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Italiani stressati come in pandemia, pesa situazione economica

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Italiani stressati come in pandemia, pesa situazione economica

Italiani stressati come in pandemia. Secondo lo ‘Stressometro’ realizzato dall’Istituto Piepoli per il Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi (Cnop), il livello di stress, in una scala da 0 a 100, è pari a 55, pressoché identico ai valori registrati dal 2021, in piena emergenza Covid, a parte il picco raggiunto a inizio aprile di 2 anni, quando il valore è arrivato a 64. A stressare gli italiani non è più il coronavirus: rispetto agli ultimi anni, sono cambiate le fonti di ansia e preoccupazione.

Pesa soprattutto la condizione economica, motivo di stress per il 24%. Seguono la salute fisica (14%), l’aumento dei prezzi e delle bollette (13%), la situazione lavorativa (13%), l’organizzazione famiglia-lavoro (9%) e la guerra tra Russia e Ucraina (6%).

Così, secondo l’indagine realizzata dall’Istituto Piepoli per il Cnop, il 27% degli italiani manifesta un alto livello di stress, a fronte di un 22% “poco” o “per nulla” stressato.

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Covid Italia, Pregliasco: “Ecco come affrontare l’inverno”

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Il virologo: "Regole di buonsenso diventino routine in situazioni particolari come contatto con fragili"

Tampone (Fotogramma)

“Credo che gli elementi per una nuova normalità” post pandemia “siano la vaccinazione per i fragili di tutte le età, oltre che per gli anziani, ma anche la buona pratica di fare il tampone nelle persone fragili per le quali, in caso di positività, può servire la terapia antivirale. E, ancora, un uso ragionato delle misure non farmacologiche, misure di attenzione come l’uso della mascherina in caso di sintomi per proteggere gli altri, e ovviamente un approccio sempre più consapevole all’automedicazionee responsabile”. Sono le regole di “buonsenso” per la prossima stagione invernale suggerite dal virologo Fabrizio Pregliasco.

Facendo il punto a Milano, in occasione di un incontro promosso da Assosalute (Associazione nazionale farmaci di automedicazione), il ricercatore del Dipartimento di Scienze biomediche per la salute dell’università degli Studi di Milano e direttore sanitario dell’Irccs ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio di Milano invita a salvare alcune routine acquisite sull’onda della pandemia. “Prima del Covid – ricorda -nonostante si fosse sintomatici, spesso si usciva di casa rischiando di trasformarsi in ‘untori’. Ora, che sia influenza, altre forme respiratorie o Covid, la speranza è che la pandemia ci abbia lasciato questo ricordo della necessità di attenzione e buonsenso soprattutto da sintomatici rispetto al contatto con le persone fragili. Va infatti ricordato che è vero che l’influenza per l’adulto e il giovane possono essere un fastidio e basta, ma diventano un problema di salute per chi è più immunodepresso”.

Covid, spiega Pregliasco, “continua in modo casuale a commettere errori di replicazione e prospettare nuove varianti ed è un destino che farà sì che noi questo virus lo avremo ancora, con queste onde di salita e discesa in funzione dell’insorgenza di nuove varianti, che arrivano all’incirca ogni 4-6 mesi. E ad oggi non c’è quella stagionalità tipica dei virus influenzale. La sfortuna è che quest’anno questa ciclicità di Covid si mischia all’influenza nei fatti.

La variante Pirola (BA.2.86) che è stata intercettata anche in Italia può prendere piede – ribadisce il virologo – perché è immunoevasiva, ha 30 sequenze genomiche diverse proprio nella parte della proteina Spike, l’uncino del virus. Gli anticorpi che noi produciamo sono principalmente verso questo uncino. Quindi di fatto questa versione così mutata riesce a passare inosservata, fa sì che non la riconosciamo al meglio. E la stragrande maggioranza dei casi che vediamo infatti sono reinfezioni con variabilità di sintomi che dipende anche dalle condizioni personali. Non ci sono peculiarità di sintomi che ci fanno differenziare fra Eris (EG.5) o altre varianti”.

Come si stanno preparando gli italiani alla stagione fredda dei virus? Il sentimento non è sempre di indifferenza. Anzi. Secondo una ricerca condotta da Human Highway per Assosalute, e presentata oggi, la coesistenza e sovrapposizione dell’influenza stagionale con il Sars-CoV-2 è ancora fonte di preoccupazione per la maggior parte della popolazione italiana. Più di 6 italiani su 10, infatti, sono consapevoli della persistenza del virus Sars-CoV-2 e della sua potenziale ricomparsa con nuove varianti, mentre il 50% della popolazione teme che i virus influenzali abbiano acquisito una maggiore virulenza e contagiosità.

Mentre gli uomini guardano alla prossima stagione influenzale con un maggiore senso di ottimismo, il 66% delle donne esprime invece preoccupazione e ansia per la possibilità che anche quest’anno i virus siano particolarmente contagiosi e virulenti, e per l’impatto che virus influenzali e possibili nuove ondate di Covid-19 possano avere sulle abitudini quotidiane. Viceversa, il 31,2 % degli uomini e il 35% dei giovani sotto i 24 anni ritiene che il Sars-CoV-2 sia scomparso e non rappresenterà più una preoccupazione durante la prossima stagione influenzale.

“Spero che la paura possa incanalarsi nel modo giusto in una responsabilizzazione maggiore rispetto al passato – riflette Pregliasco – Ci sono stati minimizzatori e negazionisti, da un lato, e dall’altro persone che si sono spaventate e che lo sono ancora. Ma entrambe queste cose sono estremi scorretti. Basta ricordare che c’è Covid, e l’influenza e altri virus respiratori. E che la mascherina in situazioni particolari, senza contrapposizioni ideologiche, può servire se andiamo a trovare la nonna o la persona più fragile con rischi maggiori”.

“Spero – continua il virologo – che ci sia un maggior livello di consapevolezza. L’automedicazione responsabile è fondamentale e poi va presa consapevolezza del fatto che una certa contagiosità, se si è sintomatici, c’è. E mentre una volta eroicamente andavamo a diffonderla ai nostri sfortunati interlocutori, oggi questo sarebbe corretto evitarlo”, restando a casa quando si è malati e “rimanendo flessibili nelle strategie di prevenzione, promuovendo la vaccinazione, adottando opportune misure di igiene”, consiglia.

Assisteremo nuovamente a una compresenza dell’influenza e di Sars-CoV-2, di virus respiratori come il virus respiratorio sinciziale (Rsv). Una coesistenza che può rendere la gestione delle risorse sanitarie più complessa. Occorre ricordare che, “anche se il Sars-CoV-2 può manifestarsi in molte forme diverse, il tampone resta lo strumento primario per riconoscerlo e rimane una malattia seria che registra dagli 8-10mila morti a stagione. Proprio per questo non può essere equiparata a un’influenza comune”, puntualizza Pregliasco. L’influenza invece “si può più facilmente riconoscere in seguito all’insorgenza brusca della febbre, un sintomo generale come dolori muscolari e articolari, e un sintomo respiratorio come la tosse, il mal di gola o la congestione nasale. Se una persona presenta questi tre elementi contemporaneamente, è probabile che abbia l’influenza, anche se per una conferma definitiva è consigliabile effettuare un tampone”.

Secondo l’indagine di Human Highway, la consapevolezza della persistenza del virus Sars-CoV-2 e della sua potenziale ricomparsa con nuove varianti aumenta con l’età. E’ bassa tra i giovani – maggiormente preoccupati dall’effetto che una nuova ondata pandemica potrebbe avere sulle loro abitudini e stile di vita, piuttosto che dal virus stesso – mentre tra gli over 65 quasi il 70% crede che il virus continuerà a presentarsi con nuove varianti nella prossima stagione influenzale.

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Taxi Milano, la doppia guida non decolla: 420 su 4.855 licenze

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Le chiamate inevase raggiungono il picco in particolare durante le ore notturne del weekend

Un taxi a Milano - FOTOGRAMMA

A Milano su 4855 licenze taxi presenti in città, sono state attivate 420 collaborazioni familiari, la cosiddetta ‘doppia guida’. Il Comune è pronto ad introdurre circa mille nuove licenze, con un bando che dovrebbe essere lanciato il prossimo mese di ottobre.

Al momento sono 5404 in tutto le licenze taxi attive nel cosiddetto ‘bacino aeroportuale’, 4855 delle quali sul territorio cittadino. Un numero che più volte è stato definito insufficiente, considerando quante chiamate rimangono senza risposta. Un’analisi effettuata dall’assessorato alla Mobilità del Comune di Milano ha evidenziato che le chiamate assegnate sono aumentate del 9 per centro tra il 2015 e il 2018, mentre quelle inevase sono passate dal 6% al 2015 al 14% nel 2018, con un dato massimo di media del 28% tra le 19 e le 21 dei giorni feriali e del 42% tra mezzanotte e le quattro del mattino nei fine settimana.

I dati, peraltro, non sono neanche in linea con la situazione reale, dal momento che pur essendo stati chiesti più volte, soltanto pochissime associazioni li hanno forniti. Così Palazzo Marino ha redatto una stima attraverso un modello statistico tra tassisti in servizio e le domande inevase fatta sui dati completi pre-covid (dal 2015 al 2018), secondo la quale l’aumento dei tassisti in turno nelle ore critiche è molto inferiore all’aumento che sarebbe necessario per raggiungere la distribuzione ottimale di taxi in servizio. In particolare durante le ore notturne del weekend. Chi cerca un taxi tra le 23 del sabato e le 4 della domenica mattina quindi, resta in un gran numero di casi a piedi. Quanto agli altri giorni della settimana, le maggiori criticità si rilevano tra le 18 e le 20.

I pochi dati ricevuti dalle associazioni, relativi al primo semestre del 2023, confermano il quadro: le chiamate inevase raggiungono il picco in particolare durante le ore notturne del weekend, in cui la soglia non scende mai sotto al 40% del totale delle chiamate ricevute. Tale dato è confermato anche dal confronto tra la percentuale di chiamate inevase riscontrata durante i weekend di giugno 2022 e giugno 2023, in seguito all’avvenuta rimodulazione dei turni di servizio. E’ per questo che il Comune ha lanciato il bando ‘doppi turni’.

La chiusura dei termini per richiedere l’attivazione della collaborazione familiare, inizialmente prevista il 16 giugno, è stata prorogata fino al 30 giugno, su richiesta dei tassisti. E le collaborazioni familiari attivate durante la recente finestra temporale sono state 91, di cui 44 nuove attivazioni e 47 trasformazioni in turno integrativo. Attualmente sono attive 420 collaborazioni familiari (8,6% del totale delle licenze), di cui 154 con turno unico e 266 con turno integrativo. Il totale delle collaborazioni familiari con turno integrativo (266) permette un incremento stimato delle ore di servizio pari all’attività media di circa 100 taxi, di cui il 30% grazie alle nuove attivazioni.

“Per noi il miglioramento del servizio taxi a Milano è essenziale, per questo tempo fa avevamo avviato la procedura per avere mille nuove licenze, presentando la domanda in Regione Lombardia -spiega l’assessora alla Mobilità del Comune di Milano, Arianna Censi-. Eravamo in attesa di un loro parere, favorevole o meno, come previsto dalla norma locale, ma poi è intervenuta la nuova normativa nazionale, così abbiamo dovuto rifare tutto da capo”. Il riferimento è al decreto Omnibus ‘asset, attività economiche e investimenti strategici’ del governo, approvato lo scorso agosto dal Consiglio dei ministri.

La nuova legge ha sostanzialmente modificato le bozze iniziali del testo di riforma del settore taxi, stralciando la parte relativa al cumulo delle licenze, mentre ha confermato la possibilità di immettere sul mercato nuove licenze e di rilasciare ai tassisti licenze temporanee, in presenza di determinate condizioni. In base al nuovo decreto, ciascun Comune può rilasciare un numero di nuove licenze pari al 20% di quelle esistenti. Il che significa che sulle 4855 licenze attualmente attive, potrebbero arrivare 971 nuove licenze: “Noi siamo pronti a cogliere l’opportunità di fare autonomamente un bando -avverte l’assessora-. Abbiamo atteso la legge di conversione del decreto per avviare la procedura ed ora bisognerà attendere il prossimo mese di ottobre per poter lanciare il bando”.

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Vaccino influenza, Pregliasco: “Buono per tutti e cruciale per fragili, ma temo flop”

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"Livelli adesione stanno tornando a scendere intorno al 50%"

Fabrizio Pregliasco (Fotogramma)

“La vaccinazione antinfluenzale è un’opportunità per tutti, ma una raccomandazione forte per i fragili”. Rinnova il suo appello a proteggersi in vista della stagione invernale il virologo Fabrizio Pregliasco, ricercatore del Dipartimento di Scienze biomediche per la salute dell’università degli Studi di Milano e direttore sanitario dell’Irccs ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio di Milano, che oggi nel capoluogo lombardo ha fatto il punto sui virus in agguato, in occasione di un incontro promosso da Assosalute (Associazione nazionale farmaci di automedicazione). “Nella stessa seduta si può fare anche l’anti-Covid per le categorie” nelle quali le raccomandazioni si sovrappongono. “L’obiettivo continua a essere raggiungere una copertura in fasce come quella degli over 65 pari al 75%. Ma purtroppo siamo a valore più bassi, che sono arrivati al massimo al 62-63% nella prima stagione di Covid (quando ancora non c’era il vaccino per Sars-CoV-2) e che ora stanno di nuovo degradando e tornando sui livelli ancora più bassi intorno al 50%”.

Secondo Pregliasco, ci sono elementi che lasciano pensare che non ci sarà una corsa a vaccinarsi neanche quest’anno. Una sensazione confermata anche da una ricerca condotta da Human Highway per Assosalute e presentata oggi. In lieve calo rispetto al 2022, il desiderio di vaccinarsi contro l’influenza nella prossima stagione rimane “a un livello che ci può stare” se si considera la popolazione generale. Si conferma cioè un trend stabile rispetto al recente passato segnato dall’emergenza pandemica: il 33% degli italiani ha intenzione di ricevere il vaccino antinfluenzale (-5% rispetto al 2022).

Quanto agli over 65, il dato è ovviamente più alto. Le ‘intenzioni di vaccino’ – per dirla in gergo simil elettorale – suggeriscono che un 56,5% in questa fascia d’età vuole farlo, ma questa percentuale resta inferiore agli obiettivi prefissati dal ministero della Salute. “Non siamo messi bene su questo dato – commenta Pregliasco -. Anche andando a vedere i trend di vaccinazione, vediamo che hanno avuto un incremento soprattutto nel primo anno di Covid. Ma già nell’anno successivo il dato era in calo e anche quest’anno temo che non ci sarà lo stesso entusiasmo. Il messaggio che dovrebbe passare e che va rilanciato è proprio che la nuova normalità che ci siamo guadagnati passa dalla protezione dei fragili. Scontiamo invece un trascinamento negativo dalla vaccinazione Covid che nei richiami successivi non è stata largamente attuata neanche fra i fragili. E chi muore ancora oggi di Covid in ospedale sono proprio fragili, anziani, non vaccinati o poco vaccinati”.

“Rimane poi – continua Pregliasco – una quota di persone per la quale vaccinarsi è diventato una consuetudine, una fascia di affezionati che però non sembra salire nel tempo”. Il virologo precisa: “Per le persone giovani e sane una patologia come il Covid può assomigliare all’influenza anche in termini di fastidio, di pesantezza, di blocco delle proprie attività, ma non determina effetti più grandi. Nell’anziano invece succede e da qui il richiamo a vaccinarsi”.

La ricerca mostra anche altri dati: il 48% del campione sottoposto all’indagine, che si è svolta a settembre, ritiene improbabile che quest’anno effettuerà la vaccinazione influenzale, poiché crede che l’influenza stagionale li colpisca molto raramente. Non ci si vaccina perché non lo si ritiene necessario, o non si intravede un rischio di gravi conseguenze. Anche se in calo resta comunque alta la percentuale di coloro che non si sono mai posti il problema della vaccinazione (19,1% nel 2023 contro 24,5% nel 2022). “L’interesse della comunità sarebbe quello di proteggere i fragili di tutte le età. Perché anche fra i più piccoli ci sono bambini che hanno delle patologie e sono a rischio di effetti pesanti sulla salute”, ribadisce Pregliasco.

“Quindi, rispetto a un approccio che ha creato dei problemi alle vaccinazioni in generale sull’onda di elementi costrittivi come il Green pass, e che ha avuto un rimbalzo negativo anche sull’adesione alle vaccinazioni dei bimbi – osserva il virologo – credo vadano rimarcati invece gli effetti positivi che derivano dal proteggersi. Occorre poi dare la giusta dimensione agli effetti negativi, che non sono così come stanno passando enll’opinione pubblica. I vaccini antinfluenzali per esempio sono un’opportunità per tutti, dall’adulto che vuole lavorare e ridurre giorni di assenza al bimbo sano che può essere vaccinato, parlandone col pediatra, evitando così anche che le assenze da scuola comportino difficoltà di gestione familiare”.

La vaccinazione, assicura Pregliasco, “è una tutela non solo per se stessi, ma anche per coloro che sono più vulnerabili. Mentre i giovani possono scegliere se farlo, per fragili e anziani diventa quasi una necessità”. La comunità scientifica e medica continua a monitorare l’efficacia dei vaccini e a migliorare le strategie per proteggere al meglio la popolazione. “Per quanto riguarda l’influenza, i vaccini annuali sono già stati formulati e contengono la composizione specifica per la stagione in corso, che prevede anche la variante H1N1”, illustra il virologo.

“Per il Covid-19, invece – rammenta – sono stati sviluppati vaccini specifici per le diverse varianti, compresa Omicron XBB. I dati disponibili finora indicano che hanno una buona capacità protettiva nelle nuove varianti emergenti, anche se non garantiscono una protezione al 100%. Alcune varianti, come quelle che continuano a emergere all’interno della famiglia Omicron, presentano caratteristiche che le rendono ‘immunoevasive’, cioè possono sfuggire in parte all’immunità di soggetti precedentemente infettati o vaccinati. Questo significa che coloro che sono già stati infettati o hanno ricevuto il vaccino potrebbero non avere una completa protezione contro tali varianti. Tuttavia, rispetto al passato, la nostra immunità ibrida, ottenuta sia attraverso l’infezione naturale che il vaccino, contribuisce a una riduzione significativa delle forme gravi della malattia”.

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Nadef, verso calo Pil e rialzo deficit: margine stretto per manovra 2024

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Nel 2023 il prodotto interno lordo potrebbe crescere dello 0,8%, contro l'1% indicato ad aprile. Ribassata la previsione anche per il 2024 al +1%

Il ministro dell'economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti - (Fotogramma)


Peggiorano le prospettive sull’economia italiana impattando crescita e conti pubblici. La Nota di aggiornamento al Def attesa in Consiglio dei ministri domani dovrebbe indicare un ribasso della stima su Pil e deficit ma la politica di bilancio prudente del governo dovrebbe contribuire a rassicurare i mercati. Dalla guerra in Ucraina al rialzo dei tassi della Bce, dai ritardi del Pnrr alla mina superbonus, sull’economia italiana gravano variabili esogene ed endogene che provocano un effetto tenaglia sulla ripresa post-Covid limitando il margine di manovra della prossima Legge di Bilancio.

Nella Nadef, a quanto si apprende, il pil verrebbe tagliato a +0,8% nel 2023 contro l’1% (programmatico) indicato ad aprile; nel 2024 invece la crescita tendenziale verrebbe ribassata a +1% dal +1,4%.

Calcoli da fare, invece, per il deficit, dopo la decisione dell’Eurostat di valutare le spese del superbonus 2023 come ‘pagabili’, quindi tutta la spesa va contabilizzata su quest’anno. L’effetto sui conti pubblici dovrebbe pesare per 1,5 punti di pil, facendo salire l’indebitamento dal 4,5% programmatico al 6%. Per il 2024, invece, L’Eurostat attende la prima parte del prossimo anno, per decidere se sarà possibile applicare il principio ‘non pagabile’; in questo caso le spese verrebbero spalmante per gli anni di durata del credito d’imposta.

Nella sua comunicazione Eurostat spiega che il superbonus, modificato con il decreto legge del febbraio 2023 ”è per il momento registrato nei conti pubblici come credito d’imposta pagabile nel 2023”. Per quanto riguarda la contabilizzazione del superbonus maturato nel 2024, Eurostat chiede all’Istat ”un riesame e l’emissione al più tardi entro la fine del primo semestre 2024”. Nel documento si ricorda, inoltre, che i ”crediti d’imposta incagliati e gli interventi che il governo potrebbe fare intraprendere per risolvere il problema”.

Il concetto di ‘pagabile’ ha conseguenze importanti sulle casse dello Stato perché vuol dire che il credito d’imposta complessivo di chi utilizza il superbonus dovrà essere considerato tutto nell’anno in cui viene effettuato il lavoro, mentre sotto la voce ‘non pagabile’, che il governo vorrebbe applicata per il superbonus nel 2024, rientrano i crediti d’imposta che vengono scaglionati negli anni in cui è prevista l’applicazione dello sconto fiscale e ogni anno viene calcolata solo quota da smaltire.

Per il 2024 il governo dovrebbe rimettere mano alla stima sul deficit superando la soglia del 4% programmatico per reperire risorse per la manovra di bilancio. A pesare è il ribasso del pil che comporta un rialzo del deficit tendenziale del 3,5% indicato in primavera azzerando il tesoretto da 4,5 miliardi di euro dovuto al margine con il deficit programmatico del 3,7%. Rialzando quest’ultima stima si libererebbero nuove risorse per finanziare gli interventi della Legge di bilancio.

Grande attesa anche per la stima sul debito, quella alla quale guardano gli investitori per decidere se comprare i titoli di stato. La previsione di aprile era del 142,1% nel 2023 e del 141,4% nel 2024.

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Governo della Salute: dieci anni di progetti. Le proposte di Motore Sanità per una riforma possibile del Servizio Sanitario Nazionale

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Governo della Salute: dieci anni di progetti. Le proposte di Motore Sanità per una riforma possibile del Servizio Sanitario Nazionale


Una settimana di eventi, dibattiti, tavole rotonde, sessioni plenarie e parallele con i principali stakeholder della Sanità italiana tra medici ospedalieri, docenti universitari, direttori generali, amministratori, presidenti di società scientifiche e di associazioni di pazienti per il decimo appuntamento con la Summer School che si è concluso nei giorni scorsi a Gallio, sull’altopiano di Asiago, in provincia di Vicenza. Un’opportunità per condurre un’analisi profonda delle opportunità e urgenze di riforma del SSN e per il rilancio di un sistema di cure universalistico e improntato all’equità come quello italiano, ispirato dalla Carta costituzionale ma drammaticamente a corto di risorse e di personale, e anche di idee, con cui riportare in cima all’agenda della politica e dell’economia il più importante dei servizi pubblici alla persona e ai cittadini malati.

26 settembre 2023. La settimana di eventi scientifici, di approfondimenti e analisi dello stato dell’arte della Sanità italiana e delle Regioni che si è appena conclusa a Gallio, in provincia di Vicenza, segna anche dieci anni di attività e di certosino lavoro svolto da Motore Sanità all’insegna della produzione di contenuti qualificati tesi a cucire rapporti virtuosi tra il bene Salute e i bisogni della popolazione assistita. Una formula che ha incontrato in questi due lustri trascorsi dapprima l’interesse e poi un crescente favore in cittadini e operatori consentendo di gettare lo sguardo lontano puntando al nuovo, all’innovazione e al futuro per un nuovo impegno in una Europa che mai, come in questo momento, ha bisogno di bussole e rotte sicure su cui orientarsi.

Una settimana che si è aperta a Milano nella sede istituzionale di Palazzo Lombardia, con l’evento dedicato all’“Impatto delle bonifiche ambientali sul Global Health”, alla presenza del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana. Proseguita con la tre giorni di “Mega Salute”, a Padova dal 19 al 21 settembre, infine con il parallelo decollo della la decima edizione della Summer School – il 20, 21, 22 settembre – centrale occasione formativa e di confronto che ha messo al centro la sanità con i riflettori accesi dai massimi esperti del governo della Salute provenienti da tutto lo Stivale che hanno animato decine di tavoli di discussione, sessioni di approfondimento, dibattiti e collegamenti a distanza.

Il contenitore di tutto questo sono stati i 10 anni di attività di Motore Sanità – un traguardo importante denso di volontà di fare, entusiasmo, desiderio di lasciare una traccia tra le istituzioni e la politica con l’obiettivo di mettere a fuoco attese, aspirazioni e speranze di una platea amplissima di utenti, operatori e addetti ai lavori che hanno a cuore le sorti del sistema sanitario nazionale.

SUMMER SCHOOL 2023: I 7 punti per un’agenda politica per il governo della Salute in Italia

PUNTO 1 – La carenza di posti letto e le sfide del Servizio Sanitario Nazionale: i pazienti cronici

Il SSN italiano che tutti considerano ospedalocentrico in realtà vive un progressivo indebolimento della struttura di accoglienza dei malati in termini di posti letto, sia quelli disponibili per i pazienti acuti sia quelli destinati ai malati cronici che per definizione non guariscono.

Con una dotazione di 3,7 posti per mille abitanti di cui lo 0,7 per i lungodegenti, l’Italia è la nazione con la minor dotazione dell’intero mondo occidentale.

La proposta di riforma scaturita dalla Summer School – che sposa quella proveniente dalla Simg e della Fimmg, organismi di categoria della medicina di famiglia, e dallo stesso ente previdenziale dei medici (Enpam) disposto a metterci risorse – punta su risposte assistenziali articolate attorno ad aggregazioni funzionali territoriali tra medici (Aft) arricchite dalla presenza di medici di continuità assistenziale e infermieri come già previste dal legislatore ma configurate ora come Case della Salute spoke, da collegare in rete con quelle Hub finanziate dal Pnrr. Strutture da ubicare nelle immediate vicinanze dei pronto soccorso per assorbire la domanda di salute dei codici a bassa urgenza. Le risorse risparmiate nel triage ospedaliero sarebbero a quel punto dirottate sull’offerta di posti letto di medicina interna per i cronici in cui accogliere anziani e lungodegenti e in posti per post acuti in cui ricoverare quelli che oggi stazionano per settimane nei reparti di Osservazione intensiva breve. Un modo per il alleggerire il peso nei pronto soccorso e quello che grava sulle RSA. Analogo potenziamento dovrebbe avere l’assistenza domiciliare, allestendo team multidisciplinari formati da medici e professionisti sanitari territoriali dotati di autonomia organizzativa e finanziaria, ma incardinati nei distretti con cui erogare a domicilio assistenza che altrimenti verrebbe richiesta impropriamente in ospedale, passando dalla porta girevole dei pronto soccorso. Tutto ciò con la necessità di abbattere le liste d’attesa della specialistica territoriale.

PUNTO 2 – Innovazione per le Salute è motore di sviluppo del Paese.

L’innovazione nel settore della Salute è spesso guardata con sospetto, mentre è una forza trainante per garantire cure migliori a un prezzo inferiore e incide fortemente anche sull’indotto dell’economia generale del Paese. Basta pensare alle nuove terapie e strumenti diagnostici avanzati e a tutto quanto ruota attorno alla sanità digitale.

Nella tre giorni della Summer School di Motore Sanità, a Gallio, si sono raccontate esperienze ed evidenze scientifiche – nel campo della ricerca oncologica, delle malattie cardiovascolari, delle malattie rare, autoimmuni, infettive, respiratorie, metaboliche, neurologiche e psichiatriche – che raccontano come strumenti innovativi di prevenzione diagnosi e cura abbiano cambiato la vita e la salute di decine di migliaia di cittadini e delle loro famiglie. Best practice messe a fuoco da ogni regione italiana, ma con accesso molto diversificato.

Migliorare le cure delle patologie croniche, allungare la vita in benessere, prevenire le malattie degenerative e aumentare le opportunità di guarigione, gli obiettivi di un sistema di cure orientato all’innovazione.

Spazio anche alla sanità digitale che sta rivoluzionando la gestione delle informazioni sanitarie, rendendo accessibili i dati dei pazienti per migliorare l’integrazione tra erogatori di assistenza sanitaria, gli operatori e i pazienti in un’ottica di miglioramento continuo della qualità e dell’efficienza del sistema sanitario nel suo complesso.

PUNTO 3 – Riformare il Servizio sanitario italiano: integrazione tra pubblico e privato.

Il sistema italiano delle cure deve mirare a stabilire un equilibrio tra il modello assicurativo e quello basato sulla fiscalità diretta, tenendo ben presente che tutto l’impianto della sanità accreditata è, di fatto, riconducibile al sistema pubblico e che la spesa completamente privata ha raggiunto livelli per entità di spesa (circa 347 miliardi di euro e oltre) tali da richiedere un riposizionamento organizzativo di quello che deve essere l’alveo della Sanità pubblica e quello che invece può essere affidato a un sistema privato sorretto dalle casse professionali autonome e dal sistema assicurativo. Un equilibrio sostenibile dunque tra finanziamento pubblico e sistema privato, capace di migliorare l’efficienza e l’accesso ai servizi sanitari per tutti i cittadini. In molti paesi europei per sciogliere questo nodo si è optato per una combinazione di finanziamento pubblico e assicurativo, che ha dimostrato di poter garantire una migliore copertura e una gestione più efficiente delle risorse sanitarie. Un SSN realmente accessibile a tutti in termini di liste di attesa e di qualità dell’accoglienza è una garanzia per tutti i cittadini a fronte del crescente invecchiamento della popolazione e dei costi dell’innovazione tecnologica.

PUNTO 4 – La gestione delle risorse umane nel SSN: aspetti contrattuali, economici e sociali.

Le risorse umane al pari di quelle economiche reggono l’interno impianto del Servizio sanitario nazionale. Gli operatori sanitari di aree critiche e salvavita come i pronto soccorso, le rianimazioni e le prime linee, sono sottoposti a turni massacranti in condizioni di lavoro rese difficili da iperafflusso, rapporto conflittuale con l’utenza inferocita dai tempi di attesa a fronte di carichi di lavoro insostenibili, scarse tutele legali e contrattuali, profondo disequilibrio tra dotazione organica e pazienti da trattare in un contesto che alimenta la medicina difensiva con riverberi inevitabili sulla qualità dell’atto medico erogato, della qualità media percepita dai pazienti, dell’efficienza ed efficacia del sistema di cure. Il tutto condito da alti livelli di stress, tendenza al burnout, fuga del personale. Tutto ciò confluisce in una vera e propria emergenza che si avvita nella impossibilità di garantire il turn over, in concorsi che vanno deserti e progressivo spopolamento delle corsie.

La mancanza di personale qualificato minaccia la capacità del SSN di fornire assistenza di alta qualità a tutti i cittadini. Il cosiddetto “calo delle vocazioni” rappresenta un ulteriore sintomo di questa crisi.

La “cura” di questo snodo gordiano richiede un impegno congiunto da parte delle istituzioni sanitarie e dei professionisti del settore attraverso azioni mirate quali:

-Adeguamento contrattuale e delle retribuzioni

-Welfare aziendale e miglioramento delle condizioni di lavoro

-Riforma del sistema formativo per attrarre e formare nuovi talenti

-Ruolo attivo e nuova centralità affidata ai camici bianchi nel sistema di governo dei processi organizzativi e assistenziali

PUNTO 5 – Adeguamento organizzativo e finanziario della salute mentale in Italia

La salute mentale è la cenerentola delle politiche sanitarie degli ultimi anni. Al pari del capitolo della prevenzione sarebbe destinataria di una fetta di almeno il 5% della torta nazionale dei finanziamenti per la Salute, con una stima minima di almeno due miliardi di euro l’anno. Risorse che solo in alcune regioni, le più virtuose, raggiungono investimenti per il 3,5 per cento del fondo sanitario assegnato, insufficienti per il rispetto dei paletti fissati dalla legge Orsini-Basaglia relativi alla domiciliarizzazione e territorializzazione delle cure. Ciò a fronte di bisogni nuovi ed emergenti nella popolazione, soprattutto giovanile minata dalla pandemia e da modelli sociali in rapida evoluzione, in cui incidono l’uso intenso dei device elettronici con la nascita di più frequenti disturbi, disagi della personalità e psicosi. La psichiatria impatta intanto in modo sempre più interdisciplinare e trasversale all’interno del servizio sanitario, a fronte della crescente importanza attribuita agli aspetti bio-psico-sociali della salute mentale dei cittadini. Interconnessioni che richiedono investimenti adeguati in risorse e personale per articolare servizi innovativi e capaci di intercettare preocemente questi bisogni delle famiglie spesso invece abbandonate a se stessi.

Il finanziamento aggiuntivo è dunque fondamentale per sviluppare servizi e programmi capaci di soddisfare le esigenze di una società in continua evoluzione. Fondi destinati a migliorare l’accesso alle cure, promuovere la prevenzione, sostenere la ricerca e l’innovazione nel settore della salute mentale, formare e sostenere gli operatori sanitari che lavorano in questo campo.

Il benessere mentale è un aspetto cruciale per la salute complessiva della popolazione e, anche in questo caso, la spesa equivale a un investimento sociale a tutto tondo.

PUNTO 6 – La sfida dell’antimicrobico-resistenza e la lotta contro le Sepsi.

Le infezioni resistenti agli antibiotici rappresentano la pandemia prossima ventura. Nel nostro Paese le infezioni correlate all’assistenza e resistenti agli antibiotici sono in costante aumento e si traduce in circa 20 mila vite perse ogni anno. Un fenomeno preoccupante legato all’uso improprio e al costante abuso di antibiotici in ambito sanitario e veterinario.

È essenziale rafforzare la comunicazione e l’informazione su questo tema a tutti i livelli, affinché sia il personale medico sia gli stessi pazienti comprendano l’importanza dell’uso responsabile degli antibiotici.

Per affrontare l’antimicrobico-resistenza in modo efficace, è necessario un approccio coordinato su base regionale. Ogni Regione dovrebbe adottare strategie specifiche per monitorare e ridurre l’uso improprio degli antibiotici sui propri territori, promuovendo una prescrizione appropriata e garantendo un accesso responsabile a questi farmaci.

Il governo italiano ha già stanziato 60 milioni di euro per contrastare l’antimicrobico-resistenza, ma è fondamentale garantire che queste risorse siano utilizzate in modo razionale ed efficace. Ciò richiederà un controllo attivo e una valutazione continua dei programmi e delle iniziative messe in atto per ridurre la resistenza agli antibiotici.

Quanto alle Sepsi, a dare una mano a riconoscerla e trattarla può essere proprio l’innovazione: è infatti stato messo a punto un nuovo biomarcatore rappresentato dal volume medio dei monociti, misurabile con un semplice emocromo già disponibile in molti ospedali di molte regioni. Un volume monicitario aumentato è un indice predittivo di evoluzione di un’infezione in sepsi. Quest’ultima è una risposta abnorme dell’organismo a uno stimolo infettivo (batterico o virale) e, a parità di casi, provoca più morti dell’infarto. Non sempre in pronto soccorso si riesce a individuare precocemente lo sviluppo di una sepsi, basti pensare a quelle provocate dai meningococchi, agenti delle meningiti, ma anche dovute a pneumococchi e agli stessi virus considerando che le morti da Covid in molti casi, nelle prime ondate, erano provocate da sepsi. C’è ora questa nuova possibilità che, a costo zero, può essere fornita a tutti i centri ospedalieri e territoriali dotati di un presidio analitico-diagnostico.

PUNTO 7 – Vaccini: un irrinunciabile presidio di prevenzione primaria.

I vaccini restano il principale presidio di Salute pubblica in tutto il mondo. È necessario attuare e potenziare percorsi di facilitazione e azioni di medicina d’iniziativa per garantire vaccinazioni gratuite a tutte le fasce di età della popolazione, estendendo e consolidando le positive esperienze maturate sul campo durante la pandemia che hanno coinvolto farmacie, distretti, medici di medicina generale, professioni sanitarie. L’obiettivo è proteggere i soggetti fragili per età o patologia.

Ufficio stampa Motore Sanità

LauraAvalle – 320 098 1950

Liliana Carbone – 347 264 2114

comunicazione@motoresanita.it

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Influenza 2023 in arrivo, in Italia 5-6 milioni di casi

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A questi si aggiungeranno circa 10 milioni di forme simil influenzali e purtroppo una presenza anche del Covid

L’influenza 2023 sta per arrivare e produrrà circa 5-6 milioni di casi in Italia. “Come ogni anno, come le tasse, l’influenza arriverà. Anzi, già i primi isolamenti sporadici ci sono stati ed evidenziano la presenza dei virus a cui mira il vaccino. In particolare il virus A/H1N1. Considerando quanto accaduto nell’emisfero australe, dobbiamo aspettarci una stagione invernale di media intensità per quanto riguarda i virus influenzali. Potrebbe voler dire una stima di 5-6 milioni di casi che potremmo avere in Italia, a cui si aggiungeranno quei 10 milioni di forme simil influenzali e purtroppo una presenza anche del Covid”, dice il virologo Fabrizio Pregliasco, ricercatore del Dipartimento di Scienze biomediche per la salute dell’università degli Studi di Milano e direttore sanitario dell’Irccs ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio di Milano, tracciando all’Adnkronos Salute il quadro di quella che potrebbe essere la stagione influenzale alle porte.

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Pirola, la parola del giorno

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Da dove arriva il nome della nuova variante Covid

Prende il nome da un’asteroide la nuova variante Covid. Il nome scientifico della variante, deciso dall’Organizzazione mondiale della sanità, è Ba.2.86. Il nome scelto dal pool di esperti internazionali che monitora le varianti di Sars-Cov-2, e ribattezza le principali, è Pirola, da 1082 Pirola, un’asteroide scoperto nell’ottobre del 1927 che a sua volta era stato chiamato così in riferimento alle piante erbacee sempreverdi del genere Pyrola, che contano ben 13 specie.

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Covid e variante Pirola, mini ondata in arrivo? Cosa dicono gli infettivologi

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Marco Falcone, segretario della Società italiana malattie infettive e tropicali (Simit), fa il punto con l'Adnkronos Salute

Test covid positivo - 123RF

Covid in Italia e variante Pirola, nuova mini ondata di casi in arrivo? “Il fatto che la variante BA.2.86 o ‘Pirola’ sia stata sequenziata nei giorni dell’arrivo in Italia del vaccino anti-Covid aggiornato sembra uno scherzo del destino. E’ una variante che ha una ‘spike’ diversa da tutte le altre varianti Omicron con oltre 35 mutazioni e con queste caratteristiche potrebbe essere una tipologia di virus che infetta anche i guariti e i vaccinati. L’interesse della comunità scientifica però deve essere sul fatto che possa essere o meno più contagiosa e trasmissibile, abbiamo visto che EG.5 o ‘Eris’ ha fatto mini ondata di casi ma non è detto che anche Pirola possa causare grandi numeri”. Così all’Adnkronos Salute l’infettivologo Marco Falcone, segretario della Società italiana malattie infettive e tropicali (Simit).

Cosa dobbiamo fare? “Sicuramente la sorveglianza molecolare – risponde Falcone -che va condotta per capire se quest’ultima variante rimane confinata al 5-10% di prevalenza nella popolazione infettata o diventa predominare. Ma – avverte – al momento non ci sono motivi per pensare che abbia un impatto clinico diverso dalle altre, ovvero che possa dare una malattia Covid più grave”.

Secondo l’infettivologo, “in ogni caso o Pirola, Eris o la prossima variante dal nome affasciante, i soggetti fragili, gli anziani, i malati oncologi e ematologici, devono fare il vaccino aggiornato a XBB che rappresenta, indipendentemente dalla variante che gira, una stimolazione e un potenziamento degli anticorpi necessario per affrontare l’autunno. Questi soggetti magari si infetteranno ma – conclude – non svilupperanno una malatia grave, il valore dei vaccini rimane intatto rispetto alle nuove varianti perché abbiamo già avuto l’esperienza di quanto accaduto negli anni passati”.

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Covid, variante Pirola in Italia: cosa dicono Bassetti, Ciccozzi e Pregliasco

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Il parere degli esperti

Test Covid (Afp)

La variante Pirola è stata isolata a Brescia dal team di Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia, che lo annuncia all’Adnkronos Salute. L’isolamento di Pirola, precisa Caruso, è avvenuto dal campione di “un paziente fragile portato alla nostra attenzione. Il sequenziamento è in corso”. Ecco cosa ne pensano i maggiori esperti del nostro Paese.

La presenza della variante BA.2.86 o ‘Pirola’ anche in Italia, dice all’Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore di Malattie infettive all’ospedale Policlinico San Martino di Genova, “non è un elemento di preoccupazione, come non lo è stata nessuna altra variante isolata fino a oggi. Anche in Usa dove Pirola è dominate non mi pare ci sia stato un aumento della gravità dei casi, ma una curva che è salita e poi rapidamente scesa. E’ la storia delle varianti, l’abbiamo imparata: hanno un interesse scientifico quindi congratulazioni al collega di Brescia, Arnaldo Caruso, ma devono rimanere argomento di puro interesse scientifico e non diventare un tema di discussione al bar o nei talk show. Lasciamole agli scienziati, perché ogni volta che è apparsa una variante nuova c’è chi ha fatto allarmismo, ma oggi basta ‘al lupo al lupo'”.

“Finalmente la variante BA.2.86 o ‘Pirola’ è arrivata in Italia. L’isolamento a Brescia è importante, per questa variante che ha circa 33-34 mutazioni che comprendono anche la proteina N” di Sars-CoV-2. Così all’Adnkronos Salute Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di Statistica medica ed Epidemiologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma. “Una delle nostre preoccupazioni era che questa variante fosse in grado di ‘evitare’ i test antigenici. Ora, con l’isolmento a Brescia, avremo un vantaggio rispetto a questo fronte e anche su altre considerazioni”.

La variante Pirola in Italia è stata isolata a Brescia dal team di Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia, “in un paziente immunocompromesso – aggiunge Ciccozzi – come era accaduto anche in altri Paesi. Quindi c’è l’ipotesi che questa variante possa portare a una infezione in questa tipologia di persone e poi rilanciarsi con altri cambiamenti”.

La variante BA.2.86 di Sars-CoV-2, Pirola sui social, “preoccupa perché ha una trentina, forse anche più, di mutazioni nella proteina Spike” che il coronavirus utilizza per ‘agganciare’ le cellule bersaglio. Così all’Adnkronos Salute Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università Statale di Milano, commentando il primo isolamento di Pirola in Italia a Brescia, da parte del team del presidente della Società italiana di virologia Arnaldo Caruso. “Mutazioni che possono influire sulla contagiosità e quindi Pirola è assolutamente candidata a diventare prevalente”.

“In questa fase – spiega Pregliasco – il virus di Covid, per poter continuare la sua opera, deve in qualche modo aumentare la propria capacità diffusiva in un contesto di immunità ibrida” conferita da infezioni e vaccinazioni. “E quindi queste tantissime variazioni sulla Spike facilitano senz’altro la possibilità di diffusione” di Pirola, ritiene l’esperto. “Ad oggi – ricorda – si tratta di una variante sotto osservazione, sottoposta a monitoraggio”. Una Vum (Variant under monitoring), secondo la classificazione dell’Organizzazione mondiale della sanità. “BA.2.86 è sostanzialmente, si ipotizza, una sottovariante di Omicron 2 (BA.2). E’ stata evidenziata da luglio – rimarca Pregliasco – ma già ad agosto era stata segnalata in diverse nazioni, 11 circa”.

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Covid, variante Pirola in Italia: isolata a Brescia

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Presidente virologi Caruso all'Adnkronos Salute: "BA.2.86 intercettata in un paziente fragile, sequenziamento in corso"

La variante BA.2.86 di Sars-CoV-2, ribattezzata Pirola sui social, è arrivata in Italia. E’ stata isolata a Brescia dal team di Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv), che lo annuncia all’Adnkronos Salute. “Abbiamo effettuato quello che risulta essere il primo isolamento di BA.2.86 nel nostro Paese”, spiega lo specialista, ordinario di Microbiologia e Microbiologia clinica all’università di Brescia, direttore del Laboratorio di Microbiologia dell’Asst Spedali Civili. L’isolamento di Pirola, precisa Caruso, è avvenuto dal campione di “un paziente fragile portato alla nostra attenzione. Il sequenziamento è in corso”.

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