Cronaca
Suicidi in carcere, già 25 nel 2024: “Fermare questa...
Suicidi in carcere, già 25 nel 2024: “Fermare questa strage silenziosa”
Ancora una giovane vita spezzata dietro le sbarre del sistema penitenziario italiano. Ancora una persona trovata in cella con una corda stretta attorno al collo. Aveva solo 29 anni l'ultimo detenuto che si è suicidato in carcere. Prima di lui, nel giro di poche ore, si sono tolti la vita a Secondigliano Robert di 33 anni, a Pavia il trapper 26enne Jordan Jeffrey Baby, a Teramo il ventenne Patrick. "Una strage silenziosa, nell'indifferenza generale, che conta già 25 morti dall'inizio dell'anno. Dell'ennesima tragedia avvenuta a Parma è stata data comunicazione soltanto ieri ma il suicidio è accaduto qualche giorno fa", riferisce all'Adnkronos Micaela Tosato, vicepresidente dell'associazione Sbarre di Zucchero, evidenziando che occorre aprire una discussione seria su questa emergenza. Proprio per questo oggi, a Napoli, l'associazione Sbarre di Zucchero sarà in presidio davanti alla Casa Circondariale di Poggioreale; il 20 marzo in Piazza dei Santi Apostoli, a Roma, per la manifestazione nazionale organizzata dall'Unione Camere Penali e il 23 marzo in presidio davanti a Rebibbia. "Scendiamo tutti in piazza, il momento di farci vedere è adesso", è l'invito ai cittadini. "Basta con gli appelli inascoltati, manca solo che ci incateniamo..."
Tornando alle ultime vicende. "Il carcere di Pavia è terribile: il trapper Jordan era stato già lì un anno e mezzo e in quell'occasione fu violentato. La denuncia archiviata - racconta Tosato - Poi dopo la comunità, dove ha commesso qualche sciocchezza, è stato rispedito nello stesso carcere. Nello stesso luogo della sua violenza, nello stesso luogo in cui Jordan aveva già tentato il suicidio. Non è forse crudele?" Per quanto riguarda Patrick, suicida nel carcere di Castrogno a Teramo nel giorno del suo compleanno, "siamo stati contattati dalla famiglia - prosegue Tosato - Ci ha mandato dei documenti. Era un ragazzo fragile, tra l'altro sordomuto, soffriva di ansia d'abbandono. Entrava in carcere, stava dentro un paio di giorni e poi lo facevano uscire proprio per incompatibilità, date le sue problematiche. Ma deve essere successo qualcosa perché l'ultima volta al secondo giorno lui si è impiccato...". I familiari di Patrick, infatti, contestano la versione ufficiale del suicidio, "alcuni detenuti della stessa sezione hanno sentito le urla del ragazzo. Va fatta chiarezza su questo caso".
"Il nostro sistema penitenziario così com'è non funziona, non porta a nulla, se non ad incattivire le persone", sottolinea la vicepresidente di Sbarre di Zucchero. Cosa serve? "Innanzitutto un sistema sanitario che funzioni: il diritto alla cura è imprescindibile dalla detenzione. Non si può essere considerati prima detenuti e poi malati, altrimenti le tragedie continueranno a succedere. Stanno morendo ragazzi giovani, che probabilmente non hanno visto niente davanti a loro. Serve poi accompagnare all'uscita dal carcere, un maggior reinserimento che vuol dire formazione, lavoro, una rete sociale per non abbandonare la persona a se stessa una volta fuori. Più personale, specie a fronte dell'alto tasso di sovraffollamento che c'è ora". E non dimenticare mai che in carcere "ci sono persone portatrici di diritti, non numeri, non reati!"
(di Sibilla Bertollini)
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