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Long Covid pandemia ombra, Oms Europa: “Oltre 200 sintomi, cure su misura”
“Il Long Covid è la pandemia ombra”. Una condizione “invisibile e trascurata, che colpisce circa il 10-20% delle persone che contraggono il Covid”. I piani di trattamento ‘One-size-fits-all’, cioè una singola strategia unica per tutti i pazienti, “non funzionano per una malattia così complessa”, che conta oltre 200 sintomi segnalati. E’ il monito lanciato via social dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per l’Europa, che – nel giorno scelto dai pazienti di tutto il mondo per promuovere la Giornata internazionale di sensibilizzazione sul Long Covid – spiega come un gruppo di ricercatori del Belgio stia contribuendo a spianare la strada a percorsi più su misura per le esigenze diverse dei pazienti. Gli esperti hanno sviluppato delle linee guida utili per il personale sanitario e stanno sperimentando un percorso per aiutare i pazienti a ricevere le cure giuste. Pazienti come Hilde, 47 anni, che racconta la sua lenta rinascita.
Il team belga sta provando a confrontarsi con una domanda: qual è il modo migliore per affrontare una patologia nuova e difficile come il Long Covid? Aspettano una risposta tantissime persone. In tutta la regione europea dell’Oms, si stima che 17 milioni di persone abbiano vissuto con gli effetti a lungo termine del Covid nel 2020-2021. “Anche ora, mentre il peggio della pandemia potrebbe essere passato, il rischio di sviluppare sequele dopo l’infezione rimane altrettanto forte”, avverte l’Ufficio regionale dell’Oms. Cercando di trovare una soluzione all’enigma Long Covid, i ricercatori della Ku (Katholieke Universiteit) Leuven, hanno lavorato per sviluppare linee guida basate sull’evidenza per aiutare gli operatori sanitari.
Lanciate nel novembre 2022, indirizzano i medici generici, i fisioterapisti, i terapisti occupazionali, gli psicologi e i dietisti su come prendersi cura al meglio dei pazienti che convivono con i sintomi. Nel documento ci sono suggerimenti per una diagnosi approfondita e passaggi pratici per gestire sia i sintomi fisici che gli impatti mentali della malattia. Un esempio concreto? “La nostra ricerca ha dimostrato che praticare l’esercizio fisico nelle prime fasi dei trattamenti è una parte cruciale del processo di riabilitazione, sia per aiutare a ricostruire la resistenza sia per agire come antidepressivo. Ottenere il giusto equilibrio, quindi essere in grado di prescrivere un livello benefico di esercizio fisico senza timore di ricadute, è una delle cose utili che le nostre linee guida possono fare”, evidenzia Jan Verbakel del Centro accademico di medicina generale, Ku Leuven. (segue)
Altre raccomandazioni collaudate incluse nelle linee guida aiutano i pazienti ad aiutare se stessi nel proprio recupero, ad esempio, autogestendo i sintomi, utilizzando tecniche di respirazione e risparmio energetico. L’intenzione è di aggiornare le linee guida man mano che la conoscenza si sviluppa sulla condizione post Covid-19 e sui modi per trattarla.
Nel luglio 2022, in Belgio è stato lanciato un percorso assistenziale a doppio binario per i pazienti che manifestano sintomi 12 settimane o più dopo la diagnosi di Covid. I pazienti possono essere indirizzati al percorso tramite i propri medici di base o tramite specialisti nel caso di ricoverati, e possono beneficiare del rimborso delle spese di cura attraverso il sistema di assicurazione sanitaria nazionale obbligatoria del Paese. Dopo questo passaggio, i pazienti vengono assegnati a un percorso monodisciplinare (dove vedono solo uno specialista) o a un percorso multidisciplinare (dove vedono una serie di specialisti), a seconda della complessità e della gravità dei sintomi. Attraverso l’approccio multidisciplinare, viene assegnato un coordinatore dell’assistenza (solitamente il medico di base o un infermiere delegato all’interno del centro sanitario) che organizza un incontro di équipe con tutti gli specialisti necessari e il paziente. Insieme concordano una serie di obiettivi di salute. Queste riunioni congiunte vengono riconvocate da due a tre volte ogni 6 mesi per esaminare i progressi del paziente.
“La perdita di memoria a breve termine, la nebbia del cervello e la stanchezza sono comuni tra molti dei pazienti che vedo”, testimonia la terapista occupazionale Tinneke Claes. Lei stessa, dopo aver contratto il Covid nel marzo 2020, ha continuato a sperimentare sintomi di Long Covid. Ha iniziato a vedere i suoi primi pazienti indirizzati attraverso il percorso nel settembre 2022, e oggi descrive alcune delle strategie pratiche che insegna per aiutarli.
“Parlo loro di tecniche per ridurre gli impatti di questi e per aiutare a prevenire lo stress e la frustrazione che possono derivarne – racconta la terapista – Cose semplici, come avere dei posti precisi dove mettere le chiavi, per esempio; verbalizzare ripetutamente il compito successivo da svolgere; impostare avvisi sul cellulare; creare un programma per la giornata; e attenersi a una routine gestibile”, continua Claes. Strategie, assicura, “che possono fare davvero la differenza”. Il progetto pilota del percorso assistenziale belga durerà fino a luglio 2023, momento in cui sarà rivalutato. Sebbene sia ancora presto per trarre conclusioni definitive, la differenza che sta facendo per alcuni pazienti è incoraggiante, spiega l’Oms Europa.
Nella testimonianza della paziente Hilde emerge con chiarezza. Hilde ha avuto il Covid nel marzo 2022 e soffriva ancora dei sintomi quando ha ricevuto la conferma ospedaliera di essere finita nella morsa del Long Covid. Era giugno. “Rimanevo senza fiato – ricorda – e avevo dolori al petto ogni volta che facevo il minimo sforzo per qualsiasi cosa. Cercare di fare esercizio mi portava a sentirmi stordita. Mi facevano male tutti i muscoli e faticavo a concentrarmi e a ricordare le cose”. La combinazione di questi sintomi ha reso impossibile per Hilde lavorare, fare le faccende domestiche o anche stare in compagnia di altri per più di 20 minuti, perché le sue difficoltà cognitive la lasciavano esausta.
E’ stata dunque indirizzata al percorso assistenziale multidisciplinare e vista per la prima volta ad agosto, seguita da un fisioterapista. Quasi 6 mesi dopo, riscontra un “netto miglioramento”. “Posso svolgere di nuovo le mie attività domestiche, ma ‘dosate’ e a un ritmo più lento, e alternando riposo e attività mentali – precisa – La mia attenzione e la mia concentrazione non sono ancora quelle di prima, ma almeno ora posso stare in compagnia di altri per più di un’ora perché ho imparato a rilevare i segni della stanchezza e a indicare i confini, e ho delle strategie per affrontare la folla. Il mio processo di riabilitazione è ancora in corso e si concentrerà sull’ulteriore sviluppo di attività domestiche e sociali e sul ritorno al lavoro nel prossimo futuro”. E’ “molto d’aiuto essere circondati da così tante cure e input da diverse discipline”, conclude.
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2 giugno, Meloni brinda con Mattarella: “Alla Repubblica”

Il presidente della Repubblica rompe gli schemi del ricevimento, sostando con la premier e le più alte cariche dello Stato sulla terrazza del Quirinale anziché nella coffee house

Un brindisi “alla Repubblica”. Giorgia Meloni brinda con il capo dello Stato Sergio Mattarella, che la riceve rompendo gli schemi del ricevimento per la festa del 2 giugno, sostando con lei e con le più alte cariche dello Stato sulla terrazza del Quirinale anziché nella coffee house come da tradizione. E’ Mattarella che porge un bicchiere di prosecco alla premier, che intitola il brindisi “alla Repubblica”.
Il presidente della Repubblica accoglie il presidente del Consiglio al ricevimento al Quirinale mostrandole la vista su una bellissima Roma al tramonto dalla terrazza. La premier, accompagnata dal consorte Andrea Giambruno, riconosce dal Colle il suo ufficio alla Camera, e lo indica al capo dello Stato che le ha mostrato dall’alto del Quirinale Montecitorio. Con loro, sulla terrazza, anche i due presidenti di Senato e Camera, Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana, e la presidente della Corte Costituzionale, Silvana Sciarra. Un formato inedito per questo evento – il primo dopo la lunga pausa legata al Covid – visto che solitamente il presidente della Repubblica rimaneva nella coffee house ad attendere il saluto degli ospiti al ‘padrone di casa’.
Stamani in Moldova, nel pomeriggio a Roma. Eppure la premier sembra non avvertire stanchezza e scherza con tutti al ricevimento per la festa della Repubblica. ‘Tampinata’ dai cronisti che non si staccano da lei nemmeno per un attimo, dopo aver concesso loro un selfie di gruppo scherza: “Banda di origliatori seriali”.
Poi incrocia il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo che le presenta la moglie Laura. “Ma sei proprio sicura?”, si presenta lei subito pronta alla battuta. Dunque si imbatte nel presidente del Cnel, Renato Brunetta: “Ti vedo carico, combattivo”. E i complimenti arrivano anche per il regista Enrico Vanzina: “E’ da tanto che non ti vedo, ma ti vedo proprio bene”.
I giornalisti sono sempre lì, al suo seguito. “Che stai a scrive?”, ride a uno del gruppo chiedendo di vedere il taccuino. Arriva la fedelissima Patrizia Scurti per portarla dal vicepremier Antonio Tajani, che l’attende per un colloquio riservato. “Ecco, m’ha salvato – dice Meloni ai cronisti congedandosi – che io sono una chiacchierona…”. Meloni lascia poi il Quirinale, dopo essersi intrattenuta a lungo, riservatamente, con il ministro degli Esteri, che la ‘scorta’ fino all’auto che l’attende nel cortile.
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Salute, Pregliasco: “Enterovirus killer? ‘Rischio generale basso ma sorvegliare”

“Il rischio complessivo di sanità pubblica per questo enterovirus lo vedo molto limitato, così come precisa anche l’Organizzazione mondiale della sanità, pur nella gravità dei casi descritti e nella necessità di fare attenzione e di sorvegliare”. Lo sottolinea all’Adnkronos Salute Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università Statale di Milano, dopo l’alert lanciato dall’Oms a seguito di 9 casi di sepsi neonatale, con 7 morti, registrati in Francia e associati a un tipo enterovirus detto E-11, e in particolare a un lignaggio ricombinante in precedenza non rilevato nel Paese d’Oltralpe.
L’esperto invita a cogliere “anche l’aspetto positivo” di avvisi come questo, così come quello diffuso dall’Oms nelle scorse settimane e relativo a un rialzo di miocarditi gravi (2 decessi su 15 casi) nei lattanti in Uk, sempre associate a degli enterovirus. La faccia buona della medaglia è proprio il monitoraggio di questi nemici invisibili, un approccio “che per certi versi – osserva Pregliasco – è anche un po’ figlio della lezione appresa con Covid: una riorganizzazione e un potenziamento dei sistemi di sorveglianza epidemiologica, di individuazione e di segnalazione di situazioni anomale, in un’ottica proattiva” di guardia alta e preparazione.
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Gori: “Orgoglioso del riconoscimento di Centro studi Grande Milano”

Il primo cittadino di Bergamo ha ricevuto il premio per il qualificato impegno nella candidatura della sua città quale capitale della cultura 2023, dopo il periodo drammatico della pandemia
“Ricevere il premio ‘Ambasciatori Grande Milano nel mondo’ è importante perché il Centro studi Grande Milano è molto prestigioso ed ha riunito un parterre veramente di altissimo livello, ero infatti emozionato di incontrare molte delle persone presenti in sala”. Così il sindaco di Bergamo Giorgio Gori a margine dell’evento ‘Grandi sindaci: creare città sostenibili’, organizzato da Centro studi Grande Milano e di cui Bper Banca è sponsor. In questa occasione, il primo cittadino di Bergamo ha ricevuto il premio ‘Ambasciatori Grande Milano nel mondo’ per il qualificato impegno nella candidatura della sua città quale capitale della cultura 2023, dopo il periodo drammatico della pandemia.
“Penso che sia un riconoscimento in parte dovuto al mio lavoro ma in larga parte dovuto alla mia città, che ha il vero merito di quello che è successo – ha aggiunto Gori – siamo infatti passati dal momento complicato del Covid nel 2020, ad un momento di grande crescita e successo della città, sia dal punto di vista turistico che culturale. Continuiamo quindi a lavorare per una grande area metropolitana milanese di cui, penso, Bergamo faccia parte a tutti gli effetti”.
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Export, Allianz Trade: “Imprese ottimiste per il 2023, ma restano forti incertezze globali”

Pubblicata oggi la seconda edizione del Global Survey

Gli sconvolgimenti degli ultimi anni, dalla pandemia di Covid-19 all’invasione dell’Ucraina, sembrano condurre verso un ripensamento delle catene di approvvigionamento globali. In che modo questi eventi stanno influenzando le imprese, la loro volontà di commerciare e le modalità con cui operano all’estero? Allianz Trade pubblica oggi la seconda edizione del suo Global Survey. Il leader mondiale dell’assicurazione credito ha intervistato quasi 3.000 esportatori di Francia, Germania, Italia, Spagna, Polonia, Regno Unito e Stati Uniti, chiedendo alle aziende quali sono le loro aspettative per quanto riguarda le esportazioni nel 2023, le loro esperienze in merito alle interruzioni delle catene di approvvigionamento, i piani per rendere le catene di approvvigionamento più resilienti e le loro strategie esg.
Sebbene le aziende siano relativamente ottimiste rispetto alle prospettive per le esportazioni nel 2023, l’incertezza economica resta forte. Per il 2023, circa il 70% delle aziende prevede un aumento del fatturato generato dalle esportazioni rispetto all’anno precedente, in calo se confrontato all’80% dell’edizione 2022. Ciò riflette il panorama meno favorevole per il commercio globale nel 2023: Allianz Trade prevede che il commercio globale crescerà lentamente in termini di volumi (+0,7% contro il +3,8% del 2022) e avrà una contrazione in termini di valore (-0,1% contro il +9,7% del 2022).
Le aziende sembrano inoltre avere un minore interesse per i nuovi mercati, propendendo per il consolidamento di quelli esistenti. Il 63% degli intervistati preferisce incrementare gli investimenti nei Paesi in cui è già presente, mentre il 47% prevede di investire in nuovi mercati. Per quanto riguarda le esportazioni, oltre il 55% delle aziende prevede di acquisire ulteriori quote di mercato nei paesi in cui è attualmente presente, mentre il 52% vuole diversificare e puntare su nuovi paesi. Rispetto allo scorso anno, un numero maggiore di intervistati prevede un aumento della durata dei termini di pagamento delle esportazioni (42% contro 31%), con una quota che quest’anno ha raggiunto livelli vicini al 50% sia negli Stati Uniti che nel Regno Unito.
La percentuale di intervistati che si aspetta un aumento del rischio di mancato pagamento delle esportazioni è aumentata rispetto al nostro sondaggio di inizio 2022, con un incremento di 11 punti percentuali per un complessivo 40%. L’aumento è diffuso in tutti i paesi, ma risulta particolarmente evidente nel Regno Unito e in Germania (entrambi +16 punti percentuali), mentre è di solo +6 punti percentuali in Italia.
“Poiché le banche centrali continuano ad aumentare i tassi di interesse per ridurre l’inflazione, le aziende si trovano ad affrontare un mix di calo della domanda, ulteriori pressioni sulla redditività e condizioni di credito restrittive. In questo contesto, si stanno chiaramente preparando ad un allungamento dei termini di pagamento delle esportazioni e ad un aumento del rischio di mancato pagamento nel 2023. Ciò è in linea con le nostre previsioni rispetto alle insolvenze globali, che dovrebbero crescere del +21% nel 2023 (dopo il +2% del 2022)”, afferma Aylin Somersan Coqui, ceo di Allianz Trade.
Nonostante i miglioramenti, le aziende sono ancora preoccupate per le interruzioni delle catene di approvvigionamento. Quasi il 75% degli intervistati ritiene che gli ostacoli logistici e gli elevati costi di trasporto abbiano un impatto da moderato a significativo sull’attività di esportazione nel 2023, costituendo la sfida principale in Germania, Italia e Polonia. Per le aziende statunitensi e spagnole, la difficoltà maggiore è rappresentata dal costo e dalla disponibilità di finanziamenti. Per le aziende del Regno Unito, invece, i prezzi elevati dell’energia restano l’ostacolo più grande da superare quest’anno. Mentre, in Francia, le aziende sono preoccupate soprattutto per il rischio di mancato pagamento.
“Per mitigare le interruzioni delle catene di approvvigionamento, le tre strategie principali sono il monitoraggio, la gestione del rischio e la due diligence esg sui fornitori. Tuttavia, nonostante i timori che si verifichino crisi coincidenti tali da innescare la deglobalizzazione, la ricostruzione ex novo delle catene di approvvigionamento o la delocalizzazione dei siti produttivi sono le opzioni meno favorite. Le aziende più colpite dalla crisi energetica si stanno orientando comunque verso una maggiore diversificazione delle catene di approvvigionamento. Quelle che segnalano un’interruzione da discreta a grave delle loro catene di approvvigionamento a causa della crisi energetica sembrano essere più interessate ad apportare cambiamenti, con il 35% che prevede di delocalizzare fornitori e siti produttivi nel medio-lungo termine (contro l’11% delle aziende meno colpite)”, spiega Ana Boata, global head of economic research di Allianz Trade.
La liquidità domina ancora nel settore del finanziamento delle esportazioni. Per finanziare i piani di sviluppo delle esportazioni, le imprese prevedono di continuare a fare affidamento su liquidità, prestiti bancari e condizioni di pagamento. Le prime due opzioni sono risultate quelle con il maggior numero di preferenze anche nel sondaggio della scorsa edizione, anche se quest’anno, in un contesto di riduzione delle riserve di liquidità a disposizione delle imprese e di inasprimento delle condizioni dei prestiti bancari, il margine rispetto agli altri mezzi è chiaramente diminuito.
“È interessante notare che, oltre alle fonti di finanziamento tradizionali, le aziende optano sempre più spesso per sistemi Buy Now Pay Later per finanziare le loro esportazioni. Per le imprese del Regno Unito e della Francia, questi costituiscono la terza fonte di finanziamento dopo la liquidità e i prestiti bancari. Tale crescente interesse potrebbe sbloccare i finanziamenti per il commercio anche per le piccole e medie imprese che in passato si sono allontanate dal commercio globale”, afferma Ano Kuhanathan, head of corporate research di Allianz Trade.
Anche sul fronte delle politiche pubbliche, le imprese chiedono soprattutto un sostegno finanziario. Le politiche attive del lavoro per la riqualificazione della manodopera si classificano al secondo posto dopo i prestiti e le sovvenzioni garantiti dallo Stato, a riprova dell’importanza di una garanzia dei finanziamenti nel contesto attuale. Considerando che la terza misura di politica pubblica preferita è la riduzione delle barriere al commercio, compresa l’eliminazione del meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere, il controllo dei costi sembra essere la priorità numero uno.
Per quanto riguarda i criteri esg, le imprese privilegiano per ora i piccoli passi e la continuità aziendale. La crisi energetica sta accelerando la transizione verde. In un contesto di rallentamento economico e di vincoli finanziari, oltre l’80% degli intervistati dichiara che nel 2023 darà priorità alla continuità aziendale rispetto agli impegni esg. Tuttavia, le aziende non hanno rinunciato del tutto agli obiettivi esg: la maggior parte degli intervistati (85%) sta intensificando gli sforzi per passare a fonti energetiche verdi nel lungo periodo, soprattutto in Spagna, Stati Uniti e Francia.
“Le principali priorità in termini di misure esg ruotano ancora intorno ad azioni a breve termine, come la scelta di utilizzare mezzi di trasporto compatibili con l’ambiente, l’aumento degli standard esg che i fornitori sono chiamati a rispettare o il miglioramento degli standard di salute e sicurezza all’interno della catena di approvvigionamento. Ma si sta dando priorità anche a misure più strutturali, come lo sviluppo di prodotti e servizi sostenibili e innovativi e la riduzione dell’esposizione alle attività non eco-compatibili (brown activities)”, conclude Aylin Somersan Coqui.
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Boldi: “Io non facevo ridere in ‘In Vacanza su Marte’, non De Sica”

L'attore chiarisce: ''Non stavo bene, abbiamo lavorato in condizioni di disagio, c'era il Covid''

”Non ha mai detto che in ‘In Vacanza su Marte’ Christian (De Sica, ndr) non facesse ridere o che non facesse ridere il film ma ho detto che ero io che non facevo ridere. Mi è stato chiesto quale è stato il film che hai detestato di più e io ho risposto: ‘In Vacanze su Marte”’. Così Massimo Boldi all’Adnkronos chiarisce il senso delle sue parole rilasciate recentemente nel corso di un’intervista sul film che vedeva il ritorno in coppia con Christian De Sica dopo i tanti Cinepanettoni fatti insieme. ”Io non facevo ridere – ribadisce Boldi – si vede che non stavo bene. C’era il Covid, abbiamo lavorato con la mascherina in faccia in un contesto di disagio totale. Può succedere che in una carriera fatta di oltre ottanta film un attore possa dire di non essere soddisfatto di come ha lavorato in uno di questi film. Come fai a far ridere la gente in un contesto di disagio totale? – conclude – Mi è dispiaciuto per Neri Parenti che è l’autore e il regista del film e con cui abbiamo fatto la storia del cinema italiano”.
(di Alisa Toaff)
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Boldi: ”in ‘In Vacanze su Marte’ ero io che non facevo ridere, non De Sica”

L'attore chiarisce: ''Non stavo bene, abbiamo lavorato in condizioni di disagio, c'era il Covid''

”Non ha mai detto che in ‘In Vacanze su Marte’ Christian (De Sica, ndr) non facesse ridere o che non facesse ridere il film ma ho detto che ero io che non facevo ridere. Mi è stato chiesto quale è stato il film che hai detestato di più e io ho risposto: ‘In Vacanze su Marte”’. Così Massimo Boldi all’Adnkronos chiarisce il senso delle sue parole rilasciate recentemente nel corso di un’intervista sul film che vedeva il ritorno in coppia con Christian De Sica dopo i tanti Cinepanettoni fatti insieme. ”Io non facevo ridere – ribadisce Boldi – si vede che non stavo bene. C’era il Covid, abbiamo lavorato con la mascherina in faccia in un contesto di disagio totale. Può succedere che in una carriera fatta di oltre ottanta film un attore possa dire di non essere soddisfatto di come ha lavorato in uno di questi film. Come fai a far ridere la gente in un contesto di disagio totale? – conclude – Mi è dispiaciuto per Neri Parenti che è l’autore e il regista del film e con cui abbiamo fatto la storia del cinema italiano”.
(di Alisa Toaff)
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Dal post Covid all’ambiente, la pneumologia del futuro al Congresso Aipo

Dal 9 all’11 giugno a Bari l’appuntamento per circa 2mila pneumologi italiani e stranieri

Quanto è importante la qualità dell’aria che respiriamo, la qualità del nostro sonno e degli spazi che abitiamo per la salute del nostro organismo? Come è cambiata la pneumologia dopo il Covid-19? Sono alcune delle domande a cui esperti provenienti da tutta Italia e dall’estero cercheranno di rispondere in occasione del XXIV congresso nazionale della pneumologia italiana che si terrà a Bari, alla Fiera del Levante, dal 9 all’11 giugno. Un’occasione per fare il punto sulle malattie dell’apparato respiratorio e sulle novità più rilevanti che riguardano i trattamenti disponibili. Circa 2000 specialisti – si legge in una nota – si confronteranno su patologie che presentano un alto tasso di crescita dal punto di demografico ed epidemiologico, con un grande impatto emotivo e una ricaduta altrettanto significativa da un punto di vista sociale e della sostenibilità.
Al centro del congresso le malattie respiratorie, quali asma e Bpco, tumori polmonari, disturbi respiratori del sonno, ma anche temi di politica sanitaria legata all’attuazione del Pnrr, pneumologia interventistica e trapianti. Durante l’evento, inoltre, verrà presentata un’iniziativa realizzata dalla Federazione italiana della pneumologia (Fip), insieme alle società scientifiche che si occupano di patologie dell’apparato respiratorio: Associazione italiana pneumologi ospedalieri – Italian thoracic society (Aipo-Its) e la Società italiana di pneumologia – Italian respiratory society (Sip/Irs) in collaborazione con Legambiente. Sono stati infatti piantati 300 alberi, 150 in provincia di Catania lo scorso novembre e altrettanti nella pineta del Parco San Francesco di Bari.
Questa iniziativa – prosegue la nota – si pone l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica circa l’importanza del binomio salute dell’ambiente – salute respiratoria, nonché rendere consapevole la cittadinanza circa l’importanza di respirare aria pulita, di vivere in un contesto verde e non inquinato. Gli pneumologi vogliono ricordare che la vegetazione svolge un importantissimo ruolo: rappresenta un filtro biologico capace di assorbire gli inquinanti gassosi attraverso le foglie e i metalli pesanti attraverso le radici.
“Per questa edizione abbiamo pensato al termine ‘PneumoLogica’ – spiega Mauro Carone, direttore Uoc Pneumologia e riabilitazione respiratoria Irccs Maugeri Bari e presidente del congresso – perché viviamo in un’epoca nella quale stiamo fondendo le capacità tecnologiche e-bioinformatiche con le attuali conoscenze mediche. Una fusione tra ragione, logica, umanesimo e tecnologia che deve portare al miglioramento delle cure per i nostri pazienti. Quello che abbiamo definito ‘l’Illuminismo della pneumologia’”.
Durante i lavori “parleremo della riorganizzazione della pneumologia – sottolinea Carone – soprattutto dopo il Covid-19 e dell’istituzione di sezioni di terapia semi-intensiva respiratoria; dei nuovi Lea, del Pnrr e dello stato di attuazione degli interventi in sanità con la necessità di una corretta integrazione ospedale-territorio. Al centro dei lavori anche la tele-pneumologia e la tele-riabilitazione; il Piano nazionale di riabilitazione; l’impatto dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici sulla salute respiratoria; la medicina di precisione e le nuove terapie. Spazio anche alla Certificazione delle competenze, progetto che sta a cuore ad Aipo-Its per avere professionisti sempre più competenti e certificati”.
In Italia si registrano ogni anno 400.000 nuovi casi di tumori e 180.000 morti premature a causa del cancro – riporta la nota – Questo dato non è distribuito sul territorio in modo uniforme e casuale; si registra una concentrazione nei territori soggetti a inquinamento ambientale.
“Il rapporto fra inquinamento atmosferico e cambiamenti climatici è duplice – evidenzia Giovanni Viegi, già dirigente di ricerca Cnr Istituto di Fisiologia linica di Pisa – Molti inquinanti atmosferici, prodotti in larga misura dall’uso dei combustibili fossili, contribuiscono all’effetto serra. D’altra parte, i cambiamenti climatici possono amplificare gli impatti sanitari dell’inquinamento atmosferico, ad esempio influenzando da un punto di vista fisico-chimico le condizioni meteorologiche e quindi la formazione e la persistenza degli inquinanti in atmosfera; inoltre, i cambiamenti climatici possono aumentare in alcune regioni il rischio e la gravità degli incendi boschivi ed il rilascio dei pollini in atmosfera, contribuendo all’inquinamento atmosferico”.
I medici di famiglia e gli specialisti in pneumologia, immunologia e allergologia “hanno un ruolo cruciale nel sensibilizzare i pazienti e le loro famiglie – aggiunge Viegi – per proteggerli dagli effetti dell’inquinamento atmosferico e raccomandare uno stile di vita sostenibile”. Secondo gli esperti, la pandemia ha evidenziato l’importanza della salute respiratoria e sensibilizzato l’opinione pubblica circa il ruolo dello pneumologo e della cura delle malattie respiratorie. “La lezione positiva che possiamo trarre dalla pandemia riguarda il monitoraggio a domicilio di molti pazienti – sottolinea Claudio Micheletto, direttore Uoc Pneumologia Aou Verona e presidente eletto Aipo-Its – in particolare per quelli più gravi che hanno bisogno di ossigeno-terapia o di ventilazione meccanica non invasiva. La telemedicina si è dimostrata fondamentale e può consentire un attento monitoraggio delle condizioni dei pazienti evitando, allo stesso tempo, inutili accessi nelle strutture ospedaliere”.
Come “specialisti stiamo”, inoltre, “costruendo un nuovo rapporto con il territorio, visto che la normativa che istituisce le Case della Salute, prevede che nei centri hub (ogni 50.000 abitanti) vi sia lo spirometro tra le dotazioni tecnologiche e la possibile consulenza dello specialista pneumologo. Questo permetterebbe, in particolare per i casi di minore complessità, una gestione territoriale con strumenti adeguati. Se si pensa che solo le malattie croniche ostruttive riguardano più del 10% della popolazione e a queste si aggiungono poi le neoplasie, le interstiziopatie e le malattie infettive si comprende quanto sia importante una gestione territoriale integrata con i centri specialistici”, conclude.
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Bonanni (UniFi): “Proteggere bimbi entro i 4 mesi con anti-meningococco B”

‘Disponibile da 10 anni, è sicuro ed evita conseguenze gravi che preoccupano i genitori’

“Il vaccino anti-meningococco B è sicuro. L’abbiamo introdotto nel 2013-14 per tutti i nuovi nati. Può dare in qualche caso dolore in sede d’inoculazione, un po’ di febbre: disturbi che si risolvono in pochi giorni. La raccomandazione è di farlo presto, proprio per l’alta incidenza nei primi mesi di vita”. Così Paolo Bonanni, ordinario di Igiene generale e applicata, Università di Firenze, all’Adnkronos Salute, commentando i 10 anni dall’approvazione del vaccino anti-meningococco B da parte dell’Ema, l’Agenzia europea dei medicinali.
“I genitori sono molto preoccupati quando sentono parlare di meningite – osserva Bonanni – Quella da meningococco B è una malattia non frequentissima, ma sicuramente molto pericolosa. Il picco di incidenza è tra 3-8 mesi di vita e quindi una sepsi, un’infezione generalizzata, può lasciare anche gravi conseguenze a lungo termine nel piccolo o portare alla morte. Nel piccolo, l’infezione può causare sordità, ritardo mentale, cicatrici, anche amputazioni degli arti, soprattutto se associata a sepsi”.
L’accesso al vaccino non è omogeneo sul territorio nazionale. “Nelle Regioni – continua il professore – si apre la vaccinazione da 61 giorni di vita, con esavalente e anti-pneumococco. Dopo 15 giorni si prevede quella per il meningococco B in modo che entro i 4 mesi, anche con la seconda dose, il piccolo sia coperto proprio per quando c’è il maggior rischio d’infezione. La terza dose – aggiunge – è prevista dopo l’anno di vita. Ci sono studi in corso per capire se serva un richiamo nell’adolescenza. Dovrebbe essere previsto in tutte le regioni sia nei piccoli sia negli adolescenti, come il quadrivalente, che copre per 4 ceppi di meningococco, ormai offerto gratuitamente. Non si capisce come mai per il ceppo B, solo in alcune regioni sia disponibile anche nell’età adolescenziale”.
Difficile fare una stima di quante vite siano state salvate dall’introduzione dell’anti-meningococco B, “ma sicuramente – ragiona Bonanni – ha ridotto, di diverse decine, il numero di casi”. Complessivamente, “ogni anno si verificano circa un centinaio di casi, ma durante la pandemia di Covid, come per tutte le infezioni trasmesse per via respiratoria, dato il distanziamento, l’uso di mascherina e le varie restrizioni, l’incidenza si è ridotta. A tale proposito, ci sono dati da alcuni Paesi che mostrano come, al ritorno della socialità, anche questa infezione torni a ripresentarsi ma, chiaramente, con valori di incidenza molto diversi – conclude – da quelli di varicella o influenza”.
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Elettra Lamborghini pubblica ‘Elettraton’: “Voglio infondere positive vibes”

Il disco dai ritmi reggaeton e latini è in uscita venerdì 2 giugno. La cantante collabora con il rapper italiano Villabanks e la star spagnola Chema Rivas

Venerdì 2 giugno esce ‘Elettraton’ per Island Records/Universal Music Italia, secondo disco di Elettra Lamborghini, su tutti gli store digitali e negozi tradizionali. Il primo singolo estratto è ‘Mani in alto’, dal 2 giugno in programmazione radiofonica. Nelle dieci tracce che compongono l’album è presente la canzone natalizia ‘A mezzanotte’ e inediti scritti e prodotti da grandi nomi della musica italiana e internazionale come Villabanks, Shablo, Davide Petrella, Giordano Cremona, Riccardo Scirè, Jacopo Ettorre, la star spagnola Chema Rivas. L’instore tour inizierà subito il 2 giugno per presentare il disco e firmare le copie. Una volta concluso, ci sarà quello estivo in giro per l’Italia di cui ci sono già delle date confermate.
Reggaeton e ‘positive vibes’ sono le ispirazioni centrali del nuovo album. “Mi è rimasto l’amaro in bocca dal periodo del Covid in cui ho dovuto annullare i concerti – spiega Elettra – Quindi voglio segnare un periodo di rinascita. Vorrei strappare un sorriso alle persone che ascoltano il mio album, infondergli voglia di fare festa e una buona dose di positività”. Elettra ne ha seguito la lavorazione passo passo nella scelta di basi, produzioni, scrittura dei testi, foto e grafiche. L’album rispecchia il suo mondo composto da leggerezza e allegria che attrae un pubblico eterogeneo.
Da sempre innamorata del reggaeton, il suo disco è una vera e propria dichiarazione d’amore nei confronti di questo genere che costruisce un ponte tra Milano, Madrid e Miami, città d’elezione dell’artista in cui è stato concepito. “La cosa che mi piace del reggaeton è che mi fa volare subito in un’atmosfera estiva, dato che è un genere che nasce in un clima caldo – riferisce – Mi dà tanta allegria, fa venire voglia di ballare che collego a festa, divertimento e stare bene con se stessi”. Sin da piccola è affascinata dal twerking che ballava in camera e il reggaeton l’ha conosciuto nei suoi viaggi in Messico e Spagna. Confessa che tra i reggaetoner le sarebbe piaciuto collaborare con Daddy Yankee, autore del successo mondiale ‘Gasolina’ (2004), “ma si è ritirato dalla musica e non posso più sperare in un featuring con lui”.
Elettra si scambia tanti consigli sulla musica col marito Afrojack, dj e produttore, che non ascolta tanto reggaeton a detta dell’artista e produce elettronica. Nelle collaborazioni ha scelto il rapper italiano Villabanks per il pezzo ‘Teta’ perché sta andando molto forte in questo periodo, “sono sicura che lo sarà anche nei prossimi anni ed è supertalentuoso”. Il cantante spagnolo Chema Rivas si è innamorato del brano proposto da Elettra per il featuring, ‘Un secondo fa’. “Avevo bisogno di una voce particolare che non riuscivo a trovare e ho pensato che la sua stesse benissimo su un pezzo così perché è al di fuori del comune”.
Come da tradizione, molte canzoni sono in spagnolo, lingua amata da Elettra, e richiamano i Paesi in cui è parlata dalla Spagna agli Stati Uniti al Sud America. “Io faccio tanto la sexy però se uno mi conosce sul serio di sexy ho veramente poco. Insomma, io col mio muso – scherza su di sé descrivendo i contenuti dei pezzi spagnoli – faccio capire a questo uomo che sono la regina che spacca tutto, che sono la più figa. Lo scopo è far sentire chi ascolta come me”.
Elettra, oltre ad essere impegnata nel programma ‘Only Fun – Comico Show’ su Nove, sarà uno dei giudici di ‘Italia’s Got Talent’ assieme a Khaby Lame, Mara Maionchi e Frank Matano. “Sono stata buona ma non troppo – commenta – Ho preferito più dare un no col sorriso con l’intenzione di migliorarsi sempre, piuttosto che dare un sì per poi non portarlo in finale. Non mi piace illudere le persone”.
Il suo Instore Tour, che toccherà l’Italia da Nord a Sud, partirà subito sabato 2 giugno alle 18 all’Elnòs Shopping di Roncadelle (Brescia), per poi proseguire il 3 giugno alle 16:30 al Centro Commerciale Euro Torri di Parma, il 5 giugno alle 18 al Cc Piazza Paradiso di Collegno (Torino), il 6 giugno alle 17:30 alla Mondadori Piazza Duomo di Milano, 7 giugno alle 16:30 al Centro Acquisti Le Piramidi di Torri di Quartesolo (Vicenza), 8 giugno ore 18 all’OrioCenter di Orio al Serio (Bergamo), il 9 giugno alle 17 al Cc Centronova di Castenaso (Bologna), il 10 giugno alle 16:30 ala Discoteca Laziale di Roma, il 11 giugno alle 16:30 al Cc Latinafiori di Latina, il 12 giugno alle 17:30 al Cc Campania al Marcianise (Caserta), il 13 giugno alle 17 al Cc Porte dello Jonio di Taranto, il 14 giugno alle 17:30 al Cc Maximall di Pontecagnano Faiano (Salerno), il 15 giugno alle 16:30 al Parco Commerciale Belvedere di Melilli (Siracusa).
Il tour estivo, prodotto e organizzato da Color Sound (per informazioni: colorsound.com), invece ha le seguenti date: 1 luglio allo Youth Festival di Sassuolo (Modena), 9 luglio nella Piazza Capitaneria di Porto di Bellaria-Igea Marina (Rimini), 13 luglio al Merano Summer Festival di Merano, 22 luglio al Loc. Tanka e Idda di Orosei (Nuoro), 29 luglio al Summer Festival di Ladispoli (Roma), 7 agosto al Parco Via Farina di Villacidro (Sud Sardegna), 14 agosto di Piazza Giglia a San Leone (Agrigento), 15 agosto a Piazza Regina Elena di Delianuova (Reggio Calabria), 17 agosto di Piazza Roma a Tottea (Teramo), 26 agosto al Campo Sportivo di Pattada (Sassari), 10 settembre a Piazza Ruiu a Campanedda (Sassari).
Coronavirus
Vaccini, Rappuoli: “Così convinsi pioniere Dna Venter ad aiutarmi su meningococco B”

A 10 anni da ok Ema a prodotto scudo il racconto del papà della 'reverse vaccinology', 'arrivammo a svolta dopo tanti fallimenti'

Era il 2013 quando il primo vaccino anti-meningococco B veniva autorizzato dall’Agenzia europea del farmaco Ema, e poco dopo dall’italiana Aifa. Un traguardo che nei primi anni ’90 era considerato una missione “impossibile”. Come si è arrivati alla svolta lo racconta all’Adnkronos Salute, a 10 anni dall’ok dell’ente regolatorio Ue, lo scienziato Rino Rappuoli, il padre della ‘reverse vaccinology’, la tecnica che ha permesso lo sviluppo di un vaccino con cui sono state poi salvate, nell’arco di un decennio, milioni di vite. Galeotte furono le scoperte di un pioniere del Dna. “In quegli anni – ricorda Rappuoli, oggi direttore scientifico della Fondazione Biotecnopolo di Siena – fare un vaccino contro questo batterio era una di quelle sfide su cui tutti, anche noi, avevamo fallito. Ormai eravamo arrivati alla conclusione che avremmo avuto bisogno di una tecnologia rivoluzionaria, che allora non c’era”.
“Nel 1995, però, Craig Venter”, biologo statunitense, “pubblicò sulla rivista ‘Science’ un lavoro davvero rivoluzionario a quel tempo: era il primo genoma di un organismo vivente”. Per Rappuoli si accese una lampadina. La sua “era chiaramente una tecnologia rivoluzionaria e oggi sappiamo quanto il genoma abbia cambiato la vita, la biologia, il modo in cui facciamo tutto, ma all’epoca nessuno aveva mai visto un genoma intero”. Lo scienziato italiano fa subito le valigie. “Andai a visitare Venter negli Stati Uniti – ripercorre – e gli chiesi se avesse voluto sequenziare il genoma del batterio della meningite per vedere se questa nuova tecnologia ci poteva aiutare. Era il 1996. Lui stava già pensando che la sua prossima sfida sarebbe stato il genoma umano”, meta raggiunta nel 2000, “e non aveva gran voglia di occuparsi di un altro batterio. Voleva passare alla Drosophila”, il moscerino della frutta ancora oggi modello animale nel mondo della ricerca, e a organismi più complicati.
“Allora – prosegue Rappuoli – io gli spiegai la gravità della malattia” che colpiva i bambini e gli adolescenti con alti tassi di mortalità, “e gli dissi: se sequenzi il genoma, posso usare quelle informazioni per fare un vaccino. Dopo circa mezz’ora si convinse a fare il genoma del meningococco B. Da lì partimmo con questa collaborazione poi durata una ventina d’anni, in cui noi usavamo le sue tecnologie rivoluzionarie per risolvere dei problemi”, rebus intricati “come il meningococco B”.
E’ l’inizio della svolta. “Fu straordinario – ricorda lo scienziato italiano – perché usando il genoma in poco tempo capimmo che avremmo risolto il problema. Per dare un’idea, nel giro di 6 mesi avevamo scoperto più proteine e potenziali vaccini noi che tutti i microbiologi nella storia fino a quel momento. Era chiaro che la potenza della genomica era enorme. Da lì trovammo 100 potenziali vaccini candidati, poi scegliemmo il meglio di 30 e dopo un paio d’anni selezionammo i migliori tre, con cui abbiamo fatto poi il vaccino che è stato registrato”. Quel vaccino si chiama Bexsero* (Novartis).
“Quei componenti per fare il vaccino nessuno li avrebbe mai scoperti a breve termine con le tecniche di allora – evidenzia l’esperto – c’era bisogno di questa tecnologia rivoluzionaria, che era il genoma. E quella era ‘l’età della pietra’ della genomica. Per capire, Craig Venter – l’uomo più veloce al mondo a fare un genoma – nel 1997 ha impiegato 14 mesi per un genoma di batterio. Oggi sequenziamo migliaia di genomi in un giorno”.
Un tale impatto, come la rivelazione dei segreti della doppia elica, può averlo oggi quella che è ritenuta l’ultima frontiera, l’intelligenza artificiale? L’Ai, riflette Rappuoli, “è prorompente, perché riesce a macinare i dati che nessuna mente umana riuscirebbe neppure a immaginare e sta dando risultati straordinari, ormai è perfusa nelle tecnologie che usiamo”. Ma “l’intelligenza artificiale non trova soluzioni originali, dà soluzioni che sarebbero ovvie se uno riuscisse ad analizzare tutti questi dati, cosa che la nostra mente però non riuscirebbe mai a gestire” da sola. Quindi “la potenza è incredibile. L’Ai trova soluzioni che per la mente umana sarebbe impossibile trovare, e così velocemente. Anche se di intelligenza ha molto poco, poiché analizza tantissimi dati e dà delle conclusioni. Ma alla fine come usarli questi dati spetta sempre a noi”, puntualizza.
Oggi sicuramente la velocità con cui può arrivare a sviluppare farmaci ha messo il turbo. Tornando all’esempio del vaccino anti-meningococco B, Rappuoli che è stato perno del polo senese dedicato ai vaccini (di lunga tradizione dalla scuola di Achille Sclavo alla presenza oggi di Gsk) spiega: “La gente voleva avere vaccini contro il meningococco B dagli anni ’60. Negli anni ’70-80-90 ci sono state una lunga serie di prove cliniche tutte fallite. Finché non è arrivato il nostro vaccino. La scoperta scientifica la pubblichiamo su ‘Science’ nel 2000. Per trasformarla in un prodotto e avere la registrazione ci sono voluti 13 anni”, fra sviluppo, industrializzazione, fase 1, 2 e 3 dei trial, costruzione dell’impianto per fabbricare il vaccino, registrazione. Un’avventura complessa che, ammette, impressiona se si pensa a come i tempi si siano accorciati oggi con il vaccino anti-Covid.
La portata della sfida, del resto, è stata enorme. “Il primo aspetto è che il meningococco è un batterio che non ha due individui uguali, cambia tanto. Al confronto, il Covid è stabilissimo. Nel mondo ci sono milioni di ceppi diversi, è una sua autodifesa”, questo patogeno “ha dei meccanismi intrinsechi nel genoma per cui riesce a mettere sulla superficie qualcosa di completamente diverso in continuazione. Le molecole che si trovavano con i metodi classici funzionavano per un singolo ceppo e non per un altro”.
Per esempio, “a fine anni ’90-inizio 2000, la Nuova Zelanda era alle prese con un’epidemia paurosa da circa 10 anni. E l’Organizzazione mondiale della sanità chiese a tutto il mondo di cercare di sviluppare vaccini. Noi trovammo la soluzione, perché il ceppo della Nuova Zelanda non cambiava molto e usandolo facemmo un vaccino classico, con cui abbiamo coperto nel 2004 in breve tempo la popolazione da 2 mesi a 20 anni. E la malattia è scomparsa”. Se in Nuova Zelanda Rappuoli per questo è stato considerato come un eroe, lo scienziato spiega come quello stesso vaccino aveva un problema: “Funzionava benissimo lì ma se lo si portava in America non copriva neppure il 2% dei ceppi, in Europa probabilmente il 15%. Non era la soluzione. C’è voluta la genomica e quella che ho chiamato ‘reverse vaccinology’ per trovare la soluzione universale”, scavando nelle pieghe del Dna.
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