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Putin e il futuro al Cremlino, “governo a vita”...

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Putin e il futuro al Cremlino, “governo a vita” per il leader russo

L'analisi sulla possibile successione, l'ascesa al potere e il voto dei record alle ultime elezioni: il nuovo zar scelto da "quasi 76 milioni" di persone con oltre l'87% delle preferenze

Selfie con il ritratto di Putin nel giorno delle elezioni in Russia - Afp

72 anni, di cui 24 al Cremlino, e un destino che con ogni probabilità lo vedrà a vita al potere. Vladimir Putin, come previsto, stravince le elezioni in Russia e si prepara a restare a capo del Paese almeno fino al 2030 quando avrà superato perfino Stalin per longevità al vertice. Altri sei anni sicuri di mandato per il nuovo zar che, rieletto per la quinta volta, potrà allungare il suo governo per altri sei anni ancora, se solo lo vorrà. E non c'è motivo di pensare che in un futuro anche lontano possa dimettersi.

Ma chi potrebbe raccogliere il testimone di Putin? A porsi la domanda era stato il Washington Post a seggi ancora aperti ma con la consapevolezza di un plebiscito dato per scontato. Una cosa intanto per gli osservatori era già certa: l'ex spia del Kgb governerà finché sarà in vita. Ma questa longevità potrebbe rivelarsi sia una risorsa che una debolezza. Uno dei 'segreti' della longevità di Putin al potere è senza dubbio il suo stile di leadership che non ammette rivali. Alexei Navalny, la figura dell'opposizione più forte e carismatica degli ultimi anni, è morto in una colonia penale artica il mese scorso. Altri potenziali rivali sono stati uccisi, come Boris Nemtsov, assassinato a colpi di arma da fuoco a Mosca nel 2015. Stessa sorte negli anni è stata riservata anche a chi si riteneva fosse suo alleato. Come il capo della Wagner, Yevgeny Prigozhin, morto nello schianto di un aereo due mesi dopo la sua rivolta. Persino i suoi rivali nominali alle elezioni di questo fine settimana, Ekaterina Duntsova e Boris Nadezhdin, sono stati esclusi dal ballottaggio per motivi tecnici.

Dal momento che il putinismo non ammette rivali, finora c'è stato poco spazio per possibili eredi. Uno dei suoi alleati più stretti è Dmitry Medvedev, ora vice presidente del Consiglio di sicurezza russo. Medvedev è stato presidente della Russia tra il 2008 e il 2012, mentre Putin era primo ministro, in una leadership 'a tandem' ideata per aggirare i limiti del mandato. E che vennero modificati definitivamente nel 2021. Un tempo considerato una sorta di versione 'riformista' di Putin, Medvedev ora è noto per il nazionalismo aggressivo e le dichiarazioni derisorie sull'Ucraina e sull'Occidente. Il contenuto folle di alcuni suoi messaggi spesso sciocca, anche se alcuni analisti sostengono che Medvedev svolga un ruolo studiato a tavolino di "clown di corte" per far sembrare Putin più moderato.

Tra i possibili candidati alla sua successione c'è l'attuale primo ministro, Mikhail Mishustin, oppure dei leader militari come il ministro della Difesa, Sergei Shoigu, anche se entrambi mancano di sostegno popolare. Al contrario del sindaco di Mosca, Sergei Sobyanin, che però potrebbe pagare il fatto di guidare la città dove il partito Russia Unita è meno forte.

Nikolai Patrushev, segretario del Consiglio di sicurezza russo, è considerato molto potente, ma sua figura è rimasta dietro le quinte fino all'invasione dell'Ucraina, quando la sua retorica da falco lo ha reso una voce di spicco. Il governatore della regione di Tula, Alexei Dyumin, non è molto conosciuto in Occidente, ma il suo passato di ex guardia del corpo personale di Putin, promosso ad alti livelli militari, ha portato a ipotizzare che potrebbe essere uno dei favoriti alla successione.

Resta difficile anche ipotizzare uno scenario in cui il potere resti in famiglia. Ufficialmente, il presidente russo ha due figlie, entrambe accademiche. Ma finora non è arrivata alcun segnale che faccia ipotizzare per una delle due una futura leadership. Senza veri rivali e senza un chiaro erede designato, gran parte delle speculazioni sul futuro della Russia si concentrano allora sulla salute di Putin. L'anno scorso, una voce secondo cui il presidente aveva avuto un infarto si è diffusa su un popolare account Telegram, nonostante l'evidente mancanza di prove. Anche se si tratta solo di voci, queste riflettono un fatto fondamentale - secondo il Washington Post -. A meno che non cambi qualcosa di significativo in Russia, Putin morirà mentre è in carica.

Molti prevedono che quando lascerà il potere, ci sarà una lotta aspra e caotica. "I giorni, i mesi e gli anni successivi alla partenza di Putin potrebbero essere ancora più turbolenti di quanto ci si aspetta", ha dichiarato Robert Person, un esperto di Russia presso l’Accademia militare degli Stati Uniti, secondo cui tuttavia una lotta per il potere non significa che il sistema alla fine cambierà.

Putin, un'era lunga 24 anni

Putin è arrivato al Cremlino più di 24 anni fa, il 31 dicembre del 1999. A chiamare l'allora Premier ad assumere la carica di Presidente facente funzione era stato, a sorpresa, Boris Eltsin che aveva contemporaneamente rassegnato le sue dimissioni. Quello stesso giorno a Putin erano state consegnate la valigia con i codici nucleari, una copia della Costituzione russa - che modificherà più volte per consolidare ed estendere il suo potere - e l'emblema del Presidente.

La prima prova delle urne per l'ex agente del Kgb a Dresda arriva pochi mesi dopo, il 26 marzo del 2000. Vince le elezioni con il 53 per cento dei voti. Ma la sua popolarità andrà crescendo negli anni, complice l'aumento dei prezzi di petrolio e gas che gli consentono di finanziare il versamento regolare delle pensioni e degli stipendi dei dipendenti pubblici e progetti. E sulla scia del clima di terrore innescato dalle esplosioni nei condomini del Paese del 1999 e dalla seconda guerra in Cecenia. Nel 2004 viene rieletto con il 71,3 per cento dei voti.

Nel 2008, esauriti i due mandati consecutivi da Presidente previsti dalla Costituzione del 1993, l'ex direttore dell'Fsb annuncia il primo cambio di poltrona con il Premier Dmitry Medvedev. Che pochi mesi dopo l'approdo al Cremlino ripaga il favore introducendo una riforma che estende il mandato del Presidente da quattro a sei anni. Un passo che anticipa il secondo cambio di poltrona fra Madvedev e Putin che, nel 2012, si ripresenta per il suo terzo mandato al Cremlino, in un clima nuovo e più scuro. Vince queste elezioni con il 63,6 per cento dei voti.

Le proteste di piazza a Mosca e San Pietroburgo a cavallo fra il 2011 e il 2012 contro i brogli alle elezioni legislative e pochi mesi dopo a quelle presidenziali, il balletto fra Putin e Medvedev, le ruberie di Russia unita, definito in quei mesi il partito dei ladri e dei truffatori da Aleksei Navalny, fanno scattare repressioni politiche sistematiche, anche se diluite, con l'introduzione di nuove leggi, a partire da quella sulle ong considerate agente straniero.

Nel 2018 Putin affronta le urne per la quarta volta. Viene rieletto con il 76,7 per cento dei voti in elezioni che l'Osce giudica "prive di reale competizione" e in cui rileva "pressioni sugli elettori" ma che per il Cremlino rappresentano una celebrazione della solida maggioranza che si è creata nel paese dopo l'annessione della Crimea, il cui quarto anniversario, non a caso, coincide con il giorno di apertura delle urne.

All'inizio del 2020 Putin presenta più di 200 emendamenti della Costituzione, poi ratificati in un referendum, fra cui quello consente agli ex Presidenti in vita, quindi a lui e a Medvedev, di vedere azzerati i loro mandati e quindi, consentendosi di ripresentarsi quest'anno. Ma anche nel 2030. Emendamenti "approvati in tutta fretta" che "violano la legge russa in diversi modi", come ha scritto sul Washington Post, dalla colonia penale a regime speciale dove sconta una condanna a 25 anni di carcere per tradimento, l'oppositore Vladimir Kara-Murza. Nei giorni scorsi l'ultimo capitolo in ordine di tempo dell'era Putin, con la quinta rielezione con oltre l'87% dei consensi.

L'elezione dei record: Putin votato da "quasi 76 milioni di persone"

I dati dell'ultima tornata elettorale sono impressionanti. A votare per Putin, ha spiegato la direttrice della Commissione elettorale russa Ella Pamfilova in una conferenza stampa, "quasi 76 milioni di persone", un "risultato record", così come da record è stata l'affluenza alle urne del 77,44 per cento, più del 74,66 per cento delle elezioni del 1991. Putin è stato votato, secondo i risultati ufficiali relativi allo spoglio del 99,75 per cento dei voti, dall'87,29 per cento dei voti. Si sono recate alle urne 87,1 milioni di persone. Pamfilova ha denunciato i tentativi dei "nemici" di ostacolare la partecipazione alle urne, con anche "atti intimidatori, per generare panico fra gli elettori".

Putin ha inoltre raccolto il 98,99 per cento dei voti in Cecenia, dove l'affluenza alle urne ha raggiunto il 97 per cento, ha reso noto la Commissione elettorale. Già nel 2018 avevano votato in Cecenia il 91,44 per cento degli aventi diritto. E nel 2012 Putin aveva raccolto il 99,76 per cento dei voti nella regione governata in modo autoritario da Ramzan Kadyrov.

Il voto russo in Italia, per lo zar "vittoria schiacciante"

Il voto russo in Italia? Nel nostro Paese hanno votato per le presidenziali 4.535 russi, riferisce in un post su Facebook l'ambasciata russa a Roma secondo cui nella capitale - dove ieri a mezzogiorno per la protesta contro Putin erano in fila varie decine di persone - hanno votato 1.560 persone, a Milano 2.247, a Genova 532 e a Palermo 196.

A Roma, nel seggio elettorale 8118, fra gli elettori russi il presidente Vladimir Putin "ha ottenuto una vittoria netta e schiacciante". Lo sostiene l'ambasciata russa in Italia in un post su Facebook, secondo cui per Putin "ha votato la stragrande maggioranza degli elettori". "I risultati dello spoglio dei voti nei seggi elettorali di Milano, Genova e Palermo sono analoghi - prosegue la nota, che però non fornisce alcun dato - e confermano che la stragrande maggioranza dei cittadini russi in Italia ha sostenuto la candidatura di Vladimir Putin alle elezioni per la Presidenza della Federazione Russa".

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Scholz in Cina, l’esperta tedesca: “Non ottiene...

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Scholz in Cina, l'esperta tedesca:

"Durante la visita del Cancelliere tedesco Olaf Scholz in Cina non sono stati fatti passi avanti in nessuna area sostanziale di interesse europeo, né sull'Ucraina, né sulla pressante questione delle sovraccapacità cinesi che sfidano il mercato dell'Ue. Tuttavia, è emersa una dichiarazione congiunta sul dialogo e la collaborazione nel campo della guida automatizzata e dei veicoli connessi". Lo dice Janka Oertel, direttrice del Programma Asia di Ecfr, European Council on Foreign Relations.

"La dichiarazione congiunta mette a repentaglio gli sforzi in atto nell'UE per raggiungere una posizione collettiva sul nesso tra tecnologie verdi, dati e sicurezza nazionale. Arriva pochi giorni dopo il discorso della vicepresidente esecutiva della Commissione Vestager a Princeton, che ha chiesto una nuova iniziativa del G7 sui criteri di affidabilità per le tecnologie critiche in ambito "green", e sulla scia di intense discussioni oltreoceano. L'Advanced Notice on Proposed Rule-Making (ANPRM) del governo statunitense sull'aspetto della sicurezza nazionale dei veicoli connessi sta definendo il tono del prossimo approccio statunitense al tema", prosegue l'esperta.

"È un segnale irritante che la Germania sembra non essere in sintonia con i suoi partner e alleati quando si tratta dei rischi di cybersicurezza provenienti dalla Cina. La continua dipendenza dall'infrastruttura 5G è solo un esempio: i veicoli connessi sembrano essere il prossimo assolo. La dichiarazione sembra un ritorno di fiamma all'accordo No-Spy dell'era Obama nel 2015, che non ebbe molto successo, per non dire altro. Da allora le cose sono cambiate radicalmente, ma non in meglio. L'industria automobilistica tedesca ha interesse a facilitare il trasferimento dei dati dai veicoli connessi in Cina e c'è un sincero desiderio di trovare un terreno comune. Se questo sia effettivamente possibile è molto discutibile", conclude Oertel.

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Italia-Tunisia, Saied incontra Meloni: “Slancio...

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"Volontà di ampliare i legami di cooperazione e partenariato tra i due Paesi amici"

L'incontro con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha rappresentato "un'occasione attraverso la quale il presidente della Repubblica ha ribadito l'orgoglio della Tunisia per le sue forti relazioni storiche con l'Italia". Lo riferisce una nota della presidenza tunisina diffusa dopo l'incontro di oggi a Tunisi del presidente Kais Saied con la Meloni. Durante l'incontro, Saied ha sottolineato "la volontà di ampliare i legami di cooperazione e partenariato tra i due Paesi amici".

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Biennale Arte, Bolivia: “Noi presenti per mettere in...

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La Russia non partecipa, a Mosca è vivo l'incubo di una mostra del dissenso

Biennale Arte, Bolivia:

La Russia non espone alla 60/a Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia, come già alla Mostra precedente, inaugurata due mesi dopo l'inizio dell'invasione dell'Ucraina. Ma il padiglione aperto nel 1914 su progetto di Aleksei Shchusev, architetto dello zar poi alla corte di Stalin, non è rimasto chiuso, come lo era stato nel 2022, dopo che il curatore Raimundas Malasauskas e gli artisti Aleksandra Sukhareva e Kirill Savchenkov si erano dimessi in segno di protesta per "questa guerra politicamente e umanamente intollerabile".

Lo spazio restaurato di recente come "macchina teatrale per l'arte contemporanea", nelle intenzioni dello studio Kasa (Kovaleva&Sato Architecs) che ne ha curato l'opera, è stato ceduto alla Bolivia. La presenza del Paese sudamericano ai Giardini della Biennale "mette, per una volta, in discussione gerarchie che sembravano immutabili. Ci è consentito adesso di far sentire la nostra voce accanto a quelle nazioni che da sempre sono rappresentati su questo palco", spiegano i curatori della progetto "Qhip Nayra Uñtasis Sarnaqapxañani" (Andiamo avanti guardando al futuro passato) allestito per l'Esposizione Internazionale d'Arte che sarà aperta al pubblico da sabato al 24 novembre, nel "cuore" del luogo in cui hanno progettato e costruito i loro Padiglioni i Paesi che per primi hanno partecipato alla manifestazione, la grande maggioranza dei quali occidentali.

"La Russia che ci ha trattato come Paese amico e non come estraneo", si sottolinea, con riferimento al titolo scelto dal curatore della 60/a Esposizione, Adriano Pedrosa, "Foreigners Everywhere. Stranieri Ovunque". La partecipazione della Bolivia a questa Biennale "è l'occasione perfetta per celebrare la nostra diversità, la nostra plurinazionalità, in vista del bicentenario della fondazione del nostro Stato". Molti i russi presenti all'inaugurazione.

La Russia "ha creduto nell'importanza, nella qualità e nel contenuto del nostro progetto", precisano i curatori. Ma la decisione è stata sofferta. Lo scorso autunno, apprende l'Adnkronos, personalità del mondo dell'arte in Russia avevano indagato informalmente, con i loro contatti in Italia, nel tentativo di individuare un possibile progetto adeguato ai tempi con cui partecipare alla 60/a Esposizione.

Una situazione di zugzwang, ha riassunto con immagine scacchistica - posizione in cui qualsiasi mossa porta uno svantaggio - e una serie di eufemismi il quotidiano russo Kommersant: assegnare il padiglione "ad artisti contemporanei con posizione spesso non contemporanea in Russia", opzione pericolosa sia per i responsabili del progetto che per gli stessi partecipanti considerato il rischio di "estremismo" alle porte di ogni espressione, o ad artisti patriottici che avrebbero moltiplicato le critiche all'estero e creato terreno fertile per una ritorsione. Perché a Mosca, a leggere il quotidiano russo, sembra riemerso l'incubo associato alla Biennale del 1977 in cui ai padiglioni nazionali era stata affiancata l'arte del dissenso oltrecortina.

Il ministro della Cultura a Mosca ha comunicato agli organizzatori che il Paese non parteciperà alla 60/a Esposizione internazionale d'arte, ha quindi reso noto la Biennale in un comunicato dello scorso febbraio in cui si ricorda "che la chiusura del Padiglione della Russia alla 59/a Esposizione d'Arte 2022 è stata decisa dal Commissario e dal Curatore" nominati dallo stesso ministro e che "tutti i Paesi riconosciuti dalla Repubblica italiana possono in totale autonomia" richiedere di partecipare ufficialmente" alla Esposizione.

La scelta dell'Estado Plurinacional de Bolivia, secondo la dizione ufficiale introdotta con la nuova Costituzione del 2009, che a sua volta ha aperto il padiglione ad artisti di altri Paesi sudamericani, corona sviluppi significativi delle relazioni bilaterali. Il Presidente Luis Arce è atteso a Mosca nei prossimi mesi. La Russia è stata ammessa, al fianco della Cina, allo sfruttamento degli enormi giacimenti di litio sulle Ande. Entro il prossimo anno sarà aperto un reattore di ricerca fornito dalla Russia a una altitudine di più di 4mila metri.

Con l'astensione sulla risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del febbraio dello scorso anno, per la fine immediata della guerra e il ritiro delle forze russe dal territorio ucraino, e a quella del marzo del 2022, per la fine immediata delle operazioni militari di Mosca in Ucraina, La Paz ha risposto positivamente alla ricerca di Mosca di alleati nel Sud Globale del mondo, costrutto artificiale, quando si parla di politica, da contrapporre, nelle intenzioni della Russia, all'Occidente collettivo che la retorica del Cremlino identifica con il nemico alle spalle dell'Ucraina.

Così, la Bolivia è stata catapultata dall'Artspace4rent affittato nel 2022 a Cannaregio a uno dei padiglioni più in vista dei Giardini, con l'apertura sulla Laguna voluta originariamente da Shchusev e ripristinata dal restauro di Kasa, così come anche il verde dell'intonaco esterno in sintonia con gli alberi che circondano l'edificio. La macchina teatrale dell'arte ha funzionato: il multinazionalismo che caratterizzava l'Unione sovietica nei suoi primi anni di vita, tornato in voga nel discorso di Putin per tenere a bada lo scontento delle periferie etniche del Paese, ha trovato nell'Estado Plurinacional la soluzione all'impasse.

L'Esposizione Internazionale d'Arte "Stranieri Ovunque. Foreigners Everywhere" curata da Adriano Pedrosa sarà aperta al pubblico da sabato 20 aprile a domenica 24 novembre 2024 ai Giardini e all'Arsenale.

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