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Sostenibilità

Tassare i super ricchi per aiutare l’ambiente: in Svizzera...

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Tassare i super ricchi per aiutare l’ambiente: in Svizzera si vota, ma quanto gioverebbe all’Italia?

Ok della Cancelleria al referendum, previsto un gettito di 6 miliardi all’anno da reinvestire su misure green

Yacht nell'acqua - Canva

Tassare i super ricchi per combattere la crisi climatica: questo è il cuore dell’Iniziativa per il Futuro promossa dalla Gioventù socialista svizzera. La proposta ha raccolto 109.988 firme, la cui validità è stata confermata lo scorso 5 marzo dalla Cancelleria elvetica. Ora, il referendum per tassare i super ricchi diventa realtà e saranno gli elettori a stabilire se diventerà legge.

Cosa prevede la proposta

La proposta prevede di tassare al 50% le successioni sopra i 50 milioni (al cambio attuale quasi 51 milioni di euro), che ora sono esenti da prelievo. Secondo i calcoli della Gioventù Socialista Svizzera (Giso), la tassa sui super ricchi generebbe introiti per circa 6 miliardi di franchi svizzeri all’anno, una somma da reinvestire nella lotta al cambiamento climatico: “con l’Iniziativa per il Futuro vogliamo porre le basi per una ristrutturazione socialmente giusta ed ecologica dell’economia nel suo complesso” si legge nel sito dell’organizzazione.

Con 6 miliardi in più ogni anno, lo Stato potrebbe agire concretamente, ad esempio, per

- Rinforzare il pacchetto di energie rinnovabili;

- attuare programmi di riqualificazione per le persone che lavorano nei settori più inquinanti;

- aumentare la copertura del trasporto pubblico (e quindi ridurre il numero di veicoli circolanti);

- efficientare i consumi energetici degli immobili.

Cosa dicono i dati

La proposta della Gioventù socialista svizzera è coerente con il fatto che sono i più ricchi ad inquinare di più e, spesso, quelli che inquinano di meno a subirne le conseguenze. Come riporta l’Oxfam, infatti, nel 2019, l’1% più ricco della popolazione mondiale ha inquinato quanto i 2/3 dell'intera umanità in termini di emissioni di CO2. In pratica, poco più di 77,5 milioni di persone hanno inquinato quanto 5 miliardi di persone.

Vista in altri termini, nel 2019 l’1% più ricco del pianeta ha contribuito al 16% delle emissioni globali di CO2. Tale percentuale supera quella prodotta da tutti i veicoli su strada. A livello mondiale, il 10% più abbiente è responsabile della metà delle emissioni totali. Il rapporto evidenzia come una persona che fa parte dell’1% più ricco, in media, inquina in un anno quanto una persona del restante 99% fa in 1.500 anni. Tradotto in altri termini, le emissioni generate da questi 77 milioni ogni anno annullano i benefici derivanti da quasi un milione di pale eoliche.

Dunque, l’aspetto sociale influisce direttamente quello ambientale: “Per anni – ha spiegato Francesco Petrelli, portavoce di Oxfam Italia – abbiamo lottato per creare le condizioni di una transizione giusta che ponga fine all’era dei combustibili fossili, salvare milioni di vite e il pianeta. Ma raggiungere quest’obiettivo cruciale sarà impossibile se non porremo fine alla crescente concentrazione di reddito e ricchezza che si riflette in disuguaglianze economiche sempre più marcate e contribuisce all’accelerazione del cambiamento climatico”.

Il gap tra ricchi e poveri si fa sentire pesantemente anche in Italia dove, a fine 2022, l’1% patrimonialmente più facoltoso deteneva una ricchezza 84 volte superiore a quella del 20% più povero della popolazione. Il dato, anch’esso comunicato dall’Oxfam, trova conferma nei dati di Bankitalia secondo cui il 5% delle famiglie più abbienti detiene circa il 46% della ricchezza netta totale.

Per questo Oxfam propone un'imposta progressiva sui grandi patrimoni, applicata ai più ricchi, in relazione alle loro emissioni più elevate (qui la raccolta firme). L’organizzazione stima che “se applicata ad esempio a quei 50 mila italiani più ricchi, con un patrimonio netto al di sopra dei 5,4 milioni di euro, l’imposta potrebbe produrre risorse fino a 16 miliardi di euro all’anno!” per la sola Italia.

Quale sarebbe l’impatto in Italia

Secondo i dati del Boston consulting group, che si occupa di consulenza strategica, nel 2019 l’Italia contava 400 mila milionari, cioè persone che detengono un patrimonio di almeno un milione di dollari (praticamente 1 milione di euro al cambio attuale) in ricchezza finanziaria, l'1% della popolazione adulta.

In assenza di dati specifici su quanti detengano un patrimonio di almeno 50 milioni di euro, si può utilizzare l’informazione del report secondo cui gli italiani con un patrimonio di almeno 100 milioni di dollari (poco meno in euro) erano 1.700. Un numero sicuramente più alto oggi, visto l’aumento della forbice reddituale.

Ora, ipotizzando che questi patrimoni siano tutti pari a 100 milioni di euro (anche se questo è solo il valore minimo considerato), la proposta di tassare i super ricchi, avanzata in Svizzera, in Italia genererebbe circa 85 miliardi di euro considerando realizzate tutte le successioni. Senza considerare che le successioni, per natura, non si esaurirebbero ma continuerebbero di generazione in generazione.

In assenza di dati specifici, il dato è frutto di una stima (fortemente) al ribasso. Si sta calcolando, infatti, il valore minimo dei patrimoni di queste 1.700 persone e non si sta considerando che, secondo la proposta svizzera, verrebbero tassate anche quelle con patrimonio incluso tra 50 e 100 milioni. Proprio questa impostazione metodologica, unita al dato numerico appena dedotto, lascia presagire che una misura del genere avrebbe un impatto rilevante sulle casse del Paese.

L’Italia e l’urgente bisogno di transizione

Alcune trasformazioni suggerite dal Giso, tra l’altro, sarebbero molto urgenti in Italia. In particolare, il patrimonio immobiliare italiano ha un grave problema di efficienza energetica. Secondo i dati Arera, in Italia quasi 6 immobili su 10 rientrano nelle due peggiori classi energetiche (F e G). Si tratta quindi di circa 5 milioni di edifici, ognuno dei quali composto da una o più unità immobiliari, che dovranno essere riqualificati entro il 2030 e il 2033, secondo la Direttiva Case Green.

Proprio al fine di ottemperare gli obblighi stabiliti dall’Ue, le famiglie italiane che dovranno migliorare l’efficienza energetica dei propri immobili spenderanno dai 20.000 ai 50.000 euro a seconda dei casi (qui per tutti gli approfondimenti sulla Direttiva Case Green).

Se ci si sposta sul fronte dei trasporti, la situazione non cambia. Un recente report di Legambiente ha mostrato la scarsa copertura del trasporto sui binari in Italia, assolutamente insufficiente a coprire le esigenze dei milioni di lavoratori che ogni giorno si devono spostare per raggiungere il proprio posto di lavoro. Al netto della passione degli italiani per le auto, non è un caso che l’Italia sia il Paese con più auto per abitanti in tutta l’Ue.

Cosa si può fare allora per ridurre l’inquinamento lungo la penisola? Investire sull’elettrico, come suggerito all’Adnkronos dal presidente di Legambiente Stefano Ciafani, sul trasporto pubblico e sull’efficientamento energetico delle case.

Interventi che non possono essere relegati (o affidati) solo all’iniziativa del privato, perché la qualità dell’aria e il contrasto al cambiamento climatico sono di interesse pubblico.

Ipotesi future

A settembre 2021, gli svizzeri avevano già bocciato una iniziativa popolare analoga a quella proposta dalla Gioventù Socialista Svizzera (64,9% no contro il 35,1% sì). In quel caso l’iniziativa lanciata dai Giovani socialisti chiedeva di aumentare la tassa sul reddito da capitale (dividendi, azioni, interessi sul patrimonio e affitti) rispetto alla normale imposta sul reddito.

In quel caso, la proposta fu bocciata da 2 votanti su 3 perché ritenuta complessa, astratta e pericolosa per la prosperità del Paese. La proposta avanzata dalla Gioventù socialista svizzera è diversa perché non riguarda solo questo tipo di redditi, ma in generale i patrimoni oltre i 50 milioni di franchi e ora aspetta il vaglio delle urne.

Si può e si deve considerare, però, che una flat tax come quella proposta dalla Giso non è l’unica opzione. Un’alternativa potrebbe essere quella avanzata da Oxfam di aumentare la tassazione dei più ricchi, mantenendo comunque un principio di progressività, che sarebbe in linea con l’articolo 53 della Costituzione italiana.

Mentre la temperatura globale aumenta e il tempo stringe, ignorare gli stimoli che vengono dalla Svizzera e dall’Oxfam sarebbe impossibile. Persino in uno Stato che da anni discute di patrimoniale, senza aver mai trovato una soluzione che vada bene a tutti. Ambiente incluso.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Sostenibilità

Abbandono di vetro in strada, lo fa 1 italiano su 4: i dati

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Il fenomeno dell’abbandono di vetro in strada è stato oggetto di una ricerca del birrificio Ichnusa-AstraRicerche: ecco cosa è emerso

Bottiglie di vetro - Canva

Dichiara di farlo almeno un italiano su quattro, ma più di sei su 10 provano indignazione. Questo è il quadro emerso da una ricerca del birrificio Ichnusa, commissionata ad AstraRicerche, per fotografare opinioni e contraddizioni sul territorio nazionale, in merito all’abbandono delle bottiglie di vetro in strada. L’occasione è una campagna di sensibilizzazione dell’azienda volta ad arginare il fenomeno a partire dai comportamenti individuali.

Se sei su 10 si indignano, tre su 10 provano tristezza e due su 10 si sentono impotenti difronte al fenomeno. Ma scopriamo insieme cosa è emerso dalla ricerca.

L’abbandono di vetro in strada

Il fenomeno, nel nostro Paese, sembra avere due volti differenti. Da una parte, sei italiani su 10 ritengono che la raccolta del vetro venga fatta in alta percentuale, con cura e qualità. Dall’altra parte, uno su due (53%) percepisce come diffuso l'abbandono di rifiuti e materiali di vetro come le bottiglie in strada o negli spazi pubblici nella zona in cui vive, fenomeno che, per due italiani su tre (67%) è una priorità grave o importante.

L'indagine restituisce anche una percezione dell’identikit dei “colpevoli”. Per circa due italiani su tre, a sporcare sono per lo più i giovani 18-34 anni, principalmente uomini (anche se per il 28% non c'è gender gap in questa mancanza di rispetto), residenti in zona o nel territorio circostante.

Quali le cause? Le prime quattro cause che emergono con forza dal report sono:

  1. La mancanza di senso civico,
  2. Il poco rispetto per il decoro urbano
  3. Il disinteresse per le conseguenze ambientali
  4. La leggerezza delle sanzioni per un atto che ritengono spesso impunito

Dura condanna per chi sporca. Ma la situazione cambia quando si chiede se è mai capitato di aver gettato una bottiglia in terra. Dalla ricerca, infatti, si scopre che lo ha fatto circa uno italiano su quattro (meno di uno su cinque in Sardegna). Uno su 10 ha confessato di aver commesso il fatto una o più volte solo nell'ultimo anno. Ma si affretta ad attribuirne la causa sempre a motivi esterni: lo ha fatto in prossimità del negozio/locale dove avevano acquistato la bottiglia. E c'è anche chi (circa il 20%) afferma candidamente di averla lasciata dove capitava per nessun motivo in particolare.

Una questione di responsabilità

L’abbandono di vetro in strada non contribuisce al riciclo e a un corretto smaltimento. Il sentiment emerso dalla ricerca, però, è che c’è chi è pronto a prendersi la propria responsabilità. Sono 6 su 10 gli italiani che affermando che se vedono una bottiglia abbandonata la raccolgono anche se non è la loro e cercano un cestino dove buttarla. Poco meno del 4% chiamerebbe il comune o l’azienda municipale della raccolta dei rifiuti.

Per otto italiani su 10 le campagne di informazione sull'impatto del vetro abbandonato sono tra le azioni più efficaci per ridurre l'abbandono di vetro nell'ambiente. Ben vengano quindi iniziative di informazione e sensibilizzazione come quella che Ichnusa si appresta a lanciare in Sardegna in vista dell'estate: positivo o molto positivo per quasi nove italiani su 10 il giudizio verso la campagna di comunicazione 'Il nostro impegno', che esorta i consumatori a smaltire correttamente le bottiglie di vetro e a non abbandonarle, unita ad azioni di pulizia dei dipendenti del birrificio con Legambiente.

Il caso Sardegna

La Regione Sardegna, sull’abbandono del vetro in strada, ha una sensibilità maggiore. Sembra, infatti, che i cittadini sardi, vivendo in un territorio dagli ecosistemi unici e fragili, risentano particolarmente del fenomeno e lo vivano come più impattante per la biodiversità. Complice è anche un turismo stagionale di massa, fenomeno noto come ‘Overtourism’ che colpisce diverse zone italiano nel periodo estivo, dove il consumo di bevande rinfrescanti in vetro, alcoliche o meno, è tendenzialmente maggiore. Tra i motivi giudicati fondamentali per cui non bisognerebbe mai abbandonare il vetro nell'ambiente, il rispetto che si deve alla propria terra (48% in Italia e 56% in Sardegna), il fatto che è un danno per le generazioni future (43% in Italia, 48 sull'Isola), deturpa il paesaggio (51% per i sardi, 41% nel resto del paese) e peggiora immagine e reputazione del territorio, dove la Sardegna supera di 12 punti percentuali (52% a 40%) la media nazionale.

La campagna di sensibilizzazione, quindi, prenderà piede proprio dall’isola, dove il fenomeno assume un’importanza maggiore. Infatti, per il 74% dei sardi si tratta di un problema 'grave e importante', contro il 58% della media nazionale. Al pari dei comportamenti che possono provocare incendi o spreco idrico. Cosa differenzia la Sardegna dal resto d'Italia? I sardi sono più propensi a ripulire: il 68% di loro raccoglie le bottiglie abbandonate, contro una media italiana del 62%. Tuttavia, l'abbandono del vetro rimane un problema significativo in Sardegna, soprattutto durante l'estate. Per il 53% dei sardi, infatti, il fenomeno aumenta in maniera considerevole nei mesi estivi, con un ulteriore 19% che lo considera un problema grave per l'isola in questo periodo.

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Sostenibilità

Passi indietro sulle politiche green da parte dell’Ue,...

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Nel mirino le modifiche alla Pac e lo stop al Nature Restoration Law

Bandiere Ue - Canva

L’Ue ha fatto passi indietro sulla politica agricola e sul ripristino della natura. Questo sostengono diverse organizzazioni ambientaliste e rappresentanti politici le deroghe introdotte nel nuovo regolamento della Politica Agricola Comune (Pac) 2023-2027 sulla protezione degli spazi naturali.

Il 26 marzo, il Consiglio AgriFish ha approvato un pacchetto di modifiche proposte dalla Commissione Europea che, secondo gli ambientalisti, comportano un indebolimento della protezione del suolo, della rotazione delle colture e dei pascoli.

Sullo sfondo, le proteste degli agricoltori che hanno riguardato il territorio europeo negli scorsi mesi.

Questi i punti fondamentali della revisione della Pac:

- Nuove deroghe in caso di condizioni climatiche eccezionali, tali da compromettere la produzione agricola;

- Modifiche agli standard delle buone condizioni agricole e ambientali (Bcaa);

- Esenzione dai controlli e dalle sanzioni per le aziende agricole con meno di dieci ettari, al fine di alleviare il carico amministrativo su piccole realtà;

- Possibilità per i singoli Paesi di modificare i propri piani strategici agricoli due volte all’anno, creando uno spazio per adattamenti in corso d’opera.

Queste decisioni sollevano preoccupazioni sul futuro della sostenibilità ambientale e della biodiversità in Europa, richiedendo una valutazione accurata degli impatti e una riflessione approfondita sul bilanciamento tra esigenze agricole ed ecologiche.

“Manca una valutazione d’impatto”

La Coalizione italiana #CambiamoAgricoltura, che riunisce 90 sigle della società civile ed è coordinata da un gruppo di lavoro che comprende le maggiori associazioni del mondo ambientalista, consumerista e del biologico italiane, mette nel mirino la procedura d’urgenza utilizzata per revisionare la Pac. Si tratta, dice l’organizzazione, di nuove regole “giustificate dalla ‘semplificazione’ dei regolamenti europei” che indeboliscono l’impegno dell’Unione verso l’ambiente.

CambiamoAgricoltura fa notare che è “Una procedura del tutto straordinaria che non prevede una valutazione di impatto, né un confronto con la società civile. Decisione ancora più incomprensibile considerata la consultazione proprio sul tema della semplificazione attivata dalla stessa Commissione nelle ultime settimane, i cui risultati sono attesi dopo l’estate, nonché il Dialogo strategico aperto proprio sui temi del futuro dell’agricoltura in Europa”.

Per il collettivo, le pressioni degli agricoltori sulle istituzioni comunitarie hanno generato un effetto normativo che graverà sulle spalle non solo dell’ambiente, ma anche di quegli agricoltori che hanno investito in ottica green. “Questo pacchetto di riforme – aggiunge #CambiamoAgricoltura – non solo riporterà la Pac indietro di oltre 25 anni ma danneggerà in particolare tutte quelle aziende agricole che hanno convintamente intrapreso la strada dell’agrogeologia, e renderanno tutto il sistema agricolo ancora più vulnerabile agli effetti della perdita di biodiversità e della crisi climatica”.

Sull’altro fronte, il commissario per l’Agricoltura, Janusz Wojciechowski ha esortato gli europarlamentari ad adottare rapidamente il pacchetto di modifiche alla Politica Agricola Comune (Pac) presentato il 15 marzo dalla Commissione Europea in modo da alleggerire gli oneri amministrativi degli agricoltori: “È essenziale approvare rapidamente, così che gli agricoltori avvertano l’effetto dei cambiamenti già nel 2024, altrimenti succederà solo nel 2025”, ha detto Wojciechowski.

Lo stesso commissario ha delineato i punti cardine della riforma della Pac: oneri amministrativi, turbative del mercato e mancanza di equità nella filiera.

Stop alla legge Ue sul ripristino della natura

Le modifiche alla Pac non sono l’unico campanello d’allarme per gli ambientalisti. Infatti, a soli dieci giorni dalla proposta della Commissione Ue sulla Politica agricola comune, il Belgio, detentore della presidenza del Consiglio dell’Ue, ha rinviato il voto sul Nature Restoration Law perché il sostegno degli Stati membri era diventato insufficiente.

La brusca frenata è stata provocata dall’astensione dell’Ungheria, che si è aggiunta a quelle di Austria, Finlandia, Polonia, Belgio e al parere contrario di Italia, Svezia e Paesi Bassi. Se a febbraio l’ok del Parlamento Ue sul Nature Restoration Law aveva fatto esultare gli ambientalisti e il provvedimento sembrava ormai cosa fatta, lo stop del mese scorso ha provocato una rimozione del punto dall’agenda Ue.

Si è quindi arenato il percorso che portava i ministri dell’ambiente a consolidare la proposta al Consiglio. L’obiettivo del Nature Restoration Law, così come approvato dall’Europarlamento a febbraio, è quello di ripristinare il 90% degli habitat europei danneggiati entro il 2050. Una decisione che aveva provocato la reazione contraria della destra e della Coldiretti che preannunciava un “sistema produttivo in ginocchio”.

I trattori in protesta già sfilavano e, pur non riuscendo a bloccare in toto il provvedimento, avevano ottenuto qualche traguardo. La Commissione chiedeva infatti la riduzione del 50% l’uso dei pesticidi chimici entro il 2030 e il divieto di tutti i pesticidi nelle aree sensibili (le aree verdi urbane, compresi parchi e giardini pubblici, i campi ricreativi o sportivi, i sentieri pubblici, le zone protette Natura 2000 e qualsiasi area ecologicamente sensibile da preservare per gli impollinatori in pericolo), ma questa misura era stata cassata prima dell’ok dell’Europarlamento.

Avanzata a giugno 2022, la proposta di regolamento era uno dei pilastri della Strategia europea per la biodiversità, nata con lo scopo di allineare l’Unione europea agli impegni internazionali presi con l’accordo di Kunming-Montreal sulla biodiversità.

Un rischio in vista della Cop16 in Colombia

Con lo stop del 25 marzo, l’Unione rischia di presentarsi senza una proposta concreta in materia alla prossima Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità, la Cop16, in programma in Colombia per il prossimo ottobre. Un’impasse che contrasta l’ambizione, da anni perseguita dall’Unione, di essere in prima linea nelle politiche green.

Il commissario europeo per l’ambiente ha avvertito che accantonare il disegno di legge a tempo indeterminato distruggerebbe la reputazione dell’UE a livello globale, dato che ha aperto la strada al vertice sulla biodiversità Cop15 a Montreal nel 2022. “Rischiamo di andare alla Cop16 assolutamente a mani vuote”, ha detto Virginijus Sinkevičius prima di rincarare la dose: uno stop definitivo al Nature Restoration Law solleverebbe “serie domande e preoccupazioni sulla coerenza e la stabilità del processo decisionale dell’Ue”.

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Sostenibilità

L’ortofrutta fa bene, è sostenibile ed è trendy

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Parola di Marianna Palella, co-fondatrice e CEO di Citrus

I peperoncini di Citrus

Nel panorama aziendale italiano, emergono storie di innovazione, passione e impegno sociale che ispirano e guidano il cambiamento. Citrus l'Orto Italiano è una di queste realtà e Marianna Palella, la sua co-fondatrice e CEO, incarna questa visione con fervida determinazione.

In questa intervista Marianna ci guida attraverso il mondo vibrante e colorato di Citrus, offrendoci uno sguardo privilegiato sull'essenza stessa di un'azienda che va ben oltre il mero commercio di frutta e verdura.

L'Orto Italiano di Citrus: un viaggio verso la sostenibilità e il benessere

Citrus l'Orto Italiano nasce da un'idea semplice ma potente: selezionare e commercializzare prodotti ortofrutticoli di qualità per accrescere il benessere di chi li consuma. Fondato su una filiera virtuosa e il costante sostegno alla ricerca scientifica, questo progetto imprenditoriale si distingue per la sua giovinezza, il suo spirito innovativo e la sua determinazione nel ridefinire gli standard del settore ortofrutticolo.

Per Marianna “la forza di Citrus risiede non solo nel cosa fa, ma anche nel come lo fa”. Nata dalla collaborazione tra due donne, madre e figlia, l'azienda rappresenta un esempio di sinergia e determinazione. Paola Pappalardo porta l'esperienza nel settore ortofrutticolo, mentre Marianna Palella aggiunge creatività e competenze di marketing e comunicazione. Insieme, mettono il cuore in ciò che fanno, trasformando sfide in opportunità e dando vita a un progetto imprenditoriale che rispecchia i valori e l'energia delle generazioni che lo hanno creato.

L'azienda, con sede operativa in Romagna e cuore creativo a Milano, si distingue per la sua audacia nel proporre prodotti di nicchia, coltivati con metodi sostenibili e provenienti da varietà italiane uniche. Attraverso una comunicazione coinvolgente e istruttiva, Citrus rende la frutta e la verdura protagoniste, trasformando un settore tradizionalmente statico in un terreno fertile per l'innovazione e la crescita.

Citrus - l'Orto Italiano non è solo un'azienda, ma una storia italiana avvincente che sta rivoluzionando il modo in cui concepiamo la frutta e la verdura. Con un approccio etico e responsabile, valorizza non solo i prodotti, ma anche la ricerca scientifica e l'educazione del consumatore verso una cultura alimentare più sana e consapevole.

Con un focus sulla sostenibilità e la valorizzazione delle eccellenze italiane, Citrus - l'Orto Italiano si distingue come un esempio di innovazione e impegno sociale nel settore agroalimentare. Guidata con passione da Marianna Palella, Citrus incarna l'energia e la positività delle sue fondatrici, ponendo al centro dei suoi obiettivi la sostenibilità e l'etica in ogni decisione aziendale. La giovane e dinamica squadra di Citrus riflette questo approccio, dando vita a un ambiente lavorativo che valorizza l'entusiasmo e l'audacia nell'affrontare le sfide.

Un cuore sociale e una visione olistica

Per Marianna e il team di Citrus, il profitto non può essere la ragione ultima per fare impresa, ma abbraccia una visione più ampia che pone al centro il benessere della comunità e dell'ambiente. Citrus si impegna attivamente a essere una forza positiva nella risoluzione dei problemi sociali e ambientali, adottando una visione circolare che garantisce benefici per tutti gli attori coinvolti nella sua filiera.

L'impegno sociale di Citrus si traduce in iniziative concrete, come il sostegno alla ricerca scientifica e la collaborazione con il FAI per la salvaguardia del patrimonio italiano. “L'azienda comprende appieno il suo ruolo all'interno della società e si impegna a fare la propria parte nella risoluzione dei problemi comuni. Ogni azione intrapresa da Citrus riflette una visione circolare, garantendo benefici per tutti gli attori coinvolti. Attraverso il supporto alla ricerca scientifica, Citrus non solo promuove una nutrizione sana e bilanciata, ma contribuisce anche economicamente a progetti di ricerca che hanno un impatto positivo sulla salute e sul benessere della società”.

Inoltre, Citrus si impegna a promuovere la sostenibilità ambientale, riducendo l'impatto delle proprie attività industriali sul territorio italiano e sulla salute di tutti. L'azienda crede fermamente che le scelte individuali possano fare la differenza e contribuire ad affrontare le sfide globali. Per questo motivo, Citrus sostiene iniziative come la campagna di raccolta fondi del FAI e finanzia borse di ricerca attraverso la Fondazione Umberto Veronesi, contribuendo così al progresso scientifico e alla lotta contro le malattie.

Citrus non solo si impegna a essere parte della soluzione, ma cerca anche di coinvolgere attivamente i suoi clienti e la comunità nella sua missione. Attraverso progetti come "Donne Per(il)bene" e "L'Orto dei Piccini", l'azienda promuove la consapevolezza alimentare e sostiene la ricerca scientifica, dimostrando che fare impresa può significare fare la differenza nella vita delle persone e dell'ambiente.

L’ortofrutta è trendy

La comunicazione di Citrus non si limita alla semplice promozione dei suoi prodotti, ma si propone di educare e sensibilizzare i consumatori sull'importanza di uno stile di vita sano e sostenibile. Attraverso un approccio innovativo e ironico, Citrus trasmette messaggi positivi e ottimisti, incoraggiando il consumo di frutta e verdura come parte integrante di uno stile di vita equilibrato.

I colori vivaci, il gusto irresistibile e i benefici per la salute rendono la frutta e la verdura più trendy che mai. Citrus ha compreso l'importanza di mettere in evidenza questi aspetti positivi e ha adottato un approccio innovativo, ispirato ai codici visivi della moda e del design. Il risultato è una comunicazione vibrante, colorata e curata nei minimi dettagli, proprio come le confezioni dei prodotti e tutti i materiali a supporto. Non si tratta solo di immagine, ma di un impegno tangibile nel selezionare e portare sulla tavola dei consumatori i migliori prodotti, genuini e salutari.

Siamo alla costante ricerca di delizie, prodotti ortofrutticoli che uniscono gusto e benefici per la salute. Siamo stati i primi a riscoprire e riproporre il bergamotto, un agrume antico dalle straordinarie proprietà antiinfiammatorie e dal profumo inebriante. Le nostre erbe aromatiche portano il profumo del Mediterraneo in cucina e sono un ottimo sostituto del sale. La nostra collezione di legumi e cereali, coltivati nei territori vocati della Penisola, soddisfa i gusti di coloro che optano per una dieta a base vegetale. Inoltre, puntiamo sulla stagionalità come garanzia di freschezza e salubrità dei nostri prodotti, offrendo una varietà di limoni per ogni stagione”.

La selezione dei prodotti e dei produttori è un processo rigoroso per Citrus. “I nostri fornitori adottano diversi metodi di coltivazione, dal residuo zero al biologico, garantendo la qualità e la freschezza dei prodotti. Inoltre, Citrus promuove la cooperazione con i giovani produttori, accogliendoli nella cooperativa agricola Le Foglie, fondata nel 2016 per riunire produttori che condividono i nostri valori e standard qualitativi”.

La filosofia di Citrus include anche la riscoperta e il recupero di varietà vegetali spesso dimenticate, contribuendo così alla salvaguardia della biodiversità e del patrimonio verde del nostro Paese. “Siamo sempre alla ricerca di nuovi prodotti e stimolanti fornitori per offrire ai nostri clienti un'esperienza unica e autentica”.

Sostenibilità ed economia circolare

Citrus abbraccia la sostenibilità in tutte le sue sfaccettature, che si tratti di aspetti ambientali, economici o sociali. “Fin dai suoi primi passi, l'azienda si è impegnata a mettere in pratica la sostenibilità in ogni aspetto del suo operato. Il progetto d'impresa si fonda su una filiera controllata, certificata ed etica”.

La cooperativa agricola Le Foglie, fondata nel 2016 da Citrus, promuove un'agricoltura sociale basata sulla giusta remunerazione alla base produttiva e sulla valorizzazione dell'intera filiera. “Collaborare strettamente con gli agricoltori ci permette di condividere ogni fase del processo di produzione, garantendo così la qualità elevata dei nostri prodotti”.

Citrus ha analizzato attentamente ogni fase del processo di lavorazione, compresi gli sprechi, per ridurre al minimo gli scarti. “Anche se il nostro modello genera poco scarto, abbiamo implementato un processo di economia circolare in cui gli scarti vengono riutilizzati dall'industria della trasformazione. Inoltre, abbiamo stretto una collaborazione con "Too Good to Go", un'applicazione che combatte gli sprechi alimentari, per offrire Magic Box contenenti ottima frutta, verdura, legumi, cereali e una sorpresa, contribuendo così alla lotta agli sprechi”.

La maggior parte dei nostri imballaggi sono realizzati con mono-materiali provenienti da filiere sostenibili, garantendo il massimo della sostenibilità. Il nostro innovativo sistema di gestione del trasporto delle cassette, basato su un sistema di pooling, ha permesso di eliminare le cassette monouso di plastica, riducendo così il nostro impatto ambientale. La filiera di approvvigionamento dei nostri prodotti è altrettanto sostenibile. I prodotti sono raccolti da agricoltori selezionati che fanno parte della nostra cooperativa agricola, garantendo così la qualità e la freschezza dei prodotti. Grazie al nostro sistema di pooling, le cassette utilizzate per il trasporto vengono riutilizzate più volte, riducendo così il consumo di risorse e l'impatto ambientale”.

Citrus non si limita alla mera vendita di prodotti ortofrutticoli, ma si impegna attivamente a sensibilizzare i consumatori sull'importanza di uno stile alimentare sano e consapevole. “Investiamo molto nella comunicazione per informare i consumatori sui benefici della frutta e della verdura, educandoli in modo divertente e coinvolgente. La nostra mascotte Limonene, protagonista del progetto "L'Orto dei Piccini", trasmette ai più piccoli l'importanza di una dieta sana e di una cultura alimentare senza sprechi”.

Con ironia e freschezza, rivoluzioniamo lo storytelling nel settore ortofrutticolo, promuovendo temi importanti come la salute, la prevenzione e gli stili di vita sani con un sorriso sulle labbra. La nostra missione è promuovere l'ottimismo, la positività e il benessere attraverso la frutta e la verdura, rendendo così la sostenibilità un'esperienza piacevole e gratificante per tutti”.

Premi e riconoscimenti: testimonianza di eccellenza

I numerosi premi e riconoscimenti ottenuti da Marianna e Citrus testimoniano il loro impegno e la loro dedizione nel promuovere la sostenibilità e l'innovazione nel settore ortofrutticolo. Da Forbes a Brand Awards, Citrus continua a distinguersi come leader nel suo campo, ispirando altre aziende a seguire il suo esempio di eccellenza e impegno sociale.

Tra i premi e i riconoscimenti più significativi, spiccano la menzione di Marianna Palella tra i 100 under 30 italiani più influenti secondo Forbes, il premio Brand Awards 2021 nella categoria New Entry, e il Positive Business Award per il contributo all'incremento della positività.

La CEO di Citrus è stata anche premiata con il Premio all'innovazione Danila Bragantini per il progetto "Uomo non fare il broccolo!", che sostiene la salute al maschile. Citrus ha inoltre ricevuto l'Industria Felix, premio per le aziende più performanti a livello gestionale e finanziario, e la menzione tra le finaliste del GammaDonna 2021, premio all'imprenditoria femminile innovativa.

L’ultimo riconoscimento arriva con il premio IèS – Impresa è Sostenibilità, istituito dall'Università LUMSA, dedicato alla memoria di Lucia Barnaba, laureata dell'ateneo che ha lasciato un segno tangibile nel territorio di Manduria (Taranto) con il suo impegno. Marianna Palella, insieme a Citrus, è stata premiata per la prima edizione di IèS, per l’impegno nel promuovere la sostenibilità ambientale e sociale nei modelli di business, contribuendo a trasformare il tessuto economico verso pratiche più responsabili e rispettose del pianeta.

Credo che se io e Lucia ci fossimo incontrate non avremo smesso di parlare delle nostre passioni comuni. Non è solo una questione di settore, di legame alla terra e al territorio. Qualcosa più ampio unisce i nostri progetti: la voglia di portare e generare valore. Con la famiglia abbiamo aperto un dialogo per provare insieme a portare avanti il sogno di Lucia e diffondere il pomodorino di Manduria”.

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