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Sostenibilità

Ciafani (Legambiente): “Basta speculazione politica, il...

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Ciafani (Legambiente): “Basta speculazione politica, il passaggio all’elettrico non può più aspettare”

Il presidente di Legambiente commenta il grave ritardo dell’Italia nella transizione green

Presidente Legambiente Stefano Ciafani

“Il governo Meloni avrebbe dovuto fare di più per il trasporto pubblico, considerando che ha deciso di spendere 11 miliardi di euro (9 a carico dello Stato, 2 a carico di Sicilia e Calabria) per realizzare il Ponte sullo Stretto di Messina, un’opera la cui utilità è assolutamente dubbia, per usare un eufemismo”, queste le prime dichiarazioni del presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani sentito dall’Adnkronos per commentare i risultati del rapporto “Pendolaria 2024 – Speciale aree urbane”.

Dal report emerge il grave ritardo del Belpaese nelle infrastrutture di trasporto sui binari, fondamentali per far diminuire l’uso delle auto private e le emissioni di CO2. Alla base di questo gap con le altre ricchezze europee, gli annosi problemi strutturali e gli investimenti troppo scarsi:

“Mentre si spendono 9 miliardi delle casse dello Stato per il Ponte di Messina – continua Ciafani – si lasciano i soliti problemi agli italiani che usano il trasporto pubblico per spostarsi. Per molti prendere un mezzo pubblico per andare al lavoro è semplicemente impossibile, qual è la conseguenza? Che milioni di italiani usano ogni giorno la propria macchina con inevitabili ricadute sull’ambiente e sulla vivibilità delle città”. Parole che trovano riscontro anche nell’indagine “Better Connected” di Heitachi Rail da cui emerge che solo il 15% dei milanesi usa esclusivamente il trasporto pubblico per andare al lavoro. Il tutto considerando che Milano è la città italiana con il trasporto pubblico più diffuso.

Il rapporto di Legambiente, dal canto suo, evidenzia come la legge di Bilancio 2024 abbia gravemente ridimensionato i contributi statali per una mobilità pubblica e sostenibile, in favore di una scelta che “per noi – conclude Ciafani – è assolutamente incomprensibile: puntare sulla cattedrale nel deserto della mobilità”.

Perché Italia le auto elettriche sono poco vendute?

“Il flop delle auto elettriche è dovuto al fatto che siamo partiti con grandissimo ritardo nell’implementare le infrastrutture lungo la penisola. Un discorso che – specifica il presidente di Legambiente – vale per le colonnine nelle aree pubbliche ma anche in quelle private come garage e altre pertinenze private e condominiali”.

Un problema strutturale che l’Italia sta provando a ridimensionare grazie alle risorse del Pnrr: “Oggi in città, soprattutto nelle città più grandi, le colonnine si vedono in ogni quartiere, compaiono anche sulle autostrade, un po’ meno sulle superstrade anche se – nota il presidente di Legambiente – c’è carenza di queste strutture nei comuni medio-piccoli”.

Incentivi a metà

La mancanza di infrastrutture non è l’unica causa del flop dell’elettrico in Italia secondo Stefano Ciafani: “è mancato un sistema di incentivazione paragonabile a quello di altri Paesi europei, che permetta ai cittadini di poter acquistare l’auto elettrica al posto di quella di quella a combustione interna”. Anche qui la situazione è in leggero miglioramento: “All’attuale governo va riconosciuto che i nuovi incentivi fanno uno sforzo in più rispetto a quelli precedenti. Innanzitutto, sono strutturati in maniera più logica e sono modulati in base al reddito prevedendo un tetto massimo di spesa”, dichiara Ciafani che spiega: “Se tu vuoi l’auto elettrica più costosa o comunque oltre una certa soglia di valore è giusto che te la compri da solo, perché evidentemente ne hai le possibilità”.

La strada degli incentivi soddisfa a metà perché si continua a incentivare, seppure in misura minore, anche l’acquisto di auto ibride e a motore termico: “Questo è un errore, una sciocchezza che impedisce di virare con decisione sulle auto elettriche che sono il futuro”.

Polemiche inutili sull’elettrico

Proprio sul passaggio alle auto elettriche si accende il dibattito “green”. Da una parte c’è chi lo ritiene indispensabile per contrastare il surriscaldamento climatico, dall’altra chi sostiene che in questo modo si consegni alla Cina la produzione delle auto e quindi una grossa fetta dell’economia europea.

Per il presidente Ciafani questo contrasto porta a “fomentare polemiche inutili tirando fuori dati sbagliati o decontestualizzati. A inizio anno si è fatto un gran parlare della diminuzione delle auto elettriche vendute in Italia, ma la realtà era ben diversa. Tutti sapevano che i cittadini stavano aspettando che arrivassero gli incentivi del governo Meloni che sono arrivati e arriveranno tra marzo e aprile, eppure si è preferito montare la polemica e nutrire il complotto contro l’auto elettrica”.

L’elettrico è il futuro

Le divergenze sono esplose dopo il Regolamento europeo che impone lo stop alla produzione di auto a motore termico dal 2035. Anche in questo caso, per il presidente Ciafani la polemica va ridimensionata: “Le principali case automobilistiche mondiali hanno deciso di chiudere le linee produttive dei motori endotermici già dal 2030. Non perché siano ambientaliste, ma perché sanno che il mercato sta andando sulla trazione elettrica. Insomma, bisogna smetterla con tutte queste polemiche contro l'Europa e l’auto elettrica che avrà un ruolo fondamentale nell’abbassare il livello di inquinamento e rendere più vivibili le città”.

C’è stato uno squilibrio tra il clamore mediatico rivolto a bici e monopattini elettrici e l’investimento in infrastrutture, piste ciclabili in primis?

“C’è uno squilibrio oggettivo tra la domanda di micromobilità e le infrastrutture presenti nelle città italiane”, osserva il presidente di Legambiente.

“Tutte quelle norme approvate dopo la pandemia hanno migliorato la situazione, anche realizzando corsie ciclabili e non piste ciclabili. Anche se non separate fisicamente dal resto della strada le corsie ciclabili hanno comunque dato un segnale forte, la cui portata non va sottovalutata: in strada si riduce la larghezza della carreggiata al servizio delle automobili e si aumenta quella dedicata a bici e monopattini”.

Per il presidente di Legambiente anche questi segnali giocano un ruolo importante nel percorso di transizione: “Bisogna creare un percorso di educazione alla mobilità, un grande vulnus del nostro Paese dove chi si muove sulle quattro ruote pensa di essere il padrone della strada e mette a repentaglio la vita di dei soggetti più deboli, che sono chi si muove con le due ruote e chi si muove con le sue due gambe, i pedoni”.

Il dibattito su Città 30

L’educazione stradale è il canale che più di ogni altro può rivoluzionare il modo di concepire gli spazi urbani e diffondere le “Città 30”, fortemente sostenute dal presidente di Legambiente. “La riduzione della velocità in città è fondamentale. Lo sanno bene le amministrazioni di centrosinistra e di centrodestra che hanno già adottato questa rivoluzione”, dichiara Stefano Ciafani che non risparmia una stoccata alla polemica sul progetto di “Bologna Città 30”:

“È stata fatta una grande speculazione politico-partitica contro il comune di Bologna all'inizio di quest'anno. Ma è bene ricordare che il Comune di Olbia, guidato da un sindaco di Forza Italia, e con una giunta di centrodestra, ha realizzato la Città 30 già da un anno e mezzo. Lo stesso dicasi per il comune di Treviso, guidato da un sindaco leghista e con una giunta di centrodestra che già dall’anno scorso è Città 30”.

Casi che esistono da mesi, ma sui quali non è stato sollevato alcun polverone a differenza di quanto avvenuto con il Comune di Bologna, guidato da una giunta e un sindaco di centrosinistra. “Bisogna smetterla con queste speculazioni perché la vita delle persone, la sicurezza delle persone, è molto più importante delle scaramucce partitiche”, chiosa Ciafani.

“Salvini, il padre del Decreto Sicurezza, ostacola la sicurezza nelle città”

A questo punto, il presidente di Legambiente aggiunge: “C’è un aspetto veramente curioso di tutta questa controversia. Matteo Salvini da ministro dell’Interno del primo governo Conte approvò dei decreti sicurezza per noi assolutamente insopportabili contro la supposta ‘minaccia migranti’. Trovo assurdo che oggi lo stesso Salvini stia facendo una campagna per rendere più insicure le strade italiane con la direttiva del ministero dei Trasporti contro l'uso degli Autovelox in città, gli attacchi alle “Città 30” e le modifiche al codice della strada che sono in corso di discussione in Parlamento”.

Stefano Ciafani espone tutta la disapprovazione dell’associazione verso quella che definisce “Una sicurezza a giorni alterni, a fasi politiche alterne, agitata in base alle convenienze politiche del momento. Un metodo che noi non sopportiamo e non condividiamo. C'è una strage silenziosa che miete migliaia di morti ogni anno lungo le strade delle città e dei comuni italiani e va fermata rendendo le strade più sicure. Come lo si fa? Introducendo velocità più basse e sistemi di controlli adeguati”.

Vista l’annosa arretratezza del trasporto pubblico italiano, cosa si può fare per contrastare da subito l’inquinamento atmosferico?

“La risposta non può essere una sola”, chiarisce subito Ciafani. “In Italia in base ai dati dell'Agenzia per l'ambiente ci sono 50.000 morti premature ogni anno per PM 2.5, quindi serve una risposta articolata. C'è il fronte delle emissioni causate dal traffico che va affrontato come visto prima, poi c'è la questione relativa al come rendere meno inquinante il trasporto pubblico se non a impatto zero”.

Oltre il trasporto: revisionare il sistema di riscaldamento

Un altro aspetto evidenziato dal presidente nazionale di Legambiente all’Adnkronos riguarda il riscaldamento degli edifici. “Con il superbonus è stato un grandissimo errore in materia di riscaldamento, ovvero finanziare l'acquisto delle caldaie a gas nonostante fosse già disponibile la tecnologia alternativa delle pompe di calore che rinfrescano e riscaldano gli ambienti utilizzando l’energia elettrica”.

Oltre il trasporto: l’agricoltura e gli allevamenti

I costanti record di temperature registrati sul pianeta lanciano un messaggio chiaro: bisogna intervenire subito e su più fronti per contrastare il surriscaldamento climatico.

“Occorre rivedere l’impatto ambientale generato dall’agricoltura e dall’allevamento” aggiunge Ciafani che spiega: “entrambe le filiere immettono ammoniaca nell’atmosfera. Queste polveri sottili denominate PM secondario inficiano pesantemente sulla salute dell’aria e dei cittadini. Bisogna quindi aiutare le imprese ad acquistare nuovi impianti e ad innovare i sistemi produttivi. Per risolvere il problema ambientale, particolarmente grave nel Nord Italia e nella pianura padana bisogna mettere in campo queste soluzioni tutte insieme”.

Quando? Al più presto possibile, conclude Stefano Ciafani “Perché non possiamo aspettare il 2050. Quando avremo decarbonizzato il nostro Paese non avremo più il problema dell’inquinamento atmosferico nelle nostre città. Ma – chiosa il presidente di Legambiente – non possiamo aspettare ancora 26 anni mentre ogni anno, a causa dello smog, muoiono prematuramente 50.000 persone”.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Sostenibilità

Sostenibilità in ascesa, si accende l’interesse degli...

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Politiche di investimento sostenibile, tendenze, motivazioni e prospettive future

Investimenti sostenibili - Fotolia

L'attenzione verso la sostenibilità da parte di enti previdenziali, fondazioni di origine bancaria e del comparto assicurativo è in costante crescita. Lo conferma la sesta indagine condotta dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, in collaborazione con Asvis (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) e Febaf (Federazione Banche Assicurazioni e Finanza), intitolata 'Esg e Sri: Le Politiche di Investimento Sostenibile degli Investitori Istituzionali Italiani'.

Esg e Sri, fondamentali principi di investimento sostenibile

Gli Esg (Environmental, Social and Governance) e il Sri (Socially Responsible Investment) rappresentano i pilastri fondamentali nell'ambito degli investimenti sostenibili. Gli Esg si concentrano sulla valutazione dei fattori ambientali, sociali e di governance di un'azienda o di un'entità, valutando il suo impatto sull'ambiente, sulla società e sulle pratiche di gestione aziendale. D'altra parte, il Sri si riferisce a strategie di investimento che tengono conto dei valori sociali ed etici, oltre a considerazioni finanziarie.

Insieme, questi principi guidano gli investitori istituzionali nel prendere decisioni di investimento più consapevoli, mirando a ottenere rendimenti finanziari sostenibili e ad impattare positivamente sulle comunità e sull'ambiente. Integrare tali criteri nelle politiche di investimento non solo promuove la sostenibilità a lungo termine, ma può anche generare rendimenti finanziari più stabili e mitigare i rischi nel portafoglio degli investitori.

Adozione delle politiche di investimento sostenibile

L'adozione di politiche di investimento sostenibile è diventata una tendenza sempre più diffusa tra gli enti previdenziali, le fondazioni di origine bancaria e le compagnie assicurative in Italia. Dei partecipanti alla survey, il 53% ha dichiarato di aver già implementato tali politiche. È interessante notare che anche tra coloro che ancora non hanno adottato formalmente la finanza Sri, il 75% ha discusso questo argomento in vista di possibili sviluppi futuri. Nel 2024, hanno partecipato alla survey 128 enti, rispetto ai 123 dell'anno precedente, confermando un crescente interesse verso la sostenibilità nel settore finanziario italiano.

Dopo una leggera battuta d'arresto registrata l'anno scorso, si registra un aumento sia in valore assoluto sia in valore percentuale del numero di investitori istituzionali che adottano politiche di investimento sostenibile. Questo è un segnale incoraggiante, evidenziato anche dalla crescente percentuale di enti virtuosi rispetto al campione intervistato. Tuttavia, rimangono delle sfide da affrontare, come la percentuale di enti che, pur discutendo di sostenibilità in consiglio di amministrazione, decidono di non approcciare la finanza Sri.

Applicazione delle politiche Esg

Un altro dato degno di nota è l'incremento nell'applicazione delle politiche Esg, con il 44% degli enti che preferisce investire una quota compresa tra il 75% e il 100% del proprio patrimonio secondo questi criteri. Tuttavia, si osserva un aumento a discapito delle classi intermedie di investitori 'sostenibili e responsabili', il che suggerisce la necessità di un equilibrio nell'allocazione dei fondi secondo i principi Esg.

Tendenze e motivazioni nell'adozione della finanza SRI

Le tendenze e le motivazioni che guidano verso la finanza SRI riflettono una combinazione di obiettivi etici e pragmatici. La volontà di contribuire allo sviluppo sostenibile emerge come il principale motore di questa scelta, con l'82% dei rispondenti che cita questo obiettivo come la loro motivazione primaria. Tuttavia, non vanno trascurati anche motivi di natura più tecnica, come la mitigazione dei rischi nel portafoglio, citata dal 67% dei partecipanti.

Al terzo posto, ma comunque rilevante, troviamo il miglioramento della reputazione dell'ente, con il 49% delle preferenze. Questo dato rappresenta il valore più alto registrato in tutti gli anni di indagine condotti finora. Altri motivi includono la ricerca di migliori rendimenti finanziari (20%) e la pressione del regolatore (18%).

Tuttavia, nonostante l'interesse e le motivazioni, ci sono delle sfide da affrontare. La difficile misurabilità degli impatti e delle performance è citata dal 62% degli intervistati come la principale barriera all'implementazione di una politica di investimento sostenibile. Anche la mancanza di una definizione univoca di sostenibilità (53%) e la percezione di una normativa di settore poco chiara e confusionaria (48%) contribuiscono a complicare il panorama.

Inoltre, nonostante gli sforzi, solo un esiguo 8% dei rispondenti rileva benefici effettivi in termini di rendimenti finanziari dalle proprie politiche di investimento sostenibile. Al contrario, il 63% sperimenta una mitigazione del rischio complessivo nel portafoglio. Questi risultati suggeriscono che, sebbene vi sia una crescente sensibilità verso la finanza SRI nel mercato istituzionale, vi è ancora un divario significativo tra le aspettative teoriche e gli impatti pratici. Tale divario potrebbe essere influenzato da fattori esterni, come l'instabilità dei mercati finanziari e l'incertezza normativa.

Strategie e tendenze nelle politiche di investimento sostenibile

L'indagine fornisce un'analisi dettagliata sulle strategie e le modalità con cui vengono implementate le politiche di investimento sostenibile, evidenziando le preferenze e le sfide che gli investitori affrontano in questo ambito.

Le esclusioni continuano a detenere la posizione di leadership come strategia più utilizzata per il sesto anno consecutivo, con il 66% dei partecipanti che le adotta. Seguono gli investimenti tematici (34%) e il best in class (32%), che hanno scalzato dal podio le convenzioni internazionali (31%) e l'impact investing (29%). Tuttavia, l'engagement rimane ancora in coda alle preferenze, sebbene cresca dal 24% al 28% in questa edizione. Questo potrebbe suggerire che alcuni investitori ritengono questa strategia più complessa da attuare.

Le esclusioni si concentrano principalmente su prodotti legati al mercato delle armi (89%), seguite da pornografia (59%) e gioco d'azzardo (56%). La parità di genere, sebbene ancora bassa, registra un aumento dal 8% al 11% rispetto all'anno precedente.

Per quanto riguarda le convenzioni internazionali, Unpri rimane al primo posto (64%), seguito dal Global Compact dell'ONU (56%). Per quanto riguarda il best in class, l'attenzione verso la tutela dell'ambiente prevale, con una forte enfasi sulla riduzione delle emissioni (69%).

È interessante notare che, nonostante l'ambiente sia il fattore dominante, la componente sociale e la governance hanno anche un peso significativo, rispettivamente al 31,4% e al 30,7% delle preferenze. Gli investimenti tematici riflettono questa tendenza, con una predilezione per i temi ambientali ma con investimenti significativi anche in settori come la Silver Economy e le Residenze Sanitarie Assistite (RSA).

Per quanto riguarda le tendenze future, il 66% degli investitori afferma di voler aumentare la propria esposizione agli strumenti sostenibili. Le esclusioni rimangono la strategia più allettante, seguite da best in class e investimenti tematici. Settori come le energie rinnovabili, la salute e le infrastrutture sanitarie attraggono particolare interesse per il loro potenziale di crescita sostenibile. Tuttavia, la diversificazione rimane importante, con molte menzioni di settori come le scienze della vita e l'agroalimentare tra le preferenze degli investitori.

Prospettive future e impatto della normativa

Le prospettive della finanza sostenibile sono influenzate in gran parte dalla normativa di settore, che assume un ruolo sempre più rilevante nell'ambito degli investimenti responsabili. La survey dedica quindi una serie di domande specifiche al regolamento Sfdr e ai nuovi modelli Rts che i gestori/collocatori di fondi dovranno adottare nelle comunicazioni.

Attualmente, la maggior parte dei partecipanti (67%) valuta gli effetti di Sfdr come limitati, ma riconosce il potenziale per aumentare l'interesse verso l'acquisto diretto di fondi Esg. Tuttavia, molti enti sono ancora in fase di studio e analisi del quadro legislativo, il che si riflette nel numero di fondi che non rispondono né all'articolo 8 né all'articolo 9.

C'è una crescente consapevolezza della complessità delle nuove procedure e normative, con oltre il 60% dei partecipanti che dichiara di non avere conoscenze sufficienti sugli Rts. Questo porta molti enti a manifestare l'intenzione di avviare percorsi di formazione interna, sebbene solo una minoranza disponga attualmente di figure o team dedicati agli investimenti Esg.

La collaborazione con advisor finanziari specializzati sugli aspetti di sostenibilità è sempre più diffusa, con il 42% dei partecipanti che si avvale di un advisor Esg. Tra i gestori/collocatori di fondi, alcune società emergono come particolarmente attente alle tematiche Esg, evidenziando un'attenzione crescente verso la sostenibilità anche nel panorama nazionale e internazionale.

Nonostante le recenti performance degli investimenti sostenibili possano non essere particolarmente brillanti a causa di un contesto congiunturale sfavorevole, l'economia italiana sta sempre più puntando verso la sostenibilità. Ciò riflette non solo una maggiore sensibilità dei singoli cittadini, soprattutto dei più giovani, ma anche una consapevolezza crescente nell'ambito degli investimenti istituzionali.

La sostenibilità non è più una moda, ma una componente essenziale degli investimenti, in linea con la sensibilità crescente dei cittadini. Nonostante le attuali performance non brillanti, la finanza sostenibile è destinata a consolidarsi come modello predominante nelle allocazioni future.

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Sostenibilità

Agricoltura, nasce sistema Agreed: droni e satelliti per...

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Progetto nato per realizzare un sistema integrato di sorveglianza, tracciabilità, previsione e gestione malattie che colpiscono produzioni ortofrutticole dell’Italia meridionale

Agricoltura, nasce sistema Agreed: droni e satelliti per prevenire malattie ortofrutta

Una piattaforma tecnologica che raccoglie i dati inviati da droni, satelliti, radar e sensori di campo per prevenire le malattie che minacciano le produzioni ortofrutticole evitando crisi produttive e conseguenti danni economici alla filiera dell’agricoltura e agli operatori di settore. Nasce così Agreed, AGRiculture, Green & Digital, il nuovo sistema europeo d’avanguardia realizzato dall’italiana Corvallis (Gruppo Tinexta), azienda cyber tra i principali fornitori di servizi It nel settore finanziario italiano, in collaborazione con la sede italiana del Ciheam-Centre International de Hautes Etudes Agronomiques Méditerranéennes, Politecnico di Bari, Hort@, Cini, Università degli Studi di Enna "Kore", Cmcc (Centro Europeo Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici) e Infobiotech. (Video)

Il progetto si propone di utilizzare diverse tecnologie per realizzare un sistema integrato di sorveglianza, tracciabilità, previsione e gestione a basso impatto ambientale delle più gravi malattie che colpiscono le principali produzioni ortofrutticole dell’Italia meridionale, come l’olivo, la vite, gli agrumi e il pomodoro. L’esigenza degli operatori agricoli è quella di individuare e prevedere l'insorgere di fitopatologie – come funghi, virus, batteri e altri organismi – che compromettono i raccolti di frutta e verdura.

Agreed è il sistema più avanzato in Europa per la raccolta di informazioni affidabili in tempo reale sulla presenza e diffusione delle patologie delle piante. Grazie alla collaborazione tra ricercatori, tecnici e agricoltori, il progetto offre vantaggi tangibili per il settore agricolo, tra cui la prevenzione e l'individuazione precoce di focolai d'infezione, la fornitura di informazioni affidabili sulle colture e la gestione sostenibile delle risorse in campo agricolo, supportando l'attuazione di misure di contenimento e di controllo, anche attraverso interventi fitosanitari precisi ed eco-compatibili.

Grazie a una piattaforma multisorgente IoT (Internet of Things), il sistema Agreed raccoglie e analizza flussi continui di dati provenienti da una varietà di fonti, tra cui immagini satellitari, scansioni infrarosse e termiche acquisite da droni, radar, sensori di campo e modelli climatici previsionali. Questi dati vengono continuamente analizzati ed elaborati per individuare e mappare focolai d'infezione, consentendo l'attuazione di interventi fitosanitari di precisione e sostenibili.

"Per proteggere l’agricoltura nello scenario globale, non è più sufficiente la sola esperienza umana – commenta Andrea Monti, Direttore Generale di Tinexta Cyber, il polo della cybersicurezza di cui fa parte Corvallis – per questo la tecnologia è la più valida alleata delle imprese del settore agroalimentare che devono sempre più tutelarsi a fronte dell’insorgenza di nuove patologie fitosanitarie, prima che siano epidemie non più governabili. Il settore agricolo si sta orientando in modo deciso verso l’Agritech per superare grazie alle tecnologie quel gap in innovazione registrato invece da altri settori produttivi. L’agricoltura di precisione e le soluzioni di frontiera come Agreed rappresentano un nuovo standard nella gestione preventiva delle problematiche fitosanitarie, dimostrando il potenziale delle tecnologie avanzate nel garantire la sicurezza e la qualità delle produzioni agricole, nel rispetto dell'ambiente e delle esigenze del settore agricolo contemporaneo".

"Agreed rappresenta un balzo in avanti nella sorveglianza fitosanitaria grazie a una serie di innovazioni tecnologiche che non solo favoriscono un intervento precoce, ma promuovono pratiche agricole sostenibili e rispettose dell’ambiente. Il team del Ciheam Bari, in qualità di responsabile scientifico del Progetto Agreed, ha sviluppato, in particolare, l’algoritmo per l'analisi delle immagini satellitari del programma europeo Copernicus, che consente di tracciare i 'mutamenti" causati da Xylella fastidiosa negli uliveti" ha aggiunto Maurizio Raeli, direttore del Ciheam Bari. Gli agricoltori e gli operatori del settore agricolo possono accedere alla piattaforma informatica dedicata Agreed ricevendo segnalazioni puntuali e supporto nella gestione delle minacce fitopatologiche. Tutte le informazioni relative agli interventi colturali e fitosanitari praticati dagli agricoltori sono registrati sul portale di Agreed tramite sistema blockchain. Maggiori informazioni su Agreed sono disponibili sul sito https://corvallis.it/open-lab/progetti/.

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Sostenibilità

Abbandono di vetro in strada, lo fa 1 italiano su 4: i dati

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Il fenomeno dell’abbandono di vetro in strada è stato oggetto di una ricerca del birrificio Ichnusa-AstraRicerche: ecco cosa è emerso

Bottiglie di vetro - Canva

Dichiara di farlo almeno un italiano su quattro, ma più di sei su 10 provano indignazione. Questo è il quadro emerso da una ricerca del birrificio Ichnusa, commissionata ad AstraRicerche, per fotografare opinioni e contraddizioni sul territorio nazionale, in merito all’abbandono delle bottiglie di vetro in strada. L’occasione è una campagna di sensibilizzazione dell’azienda volta ad arginare il fenomeno a partire dai comportamenti individuali.

Se sei su 10 si indignano, tre su 10 provano tristezza e due su 10 si sentono impotenti difronte al fenomeno. Ma scopriamo insieme cosa è emerso dalla ricerca.

L’abbandono di vetro in strada

Il fenomeno, nel nostro Paese, sembra avere due volti differenti. Da una parte, sei italiani su 10 ritengono che la raccolta del vetro venga fatta in alta percentuale, con cura e qualità. Dall’altra parte, uno su due (53%) percepisce come diffuso l'abbandono di rifiuti e materiali di vetro come le bottiglie in strada o negli spazi pubblici nella zona in cui vive, fenomeno che, per due italiani su tre (67%) è una priorità grave o importante.

L'indagine restituisce anche una percezione dell’identikit dei “colpevoli”. Per circa due italiani su tre, a sporcare sono per lo più i giovani 18-34 anni, principalmente uomini (anche se per il 28% non c'è gender gap in questa mancanza di rispetto), residenti in zona o nel territorio circostante.

Quali le cause? Le prime quattro cause che emergono con forza dal report sono:

  1. La mancanza di senso civico,
  2. Il poco rispetto per il decoro urbano
  3. Il disinteresse per le conseguenze ambientali
  4. La leggerezza delle sanzioni per un atto che ritengono spesso impunito

Dura condanna per chi sporca. Ma la situazione cambia quando si chiede se è mai capitato di aver gettato una bottiglia in terra. Dalla ricerca, infatti, si scopre che lo ha fatto circa uno italiano su quattro (meno di uno su cinque in Sardegna). Uno su 10 ha confessato di aver commesso il fatto una o più volte solo nell'ultimo anno. Ma si affretta ad attribuirne la causa sempre a motivi esterni: lo ha fatto in prossimità del negozio/locale dove avevano acquistato la bottiglia. E c'è anche chi (circa il 20%) afferma candidamente di averla lasciata dove capitava per nessun motivo in particolare.

Una questione di responsabilità

L’abbandono di vetro in strada non contribuisce al riciclo e a un corretto smaltimento. Il sentiment emerso dalla ricerca, però, è che c’è chi è pronto a prendersi la propria responsabilità. Sono 6 su 10 gli italiani che affermando che se vedono una bottiglia abbandonata la raccolgono anche se non è la loro e cercano un cestino dove buttarla. Poco meno del 4% chiamerebbe il comune o l’azienda municipale della raccolta dei rifiuti.

Per otto italiani su 10 le campagne di informazione sull'impatto del vetro abbandonato sono tra le azioni più efficaci per ridurre l'abbandono di vetro nell'ambiente. Ben vengano quindi iniziative di informazione e sensibilizzazione come quella che Ichnusa si appresta a lanciare in Sardegna in vista dell'estate: positivo o molto positivo per quasi nove italiani su 10 il giudizio verso la campagna di comunicazione 'Il nostro impegno', che esorta i consumatori a smaltire correttamente le bottiglie di vetro e a non abbandonarle, unita ad azioni di pulizia dei dipendenti del birrificio con Legambiente.

Il caso Sardegna

La Regione Sardegna, sull’abbandono del vetro in strada, ha una sensibilità maggiore. Sembra, infatti, che i cittadini sardi, vivendo in un territorio dagli ecosistemi unici e fragili, risentano particolarmente del fenomeno e lo vivano come più impattante per la biodiversità. Complice è anche un turismo stagionale di massa, fenomeno noto come ‘Overtourism’ che colpisce diverse zone italiano nel periodo estivo, dove il consumo di bevande rinfrescanti in vetro, alcoliche o meno, è tendenzialmente maggiore. Tra i motivi giudicati fondamentali per cui non bisognerebbe mai abbandonare il vetro nell'ambiente, il rispetto che si deve alla propria terra (48% in Italia e 56% in Sardegna), il fatto che è un danno per le generazioni future (43% in Italia, 48 sull'Isola), deturpa il paesaggio (51% per i sardi, 41% nel resto del paese) e peggiora immagine e reputazione del territorio, dove la Sardegna supera di 12 punti percentuali (52% a 40%) la media nazionale.

La campagna di sensibilizzazione, quindi, prenderà piede proprio dall’isola, dove il fenomeno assume un’importanza maggiore. Infatti, per il 74% dei sardi si tratta di un problema 'grave e importante', contro il 58% della media nazionale. Al pari dei comportamenti che possono provocare incendi o spreco idrico. Cosa differenzia la Sardegna dal resto d'Italia? I sardi sono più propensi a ripulire: il 68% di loro raccoglie le bottiglie abbandonate, contro una media italiana del 62%. Tuttavia, l'abbandono del vetro rimane un problema significativo in Sardegna, soprattutto durante l'estate. Per il 53% dei sardi, infatti, il fenomeno aumenta in maniera considerevole nei mesi estivi, con un ulteriore 19% che lo considera un problema grave per l'isola in questo periodo.

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Il responsabile scientifico della commissione bioingegneria del concorso IDEA: "Solo un esperto può capire se la macchina sbaglia" “Intelligenza artificiale?...

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L’assemblea ha approfondito le tematiche dell’evoluzione della garanzia mutualistica e del credito bancario alla luce delle nuove stringenti regolamentazioni europee...

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Università, Cingolani: “Leonardo sospende visite per...

L'Ad: "Nostri tecnici e ingegneri sono stati attaccati fisicamente da gruppi di manifestanti che esprimono il dissenso in una maniera...

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Trasporti, assessore Lucente: “Bigliettazione...

Parla l’assessore ai Trasporti e Mobilità sostenibile agli Stati generali delle ingegnerie digitali: "Facilitare l'utenza attraverso la digitalizzazione" "La digitalizzazione...