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Sostenibilità

Trentino Alto Adige e Marche regine della transizione...

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Trentino Alto Adige e Marche regine della transizione ecologica

Il ranking della sostenibilità delle Regioni italiane nel report presentato a Fano al festival Circonomia

Sviluppo sostenibile - (Fotolia)

Trentino Alto Adige, Marche e, distanziate, Lombardia, Veneto e Toscana: sono queste, in ordine di classifica, le Regioni italiane con le migliori prestazioni di sostenibilità ambientale. Sette regioni, Trentino Alto Adige, Marche, Lombardia, Veneto, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, presentano un indice di circolarità superiore alla media nazionale. Con l’unica eccezione del Lazio, sono tutte regioni del Nord. In fondo alla classifica tutte Regioni meridionali: ultima la Puglia, preceduta da Sicilia, Sardegna, Basilicata, Campania e Calabria. E' quanto emerge dal Rapporto presentato a Fano in occasione di Circonomia, il Festival dell’economia circolare e della transizione ecologica promosso tra gli altri da Eprcomuniczione e Kyoto Club. Il Rapporto, curato da Duccio Bianchi fondatore dell’Istituto di ricerche Ambiente Italia (il più antico eco-istituto italiano), propone un ranking che mette in classifica le regioni italiane sulla base di un set di 25 diversi indicatori green.

Lo sviluppo economico di per sé non è 'insostenibile'

Dunque le Regioni meridionali presentano un indice di sostenibilità ambientale sensibilmente più basso rispetto alle Regioni del Nord e anche del Centro - rivela l'analisi - Ciò evidenzia che livelli più bassi di pressione sulle risorse naturali in termini di consumo di materia e di energia, come sono nel Sud per effetto di un’economia più debole e dunque di minori consumi di materie prime, non rappresentano un vantaggio in termini ambientali. L’indice di sostenibilità, infatti, dipende da fattori di pressione ma anche da fattori di efficienza e di risposta, che al contrario dei primi tendenzialmente crescono al crescere delle performance di sviluppo economico: lo sviluppo economico di per sé non è 'insostenibile', tutt’altro.

Il 'caso' Marche

La macro-regione del Centro è l’unica che fa meglio della media nazionale in tutte e tre le categorie degli indicatori (impatto, efficienza, risposta). Le Marche, che pure sono una delle regioni più manifatturiere d’Italia e dunque con la presenza più rilevante di attività economiche che producendo beni fisici consumano più risorse e più energia rispetto alle attività economiche 'terziarie', svettano in testa alla classifica, superate solo dal Trentino Alto Adige che vanta un’antica e consolidata 'primazia' in fatto di attenzione all’ambiente. Il risultato delle Marche è migliore di quello medio dell’Italia in 20 indicatori su 25. Subito alle spalle delle Marche, la classifica green stilata da Circonomia vede Lombardia e Veneto, regioni anch’esse con un elevato tasso manifatturiero del Pil: ciò rafforza la conclusione che sistemi economici a forte impronta manifatturiera, se caratterizzati da standard elevati di efficienza non sono necessariamente 'divoratori' di energia e di materia.

Presentando il Rapporto Circonomia, il direttore del Festival Roberto Della Seta ha commentato: “Dalla nostra ricerca esce un’immagine dell’Italia della transizione ecologica a chiaroscuri, con Regioni all’avanguardia della conversione green e altre che arrancano. Serve uno scatto in avanti che coinvolga tutti i territori, solo così potremo essere al centro del green deal e che non solo è indispensabile per fronteggiare la crisi climatica ma è una grande occasione di innovazione tecnologica e competitività economica. Come mostrano tanti esempi concreti, ‘convertire’ all’ecologia produzioni e consumi non è soltanto necessario per l’ambiente: è anche utilissimo a rendere più moderna e competitiva l’economia, a creare lavoro, a migliorare la vita quotidiana delle persone”.

L’indice sintetico di 'circolarità' calcolato per ogni Regione italiana e per le quattro macro-regioni (Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Sud e Isole) si basa su 25 indicatori che identificano i principali caratteri distintivi dell’economia circolare e della transizione ecologica. Valle d’Aosta e Molise non figurano nel ranking in quanto, per le dimensioni ridotte, presentano dati non comparabili con quelli delle altre Regioni, ma sono invece compresi nelle rispettive macro-aggregazioni (rispettivamente per il Nord-Ovest per la Valle d’Aosta e il Sud per il Molise).

Gli indicatori sono suddivisi in tre categorie: impatto sull’uso delle risorse (6 indicatori che misurano l’impatto ambientale diretto, considerato come impatto pro-capite, delle attività economiche e civili su ambiente e clima); efficienza d’uso delle risorse (6 indicatori che misurano l’efficienza e la produttività di uso delle risorse, generalmente considerata rispetto al Prodotto Interno Lordo a parità di potere d’acquisto); azioni di risposta e mitigazione (13 indicatori che misurano la capacità di risposta, sia pubblica che privata, alla crisi energetica e climatica attraverso azioni di riduzione o mitigazione degli impatti). I dati raccolti sono i più aggiornati disponibili: per 15 indicatori sono riferiti al 2022, per 8 indicatori al 2021, per 2 indicatori al 2020.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Sostenibilità

Lazio, arrivato il primo sì per un parco eolico off-shore a...

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Spazio all’uso delle rinnovabili a largo delle coste del Centro Italia e soddisfazione da parte dei sindacati: quali vantaggi?

Impianto eolico offshore - - Canva

Aumenta l’attenzione da parte delle istituzioni ed enti coinvolti nelle realizzazioni di strumenti e mezzi per la produzione di energie rinnovabili. Come richiesto dai goal europei, ogni Stato membro deve raggiungere un certo livello di efficientamento energetico, riducendo le emissioni di Co2 e contribuendo, così, al miglioramento della salubrità dell’ambiente.

Per questo motivo, grande soddisfazione è espressa dall’annuncio che ieri ha espresso il Ministero per l’Ambiente e la Sicurezza Energetica che ha concesso l’autorizzazione per la valutazione di impatto ambientale relativa al progetto di realizzazione di un parco eolico off-shore al largo di Civitavecchia.

A esprimere il proprio entusiasmo è anche il Segretario Regionale Ugl Lazio Armando Valiani e la responsabile territoriale Fabiana Attig.

Il progetto

Il progetto prevede l'installazione di 27 turbine eoliche galleggianti collocate a oltre venti chilometri dalle coste locali, per una produzione energetica complessiva di 540 megawatt.

Il sindacato ha sottolineato l'importanza di avviare fin da ora la progettazione dell'hub produttivo per la produzione in loco di tutti i componenti necessari, considerando la continuazione del processo procedurale: “È imperativo – hanno spiegato Valiani e Attig – coinvolgere le istituzioni locali nelle questioni sindacali; in tale contesto, si auspica un segnale concreto dalle alte cariche politiche, alla luce della delicata situazione dei lavoratori metalmeccanici a rischio di perdere il lavoro a causa della transizione energetica. Si attendono a livello nazionale l'implementazione di provvedimenti che favoriscano la realizzazione delle infrastrutture necessarie. Tuttavia, fino ad oggi, si è assistito solamente a dibattiti riguardo a tale questione”.

Cosa comporta?

Ma quali effetti potrebbe avere un parco eolico off-shore al largo di Civitavecchia? Prima di tutto, un impatto occupazionale marginale: un primo passo questo, notevolmente distante dalle garanzie precedentemente offerte dalle attività lavorative locali: “L'unico sviluppo economico tangibile per la comunità – concludono Valiani e Attig – è strettamente legato alla creazione dell'hub, della logistica e della cantieristica dove saranno fabbricati e assemblati i vari componenti degli impianti, il che richiederà anche un adeguamento strutturale del porto e del territorio del Comune”.

E dal punto di vista ambientale? L'energia eolica non produce alcuna emissione di Co2, Nox e So2. Si tratta di un tipo di energia priva di tutti gli elementi inquinanti che caratterizzano le centrali a combustibile fossile e quelle nucleari.

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Sostenibilità

Eventi estremi, la ‘mappa’ delle aree più a...

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Uno studio Enea pubblicato sulla rivista Safety in Extreme Environment ha permesso di identificare le aree del nostro Paese più a rischio di mortalità per eventi climatici estremi

Alluvione - (Fotolia)

Trentino-Alto Adige in testa, seguita da Lombardia, Sicilia, Piemonte, Veneto e Abruzzo. Uno studio Enea pubblicato sulla rivista Safety in Extreme Environment ha permesso di identificare le aree del nostro Paese più a rischio di mortalità per eventi climatici estremi, che dal 2003 al 2020 hanno causato complessivamente 378 decessi, di cui 321 per frane e valanghe, 28 per tempeste e 29 per inondazioni.

Le regioni più a rischio

Le regioni con il maggior numero di decessi e di comuni coinvolti sono risultate: Trentino-Alto Adige (73 decessi e 44 comuni), Lombardia (55 decessi e 44 comuni), Sicilia (35 decessi e 10 comuni), Piemonte (34 decessi e 28 comuni), Veneto (29 decessi e 23 comuni) e Abruzzo (24 decessi e 12 comuni), con un alto numero di comuni a rischio riscontrato anche in Emilia-Romagna (12), Calabria (10) e Liguria (10). Tra le regioni ad alto rischio c’è anche la Val d’Aosta con 8 decessi, un numero elevato se si tiene conto degli abitanti complessivi.

“La mortalità è l’unico indicatore sanitario immediatamente disponibile per tutti i comuni italiani e la Banca Dati Epidemiologica dell’Enea consente di effettuare studi sull’intero territorio nazionale utilizzando la mortalità per causa come indicatore di impatto”, spiega Raffaella Uccelli, ricercatrice del Laboratorio Enea Salute e Ambiente e coautrice dello studio insieme alla collega Claudia Dalmastri.

Dallo studio emerge inoltre che circa il 50% dei 247 comuni italiani con almeno un decesso è costituito da centri montani o poco abitati, dove il rischio di mortalità associata a eventi meteo-idrogeologici estremi potrebbe essere connesso alla loro fragilità intrinseca e alle difficoltà degli interventi di soccorso.

“A livello demografico le vittime sono state 297 uomini e 81 donne. La ragione di questa disparità fra i sessi potrebbe essere collegata, almeno in parte, a diversi stili di vita, alle attività svolte, agli spostamenti casa-lavoro e ai tempi diversi trascorsi all’aperto”, sottolinea Claudia Dalmastri.

Eventi estremi in aumento

Nel nostro paese, oltre il 90% dei comuni e oltre 8 milioni di abitanti sono a rischio a causa di eventi climatici estremi, in particolare frane (1,3 milioni di abitanti) e inondazioni (6,9 milioni di abitanti). Da gennaio a maggio 2023, si sono verificati 122 eventi meteorologici estremi rispetto ai 52 registrati nello stesso periodo del 2022 (+135%)(dati Legambiente 2023) e le regioni più colpite sono state Emilia-Romagna, Sicilia, Piemonte, Lazio, Lombardia, Toscana. Tutte queste aree, eccetto il Lazio, sono state identificate come a rischio anche nello studio Enea.

“Gli eventi meteo estremi stanno aumentando di frequenza e intensità a causa dei cambiamenti climatici, con conseguenze drammatiche su territori e popolazioni, in particolare sugli over 65, la cui percentuale in Italia è aumentata del 24% in 20 anni. Conoscere le aree a più alto rischio anche per la mortalità associata diventa quindi fondamentale per definire le azioni prioritarie di intervento, allocare risorse economiche, stabilire misure di allerta e intraprendere azioni di prevenzione e di mitigazione a tutela del territorio e dei suoi abitanti”, conclude Raffella Uccelli.

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Piantare alberi nel modo giusto, la scienza in soccorso del...

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Piantare alberi nel modo giusto, la scienza in soccorso del policy-making

Non c’è organizzazione, governo nazionale o locale che negli ultimi anni non abbia promesso di piantare degli alberi per combattere il riscaldamento globale. Gli esperti di The Nature Conservancy, ente non profit con sede ad Arlington, negli Stati Uniti, li mettono in guardia: non tutte queste iniziative contribuiscono al benessere del Pianeta. I progetti che non tengono conto dell’albedo, il potere riflettente di una superficie, rischiano di sovrastimare i loro effetti positivi del 20-80%. Lo riporta Agence France-Presse.

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