostri figli e i nostri nipoti vivano con dignità, libertà e uguaglianza. Io darò il mio contributo in ogni modo possibile".

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G7, appello a ‘spegnere il fuoco’ Iran- Israele...

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I ministri degli Esteri al summit: "Garantire a Kiev i sistemi Patriot e Samp/T"

I ministri degli Esteri del G7 a Capri - Afp

La comunità internazionale tira un sospiro di sollievo. L'attacco attribuito a Israele sul territorio dell'Iran c'è stato, ma nei modi in cui molte cancellerie occidentali in qualche modo auspicavano. Un raid mirato, lontano da Teheran e dai sensibili impianti nucleari, che non avrebbe fatto vittime, ma che allo stesso tempo suona come un monito agli ayatollah. La notizia è stata accolta con moderato apprezzamento a Capri, teatro della ministeriale del G7 Esteri.

Israele ha seguito la richiesta di agire con "buonsenso", ha dichiarato il 'padrone di casa', Antonio Tajani, nella conferenza stampa finale in cui più volte ha ripetuto l'appello alla "de-escalation" tra le parti. Dalla riunione sull'isola campana è emersa anche una volontà politica chiara, dietro impulso del ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, che ha partecipato a una sessione dedicata, di accelerare sulla difesa aerea dell'Ucraina.

Un G7, quello che si è concluso a Capri, che "si è svolto in giornate complicate dal punto di vista internazionale - ha riconosciuto Tajani tirando le somme della riunione - ma credo che questi tre giorni di lavoro siano stati un successo perché abbiamo registrato grande unità d'intenti e una convergenza su tutte le più importanti questioni internazionali". A partire dal Medio Oriente.

Israele

Il raid israeliano sulla provincia di Isfahan ha costretto a rivedere tutta l'agenda della sessione mattutina, dominando la scena. Sulla questione Israele-Iran "ho voluto subito che ci fosse un messaggio chiaro: l'obiettivo politico del G7 si chiama de-escalation", ha scandito il titolare della Farnesina davanti ai giornalisti, evidenziando il passaggio delle conclusioni del G7 che mette in guardia Teheran dal ripetere l'attacco contro lo Stato ebraico.

"Il governo iraniano verrà considerato responsabile delle sue azioni destabilizzanti", hanno rimarcato i ministri che si sono poi detti "pronti ad adottare ulteriori sanzioni o altre misure, ora e in risposta a diverse iniziative destabilizzanti" da parte della Repubblica islamica.

Il ministro, che è stato in contatto con le ambasciate italiane a Tel Aviv e Teheran e ha rassicurato sulle condizioni degli italiani in Iran, ha sottolineato che l'aver evitato una ritorsione su larga scala sia stato "frutto anche del lavoro e dell'impegno del G7 che è servito a migliorare il clima".

L'impegno dei ministri degli Esteri del Gruppo dei Sette Grandi è "spegnere il fuoco" nella regione, ha proseguito Tajani, evidenziando l'importanza di compiere progressi sulla guerra a Gaza, la crisi all'origine di tutto: cessate il fuoco immediato, rilascio degli ostaggi, aumento degli aiuti umanitari sono le priorità elencate dal ministro degli Esteri, che ha indicato nella soluzione a due Stati l'unica possibile a lungo termine. Soluzione ovviamente che non prevede la presenza di Hamas.

Tajani ha quindi reso noto che gli Stati Uniti sono stati informati "all'ultimo minuto" da Israele. Ed il segretario di Stato, Antony Blinken, a precisa domanda ha chiarito che gli Usa "non sono stati coinvolti in nessuna operazione" di Israele contro l'Iran, non confermando se e quando Washington è stata avvisata.

"Il nostro lavoro è per la de-escalation", ha aggiunto Blinken, riconoscendo il "ruolo cruciale" dell'Italia per evitare lo scoppio di un incendio in Medio Oriente. Ruolo che Tajani ha confermato. "Non tutti i Paesi del G7 hanno un'interlocuzione diplomatica con l'Iran, daremo messaggi chiari, come ho fatto con il ministro degli Esteri poche ore prima dell'attacco (contro Israele, ndr) che ribadiscono la nostra posizione politica, il nostro impegno a favore della de-escalation", ha detto.

Ucraina

La guerra in Ucraina è stato l'altro argomento che ha dominato i colloqui tra i ministri degli Esteri del G7. Davanti al pressing di Kuleba e del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, c'è stato un impegno preciso a fare il possibile per garantire a Kiev i sistemi di difesa aerea Patriot e Samp/T. "Ogni membro del G7 sta dando un contributo straordinario alla difesa ucraina", ha tenuto a precisare il segretario di Stato americano, che ha espresso "un particolare riconoscimento alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni per la sua decisiva leadership". E a proposito del pacchetto di aiuti bloccati da mesi al Congresso, ha evidenziato che "la cosa più importante è votare. So che faranno una differenza profonda, praticamente da subito, facendo in modo che l'Ucraina abbia quello che è necessario per difendersi dall'aggressione russa".

Tajani ha ribadito a Kuleba che la necessità di raggiungere "una pace giusta e duratura è la priorità della presidenza italiana del G7". I due, ha spiegato in conferenza stampa, hanno avuto un colloquio con il ministro della Difesa, Guido Crosetto. "Faremo tutto il possibile per aiutare l'Ucraina anche dal punto di vista della protezione aerea", ha affermato, riprendendo l'impegno messo nero su bianco anche nel documento finale del G7. Nel testo, i ministri hanno espresso la loro "determinazione in particolare a rafforzare le capacità di difesa aerea dell'Ucraina per salvare vite umane e proteggere le infrastrutture critiche. Lavoreremo anche con i partner a questo scopo".

"Stiamo intensificando la nostra assistenza in materia di difesa e sicurezza all'Ucraina e stiamo aumentando le nostre capacità di produzione e consegna per assistere il Paese. Sosteniamo inoltre gli sforzi volti ad aiutare l'Ucraina a costruire una forza futura capace di autodifesa e deterrenza contro ogni aggressione", hanno aggiunto. La questione degli aiuti militari sarà sul tavolo anche del Consiglio Affari Esteri e Difesa, il cosiddetto 'jumbo', che si riunirà lunedì a Lussemburgo.

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Cagliari-Juve 2-2, rimonta bianconera e Allegri si salva

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I sardi avanti con 2 rigori, la Juve recupera nel secondo tempo

Cagliari-Juve 2-2, rimonta bianconera e Allegri si salva

Il Cagliari e la Juventus pareggiano 2-2 nel match giocato oggi per la 33esima giornata della Serie A. I bianconeri allenati da Allegri, sotto 2-0 nel primo tempo per 2 rigori, recuperano nel secondo tempo. La Juve sale a 63 punti al terzo posto. Il Cagliari di Ranieri sale a 32 punti e si tiene a distanza dalla zona retrocessione.

La partita

La serata della Juve si apre con un avvio da incubo. Il Cagliari domina dal primo minuto contro avversari che non sono in campo. Passano 100 secondi e i sardi si fanno vivi con la percussione di Luvumbo, che conclude alto. Al 6', nell'area rossoblu Alcaraz viene colpito alla testa da una gomitata di Mina, che salta in maniera scomposta: il centrocampista bianconero si rialza con un taglio e perde sangue, per l'arbitro Piccinini e per il Var non è successo niente.

Il Cagliari riprende a premere e all'8' va vicino al gol con Shomurodov, che su azione da corner non inquadra la porta. Al 27' serve un miracolo di Szczesny, che di piede nega il gol a Luvumbo. Al 29' la Juve crolla. Sul colpo di testa di Dossena, Bremer tocca di mano: Piccinini con l'ausilio del Var assegna il rigore, Gaetano dal dischetto non sbaglia e firma l'1-0.

La Juve è uno sparring partner che non lascia traccia e il Cagliari concede il bis al 35'. Szczesny stende Luvumbo, altro rigore: Mina trasforma, 2-0. Segnali di Juve prima dell'intervallo con un'azione che porta al gol di Vlahovic: tutto inutile per il fuorigioco di Chiesa.

Il secondo tempo propone un copione parzialmente diverso. Il Cagliari, dopo aver speso molto nella prima frazione, deve abbassare il ritmo e la Juve, che pure continua a mostrare un gioco 'rivedibile', pare intenzionata a partecipare alla partita. Al 61', dal nulla, il gol bianconero. Vlahovic pennella di sinistro una punizione da posizione più favorevole a un destro: 2-1. La Juve avrebbe mezz'ora per raddrizzare la serata, Allegri butta nella mischia anche Milik per aumentare il peso offensivo. I bianconeri premono in maniera confusa ma efficace. All'87' il cross di Yildiz innesca l'autogol di Dossena: 2-2.

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Ucraina, Zelensky pressa la Nato: “Decidete se siamo...

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Stoltenberg: "Mi aspetto annunci sull'invio di Patriot e Samp-T"

Volodymyr Zelensky

Volodymyr Zelensky in pressing sulla Nato. Il presidente ucraino, nel momento più complicato della guerra con la Russia, ha presentato una lista di richieste perentorie all'Alleanza. Kiev, in particolare, ha bisogno di sistemi di difesa aerea per contrastare gli attacchi quotidiani di Mosca.

"Putin deve essere abbattuto e i nostri cieli devono tornare ad essere sicuri. E questo dipende unicamente dalla vostra scelta. La scelta se la vita ha lo stesso valore ovunque, se voi avete lo stesso atteggiamento con tutti i partner. La scelta se siamo veramente alleati", ha detto Zelensky durante la riunione dei ministri della Difesa dalla Nato.

 

La lista di richieste di Zelensky alla Nato

Zelensky ha articolato le proprie richieste in 5 punti. Primo: "Abbiamo bisogno di altri sette Patriot o sistemi di difesa aerea simili, come minimo, che possono salvare vite e veramente cambiare la situazione", ha detto, sottolineando che gli alleati Nato hanno questi sistemi.

Secondo punto: Zelensky ha ricordato che "stiamo parlando da un po' di circa un milione di munizioni di artiglieria, devono essere finalmente consegnate al fronte".

Terzo tema, Zelensky ha affrontato anche la questione delle armi a lungo raggio: "E' assurdo quando i partner hanno paura della loro forza, più armi a lungo raggio sono nelle mani dei nostri soldati, più vicina è la pace", ha affermato. Il riferimento è in particolare ai missili Taurus che la Germania non intende fornire a Kiev. Con le armi tedesche, in teoria, l'Ucraina sarebbe in grado di colpire in profondità il territorio russo. Per questo, Berlino continua a dire no, rifiutando anche la proposta ucraina che prevederebbe una supervisione tedesca - senza invio di truppe - sull'impiego dei missili.

Nel quarto punto, Zelensky ha ribadito le richieste anche sul fronte dell'aviazione: "La questione non è il numero dei caccia promessi, ma il numero effettivo nei cieli". Infine, quinto e ultimo punto, la questione cruciale della velocità delle forniture: "Quest'anno non possiamo aspettare che vengano prese le decisioni - ha concluso - vi chiedo di considerare al più presto possibile le nostre richieste, per le vostre decisioni su ogni elemento".

La promessa di Stoltenberg

A rassicurare almeno parzialmente Zelensky ha provveduto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg che si attende "nuovi annunci" da parte degli alleati sulla consegna all'Ucraina di sistemi di difesa aerea, non solo missili "Patriot", ma anche "Samp-T".

"Il presidente Volodymyr Zelensky - ha detto - ha informato i ministri della Difesa della situazione sul campo di battaglia e sull'acuta necessità di avere una maggiore difesa aerea. I ministri hanno concordato di aumentare i sostegni militari, inclusi sistemi di difesa aerea. La Nato ha mappato le capacità esistenti tra gli alleati e ci sono sistemi che possono essere resi disponibili a Kiev, quindi mi aspetto nuovi annunci sulle capacità di difesa aerea per l'Ucraina. Mi compiaccio degli sforzi della Germania di consegnare un altro sistema Patriot all'Ucraina".

"In aggiunta ai Patriot - ha sottolineato - ci sono altri sistemi che possono essere consegnati, inclusi i Samp-T. Molti alleati che non hanno sistemi disponibili hanno promesso di dare sostegno finanziario all'Ucraina, perché possa acquistarli. Stiamo anche lavorando con l'industria per aumentare la produzione e per riadattare sistemi, per renderli operativi e adatti allo scopo. La Repubblica Ceca ha confermato di essersi procurata 500mila munizioni da artiglieria attraverso la loro iniziativa sulle munizioni", conclude.

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