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Made in Italy, Said: “100 anni di eccellenza del...
Made in Italy, Said: “100 anni di eccellenza del cioccolato, ora punta al cuore della Capitale”
Dal laboratorio di San Lorenzo parte la materia prima per gli Emirati Arabi, Dubai, Doha e Riyad
"Siamo produttori di cioccolata. Dal laboratorio di San Lorenzo parte la cioccolata per gli Emirati Arabi, Dubai, Doha e Riyad. E ora stiamo per aprire nel cuore della Capitale". Con queste parole Fabrizio De Mauro ha sintetizzato la filosofia produttiva di quella che è un'eccellenza italiana che compie 100 anni, 'Said', di cui è ceo. "La nostra storia - afferma - ci spinge ad andare oltre i confini nazionali e a parlare di Said 2.0. Con il raggiungimento di sette punti vendita all'estero nel 2024 e con la prosecuzione dell’attività nazionale, Said intende porre le basi di una operatività ad alto margine che permetterà ulteriori investimenti e un veloce sviluppo, sia in Italia che all’estero".
La composizione del giro d’affari è cosi segmentata: per il 40% somministrazione diretta al pubblico; 40% forniture a terzi; 20% vendita diretta al pubblico. Il flusso d’incasso delle royalties provenienti dal franchising confluisce nella Dalmati holding srl che fa sempre capo alla famiglia De Mauro. Il giro d’affari al consumo retail dei negozi in franchising sfiorerà a breve i 10 milioni di euro recando inoltre royalties alla casa madre per circa il 6% sul venduto e ai quali vanno consolidati sia gli introiti del punto vendita storico che le forniture a terzi.
Una storia che viene da lontano quella di Said: quando nel 1923 Aldo De Mauro ebbe l’idea di cavalcare l’inizio secolo con puro spirito imprenditoriale - sfidando ristrettezze economiche, regimi montanti e gettando il seme di un’idea duratura - fondando la 'Società azionaria industria dolciumi' forse non poteva immaginare che, cento anni dopo, suo nipote Fabrizio fosse ancora a capo dell’azienda da lui fondata, oggi più rigogliosa, internazionale e competitiva che mai. Una fabbrica nel cuore di Roma, quartiere San Lorenzo, che mantiene le caratteristiche e lo stile di un grande laboratorio dello scorso secolo e dove ancora oggi si possono osservare, negli ampi spazi, i macchinari di un tempo i quali, più che creare un effetto museale, contribuiscono alla vita del luogo attirando curiosità che genera, nei visitatori e nei clienti, infinite domande sui segreti produttivi del cioccolato.
Questa commistione tra antico e nuovo fa sì che, entrando in Said, appaia ancor più chiaro uno dei motti che si leggono sul sito dell’azienda: Innovazione con radici, un mantra del nostro tempo. Fare cioccolato non è uno scherzo da ragazzi. Farlo a livello artigianale, ma con numeri da industria, è ancor più complesso. In tre generazioni Said ha sempre mantenuta dritta la barra della qualità anche addentrandosi in produzioni diverse, dai confetti alle caramelle, al torrone ai dolciumi più disparati ma, infine, scegliendo di concentrarsi sul principale 'core business' di questa azienda che, ancor più che estimatori, conta fans devoti.
La produzione non si è fermata durante i bombardamenti del '43, è sopravvissuta al boom economico e ad una costante e agguerrita concorrenza forse meno attenta di Said verso i principi qualitativi che, nella 'fabbrica del cioccolato', si tramandano rigorosamente di generazione in generazione, come nelle migliori famiglie. Per questa ragione, probabilmente, Fabrizio De Mauro ha deciso alcuni anni fa di esportare la filosofia del cioccolato 'Made in Italy' Said anche all’estero e, dopo un felice passaggio a Londra, dove fare concorrenza alla cioccolata inglese sa di sfida (Londra è nuovamente nei progetti di De Mauro dopo la recente cessione dei due negozi già attivi) Said ha puntato sulle emergenti regioni arabe, aprendo store a Dubai, Doha e Ryhad e nella nuova entrata Kuwait dove, nella primavera del 2024, verrà aperto un nuovo negozio.
Paesi caldi dove il brand Said si sta allargando con rapidità grazie ad un passaparola irrefrenabile. De Mauro, nelle città del Medio Oriente, ha riportato il modello già attivo a Roma replicando eleganti bistrot in cui - cioccolato e accoglienza- diventano esperienze multisensoriali sorprendenti; il design di ciascun retail è seguito personalmente proprio da Fabrizio de Mauro, come d’altronde anche il restauro dell’antica fabbrica di San Lorenzo, avvenuto all’inizio del 2000.
Dunque, l’audacia che contraddistinse le origini - sino a creare cioccolatini iconici famosi e ricercati ovunque - è oggi il marchio di fabbrica del business guidato da Fabrizio De Mauro con la sua famiglia il quale ha voluto creare una base in quei paesi dove il Made in Italy è particolarmente apprezzato. Dopo cento anni Said rimane una filosofia, un viaggio nelle emozioni suscitate dal cioccolato, antico elisir che dona benessere alla mente e al corpo.
"La nostra azienda - sottolinea Fabrizio De Mauro - poggia su un tesoro unico che è la vera prospettiva futura di Said: i valori che ci tramandiamo e che mi piace racchiudere in una definizione: artigiani del cioccolato, indipendenti ed esperti in ospitalità. L’esclusività distributiva è per noi un altro plus; ad oggi, a parte le forniture riservate al Gruppo Rinascente, i nostri prodotti si possono reperire esclusivamente nei negozi monomarca Said oppure nel reparto e-commerce del nostro sito".
"Il nostro modello di retail - rivela - prevede l’abbinamento del cioccolato all’hospitality, un'idea che vanta molte imitazioni ormai ma rimane un unicum di Said, sia in termini di design che di oculato sfruttamento dell’esperienza centenaria. Altra peculiarità di Said è avere la sede storica sempre nel luogo in cui fu fondata e di essere portata avanti dalla medesima famiglia sin dall’inizio. La sfida dei prossimi cento anni conta su queste premesse per affrontare i cambiamenti e restare sul mercato senza mai snaturare le caratteristiche che hanno fatto di Said un brand sia cult che pop. La nostra rete di negozi in franchising riceve le materie prime esclusivamente dalla fabbrica centrale di San Lorenzo a Roma dove è attiva anche la somministrazione del prodotto artigianale e che funge inoltre da show room. Le stesse forniture vanno, in esclusiva, oltre che al Gruppo Rinascente, ad alcuni alberghi 5 stelle lusso di Roma".
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Driverso: in Ue fatturato a 169 mln per car hiring d’alta...
Al Museo Maxxi di Roma il secondo global meeting della prima piattaforma digitale europea
Un comparto in grande espansione a livello europeo, con 169 milioni di euro di fatturato nel 2023, 192 imprese attive e un parco auto di 3.456 unità. E per quanto riguarda l'Italia i dati parlano di 45 milioni di euro di fatturato con circa 1000 auto. I numeri che arrivano da Driverso’s Analysis Lab riguardano il mercato del car hiring d’alta gamma nel Continente e segnalano anche un costo medio per noleggio di 2.916 euro per 58.074 transazioni nell’anno.
La durata media dei contratti è stata di 5,4 giorni per 313.600 giornate complessive, con ricavi medi sul singolo veicolo pari a 49mila euro. Ma c’è soprattutto un’aspettativa di crescita rilevante: il fatturato del settore è atteso a 195 milioni di euro già alla fine di quest’anno, per poi salire via via fino ai 714 milioni previsti nel 2030. Il bacino di mercato potenziale, comunque, è enorme, dato che il giro d’affari del luxury travel è calcolato oggi in 1.380 miliardi di euro.
Circa 40 di queste aziende, che rappresentano il meglio dell’offerta del car hiring d’alta gamma e rispettano standard di qualità predefiniti, operano su Driverso, la prima piattaforma digitale europea, nata in Italia, per il noleggio auto premium. L’aggregatore online mette a disposizione centinaia di veicoli di tutti i marchi più prestigiosi, forniti dai player attivi su 10 Paesi (Austria, Francia, Germania, Italia, Olanda, Portogallo, Principato di Monaco, Regno Unito, Spagna, Svizzera).
Decine di aziende, esperti, stakeholder qualificati e appassionati provenienti da tutta Europa si sono ritrovati oggi nel suggestivo scenario del Museo Maxxi di Roma per il secondo global meeting di Driverso, da cui sono emersi numeri, scenari e tendenze di un ramo dell’automotive che incrocia i temi del lusso, del lifestyle, dell’economia digitale e soprattutto le sempre mutevoli abitudini di consumo turistico. Il servizio, infatti, si rivolge soprattutto a un target di clientela legata al tempo libero e alla ricerca di un’esperienza esclusiva di viaggio e di mobilità del tutto customizzata.
Durante la giornata al Maxxi, sono intervenuti esperti del calibro di Ryan Sarver, Partner Redpoints Ventures e soprattutto ex direttore della piattaforma Twitter, Massimiliano Archiapatti, Ceo di Hertz Italy, Jasmine Boni-Ball, Executive assistant di ‘Tuscany Now and More’, Ferruccio Rossi, Direttore generale di Sanlorenzo Yacht, Leopoldo Gasbarro, direttore di Wall Street Italia, e Maurizio Iperti, Ceo di LoJack.
Pierluigi Galassetti, co-founder con Saverio Castellaneta di Driverso, ha detto: “Il noleggio auto di alta gamma riveste un ruolo chiave nell’offerta turistica italiana e internazionale e agisce come un elemento in grado di caratterizzare e arricchire l’intera esperienza di viaggio. Questa proposta di mobilità è apprezzata sia dai visitatori nazionali che da quelli internazionali e si inserisce in un contesto in cui la clientela ricerca non solo comfort ed esclusività, ma richiede esperienze immersive e personalizzate in ogni dettaglio del soggiorno, dalla cucina all'alloggio, fino agli spostamenti in auto, che completano la gamma dei servizi”. “Nell’ambito del settore lusso, fortemente in crescita
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Peste Suina, Martinelli (Assosuini): “Se crolla...
Il presidente dell'associazione: "Allevamenti e prosciutti sono sicuri, al mercato però non interessa"
"Il rischio grosso che stiamo correndo è di perdere un settore importante, un'eccellenza del made in Italy. La Cina già non importa i nostri prosciutti da due anni, com e anche la Corea e il Giappone. Adesso anche il Canada e se poi decideranno di fare la stessa cosa Stati Uniti, Francia e Germania che rappresentano i nostri principali mercati allora resteremo con i maiali negli allevamenti e i prosciutti nei prosciuttifici. Questo perchè il 30% dei prosciutti che si producono in Italia vengono esportati. Se crolla l'export sarà una catastrofe per i 4mila allevamenti italiani e per i trasformatori ma anche per tutto l'indotto". E' l'allarme che lancia, con Adnkronos/Labitalia, Elio Martinelli, presidente di Assosuini, dopo che il diffondersi della peste suina sui cinghiali anche nella zona del Parmense ha portato l'Ue a stabilire la zona di restrizione II a Langhirano, patria del Prosciutto di Parma.
E per Martinelli "se crolla l'export le aziende non avranno alternativa che chiudere e se, guardiamo all'esempio della Germania che ha affrontato il problema prima di noi, adesso il Paese fa segnare un 20% in meno di allevamenti dopo la fine dell'emergenza". "Questo fa capire che una volta chiusa l'attività è difficile che questa riparta dopo la fine dell'emergenza", sottolinea.
Secondo il presidente di Assosuini "finora il contrasto alla peste suina nel selvatico si è fatto solo in teoria, basti pensare che dopo un anno e mezzo il commissario straordinario non è ancora operativo. Si dove agire come fatto in Sardegna, dove il virus è stato eradicato con il coinvolgimento di tutte le forze in campo, a partire dai cacciatori che sono stati la chiave per sconfiggere il problema. E invece ora abbiamo un virus che corre velocissimo in Italia dove si calcola che ci siano 1,5-2 milioni di cinghiali", sottolinea.
Ma nonostante il virus corra tra i cinghiali gli allevamenti italiani di suinbi sono al sicuro. "I nostri allevamenti di suini, grazie agli investimenti fatti dagli allevatori in materia di recinti e barriere e anche con i controlli che vengono fatti di continuo, sono super sicuri. Ricordiamo che la peste suina non si trasmette all'uomo ma colpisce cinghiali e suini, si propaga velocemente e porta nel 90% dei casi alla morte degli animali. Detto questo, i nostri prosciutti sono sicuri e super controllati ma questo non interessa al mercato che non intende rischiare", conclude Martinelli.
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Ai, Iannicelli (Ordine Ingegneri): “Fondamentale dare...
Parla il responsabile scientifico della Commissione Metrologia agli "Stati generali delle ingegnerie digitali”
“La metrologia è la scienza della misura che si divide tra la metrologia scientifica, legale, industriale. In Italia è stata un po' trascurata ed è per questo che ci siamo riuniti una commissione. La prima commissione di metrologia è nata a Milano e vi collaborano persone da tutta Italia perché è fondamentale dare peso a questa scienza che sta dietro a tutte le cose”. A parlare è Carmelo Iannicelli, presidente Commissione Metrologia dell'Ordine degli Ingegneri, dal palco degli "Stati generali delle ingegnerie digitali - Costruendo il futuro tecnologico di Milano e del Paese", organizzato dall'Ordine degli Ingegneri della Provincia di Milano all'Acquario civico del capoluogo lombardo. Nel panel “Metrologia 4.0: verso una misurazione smart e intelligente” si è discusso di smart Metrology: “Se l'intelligenza artificiale si basa su numeri sbagliati perché non abbiamo conoscenza e competenza, stiamo perdendo il controllo delle nostre misure. Il controllo dei dati, il controllo delle misure, il controllo delle tolleranze dei nostri strumenti di misura è fondamentale- illustra Iannicelli - Abbiamo deciso di metterci insieme per cercare di far capire l'importanza e il presidio che deve essere fatto su tutto questo”, conclude.