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Mobilità sostenibile, la domanda è in crescita. Ecco le sfide del settore

Dal trasporto pubblico agli aerei, dall'automotive alle infrastrutture: le strade della sostenibilità sono molte, complesse e sfaccettate. Ma non c’è alternativa al percorrerle

Un momento del convegno (Adnkronos)

Cresce nel mondo, e in Italia, la domanda di mobilità sostenibile. E allo stesso tempo si trasforma, per soddisfare esigenze legate da una parte a una sostenibilità ambientale sempre più imprescindibile e dall’altra alle mutate necessità dei cittadini. Sono tanti e diversi i settori impattati dal cambiamento, e complesse le problematiche da affrontare. Ne hanno parlato, al convegno ‘Le strade della sostenibilità’ tenutosi a Roma al Palazzo dell’Informazione Adnkronos, rappresentanti di aziende ed enti implicati nel nuovo corso delle cose.

Un elemento comune emerso dagli interventi è che la mobilità sostenibile deve essere accessibile, facile e inclusiva. E che è - sarebbe - molto importante fare squadra tra i soggetti coinvolti.

Nuove esigenze, nuovo Trasporto pubblico locale

Tutte caratteristiche che valgono anche per il trasporto pubblico, in particolare quello locale, che ci riguarda tutti i giorni. Sul tema è intervenuto Andrea Gibelli, presidente di Asstra, azienda che riunisce le aziende del tpl italiano, partendo da un dato: “Muoviamo circa 16 milioni di persone al giorno a livello nazionale, più di 4 miliardi e mezzo di viaggi all'anno e su questo si gioca un pezzo della sostenibilità e del nuovo paradigma della città”.

La domanda di Tpl in Italia soprattutto negli ultimi anni e nel post covid si è trasformata, passando dall’essere un servizio rivolto a dipendenti e studenti, quindi per i tragitti casa-lavoro e casa-scuola/università, a fattore abilitante della sostenibilità. Sono cambiate, ha spiegato Gibelli, anche le fasce orarie richieste, ora molto più legate al tempo libero e con una distribuzione della curva dei bisogni più omogenea di prima a causa dello smart working.

Cosa risponde il settore a questa domanda in cambiamento? Gibelli ha notato che in passato questo ambito non è stato considerato centrale nelle politiche pubbliche e che di conseguenza si è maturato un ritardo che ha dei costi. Costi quantificati: numeri, ha detto il presidente Asstra, “banalmente semplici e drammatici. Il fondo Nazionale trasporti solo per l'aumento inflazionario ha bisogno di un'iniezione annuale di 700 milioni di euro per quanto riguarda il recupero dei fattori della produzione”, poi occorre rilanciare il potere d'acquisto dei salari, “cubato dai sindacati per 900 milioni di euro” e infine il costo della transizione, che vale altri 600 milioni”. Totale: “Per colmare il deficit europeo in termini strutturali, per essere al pari con tutto quello che viene raccontato su transizione energetica ecologica, servono 2 miliardi di euro”.

Oltre al cambio dei mezzi, ha sottolineato Gibelli, occorre sostenere la transizione anche per quanto riguarda le officine, i tempi di ricarica e il servizio: il Tpl cambierà completamente. E dovrà anche intercettare le nuove abitudini legate ai dispositivi e device, che ormai consentono alle persone di muoversi in totale autonomia rispetto al passato, “in modo che si complementi la mobilità in senso classico, cioè spostarsi dal punto a al punto b, con tutta una serie di servizi che rappresentano un ecosistema che cambia il paradigma del viaggio”.

Il settore auto: elettrificazione, pneumatici, geopolitica

Auto elettriche, più facile ricaricare

Il Tpl cambierà dunque, e così il settore auto, altro attore fortemente impattato dalle nuove forme di mobilità. In primis per quanto riguarda l’auto elettrica. Per Luigi Antonio Poggi, head of marketing and sales, strategy, communication di Ewiva, joint venture tra Enel X e Volkswagen, occorre un approccio multi tecnologico, adattando ai vari ambiti - il trasporto sul gomma, pesante e leggero, il trasporto aereo e il trasporto marittimo - le varie soluzioni, senza limitarsi ad un’unica via possibile.

Per quanto riguarda “il trasporto su gomma l’elettrificazione è la soluzione applicabile, oggi e in futuro”, ha spiegato Poggi, aggiungendo che “negli ultimi 10 anni è cresciuta di 100 volte l’immatricolazione delle macchine elettriche nel Mondo. L’onda è partita, va resa facile, accessibile e conveniente”.

E quali sono i fattori che aiutano la diffusione della macchina elettrica? Poggi ne ha elencati quattro: l’estensione della rete di ricarica (ultraveloce), l’allargamento della modalità di fruizione del servizio di ricarica, attraverso l’abilitazione dei vari fornitori e l’implementazione del pagamento con la carta di credito, l’affidabilità, perché le colonnine devono funzionare, e l’autonomia, ambito dove la rapidissima evoluzione tecnologica delle batterie ha già cambiato il mercato: “L'autonomia già assolve agli oltre 95% degli spostamenti degli italiani che sono di pochi chilometri al giorno in realtà”, ha specificato.

Ma l’elettrico funziona? Per Poggi sì: “Come Ewiva, abbiamo potuto erogare 550.000 ricariche equivalenti a 100 milioni di chilometri, 2.500 volte il giro della terra. Gli utenti che hanno scelto di viaggiare elettrico ci hanno regalato 12.000 tonnellate in meno di Co2, 30 tonnellate in meno di ossidi di azoto, 900 kg in meno di particolato".

Cosa serve al settore? Secondo Poggi “c'è da molto da lavorare nel semplificare per permettere di poter installare più facilmente nei condomini e le aziende le colonnine. Incentivazione è creare un volano d’attivazione”.

Il settore auto classico è morto

Il classico settore auto è morto, ha spiegato dal canto suo Raffaele Fusilli, amministratore delegato di Renault Italia: “Siamo al centro di tre tempeste perfette. La tempesta tecnologica, quindi i motori elettrici invece che i motori termici; la tempesta digitale, perché sempre di più nei prossimi anni il valore di un'auto sarà legato al suo software; e poi la terza rivoluzione perché l'auto è l'unica industry nel mondo che sia stata costretta in un continente che è l'Europa a rispettare una deadline al 2035 di vendita di vetture unicamente elettriche”.

Questo è il quadro di riferimento ma in gioco ci sono vari attori, ha proseguito Fusilli: “In Cina il costo del lavoro è del 40% più basso che in Europa e la produttività media è del 40% più alta. Inoltre la Cina ha iniziato circa 15 anni fa a sostenere massivamente l'industria locale, sono avanzati velocemente sulle nuove tecnologie, se ne fregano completamente dell'inquinamento e in più controllano il 50% delle miniere di materie prime nel mondo”. In pratica, hanno “una generazione di vantaggio e il controllo del 90% delle materie prime, e la situazione non cambierà fino al almeno fino al 2030”.

Per “risolvere questa partita occorre la buona volontà, provare a far squadra tra case automobilistiche, governi, scienziati, organizzazioni sindacali”, ha proposto Fusilli. Non solo, ma servirebbe un maggior coordinamento normativo, perché “l'Europa ogni anno emette 7-8 regolamenti diversi, che vanno ad impattare in modo devastante sugli investimenti che le case devono fare per adeguarsi alle nuove normative”. Inoltre, ha continuato Fusilli, sarebbe utile “creare una sorta di centrale d’acquisto unificato europea che vada a negoziare direttamente coi fornitori asiatici non in maniera frammentata ma con una massa critica”.

Altro aspetto le piccole automobili, che potrebbero aiutare a risolvere il tema congestione nelle città e avere il grandissimo vantaggio di costare poco se i costruttori collaborassero tra loro. Uno dei grossi problemi dell’auto elettrica, infatti, è proprio il suo costo di produzione.

Dunque Cina da una parte, Usa dall’altra, India prossimo grande player. “Se l’Europa continua a giocare ognuno con una maglietta diversa in ordine sparso non c'è possibilità. L’Europa regolamenta e sanziona, il che è completamente contrario ad una logica di sviluppo di business”, ha concluso Fusilli.

La sostenibilità nei dettagli: gli pneumatici

Ma la sostenibilità del settore auto passa anche da ‘dettagli’ come gli pneumatici. Filippo Bettini, senior advisor sustainability di Pirelli, nel suo intervento ha parlato di come sia possibile unire due elementi che sembrano così distanti: “La domanda di mobilità è in crescita, nel quindicennio 2015-2030 crescerà almeno del 40% nei paesi già sviluppati e 700 milioni di persone che usciranno auspicabilmente dalla soglia della povertà. La mobilità deve essere innanzitutto sicura, poi pulita, poi inclusiva ed efficiente”.

Sicura, “perché si registrano 1. 200.000 morti su strada in tutto il mondo, è la prima causa di mortalità nella fascia 15-25 anni, mentre il post crash drena dal 2 al 5% del prodotto interno lordo di tutti i Paesi, sviluppati e non”, ha puntualizzato Bettini.

Pulita, perché deve puntare alla riduzione degli impatti ambientali. Inclusiva perché dovrebbe permettere a tutti di spostarsi ovunque in modo multimodale. Efficiente, infine, soprattutto nei centri urbani, “dove vi sarà un crescente probabile ricorso a soluzioni City Car like che dovrebbero aiutare a snellire il traffico”. La risposta a tutti questi obiettivi, secondo Bettini, sono la ricerca e lo sviluppo: ”La regolamentazione da una parte e l'innovazione dall'altra e quindi il concorso di queste sforzi dovrebbe portare a trovare la soluzione migliore”.

Chiude il cerchio della sostenibilità la decarbonizzazione, “un impegno che tutte le aziende manufatturiere come Pirelli si sono giustamente poste. Pirelli ha puntato a una Carbon Neutrality al 2030 e a una Net zero al 2040. L'altra sfida è quella della circolarità delle materie prime: nel 2023 l’azienda ha lanciato il primo pneumatico che utilizza il 55% di materiali rinnovabili o riciclabili, l'obiettivo è di arrivare al 2030 con l'80%”.

Il settore aereo: il biofuel costa troppo

Mobilità è anche trasporto aereo. Sul tema è intervenuto Davide Tassi, direttore sustainability di Enav, che ha precisato come in termini di emissioni il trasporto aereo in realtà produca emissioni di CO2 per circa il 2,5-3% del totale, “che non è poco ma neanche così tanto”, essendo piuttosto il traffico su strada il maggior inquinatore.

In ogni caso qualcosa sta cambiando anche qui: le compagnie aeree adesso si muovono in modo un po' più coordinato, pur senza arrivare ad un vero accordo. Ma il punto, ha spiegato Tassi, è che “per ridurre le emissioni generate dal trasporto aereo al momento c’è solo l’opzione del biofuel”, che però ha un costo molto superiore al carburante attuale e dunque i biglietti aerei arriverebbero a costare “il triplo di adesso”. Ci sono comunque delle strade che l’Enav stessa sta percorrendo, ovvero l’ottimizzazione delle rotte aree e la gestione delle ‘file’ per l’atterraggio, in modo da risparmiare prezioso carburante.

Le infrastrutture: cambiare i criteri di progettazione e gestione

Ultimo capitolo: le infrastrutture legate alla mobilità. Un ambito delicato, come è emerso dalle parole di Francesco Ventura, consigliere con delega all'ambiente di Oice (Organizzazioni di ingegneria e consulenza). Infatti, ha puntualizzato Ventura, “non si può più progettare ovunque come si faceva una volta, bisogna tener in conto e rispettare le caratteristiche e le criticità del territorio. Quindi sui cambiamenti climatici le nostre strade e le nostre infrastrutture sono state costruite con condizioni tipiche climatiche del XX secolo ma adesso questi criteri sono superati e obsoleti”.

Serve dunque un nuovo un nuovo approccio: “C'è bisogno di più tempo, di più risorse e di un nuovo modo di ragionare in termini di pianificazione, di progettazione e di gestione delle opere”.

In definitiva il convegno Adnkronos ha messo in luce come le strade della sostenibilità siano molte, complesse e sfaccettate. Ma anche che non c’è alternativa al percorrerle, perché il mondo sta cambiando rapidamente. Tuttavia si può guardare al futuro con occhi positivi, perché i vari attori in gioco, pur consapevoli delle sfide da fronteggiare, non hanno intenzione di tirarsi indietro.

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Firmato Protocollo tra Amazon e Istituzioni per la crescita...

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Amazon e le istituzioni italiane rinnovano il loro impegno per la promozione e la tutela del marchio Made in Italy nel mondo attraverso la terza edizione dei Made in Italy Days, l’iniziativa di Amazon in collaborazione con Agenzia ICE. “Abbiamo un impegno ambizioso, ovvero supportare le aziende italiane che hanno scelto Amazon come finestra verso il mondo aiutandole a raggiungere 4 miliardi di euro di vendite all’estero entro il 2025” ha detto Mariangela Marseglia, VP & country manager Amazon Italia e Spagna. Nella conferenza presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, sono stati annunciati diversi accordi e iniziative volte a sostenere le imprese italiane nell'espansione internazionale. Durante l'evento è stato firmato un Protocollo d'Intesa tra il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste e Amazon per promuovere e tutelare l'autenticità dei prodotti Made in Italy e contrastare la contraffazione.

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Poste, sul sito raccontate le potenzialità...

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(Fotogramma)

In collaborazione con TgPoste.it

Poste Italiane, tramite le iniziative nell’ambito di Educazione digitale, è focalizzata nel trovare le tecnologie che stanno ridefinendo il modo con cui interagire, lavorare, apprendere contribuendo a trasformare anche le dinamiche sociali ed economiche. In questo contesto, si sottolinea in una nota, capire le effettive potenzialità dell’Intelligenza Artificiale è fondamentale nel nuovo panorama sociale e digital innovation: particolare focalizzazione va dedicata a come le AI possono essere un grande alleato nel contrasto alla disinformazione. La grande capacità di calcolo dei sistemi AI consente di analizzare diverse piattaforme contemporaneamente, verificare la congruenza dei contenuti, recuperare la fonte originaria dei dati e segnalare eventuali anomalie.

Il progetto di Educazione Digitale della Corporate University si propone di fornire agli utenti una panoramica tra le innovazioni tecnologiche e digitali, attraverso webinar gratuiti e contenuti multimediali sempre disponibili all’interno della sezione web, come podcast, giochi, infografiche e videopillole. Le attività possono essere seguite su LinkedIn, Facebook e Twitter attraverso l’hashtag #educazionedigitale e nella sezione storie di Instagram.

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Energia nucleare? Sì, ma di ultima generazione

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Italiani favorevoli ad incrementare il nucleare, ma chiedono più informazioni

La terra e centrali nucleari

Il dibattito sull'opportunità di incrementare la produzione di energia nucleare si è riacceso di recente nel nostro Paese. E se dal punto di vista delle istituzioni e dei partiti politici si assiste al contradditorio tra scettici e sostenitori dell'energia nucleare, gli italiani cosa ne pensano? A rispondere al quesito ci ha pensato un sondaggio SWG per iWeek, secondo cui oltre la metà dei cittadini (51%) si dichiara favorevole all'energia atomica. Di questi, il 24% afferma di essere “sicuramente a favore”, il 27% “probabilmente a favore”. Gli oppositori dell'energia nucleare si attestano invece al 26%, dei quali il 16% è fermamente contrario, il 10% lo è in maniera meno decisa. Dal sondaggio emerge che tra i più favorevoli, il 62% sono uomini, il 58% hanno meno di 34 anni, il 55% sono residenti nelle regioni di Nord-Ovest. Tra i più contrari, invece, vi sono i residenti nelle grandi città (32%) le donne (31%), i residenti al Sud e nelle Isole (30%).

Le nuove tecnologie nucleari

Il sondaggio SWG affronta anche tematiche più tecniche entrando nello specifico delle diverse tipologie di tecnologie nucleari. In questo senso, emerge il fatto che gli italiani ritengono nel 71% dei casi che i reattori di grandi dimensioni (di terza e quarta generazione) siano sicuri quanto i reattori small (SMR) e AMR e solo poco meno sicuri dei reattori micro (MR), considerati sicuri dal 75% del campione. Per quanto riguarda la percezione degli italiani sull'impatto ambientale dei reattori, le differenze aumentano leggermente tra una tecnologia e l'altra. Se infatti i reattori di grande taglia vengono considerati a zero emissioni dal 68%, quelli SMR e AMR lo sono per il 72% degli intervistati, mentre gli MR sono green per il 73%. L'incertezza aumenta invece in tema di informazione sulla disponibilità o meno dell'energia nucleare di nuova generazione. Gli SMR vengono considerati immediatamente disponibili dal 68% degli italiani, ma in realtà sono disonibili solo a livello di produzione, ma non ancora ultimati e dunque non in funzione. I micro reattori vengono considerati già disponibili dal 56%, un dato inferiore anche rispetto ai grandi reattori di terza e quarta generazione immeditamente disponibili per il 64% del campione. Analizzando questi dati, appare evidente come le informazioni sulle nuove tecnologie nucleari siano ancora piuttosto scarse o quanto meno incomplete e frammentarie. Al contrario, trattandosi di un capitolo fondamentale anche in quanto opzione in chiave decarbonizzazione entro il 2050, le informazioni sull'energia nucleare e i relativi progressi dovrebbero essere puntuali e trasparenti.

Informazioni e sindrome di Nimby

Dal sondaggio emerge come 3 italiani su 4 vorrebbero maggiori informazioni sulle nuove tecnologie nucleari e sul loro impatto ambientale e in termini di sicurezza. Nel dettaglio, il 77% vuole saperne di più su come vengono gestiti ad oggi i rifiuti radioattivi, il 76% vorrebbe più informazioni sulla sicurezza delle centrali e dei reattori nucleari di nuova generazione, il 74% gradirebbe conoscere in maniera più approfondita l'evoluzione delle nuove tecnologie di progettazione delle centrali nucleari. Infine, indicatori interessanti emergono anche in tema di impatto della cosiddetta sindrome di Nimby (dall'inglese Not In My Back Yard) ovvero la preoccupazione e le proteste da parte dei membri di una comunità locale nei confronti di opere pubbliche che potrebbero avere un impatto rilevante sul territorio dove essi vivono. I dati che emergono in questo senso, infatti, sottolineano come solo il 39% degli italiani sarebbe favorevole alla costruzione di reattori di grandi dimensioni nell'arco di 20 km dalla propria residenza, stessa percentuale per gli SMR/AMR. Tali percentuali salgono tra i favorevoli all'installazione di reattori grandi (49%) o SMR (52%) ma solo se ad almeno 100 km da casa propria. Insomma, come a dire: “si al nucleare, ma non nel mio giardino”.

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