Salute e Benessere
Ecco sintomi chiave Long Covid pediatrico, la lista in uno...
Ecco sintomi chiave Long Covid pediatrico, la lista in uno studio internazionale
Nella ricerca coinvolto il reparto di Pediatria del Gemelli di Roma
Affaticamento o sfinimento; sintomi gastro-intestinali; problematiche relative al funzionamento neuro-cognitivo e al funzionamento fisico; sintomi cardiovascolari; malessere dopo sforzo; alterazioni nella vita scolastica e lavorativa. Sono i sintomi 'chiave' che definiscono il Long Covid nei bambini. In tutto 7 aree. A stilare la lista delle 'spie rosse' da tenere in considerazione per intercettare la sindrome post Sars-CoV-2 è una squadra di esperti, capitanata dal King’s College di Londra, in collaborazione con l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e alla quale ha preso parte anche la Pediatria della Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma. Lo studio è pubblicato su 'European Respiratory Journal'.
Nel lavoro il team internazionale indica anche attraverso quali strumenti misurare questi sintomi chiave. Lo studio, spiegano gli autori, è frutto di uno sforzo di armonizzazione globale per raccogliere dati in maniera omogenea e velocizzare il progresso delle conoscenze e la definizione delle migliori strategie di intervento per il Long Covid dei bambini e dei ragazzi. La messa a terra di questo linguaggio comune, questo "'esperanto' della scienza", come lo definiscono gli esperti, impronterà anche le future ricerche sul Long Covid. Nel panel di esperti internazionali che hanno collaborato al lavoro figura Danilo Buonsenso, docente di Pediatria all'università Cattolica e dirigente medico dell'Unità operativa complessa di Pediatria del Gemelli. Nello studio vengono individuate e messe nero su bianco le espressioni che caratterizzano la condizione che va sotto il nome di Long-Covid/Post Covid-19 nei bambini e nei ragazzi, arrivando anche a un consenso (con la metodologia del 'Delphi consensus') su come misurarli.
Mentre la maggior parte delle persone che contrae l'infezione guarisce rapidamente, un numero significativo di persone sviluppa dei sintomi persistenti o ricorrenti, per periodi più o meno lunghi. Bambini e ragazzi non fanno eccezione, ma la maggior parte delle ricerche condotte finora nell'area del Long Covid si era focalizzata sugli adulti, mentre gli studi in età pediatrica sono meno numerosi. È il motivo per cui, la reale prevalenza della sindrome in età pediatrica e adolescenziale è praticamente sconosciuta. Ciò non toglie però, precisano gli esperti, che questa condizione possa comportare un significativo carico su chi ne è affetto e sui servizi sanitari.
La ricerca ha definito un insieme di caratteristiche 'chiave' (Cos, Core Outcome Set) e di misure associate (Coms, Core Outcome Measurement Set) per la valutazione del Long Covid nei bambini e nei ragazzi. Gli esperti che hanno messo a punto queste 'istruzioni per l'uso' raccomandano che vengano utilizzate anche nelle ricerche che verranno condotte in futuro per uniformare il linguaggio e la metodologia di lavoro, al fine di accelerare la comprensione e lo sviluppo di trattamenti 'evidence-based' per i Long Covid. Utilizzare in tutto il mondo un 'linguaggio' scientifico comune, aumenta il valore dei dati raccolti, consentendo di confrontarli tra loro in maniera omogenea e di confrontarne di risultati tra studi diversi per arrivare poi a mettere a punto delle linee guida, motivano gli autori.
Per quanto riguarda la 'misura' dei segni e sintomi pertinenti alle aree individuate, i ricercatori hanno selezionato quelle che possono essere utilizzate a livello universale, anche in Paesi a basse risorse. Validi 'strumenti' di misura sono stati individuati solo per 4 aree (affaticamento o sfinimento, sintomi gastro-intestinali, funzionamento neuro-cognitivo, funzionamento fisico), mentre si sta ancora lavorando per individuare quelli migliori per le tre aree restanti.
"Il nostro centro - ricorda Buonsenso - è stato il primo al mondo a documentare che anche bambini e adolescenti possono sviluppare Long Covid e abbiamo portato le prime evidenze scientifiche che questi bambini hanno delle alterazioni immunologiche, vascolari, e disautonomiche, che li distinguono dai pazienti guariti o dai controlli sani. Con questa ultima analisi internazionale, insieme a esperti e rappresentanti di pazienti e famiglie, abbiamo definito gli outcome principali, in modo da consentire di standardizzare i nostri studi a livello globale. Ciò ci consentirà di condividere le casistiche e comprendere sempre meglio questa condizione, che causa un grave peggioramento della qualità di vita delle persone che ne sono affette".
Salute e Benessere
Disturbi della memoria, scoperto come il cervello distingue...
Lavoro del team di ricerca del dipartimento di Neuroscienze dell'Università di Torino
Una ricerca condotta da un team di ricerca del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino potrebbe fornire informazioni utili per sviluppare nuove strategie terapeutiche per i disturbi della memoria. Formare ricordi di eventi simili costituisce una vera e propria sfida per il nostro cervello. "È essenziale che ogni evento venga memorizzato in maniera separata per preservarne la specificità. Tuttavia, è altrettanto importante riconoscere e ricordare gli aspetti comuni tra gli eventi. Se questo delicato processo viene compromesso, le persone rischiano di confondere un evento con un altro, perdendo così la chiarezza e la specificità dei propri ricordi". Lo ha rilevato un nuovo studio pubblicato su 'Cell Reports' che ha identificato un intricato processo cerebrale che consente di distinguere e memorizzare eventi simili in maniera separata, mantenendo al contempo le somiglianze tra di essi. La ricerca è stata condotta principalmente dalle ricercatrici Giulia Concina, Luisella Milano e Annamaria Renna coordinate dal professor Benedetto Sacchetti del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino.
I ricercatori hanno studiato l’attività cerebrale durante l'apprendimento di due eventi distinti ma con elementi in comune, scoprendo che nell'amigdala, una regione cerebrale chiave per la formazione dei ricordi, gruppi separati di neuroni si attivano per memorizzare separatamente eventi distinti. "Tuttavia, alcuni neuroni rispondono a entrambi gli eventi, aiutando a ricordarne le somiglianze. Il numero di questi neuroni comuni - sottolinea lo studio - è regolato da un particolare tipo di cellule chiamate neuroni inibitori. Bloccando queste cellule, i ricercatori hanno notato come il numero di neuroni comuni aumentasse notevolmente causando la confusione e sovrapposizione dei due eventi. Secondo i ricercatori, in conclusione, i neuroni inibitori contribuiscono quindi a mantenere distinti i ricordi di eventi simili".
La ricerca è stata condotta adottando un approccio multidisciplinare che ha integrato metodologie di analisi comportamentale, biologia molecolare, microscopia ad alta risoluzione e modulazione dell'attività cerebrale. In particolare, grazie all'utilizzo della tecnica innovativa della 'marcatura chemogenetica', i ricercatori hanno potuto visualizzare i neuroni coinvolti nella percezione sia degli aspetti distintivi di due eventi, sia delle loro caratteristiche comuni. Questa analisi ha permesso anche di individuare le cellule in grado di limitare il numero di neuroni condivisi, ovvero i neuroni inibitori. Infine, combinando le tecniche di marcatura chemogenetica e di inattivazione dell'attività neuronale, i ricercatori hanno selettivamente bloccato queste cellule, notando che ciò portava i soggetti a confondere gli eventi tra di loro.
"Questa ricerca - spiega Sacchetti - riveste un'importanza significativa poiché mette in luce l'esistenza di neuroni il cui ruolo è quello di mantenere separate le memorie di eventi distinti ma con aspetti in comune, consentendo così di conservare i ricordi di tali eventi in modo preciso e nitido. Considerando che una delle caratteristiche tipiche dei disturbi della memoria, come le demenze e il disturbo post-traumatico da stress, è la tendenza a confondere gli eventi passati, questa ricerca potrebbe fornire nuove informazioni utili per sviluppare nuove strategie terapeutiche".
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Università, Gesualdo (Fism): “Nettamente contrari a...
"D'accordo con Ordine medici e Anaao. Serve programmazione razionale, le Scuole di Medicina non possono accogliere 70mila iscritti per mancanza di spazi e risorse"
"La decisione di eliminare il numero chiuso per l'iscrizione alla Facoltà di Medicina, Medicina veterinaria e Odontoiatria e protesi dentaria rappresenta una minaccia alla qualità della formazione medica e prelude un grave rischio di sovraffollamento del mercato del lavoro medico. Come l'Ordine dei medici e Anaao anche la Fism è nettamente contraria a stop al numero chiuso". Così all'Adnkronos Salute il presidente della Federazione italiana società medico-scientifiche (Fism) Loreto Gesualdo commenta l'adozione da parte della Commissione Istruzione del Senato del testo base che elimina il numero chiuso nelle Facoltà di Medicina.
La Fism "ribadisce l'importanza di una programmazione razionale e basata sui reali bisogni del Servizio sanitario nazionale - spiega Gesualdo sottolineando "la necessità di una selezione accurata dei futuri medici già durante il percorso scolastico, al fine di garantire una formazione di qualità e una corretta distribuzione sul territorio". Inoltre, "occorre estendere la programmazione non solo al numero dei medici, ma anche a tutte le altre professioni sanitarie, come infermieri, fisioterapisti, dietisti e altre figure professionali - evidenzia il numero uno di Fism - essenziali per supportare i percorsi di intelligenza artificiale e l'evoluzione tecnologica nel settore della salute".
Gesualdo suggerisce di "potenziare i licei con inclinazione biomedica" per preparare "adeguatamente gli studenti interessati a intraprendere percorsi universitari" nel campo della salute. "Tuttavia - avverte - è importante ricordare che attualmente le scuole di medicina non sono in grado di accogliere un numero così elevato di studenti, con circa 70.000 iscrizioni previste, a causa della mancanza di spazi e risorse necessarie".
La programmazione delle professioni sanitarie "deve essere inclusiva e mirata a garantire un equilibrio tra domanda e offerta di competenze specialistiche, al fine di garantire un corretto sviluppo del settore e una gestione ottimale delle risorse umane nel campo della salute". La Fism "si impegna a promuovere una visione olistica della programmazione delle professioni sanitarie, che tenga conto delle nuove sfide e opportunità offerte dalla digitalizzazione e dall'intelligenza artificiale nel campo della salute" conclude.
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25 aprile, il pediatra: “Ecco come spiegarlo ai...
"Per ogni età c'è il giusto modo di raccontarlo, a seconda della fase evolutiva"
25 aprile data importante per gli italiani. E, come tutti gli anni, al centro in questi giorni di dibattiti, ricordi, commemorazioni. Ma come spiegarlo ai bambini che ci chiedono chiarimenti? "Per ogni età c'è il giusto modo di raccontarlo, a seconda della fase evolutiva", spiega all'Adnkronos Salute Italo Farnetani, docente di Pediatria dell'Università Ludes-United Campus of Malta.
"Ai bambini di meno di 10 anni, per esempio - suggerisce il medico - direi semplicemente che in questo giorno è finita la guerra che veniva combattuta in Italia. Bisogna tener conto del fatto che in questa fascia di età i bambini ragionano per operazioni concrete, su ciò che vedono e che gli va spiegato nella sua concretezza. Possiamo raccontargli, quindi, che nel nostro Paese c'era una guerra come quelle che vedono in televisione e il 25 aprile se ne festeggia la fine". Dagli 11 anni in poi, soprattutto a chi frequenta le scuole superiori, prosegue Farnetani, "si può parlare con i ragazzi dei contenuti ideali, politici, legati alla Festa della liberazione". Mentre "dai 14 anni in su, cioè quando l'adolescente entra nella fase delle 'operazioni formali', il discorso può ampliarsi ai concetti di pace, guerra, libertà, dittatura, diritti umani, cioè fare un discorso formativo. In questa fase dell'adolescenza, in cui predominano i concetti di bene e male, giustizia e ingiustizia - sottolinea il pediatra - si fa strada una visione utopica della realtà. Gli adulti, considerando questa particolare fase dello sviluppo del ragionamento degli adolescenti, possono aiutare i ragazzi a fare un'analisi oggettiva di ciò che è avvenuto il 25 aprile perché possa partire da una valutazione storica, etica e politica dei fatti per farsi, autonomamente, un'idea precisa dell'origine e delle motivazioni del significato simbolico della data. Successivamente potrà esaminare i decenni successivi della storia della politica italiana".
Un'informazione che tenga conto delle fasi evolutive, conclude Farnetani, è una modalità utile a fornire "all'adolescente strumenti per capire le problematiche alla radice. In caso contrario, si rischia di proporre concetti preconfezionati o di parte che non aiutano lo sviluppo della persona".