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Cultura

Libri, ‘I malarazza’ di Barbara: epopea di una famiglia che incrocia la grande storia

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Dalla Sicilia a New York per ambizione non per la fame

(Foto di Andrea Giammarinaro)

C’è una foto scattata dal fotografo danese Jacob A. Riis nel 1888 che è entrata nell’immaginario collettivo dell’emigrazione italiana negli Stati Uniti. Raffigura un gruppo di ceffi poco raccomandabili in un vicolo buio del Lower East Side quando era uno dei peggiori ‘slum’ di Manhattan. Quell’immagine fu pubblicata in un volume dal titolo esplicativo: “Come vive l’altra metà”: una denuncia delle condizioni di vita negli affollatissimi e fatiscenti condomini in cui famiglie di 10 persone condividevano un’unica stanza. Ma se quella che ci è stata consegnata dal lavoro di Riis è la metà meno fortunata, da chi era composta l’altra metà?

La letteratura e il cinema ci hanno consegnato tantissime storie di miseria e di emancipazione – spesso criminale – dell’emigrazione italiana, ma tendono a dimenticare un’altra realtà, quella degli italiani che lasciarono i porti di un Paese dilaniato dalle guerre di indipendenza non per miseria, ma per far fruttare i propri talenti in un luogo che offriva opportunità leggendarie: l’America.

E la storia di una di queste famiglie, i Montalto, è raccontata nel romanzo ‘I Malarazza’, di Ugo Barbàra (Rizzoli, 496 pagine, 19 euro) nella parabola che li porta da Castellammare del Golfo, in Sicilia, fino nella New York della seconda metà dell’Ottocento.

È il maggio del 1860 e mentre Garibaldi si prepara a sbarcare in Sicilia, Antonio Montalto ha un’intuizione: cedere parte delle terre che hanno fatto la fortuna della sua famiglia – che da sempre produce olio e vino – in cambio di un piccolo veliero. Al paese intero pare un folle ma a lui non interessa; ha capito prima di tutti dove sta soffiando il vento del cambiamento e non può restare a guardare. Sa che se vuole realizzare le proprie ambizioni deve staccarsi dalla terra dei suoi padri per guardare oltreoceano.

Inizia così l’avventura che, tra l’arsura di Castellamare e il fragore di New York, incrocerà la grande Storia e darà vita a un impero fondato sulle imprese visionarie di Antonio, ma soprattutto sulla caparbietà della moglie Rosaria, capace di gettare le basi per un progetto che travalica il loro tempo: la fondazione di una banca americana con una presidente donna. Intorno a loro e ai sei figli, si intrecciano le esistenze di una schiera di figure memorabili, tra cui la giovane Bianca che, lasciata la sua esistenza siciliana per seguire la padrona Rosaria, si rifà una vita come speziale nella città americana. E Nicola, suo segreto amore, che scopre come i fantasmi possano inseguirlo anche di là dal mare.

Quella narrata da Barbàra è finzione, ma è frutto di una approfondita ricerca e di uno scavo nelle personalità dei protagonisti che la trasformano in una storia paradigmatica di quelle di tanti che lasciarono l’Italia spinti non dalla fame e dalla miseria, ma dalle proprie ambizioni e dalla capacità di immaginare un altrove dove dare concretezza ai propri sogni. Una narrazione che, incrociando i grandi della Storia, da Garibaldi a Lincoln, e vicende che hanno plasmato i popoli, dallo sbarco dei Mille alla Guerra Civile americana, cesella in un ritmo incalzante una vicenda che ha in sé gli ingredienti di ogni grande romanzo: personaggi umanissimi, amori e destini da sovvertire.

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“Roma: miseria, bellezza e coraggio”, in mostra a palazzo Merulana

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A Palazzo Merulana, nella sede della Fondazione Elena e Claudio Cerasi,    la mostra 'Quando la vita era dolce. Roma: miseria, bellezza e coraggio'

Aperta al pubblico fino all’8 ottobre nei saloni di Palazzo Merulana, sede della Fondazione Elena e Claudio Cerasi, ‘Quando la vita era dolce. Roma: miseria, bellezza e coraggio’, mostra fotografica dell’Archivio Riccardi a cura di Maurizio Riccardi, Giovanni Currado e Marino Paoloni. “Città millenaria dalle mille sfaccettature, un museo a cielo aperto, meta turistica sognata in tutto il mondo, con la sua storia, i suoi monumenti e le sue vie, Roma rappresenta nell’immaginario internazionale l’idea di imponenza e immortalità – si legge in una nota della mostra- A margine di tale grandezza convivono da sempre realtà meno forti e sicure.

“Dopo la Seconda Guerra Mondiale, queste realtà si erano confuse toponomasticamente con i monumenti e i palazzi del centro – spiega ancora la nota – La miseria del dopoguerra era sotto gli occhi di tutti, forse perché messa in risalto dal contrasto derivante dalle meraviglie che la Città Eterna offriva. In pochi anni la città e il Paese conobbero il boom economico e pian piano, come succede spesso, si iniziarono a dimenticare le difficoltà che avevano contraddistinto il recente passato”.

Le foto di Carlo Riccardi raccontano questo spaccato temporale. Un tumulto di sguardi coraggiosi misti a scenari di miseria assoluta, le speranze di chi voleva ricominciare e i primi segnali, positivi e negativi, del Paese che diventava ‘grande’. Un complesso di informazioni visive d’impatto per le nuove generazioni, per aprire un dibattito e delle riflessioni, anche attraverso l’uso della fotografia storica.

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Cultura

Sangiuliano: “Al Colosseo numeri importanti che riconoscono lavoro fatto”

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Il ministro: "Per il futuro l'obbiettivo è quello di incrementare ancora l'offerta e di elevare la qualità dei servizi"

Sangiuliano:

“La straordinaria bellezza del Colosseo e dei Fori continua a stupire intere generazioni di visitatori che accorrono da ogni parte del mondo. Lo dimostra il grande successo registrato questa estate con oltre 2.200.000 turisti che hanno acquistato un biglietto per entrare nel Parco archeologico ammirando, così, oltre all’Anfiteatro Flavio anche il Foro Romano e il Palatino. Numeri importanti, che descrivono una rinnovata passione per l’antico e in particolare per la storia romana. Un successo che riempie di orgoglio, frutto di un lavoro continuo che dura da anni e di cui ringrazio la direttrice del Parco, Alfonsina Russo, e tutti i lavoratori impegnati. Per il futuro l’obiettivo è quello di aumentare ancora l’offerta, come avvenuto di recente con l’inaugurazione della Domus Tiberiana e l’ascensore panoramico, e di elevare la qualità dei servizi”. Lo dichiara il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, commentando i dati di accesso al Parco archeologico del Colosseo che ha visto nei mesi di giugno, luglio e agosto 2023 acquistare 2.277.139 biglietti per la visita del Colosseo, Foro Romano e Palatino, con un incremento di 315.493 tagliandi, +16% rispetto allo stesso periodo del 2019 (1.961.646 biglietti) e con una media di circa 25.000 visitatori giornalieri.

Un risultato reso possibile anche grazie all’ampliamento dell’offerta culturale proposta ai visitatori nel 2023 con l’apertura al pubblico di nuovi spazi all’interno del Parco. Nel Colosseo il nuovo ascensore panoramico ha reso accessibile i livelli superiori e l’attico a un pubblico con difficoltà motorie, poi l’accesso nei sotterranei (aperti al pubblico nel 2021) con un’installazione multimediale e una mostra dedicata ai gladiatori, quello che resta del criptoportico di collegamento con il Ludus Magnus (la palestra dei gladiatori).

Nel Foro Romano e Palatino l’apertura maggiormente significativa ha riguardato la monumentale Domus Tiberiana, il più antico palazzo imperiale, nuovamente fruibile dopo quasi 50 anni. Sempre in tema di nuove aperture, anche la Domus Aurea dallo scorso mese di giugno è fruibile tutti i giorni (e non solo il fine settimana) con la possibilità di visitare la mostra “L’Amato di Iside. Nerone, la Domus Aurea e l’Egitto”, lungo un percorso che comprende anche ambienti affrescati prima preclusi al pubblico.

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Cultura

Le ninfee di Monet mai viste star all’asta a New York

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"Le bassin aux nymphéas" (1917-19) in vendita con stima di 65 milioni di dollari il 9 novembre da Christie's

Le ninfee di Monet mai viste star all'asta a New York

“Le bassin aux nymphéas”, una delle tele monumentali del pittore francese Claude Monet (1840-1926) appartenenti alla sua celebre serie di ninfee, sarà il pezzo forte della 20th Century Evening Sale del 9 novembre a New York, l’asta organizzata da Christie’s. Questo superbo esemplare, dipinto intorno al 1917-1919, è rimasto nella stessa collezione di famiglia per oltre cinquant’anni ma non è mai stato esposto in pubblico per oltre un secolo: sarà messo in vendita con una stima di oltre 65 milioni di dollari.

Moderno e senza tempo, “Le bassin aux nymphéas” cattura il dinamismo e la bellezza della transitorietà della natura, esplorando l’atmosfera effimera, le fioriture stagionali, le profondità acquatiche e i riflessi di luce del famoso stagno di ninfee di Monet a Giverny.

Max Carter, vicepresidente di Christie’s per l’Arte del XX e XXI secolo, ha dichiarato: “Con Monet, apparentemente tutto è già stato visto o detto. ‘Le bassin aux nymphéas’, che non è mai stato esposto o offerto all’asta, è tuttavia la cosa più rara: un capolavoro riscoperto. Lavorato a fondo, conservato in modo impeccabile e nascosto nella stessa collezione privata dal 1972, ‘Le bassin aux nymphéas’ rimane sorprendente oggi come 100 anni fa. Siamo entusiasti di svelarlo pubblicamente per la prima volta il 4 ottobre a Hong Kong”.

Punti di riferimento del tardo impressionismo, i dipinti che Monet realizzò dei suoi giardini di Giverny sono tra le opere più innovative e influenti della sua arte. Negli ultimi 25 anni della sua vita, Monet si dedicò a immortalare il paesaggio della sua casa, producendo un corpus di opere ricco di complessità e varietà. “Le bassin aux nymphéas” è un esempio chiave di questa famosa serie di opere dedicate alle ninfee e misura più di due metri di larghezza. Una tela ad olio della serie delle ninfee di Monet di queste dimensioni e qualità non veniva messa all’asta da quando un quadro nella storica vendita di maggio 2018 di The Collection of Peggy and David Rockefeller ha raggiunto un prezzo di 84,7 milioni di dollari.

“Le bassin aux nymphéas” risale al 1917-1919, un periodo di sperimentazione molto importante nella pratica di Monet, durante il quale l’artista raggiunse una nuova visione pittorica dello stagno di ninfee, stimolato dal desiderio di creare immagini di dimensioni murali di questo motivo piuttosto che i piccoli paesaggi acquatici che aveva creato in precedenza. Queste grandiose e monumentali rappresentazioni erano piene di gestuali e vigorose macchie di colore che si fondevano a formare il paesaggio acquatico; la vivacità e la qualità gestuale della pennellata rivelavano l’impressionante energia che si celava dietro i dipinti dell’artista, anche in questa fase avanzata della sua carriera. Queste composizioni rivoluzionarie furono inizialmente accolte con reazioni contrastanti dai contemporanei di Monet, ma in seguito trovarono il favore di una generazione più giovane di artisti e collezionisti negli ultimi decenni del XX secolo.

(di Paolo Martini)

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Cultura

Conto alla rovescia per il Premio Internazionale Manibus

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L’appuntamento premierà le eccellenze dell’artigianato, nazionali e internazionali, e i grandi nomi legati alla valorizzazione della cultura e del “made in Italy”

Dopo il successo dell’edizione zero del 2022, il progetto “Manibus” si fa ancora più grande e diventa Premio Internazionale Manibus, sotto la guida del direttore artistico Nicola Miulli. L’appuntamento premierà le eccellenze dell’artigianato, nazionali e internazionali, e i grandi nomi legati alla valorizzazione della cultura e del “made in Italy”. La cerimonia di Premiazione, prodotta dalla Nicola Miulli Creations cofinanziato da Regione Puglia e Agenzia Regionale del Turismo Pugliapromozione e con il contributo di Direzione Regionale Musei Puglia, si terrà il 14 ottobre prossimo alle ore 18.30 presso il Castello Carlo V di Lecce.

Conclusa la serata di premiazione, dal 14 ottobre al 19 novembre prossimi il Castello ospiterà la grande collettiva “Volumi di carta”. La mostra presenta opere tridimensionali in carta, realizzate da 4 artisti dal curriculum prestigioso – Caterina Crepax, Daniele Papuli, Perino&Vele, Anila Rubiku – i quali usano questo materiale in maniera originale e affascinante. Le loro opere attestano l’indubbia capacità di un materiale, nato circa 2000 anni fa in Cina, di essere duttile, efficace e raffinato medium artistico.

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Cultura

Pompei, scoperte iscrizioni elettorali all’interno di una casa

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I nuovi scavi in corso presso la Regio IX

Le iscrizioni elettorali


Iscrizioni elettorali all’interno di una casa. E’ quanto emerge dagli ultimi scavi nell’area centrale dell’antica Pompei come riportato nella rivista scientifica online del Parco archeologico di Pompei, l’ E-Journal degli Scavi di Pompei. I nuovi scavi in corso presso la Regio IX, si legge in una nota del Parco Archeologico, “sono finalizzati a migliorare le condizioni di conservazione delle case e botteghe lungo via di Nola. Dopo la scoperta di una natura morta con focaccia e calice di vino ora è una serie di iscrizioni elettorali, l’equivalente antico dei manifesti e post elettorali di oggi, scoperte nell’ambiente che ospitava il larario, l’altare domestico della casa, a destare stupore”.

Normalmente, queste scritte si trovano sulle facciate esterne degli edifici, dove il popolo poteva leggere i nomi dei candidati alle magistrature della città. La presenza all’interno dell’abitazione, come spiegano gli autori del contributo pubblicato oggi, potrebbe però trovare una sua spiegazione nella prassi di organizzare, all’interno delle case dei candidati e dei loro amici, eventi e cene allo scopo di promuovere la campagna elettorale. Le iscrizioni invitano a votare un tale Aulus Rustius Verus, candidato per la carica di edile, un personaggio dell’ultima fase di vita di Pompei conosciuto già grazie a altre iscrizioni e che, insieme a Giulio Polibio, proprietario di una splendida casa su via dell’Abbondanza, negli anni Settanta del I sec. d.C. raggiunse la carica più alta della città, quella di duumvir.

La casa, attualmente oggetto di scavo, apparentemente appartenente a un sostenitore di Aulo Rustio, forse un suo liberto o un amico, ospita anche un panificio caratterizzato da un grande forno, nei pressi del quale, alcuni mesi fa, furono trovate tre vittime dell’eruzione, due donne e un bambino, morti a causa del crollo del solaio durante la prima fase eruttiva.

La presenza del panificio è, spiega ancora il Parco archeologico, “un fattore tutt’altro che secondario, anche nell’ottica della campagna elettorale nell’antica Pompei, dove quello che oggi si definisce “voto di scambio” era all’ordine del giorno, come spiega Maria Chiara Scappaticcio, professoressa di latino presso l’Università Federico II a Napoli e co-autrice dello studio appena pubblicato: ‘Edili e fornai collaboravano ai limiti della legittimità e, plausibilmente come Giulio Polibio, A. Rustio Vero potrebbe aver capito fin da subito, quando ancora brigava per diventare edile e nel pieno della sua campagna elettorale, che (soprattutto) di pane vive l’elettore’. Ciò potrebbe spiegare anche perché le iniziali del candidato, A.R.V., appaiono su una macina di pietra vulcanica, appoggiata nell’atrio della casa, dove nel momento dell’eruzione si stavano facendo lavori di ristrutturazione. Aulo Rustio Vero verosimilmente finanziava, direttamente, l’attività del panificio con scopi sia economici che politici”.

Sull’altare in muratura del grande Larario (edicola sacra) dipinto, caratterizzato da due serpenti in stucco, noti in rarissimi confronti, sono stati, inoltre, rinvenuti resti di un’ultima offerta votiva, probabilmente avvenuta poco prima dell’eruzione. Le analisi archeobotaniche e archeozoologiche hanno permesso di identificare gli elementi che costituivano tale offerta e di riconoscere diverse azioni del rito effettuato. L’offerta era costituita principalmente da fichi e datteri che erano stati bruciati davanti all’altare. Il combustibile utilizzato è rappresentato dai numerosi resti frammentati di noccioli di oliva a cui era aggiunta la pigna con i pinoli, immancabile nei riti che caratterizzano soprattutto i larari. A chiusura del rito è stato posto un uovo intero direttamente sull’altare in muratura del larario. L’altare è stato poi coperto con una tegola. Sono state inoltre individuate le tracce di precedenti offerte che, oltre a quelle già identificate, includono i frutti della vite, pesce e carne di mammiferi.

“Lo studio di questo contesto molto interessante è un’operazione esemplare per due motivi – dichiara il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel – uno, è stata una collaborazione interdisciplinare tra Parco e Università che ha visto coinvolti archeologi, archeobotanici, archeozoologi, archeo epigrafisti, restauratori e architetti. Due, grazie all’E-journal degli scavi di Pompei, oggi possiamo condividere le nuove scoperte già durante lo scavo, quasi in diretta, secondo format e standard scientifici. Per quanto mi risulta, siamo il primo sito archeologico al mondo che pratica questa forma di trasparenza scientifica: siamo convinti che in questo, Pompei sarà un modello a livello internazionale per una nuova forma di accessibilità dei dati grazie alle opportunità che ci offrono le tecnologie digitali. Il futuro dell’archeologia è qui”.

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Cultura

Mostre, ‘Serial Killer Exhibition’, crimini e spietati assassini a Castelnuovo di Porto

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Dal cannibale di Rotenburg alla saponificatrice di Correggio, dalla mannaia del Mostro di Milano allo squartatore di Yorkshire, esposti oggetti e armi del delitto

Alcuni oggetti esposti all'interno della mostra 'Serial Killer Exhibition' che sarà inaugurata il 14 ottobre a Castelnuovo di Porto

Milleduecento metri quadri di esposizione, oltre 1000 reperti provenienti da 50 collezionisti di tutto il mondo del valore complessivo di circa 3 milioni di euro, 100 vetrine, 400 banner illustrativi e 1 corpo umano nella sezione anatomia per un percorso di oltre 2 ore attraverso 20 sale a tema su 3 diversi livelli. Questi i numeri di ‘Serial Killer Exhibition’ la mostra che racconta la vita e i crimini degli assassini seriali più spietati di tutti i tempi che sarà inaugurata il 14 ottobre nelle ex carceri della Rocca Colonna a Castelnuovo di Porto, provincia di Roma.

“Non solo questa è una mostra mai vista nel territorio romano – ha spiegato il criminologo Maurizio Roccato che ha curato la mostra per la società Venice Exhibition – ma è certamente la prima mostra al mondo dedicata ai serial killer allestita all’interno di un ex carcere, un luogo iin cui si è conclusa la vita di molti di questi assassini”

I visitatori quindi potranno osservare gli occhiali di Jeffrey Dahmer venduti recentemente alla cifra monstre di 150mila dollari, il freezer, recuperato direttamente dalla scena del crimine, in cui Armin Meiwes, il Cannibale di Rotenburg conservava i pezzi di cadavere, la cucina di Leonarda Cianciulli, la Saponificatrice di Correggio, che nel 1940 produceva dolci e saponette ottenute dalle sue vittime femminili, gli indumenti di Peter Sutcliffe, lo Squartatore di Yorkshire, la targa originale della Fiat 127 blu coinvolta nel secondo duplice omicidio del Mostro di Firenze, la mannaia usata da Antonio Boggia, ‘Il mostro di Milano’.

Esposta la più grande collezione al mondo di scritti e disegni autentici e autografati dai serial killer

“Si tratterà di un’immersione nel lato più oscuro dell’umanità in cui il crimine è il filo conduttore – ha continuato il criminologo – ma sarà anche un modo per ricordare le vittime, troppo spesso dimenticate, attraverso il loro volto accompagnato da nome, cognome e data di uccisione. E’ certamente una mostra di grande impatto – ha concluso Roccato – ma soprattutto dall’elevato valore scientifico ed infatti terminata l’esposizione di Roma partirà per un tour mondiale”.

Nelle sale dell’ex carcere verrà inoltre esposta per la prima volta al pubblico la più grande collezione al mondo di scritti e disegni autentici e autografati dai serial killer, alcuni dei quali realizzati pochi istanti prima la loro esecuzione. Grande spazio sarà riservato agli assassini internazionali come Issei Sagawa, il giapponese killer cannibale, Anatolij Moskvin e le sue bambole umane, le lettere autografe di Aileen Wuornos ‘l’Adescatrice delle Autostrade’ e del famigerato Ted Bundy.

La mostra, sarà arricchita anche da numerosi contenuti multimediali: alcuni teatri di eventi delittuosi, come su un set di Csi, saranno ‘visitabili’ virtualmente tramite appositi visori per realtà immersiva e schermi touch-screen che consentiranno di consultare fatti e verificare la propria conoscenza degli omicidi seriali.

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Cultura

Il nipote di Guglielmo Marconi: “Mio nonno bocciato all’università, ottenne il Nobel per la Fisica”

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Sarà celebrato nel 2024, nell'anniversario dei 150 anni dalla nascita, con una serie tv (protagonista Stefano Accorsi) e una ricca programmazione di eventi promossi dal Mic che ha annunciato, attraverso il sottosegretario Borgonzoni, il finanziamento di 4 milioni di euro per la creazione del Museo della Comunicazione, intitolato a Marconi

Guglielmo Giovanelli Marconi, nipote del Nobel per la Fisica, accanto alla madre Elettra e alla moglie Vittoria

“Il 2024 sarà un anno dedicato a mio nonno, Guglielmo Marconi, nei 150 anni dalla nascita. Una celebrazione che vuol essere anche un invito a tutti i giovani, a non mollare, ad inseguire i propri sogni. Fece i primi esperimenti a 21 anni e non riuscì mai a laurearsi, spesso bocciato agli esami all’università di Bologna. Ma non si perse mai d’animo. Nel corso della sua lunga carriera ottenne 30 lauree honoris causa”. E’ quanto ha dichiarato all’Adnkronos il principe Guglielmo Giovanelli Marconi, nipote del Premio Nobel per la Fisica. Per il prossimo anno è prevista l’uscita di una serie tv dedicata a Marconi (protagonista Stefano Accorsi) e una ricca programmazione di eventi promossi dal Ministero della Cultura che ha annunciato, alcuni giorni fa, attraverso il sottosegretario del Mic Lucia Borgonzoni, lo stanziamento di 4 milioni di euro per la creazione del Museo della Comunicazione, intitolato a Marconi, che sorgerà a Villa Aldini a Bologna.

“Mio nonno morì nel ’37 – ha ricordato ancora Guglielmo Giovanelli Marconi – Aveva previsto la nascita di una ‘scatoletta’, come lui l’aveva definita, che avrebbe rivoluzionato il mondo della comunicazione. Solo più tardi sarebbero nati i cellulari. Mio nonno – ha continuato – era un grande appassionato di musica, non solo di fisica e onde radio, suonava perfettamente il pianoforte ed era amico di Giacomo Puccini, Gabriele D’Annunzio, del tenore Enrico Caruso. Trascorrevano insieme le estati in Versilia negli anni 10-20 del ‘900. Uomini diversissimi tra loro, eppure straordinariamente complementari, in quei mesi inseparabili”.

E il prossimo anno Elettra Giovanelli Marconi, figlia dell’illustre inventore, riceverà la cittadinanza onoraria di Golfo Aranci (in precedenza ci furono quelle di Sasso Marconi e Rio de Janeiro) dove Guglielmo Marconi aveva portato a termine uno dei suoi esperimenti, il primo ponte radio tra Capo Figari, in Sardegna e Rocca di Papa, vicino Roma.

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A Crespi d’Adda ‘Computer stories’ racconta la storia dell’informatica

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Una collezione che conta circa 1.000 oggetti, tra computer, pubblicazioni, gadget e documenti, che raccontano la storia dell’informatica dal dopoguerra ai primi anni 2000.

A Crespi d'Adda 'Computer stories' racconta la storia dell'informatica


Mmn, società leader nella progettazione di soluzioni tecnologiche, presenta ‘Computer stories’, un viaggio alla scoperta della storia dell’informatica attraverso gli oggetti e le persone che l’hanno fatta. La mostra si terrà presso Crespi d’Adda (Bergamo), sito del Patrimonio Unesco, dal 6 al 22 ottobre, nell’ambito di Bergamo Brescia 2023 e di Produzioni Ininterrotte – Festival di letteratura del lavoro. È prodotta da Associazione Crespi d’Adda e Musil Museo dell’Industria e del Lavoro Brescia in collaborazione con Mmn.

L’esposizione nasce dalla passione di Mmn per la collezione di oggetti storici dell’informatica che espone (in piccola parte) all’interno della sua sede, un “museo aziendale” distribuito in diversi ambienti. Una collezione che conta circa 1.000 oggetti, tra computer, pubblicazioni, gadget e documenti, che raccontano la storia dell’informatica dal dopoguerra ai primi anni 2000.

Mmn propone una selezione di oltre 40 computer iconici, tra cui il Kenbak-1, il primo personal computer della storia, l’Altair 8800, il computer che ispirò Bill Gates e Steve Jobs, l’Olivetti Programma 101, il primo calcolatore elettronico programmabile al mondo, l’Apple II, il computer che rivoluzionò il mercato dell’informatica domestica, e molti altri. Ogni computer è accompagnato da una scheda informativa che ne illustra le caratteristiche tecniche e la storia, ma anche da aneddoti e curiosità che ne svelano il retroscena umano e culturale.

L’evento si articola in 8 exhibit tematici che approfondiscono alcuni aspetti della storia dell’informatica, dai calcolatori a valvole, passando per il momento d’oro dell’informatica italiana, per la Silicon Valley dei primordi e arrivando ai primi anni duemila. Ogni exhibit è arricchito da documenti e iconografia d’epoca, che testimoniano il contesto storico e sociale in cui si sono sviluppati i computer. L’incontro vuole essere non solo un’esposizione di oggetti, ma anche un racconto di storie straordinarie, di personaggi e momenti che hanno cambiato il mondo, di innovazioni tecnologiche e culturali che hanno segnato la nostra epoca. La mostra sarà inaugurata il giorno 6 ottobre alle ore 18 e sarà aperta al pubblico fino al 22 ottobre, replicando poi a Brescia, con ingresso gratuito.

Il palinsesto è ricco di eventi e ospiti, come il laboratorio ‘Let’s play retro’ il 14 ottobre, a cura di Retrocampus/Retroedicola. Il 21 ottobre sarà ospite Gastone Garziera, uno dei progettisti della Olivetti P101, che ci racconterà la storia straordinaria di questa eccellenza italiana mentre il 22 ottobre il museologo Massimo Negri ci racconterà come conservare il patrimonio informatico assieme ad alcuni collezionisti. Tra i sostenitori ci sono le associazioni RetroCampus e Retroedicola, la Fondazione Antonio e famiglia Percassi, le istituzioni educative Itaca cooperativa sociale, Enaip Lombardia (sez. Lecco), Isis Zenale e Butinone, le imprese Isinnova, Elinca e Tessere.

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Cultura

Trio di capolavori di Cezanne all’asta a New York

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Arrivano a Christie's dalla collezione del Museo Langmatt di Baden, in Svizzera

Trio di capolavori di Cezanne all'asta a New York

Tre capolavori del pittore francese Paul Cezanne (1839-1906), due nature morte e un paesaggio, andranno all’asta da Christie’s a New York il prossimo 9 novembre. Si tratta di “Fruits et pot de gingembre”, “Quatre pommes et un couteau” e “La mer à L’Estaque”. Questo eccezionale trio arriva a Christie’s dalla collezione del Museo Langmatt di Baden, in Svizzera, sede di una delle più straordinarie collezioni di arte impressionista in Europa, assemblata con cura e passione all’inizio del XX secolo dai famosi collezionisti Sidney e Jenny Brown.

Il pezzo forte del trio all’asta è l’eccezionale “Fruits et pot de gengembre” (stima 35 milioni – 55 milioni di dollari). Questo dipinto iconico fa parte di un gruppo selezionato di tele che Cezanne dipinse tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta dell’Ottocento. Con quest’opera, Cezanne raggiunse un nuovo livello di raffinatezza nel trattamento della natura morta, esibendo una ricca complessità nel suo approccio formale al colore e allo spazio. Questo dipinto proviene dall’ambita e importante serie di composizioni di nature morte di Cezanne, ora celebrate come i suoi successi artistici distintivi, insieme alla serie delle “Bagnanti” e alle vedute di Mont Sainte-Victoire. I soggetti all’interno di “Fruits et pot de gingembre” dialogano tra loro, assumendo caratteristiche quasi umane. Quest’opera è stata molto probabilmente dipinta nello studio che Cezanne teneva nella tenuta dei suoi genitori, alla periferia di Aix-en-Provence, lo stesso luogo in cui dipinse la sua celebre serie “Giocatori di carte”.

La seconda opera in offerta, “Quatre pommes et un couteau” (7 milioni – 10 milioni di dollari) esplora uno dei soggetti preferiti e più famosi di Cezanne: la mela. Essendo stato in gran parte assente dalla sua opera negli anni Sessanta dell’Ottocento, il frutto, ormai indissolubilmente legato all’identità dell’artista francese, cominciò ad apparire nelle composizioni di Cézanne con maggiore frequenza negli anni Settanta dell’Ottocento, poi per tutto il resto della sua carriera, in tutti i tipi di arrangiamenti e ambientazioni. Allontanandosi dalla spontaneità e dal tocco spezzato della classica tecnica impressionista che aveva dominato il suo lavoro fino a quel momento, qui l’artista utilizza uno stile pittorico distinto e strettamente costruito, abbracciando una tecnica e un approccio più strutturati alla resa formale.

Il dipinto finale del trio, “La mer à l’Estaque” (3 milioni – 5 milioni di dollari) è una veduta paesaggistica dipinta alla fine degli anni ’70 dell’Ottocento, raffigurante il golfo di Marsiglia. L’olio su tela racchiude la crescente audacia dello stile di Cézanne durante il tempo trascorso a guardare i panorami di L’Estaque, un pittoresco villaggio di pescatori sulla costa mediterranea che ha fatto da cornice ad alcuni dei paesaggi più innovativi della carriera del pittore.

Max Carter, vice presidente 20th/21st Century Art di Christie’s, sottolinea in una dichiarazione: “Cézanne è il padre dell’arte moderna e molte delle sue opere maggiori furono viste per l’ultima volta sul mercato entro trent’anni dalla sua morte. Il trio di Cezannes proveniente dal Museo Langmatt fu acquisito in quel periodo vitale e rappresenta due dei motivi essenziali dell’artista e dei lasciti alle generazioni successive: il suo approccio radicale alla natura morta e la veduta del golfo di Marsiglia da L’Estaque. Non potremmo essere più onorati di trattare questo gruppo storico, soprattutto ‘Fruits et pot de gingembre’, una delle più importanti e raffinate nature morte di Cézanne mai vendute all’asta”.

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Cultura

Con “I lupi dentro”, da oggi in libreria, il premio Strega Nesi conclude il suo ciclo di romanzi con Fede Carpini protagonista

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Edito da La Nave di Teseo, narra la fine delle avventure iniziate con "Fughe da fermo" dell'esordio

Esce oggi

Da oggi in libreria il romanzo conclusivo del ciclo iniziato da Edoardo Nesi nel 1995: si intitola “I lupi dentro” ed è edito da La Nave di Teseo. L’autore torna infatti a raccontare il mondo dimentico e insensato nel quale ci troviamo a vivere e sceglie di farlo con questo romanzo sentito e struggente attraverso il personaggio con cui esordì nella narrativa.

Fede Carpini, già protagonista di “Fughe da fermo”, fu al centro del suo fortunato esordio: adesso insegue il sogno impossibile di vivere ancora una volta una grande giornata, prima di vedersi portar via dagli ufficiali giudiziari la poca roba che gli è rimasta: segno di un patrimonio conquistato dal padre nella fulgida età dell’oro degli anni Ottanta, svanito poi in pochi anni con l’avvento della globalizzazione. Mentre vive quel giorno come fosse l’ultimo, portando allo stremo una sformata figura di ex-bello, ormai sessantenne, e la sua vecchia Porsche 964, saranno i ricordi di un’epoca e d’una vita incomparabilmente migliore ad accompagnarlo. Il riaffiorare del volto di Ginevra, la donna più bella del mondo, lo accarezzerà e, al tempo stesso, lo tormenterà.

Sorridendo amaro, spesso ridendo, si celebrano una vita ineguagliabile, un’epoca perduta e una sconfitta colossale. Ma quest’ultimo giorno dovrà essere eclatante, sfrontato e eccessivo, come lo è stata tutta la vita del Carpini. Accelerato, incalzante, comico e tragico, instillato della forza vitale che ci costringe a guardare avanti anche quando una lacrima di commozione inevitabilmente si affaccia. Nesi ha ricevuto il Premio Strega nel 2011 con “Storia della mia gente” sulla realtà tessile di Prato, dove lo scrittore è nato il 9 novembre 1964.

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