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Intestino irritabile, Sarnelli (Sige): “Colpisce il 20% delle persone dopo i pasti”

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È una delle cause più comuni per cui si richiede una visita dal gastroenterologo. In Italia e nel mondo ne soffrono circa 2 persone su 10, in prevalenza donne. È la Sindrome dell’intestino irritabile (IBS), una condizione benigna spesso scatenata da stress e ansia, di cui si sa ancora poco ma che – secondo un recente studio pubblicato su Nature – colpisce il 20 per cento della popolazione mondiale dopo un pasto. “I motivi perché questo avviene non sono chiari – ammette Giovanni Sarnelli, Professore di Gastroenterologia all’Università degli Studi di Napoli Federico II e membro della Sige, Società Italiana di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva – ma riguardano l’intera popolazione occidentale e i Paesi più avanzati. Questo dato suggerisce che fattori legati allo stile di vita e a regimi dietetici globalizzati possano avere un ruolo preponderante, rispetto a fattori legati all’etnia. Inoltre, negli ultimi decenni abbiamo assistito ad un radicale cambiamento nei processi di produzione agro-alimentare, con il ricorso a tecniche di conservazione e di raffinazione degli alimenti, che mettono sotto stress il nostro sistema digestivo”.

Qual è il meccanismo alla base del dolore addominale indotto dal cibo? “Lo studio in questione – sottolinea Sarnelli – conferma evidenze già precedentemente riportate che indicano che alla base del dolore addominale ci sia una anomalia negli scambi che normalmente avvengono tra cellule immunitarie e nervi della mucosa intestinale. Nello specifico, alcuni alimenti stimolano i mastociti (cellule immunitarie normalmente coinvolte nelle reazioni allergiche) che rilasciano eccessive quantità di alcuni mediatori, come ad esempio l’istamina, che è capace di agire direttamente sui nervi intestinali comportandone una eccitazione eccessiva. Ad ulteriore conferma di questo fenomeno va anche detto che nella mucosa dell’intestino di questi soggetti i mastociti sono anatomicamente localizzati a più stretto contatto con i nervi, facilitandone ulteriormente la stimolazione ed attivando i riflessi nervosi che portano al dolore. Inoltre, non dimentichiamo che l’intestino è il nostro “secondo cervello”. Il vecchio adagio che recita: “pensare con la pancia” è assolutamente veritiero. In tutto l’apparato digerente, dalla bocca all’intestino, è infatti presente un vero e proprio sistema nervoso definito enterico, che è costituito da circa 100 milioni di cellule nervose (molte di più che nel midollo spinale) organizzate in una fitta e complessa matrice dal cui funzionamento dipendono le principali funzioni digestive. Il sistema nervoso enterico è indipendente dal cosiddetto cervello, ma al tempo stesso ne è parte integrante perché gli trasmette le sensazioni e gli stimoli provenienti dall’intestino, facendoci apprezzare la gioia di un pasto prelibato, oppure come dimostra lo studio su nature, provocando sensazioni spiacevoli in alcuni soggetti”.

Chi soffre di sindrome dell’intestino irritabile, manifesta sintomi molteplici: oltre al dolore addominale, una caratteristica comune, alcuni soggetti lamentano “irregolarità dell’alvo con diarrea – ancora Sarnelli -stipsi o alternanza di entrambi”. In altri soggetti possono essere presenti disturbi come “gonfiore addominale, meteorismo, nausea e difficoltà nella digestione”.

Sebbene abbia una maggiore incidenza nel genere femminile, la Sindrome dell’intestino irritabile colpisce sempre più spesso giovani adulti. “Negli ultimi anni – afferma Sarnelli – abbiamo assistito ad un velocissimo e radicale cambiamento delle abitudini alimentari e della qualità degli alimenti. Sebbene resti da stabilire un chiaro nesso di causalità, è evidente come l’aumento dei sintomi indotti dal pasto sia correlabile all’evoluzione delle tecniche di lavorazione dei prodotti agroalimentari. A questo parallelismo va anche aggiunto che nell’intestino è presente un sistema immune che si è perfezionato nel corso dell’evoluzione per difenderci dalle infezioni gastrointestinali, che oggi si sono drammaticamente ridotte, lasciando il sistema in uno stato di perenne allerta. In parole semplici, vengono introdotti alimenti e prodotti raffinati che, raggiunta la mucosa intestinale, attivano alcune cellule del sistema immunitario le quali rilasciano delle sostanze capaci di stimolare a loro volta i nervi presenti nell’intestino con la comparsa di sintomi”.

Di questa condizione benigna, che all’origine ha spesso una componente psicologica, può soffrirne anche chi non ha mai avuto disturbi intestinali, sostiene l’esperto della Sige che aggiunge: “ Sono state considerate diverse ipotesi per spiegare la comparsa dei sintomi, ma gli studi più recenti indicano che le infezioni gastrointestinali sono la causa scatenante nel 20% circa dei soggetti. Appare emblematica la circostanza riferita da alcuni pazienti i quali, dopo un episodio di gastroenterite acuta (con diarrea e vomito della durata di pochi giorni), lamentano la persistenza cronica di dolore addominale ed alterazioni dell’alvo. Lo studio di Nature conferma questa ipotesi ed individua nell’infiammazione della mucosa intestinale il fattore scatenante in grado di innescare la comparsa dei sintomi”.

È possibile intervenire? “Una patologia multifattoriale come la Sindrome dell’intestino irritabile va trattata con un approccio olistico – ancora Sarnelli -. Le linee guida e il buon senso indicano che il maggiore guadagno terapeutico lo si ottiene stabilendo un rapporto empatico tra paziente e medico, a cui spetta il compito di spiegare in maniera semplice i complessi meccanismi alla base dei sintomi. Successivamente, la terapia potrà essere indirizzata a trattare i sintomi prevalenti, come ad esempio la diarrea, la stipsi e/o il meteorismo, consigliando presidi farmacologici, probiotici e/o interventi nutrizionali mirati. Nei casi più severi, nei quali la componente psicosomatica è preponderante, il ricorso alla psicoterapia o l’utilizzo di basse dosi di farmaci serotoninergici (antidepressivi) può essere un’ulteriore risorsa per migliorare i sintomi che impattano in maniera drammatica sulla qualità della vita di milioni di pazienti. Sul fronte prevenzione, invece, è necessario conoscere la causa precisa di una patologia. Trattandosi di una malattia multifattoriale che coinvolge alterazioni della motilità intestinali, fattori alimentari e immunitari, microbiota intestinale e una forte componente psicosomatica, è evidente che le misure di prevenzione debbano necessariamente contemplare ciascuna delle cause elencate”.

Per migliorare la funzionalità intestinale si consiglia di bere molto, praticare una regolare attività fisica e seguire una dieta ad hoc. “Come norma generale, l’abitudine di consumare pasti piccoli e frequenti, variando l’alimentazione ed eventualmente moderando, piuttosto che eliminare del tutto, quegli alimenti che maggiormente risultino fastidiosi, ritengo sia la scelta più saggia da consigliare. Le diete di esclusione, invece, non hanno effetti di lunga durata. Anzi, ma espongono i soggetti ad enormi sacrifici indotti dalla privazione, determinando, in alcuni casi,la riduzione di alcuni elementi e nutrienti essenziali per l’organismo. Inoltre, alcuni regimi dietetici che vengono seguiti, e purtroppo anche prescritti, hanno un’efficacia limitata nel tempo e sebbene i pazienti possano riferire un certo miglioramento questo è da imputare più ad un effetto placebo che ad un reale effetto terapeutico”.

Cosa comporta una dieta gluten-free se non si è affetti da celiachia? “Stando a Google, la dieta gluten-free è tra le più trendy al mondo – ricorda Sarnelli – ed è seguita anche quando non indicata. La letteratura scientifica ha chiaramente dimostrato che questa dieta non è efficace nei soggetti affetti da Sindrome dell’intestino irritabile; inoltre va aggiunto che gli alimenti gluten-free sono più calorici e questo può determinare un aumento del peso corporeo”.

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Salute, Amd: “Per diabete tipo 2 in Italia aumenta ricorso a farmaci innovativi”

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"Migliorano anche la qualità dell’assistenza e l’outcome di salute delle persone con la patologia"

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Migliorano la qualità dell’assistenza e gli outcome di salute delle persone con diabete tipo 2 assistite nei centri diabetologici italiani: degli oltre 500mila pazienti monitorati ogni anno attraverso l’iniziativa Annali Amd, l’analisi dell’andamento dei fattori di rischio ha evidenziato che più della metà (54,6%) ha valori di emoglobina glicata a target, il 23% ha buoni valori di pressione arteriosa (

È questa la fotografia scattata dagli Annali Amd 2022, l’estrazione periodica realizzata dall’Associazione medici diabetologi (Amd) che dal 2006 consente di monitorare l’andamento dell’assistenza erogata alla popolazione con diabete in Italia. Quest’anno la rilevazione ha coinvolto 295 centri di diabetologia – pari a un terzo del totale nazionale – e complessivamente più di 500mila persone con diabete di tipo 2, 37mila con diabete di tipo 1 e, per la prima volta, 11mila donne con diabete gestazionale.

I risultati sul diabete tipo 2 – riporta una nota – sono stati oggetto di una pubblicazione su ‘Diabetes Research & Clinical Practice’. In generale, si evidenzia un progressivo e continuo miglioramento della qualità delle cure erogate nel nostro Paese. “Di particolare rilevanza il dato sull’accesso ai farmaci innovativi, gli Sglt2i e Glp1-Ra, dalla comprovata efficacia in termini di riduzione del rischio cardiovascolare e renale. Si riduce inoltre la prescrizione e l’utilizzo di sulfaniluree e secretagoghi; mentre il farmaco più prescritto resta la metformina (72%) – dice Giuseppina Russo, coordinatrice del Gruppo Annali Amd – Possiamo quindi affermare che la comunità diabetologica italiana ha intrapreso un percorso sempre più diretto a contrastare l’inerzia terapeutica. I medici prescrivono con maggiore favore i cosiddetti farmaci innovativi che supportano medici e pazienti a ridurre l’impatto delle complicanze cardio-renali nelle persone con diabete non controllato, a beneficio della loro salute e qualità di vita”.

Il progressivo miglioramento delle cure e trattamenti erogati nei centri diabetologici monitorati dagli Annali Amd emerge anche guardando i risultati del Q-score, l’indice che misura la qualità dell’assistenza. Infatti, più del 60% delle persone con diabete tipo 2 ha un Q-score >25 che corrisponde ad un adeguato livello di assistenza con benefici diretti sulla salute complessiva e sulla riduzione delle complicanze per i fattori di rischio.

“Siamo davvero molto orgogliosi che il lavoro degli Annali abbia ricevuto il giusto riconoscimento con la pubblicazione su ‘Diabetes Research & Clinical Practice’ – afferma Graziano Di Cianni, presidente nazionale dell’Amd – Dal 2006 gli Annali ci danno la possibilità di toccare con mano i risultati delle attività che quotidianamente svolgiamo sul territorio e anche di orientare le strategie terapeutiche grazie all’implementazione dei dati con l’intelligenza artificiale e il machine learning. Il lento, ma progressivo miglioramento dei parametri, l’incremento dell’utilizzo dei farmaci innovativi e la migliore qualità di vita sono elementi che ci rendono particolarmente soddisfatti”. Allo stesso tempo “è necessario fare un ulteriore sforzo – conclude – per migliorare l’aderenza alle terapie e ridurre ancora di più il rischio cardiovascolare, che rappresenta la prima causa di morte nelle persone con diabete”.

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Alimenti: richiamo salsa tonno e radicchio Cucina Nostrana, presenza Listeria

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Richiamo dal mercato della salsa di tonno e radicchio, prodotta da Cucina Nostrana, per la presenza del batterio Listeria monocytogenes. Il lotto ritirato dall’azienda è il numero 23214 23215, le confezioni sono da circa 250 grammi, con marchio dello stabilimento di produzione CE IT 2340 e data di scadenza 24 o 25 giugno 2023. L’azienda Cucina Nostrana Srl, con sede a Maerne (Ve), invita dunque – come segnalato sul sito del ministero della Salute – a “non consumare il prodotto e riportarlo nel punto vendita”.

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Aisla, ‘giugno mese della consapevolezza della Sla’

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Il 21 Giornata mondiale, anche in Italia iniziative di solidarietà a sostegno di pazienti e caregiver

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Unire le forze per un futuro senza Sla nel mese della consapevolezza. È questo il messaggio lanciato da Aisla – Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica per promuovere le tante iniziative di solidarietà in Italia volte all’approfondimento, alla ricerca e al sostegno alla Comunità Sla in programma per giugno. Tra i molteplici appuntamenti, la Giornata mondiale sulla Sla, o Global Day, promossa dalla federazione internazionale delle associazioni dei pazienti, l’international alliance of Als/Mnd Associations di cui Aisla fa parte come membro italiano – si legge in una nota -. Il Global Day sin dal 1997 si celebra ogni 21 giugno, data non casuale, perché il solstizio d’estate porta con sé un profondo sentimento di rinascita e, soprattutto, di speranza in un punto di svolta per ciò che riguarda la ricerca delle cause, dei trattamenti e delle cure efficaci per sconfiggere la Sla.

Nell’anno in cui si celebrano i 40 anni di vita associativa per Aisla “celebriamo insieme questa giornata con gli occhi della speranza ma anche con la consapevolezza – afferma Fulvia Massimelli, presidente Aisla – due sentimenti che possono essere rigenerativi. Insieme, infatti, possono porre l’attenzione sulla ricerca scientifica, faro per il nostro lavoro, e alle risposte ai bisogni della nostra gente, al sostegno, necessari per migliorare la qualità di vita della nostra comunità”. Numerose le iniziative promosse da Aisla in occasione di questa celebrazione che, anche quest’anno, “mette al centro le persone e le loro storie. Un programma denso di eventi, su tutto il territorio italiano, dagli approfondimenti a carattere informativo e scientifico, alle iniziative sul territorio”.

La Sla è una malattia progressiva che colpisce i motoneuroni, portando alla perdita progressiva della capacità di muoversi, parlare e respirare. Una malattia ad alta complessità assistenziale che ha un impatto significativo non solo sulla salute fisica, ma anche su quella emotiva, psicologica e sociale dei pazienti e delle loro famiglie. “Mentre celebriamo i primi 40 anni di attività associativa – prosegue la nota – continueremo a intraprendere iniziative che ci ricordino che solo la paura può renderci prigionieri, perché la nostra speranza non conosce confini. Il 21 giugno rappresenta, quindi, una meta comune che ci ricorda quanto sia il ‘noi’ a fare la differenza”.

Con la consapevolezza si infrangono le barriere dell’ignoranza e della disinformazione sulla malattia. In quest’ottica – conclude la nota – Aisla pone attenzione alla figura del caregiver, la persona che assiste un proprio congiunto non in grado di essere autonomo nella vita quotidiana. L’International Alliance of Als/Mnd che sostiene i diritti fondamentali delle persone affette da Sla e dei loro caregiver ha chiesto a tutti i membri del mondo, tra cui Aisla, di partecipare al sondaggio volto a comprendere il lavoro che la comunità svolge per le persone con Sla ed i loro caregiver. Un tema caro all’associazione, quello del ruolo di caregiver familiare e dei loro diritti. In tutte le regioni d’Italia, sono programmate numerose iniziative solidali che mettono a frutto il lavoro di tanti volontari, famiglie e realtà territoriali, simbolo di solidarietà, amore e gratitudine nei confronti della vita.

“Voglio riconoscere l’enorme lavoro svolto dalla Als Society of Canada e incoraggiarvi a prendere il tempo per saperne di più sulla Sla e su come poter fare la differenza nella vita delle persone che vivono con questa malattia – sostiene Jean-Yves Duclos, ministro della Sanità canadese, sede dell’International Alliance – Il simbolo del Global Day è il fiordaliso, un fiore raro come ognuno di noi. L’hashtag ufficiale di questa giornata, #ALSMNDWithoutBorders, incarna l’idea di una Sla senza confini. Per ricordare che solo unendo le forze e lavorando insieme, possiamo pensare per un futuro senza Sla”.

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#EUChooseSafeFood, al via campagna Efsa-ministero Salute

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Informare e sensibilizzare i cittadini italiani a prendere nel quotidiano decisioni informate relative alle scelte alimentari, in ogni fase della catena alimentare, ed evidenziare il ruolo fondamentale della scienza e le direttive formulate dagli esperti dell’Efsa, grazie a cui il cibo sulle nostre tavole è controllato e sicuro. Questi gli obiettivi della terza edizione della campagna di comunicazione #EUChooseSafeFoodIn, lanciata in occasione della Giornata mondiale della sicurezza alimentare, dall’Efsa, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare con il ministero della Salute, nell’ambito del convegno organizzato dal dicastero della Salute.

La campagna, che quest’anno vede coinvolti ben 16 Paesi dell’Ue (erano 9 nel 2021 e 12 nel 2022), fornisce informazioni pratiche e facilmente accessibili ai consumatori e, in Italia, quest’anno verte su tre temi: la salute delle api e la stretta correlazione con le colture che dipendono dall’impollinazione, le malattie di origine alimentare provocate da batteri provenienti da alimenti crudi, in particolare l’echinococcosi cistica, e i contaminanti nei prodotti alimentari, quali nello specifico il mercurio e il metilmercurio. La campagna, che durerà fino a settembre, si rivolge in particolare ai cittadini tra i 25 e i 45 anni, alle donne e ai giovani genitori, con un linguaggio semplice, intuitivo e accattivante. Hub della comunicazione è il sito web disponibile nelle varie lingue, da cui è possibile scaricare il toolkit #EUChooseSafeFood che include immagini, brevi video e contenuti per post sui social media. Le attività previste per la promozione della campagna includono ufficio stampa, media partnership, influencer marketing, relazioni pubbliche e partecipazione a eventi.

“L’intento della campagna è quello di far comprendere ai cittadini quanto importante sia il lavoro degli esperti scientifici, per rendere sicuro il cibo sulle nostre tavole e al tempo stesso di aiutarli a sviluppare consapevolezza e senso critico rispetto alle scelte che compiono quotidianamente in materia di alimentazione”, dichiara Alberto Spagnolli, Senior policy advisor dell’Efsa. “I consumatori europei sono tra i meglio protetti e informati al mondo in fatto di rischio alimentare – sottolinea – grazie al lavoro sinergico tra l’Efsa e le istituzioni nazionali di riferimento, in primis, par quanto riguarda l’Italia, il ninistero della Salute, nostro partner in questa campagna”.

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Estate, appello pediatra: ‘no a compiti vacanze, tempo libero serve quanto libri’

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Ultimi giorni di scuola per gli studenti italiani. Milioni di ragazzi, salvo chi dovrà affrontare ancora la prova degli esami, dalla prossima settimana cominceranno la pausa estiva. Ma non sedersi fra i banchi per un paio di mesi per molti di loro potrebbe non equivalere a staccare totalmente dai libri. Perché, puntuali come ogni anno, dietro l’angolo ci sono i compiti per le vacanze, un prolungamento dell’attività di studio che li traghetterà fino al prossimo anno scolastico. E puntuale scatta anche il dilemma: è giusto sì o no dare libri da compilare e consegne da assolvere durante l’estate? Per il pediatra Italo Farnetani la risposta è “no, senza ombra di dubbio”. Il suo messaggio è: il tempo libero serve quanto i libri.

L’esperto ne ha fatto una vera ‘crociata’: “Sono ormai vent’anni che mi batto contro i compiti per le vacanze. Sono inutili e dannosi”, spiega all’Adnkronos Salute. “Devo dire che i progressi ci sono stati perché si è alimentato un notevole dibattito al riguardo e negli anni molti hanno preso posizioni meno favorevoli allo studio estivo. Ricordo per esempio il messaggio lanciato nel 2013 dall’allora ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza”, che suggerì meno compiti per le vacanze e più letture e visite nelle città d’arte.

Farnetani, professore ordinario di Pediatria dell’Università Ludes-United Campus of Malta, approfondisce “i motivi validi” per bandire i compiti per le vacanze. “Prima di tutto, va chiarito che un lungo periodo di interruzione della normale attività non è dettato dal fatto che i docenti hanno necessità di ‘ferie lunghe’, ma è stato un modo per far sì che gli alunni, cioè bambini e adolescenti, potessero contare su un periodo di riposo utile non solo per spezzare lo stress dell’apprendimento (attività che richiede un impegno notevole dal punto di vista del ragionamento), ma anche per conoscere meglio l’ambiente esterno. Durante l’anno scolastico, infatti, gli impegni posti dall’istruzione lasciano pochi spazi di pausa. Un periodo di tempo libero in estate permette di esplorare maggiormente l’ambiente, conoscerlo – e quindi imparare cose nuove – e dedicarsi anche a qualche attività extra scolastica”.

Altro punto evidenziato da Farnetani: “Alcuni docenti sostengono che un’interruzione di alcuni mesi possa far dimenticare le cose apprese. Ma – obietta il pediatra – le nozioni scolastiche vengono acquisite attraverso il meccanismo della ‘memoria a lungo termine’ e già il nome indica la durata dei concetti incamerati. Tra l’altro, le ‘lezioni’ imparate durante l’infanzia e l’adolescenza sono le più durature, restano per tutta la vita”. C’è anche un fattore economico che gioca a sfavore dei compiti per le vacanze, fa presente l’esperto. “Ricordiamo che l’acquisto dei libri delle vacanze è un notevole impegno per le famiglie e, specie in questo periodo di aumenti vertiginosi di tutti i costi, con molti nuclei a più basso reddito in difficoltà, non è proprio il caso di caricare altre spese”.

C’è infine un problema di approccio sbagliato ai compiti delle vacanze. “Nella maggioranza dei casi – avverte – vengono svolti subito, appena finita la scuola per archiviarli al massimo entro giugno, così genitori e alunni si sono ‘tolti il pensiero’. Oppure c’è all’altro estremo chi li continua a fare per tutta l’estate, portandoseli dietro anche in vacanza e svolgendoli svogliatamente. Un modo, quest’ultimo, che rischia di essere diseducativo perché abitua a una scarsa concentrazione e incisività dello svolgimento. Anziché dedicarsi dunque ai compiti per le vacanze – conclude il pediatra – consiglio ai genitori di far frequentare ai figli lezioni di nuoto, possibilmente in spiaggia, per chi va al mare, con personale autorizzato. E in generale il mio suggerimento è: fate fare ai vostri figli più attività fisica possibile, anche portandoli semplicemente in bicicletta. In estate è la scelta migliore per combattere la vita sedentaria, che determina sovrappeso, obesità e malattie metaboliche”.

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Vaccini, Bonanni (UniFi): “L’85% di efficacia anti-Rsv in anziani e fragili, meglio di antinfluenzale”

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"Si farà in autunno, ma non sappiamo ancora se servirà ogni anno, sono in corso studi"

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“Il vaccino autorizzato ieri per il virus respiratorio sinciziale (Rsv) è efficace all’85% in anziani e fragili: meglio dell’antinfluenzale. Si farà in autunno, ma non sappiamo ancora se servirà ogni anno, sono in corso studi: il virus respiratorio sinciziale infatti non ha una grande variabilità. Ne beneficeranno sicuramente gli over 60, soprattutto i fragili per patologie polmonari, cardiache, immunodepressione e insufficienza renale”. Lo ha detto Paolo Bonanni, ordinario di Igiene generale e applicata, Università di Firenze, commentando all’Adnkronos Salute la notizia dell’approvazione in Europa di Arexvy, primo vaccino per proteggere gli over 60 anni da questa infezione del tratto respiratorio inferiore.

La malattia da Rsv “è conosciuta molto più per i danni pediatrici che non nell’anziano – spiega l’esperto – E’ il virus che causa bronchioliti nel bambino, nei primi mesi di vita, e che cerchiamo di prevenire in vari modi, ma c’è anche nelle persone anziane. Nei paesi occidentali si calcolano oltre 470mila casi di malattia all’anno, in particolare polmonite, e almeno 33mila morti”. Si tratta di “una patologia poco conosciuta – aggiunge Bonanni – In assenza di strumenti efficaci di prevenzione e cura di una malattia, tendiamo a dimenticarcela. Certo, ha un nome un po’ particolare questo virus – riflette – così definito per il fatto che crea dei sincizi, cioè causa la fusione delle cellule che infetta. Durante la stagione influenzale, vediamo dei casi che clinicamente si assomigliano, ma non sono tali. Finora, in assenza di strumenti preventivi, gli esperti di malattie respiratorie si sono limitati a fare quello che potevano”. Ora, con il vaccino, è possibile prevenire questa patologia negli anziani e nei soggetti fragili.

Tornando ai bambini “la cosa importante è proteggerli nei primi mesi di vita – sottolinea Bonanni – Abbiamo in questo momento 2 approcci: anticorpi monolocali da somministrare direttamente all’ospedale nel bambino che nasce d’inverno e che potrebbero essere somministrati ad ottobre se nasce in estate, ovvero prima dell’inizio della stagione dell’Rsv, che è quella invernale. Dobbiamo proteggere i piccoli – ribadisce – vorremmo somministrarlo a tutti: i neonati sono tutti a rischio. Poi ci sono anche le vaccinazioni in gravidanza, ma vale soprattutto per i bambini che nascono in inverno”, conclude l’esperto.

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Papi (UniFe), ‘prevenire virus sinciziale in over 60 riduce ricoveri’

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‘Atteso da 60 anni, l’anti-Rsv ha efficacia tra 80 e 90% proprio nei più fragili’

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“Nei pazienti a rischio, fragili per età o presenza di altre malattie croniche come la broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco), il diabete o il rischio cardiovascolare, è più facile avere una infezione che porti a ospedalizzazione. Prevenire l’infezione da virus respiratorio sinciziale (Rsv) significa prevenire le forme più gravi della malattia e il peggioramento del quadro clinico generale”. Così Alberto Papi, professore ordinario di Malattie apparato respiratorio, università di Ferrara, commenta l’autorizzazione, da parte della Commissione europea, di Arexvy*, primo vaccino per proteggere gli adulti, dai 60 anni d’età in su, dalla malattia del tratto respiratorio inferiore.

“Lo abbiamo atteso per 60 anni. Oggi abbiamo un vaccino per l’Rsv che previene l’infezione con un’efficacia superiore all’80% e fino al 90%, soprattutto nelle persone fragili e più a rischio di malattia grave”, aggiunge Papi, primo autore dello studio registrativo che ha portato all’approvazione dell’anti-Rsv negli over 60. “Il 70% dei soggetti considerati, aveva almeno una comorbidità, quindi una malattia come la Bpco o il diabete, e proprio su questa popolazione la risposta è stata addirittura del 90%”.

Le persone che hanno un’immunità compromessa, come “gli anziani con Bpco, diabete o malattia cardiovascolare – spiega il professore – in seguito all’infezione da virus respiratorio sinciziale, hanno un rischio più alto di sviluppare forme gravi di questa patologia, tanto da richiedere l’ospedalizzazione che, in questi pazienti, è dalle 3 alle 10 volte più frequente.” Avere uno strumento, come il vaccino, che riduce il rischio di ricovero è molto importane. “In pazienti con già una patologia cronica come la Bpco, per esempio – continua Papi – un’infezione come la Rsv può scatenare una riacutizzazione dei sintomi, nonostante un buon controllo farmacologico. Tale condizione può richiedere l’ospedalizzazione e peggiorare il quadro clinico generale: ogni riacutizzazione, infatti, aggrava la progressione della malattia cronica. Dobbiamo prevenire quello che possiamo”.

Tornando allo studio registrativo “già i dati della prima stagione – sottolinea il primo autore – mostravano una significativa differenza di incidenza dell’infezione, parliamo di 7 mesi di vaccinazione: significa che è molto efficace. Arriveranno i dati della seconda stagione e poi ne attendiamo una terza: step necessari per capire con che frequenza vaccinare – aggiunge Papi – Nella formulazione c’è un adiuvante che favorisce la risposta immunitaria anche nell’anziano, tanto che è simile a quella dei giovani e quindi efficace”.

Un aspetto che ha particolarmente colpito Papi è la sensibilità dimostrata dai pazienti fragili nei riguardi di questa forma di prevenzione. “Su questo – osserva – il Covid ha fatto la differenza. Ho visto pazienti bussare alla porta chiedendo di essere arruolati nello studio clinico, non era mai accaduto. C’è un cambiamento nella percezione di una prevenzione attiva – conclude lo pneumologo – le misure per la prevenzione che si possono mettere in atto, vanno messe in atto”.

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Coronavirus

Andreoni (Simit), ‘anti-Rsv era atteso, virus causa polmoniti anche in adulti’

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‘Autorizzazione europea premessa per ok Aifa entro prossima stagione’

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“L’autorizzazione europea era molto attesa e risolve un grande problema di sanità pubblica perché il virus respiratorio sinciziale (Rsv) è molto importante per le polmonite virali non solo nel bambino ma anche nel soggetto adulto”. Lo ha detto Massimo Andreoni, professore di Malattie infettive all’Università Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), commentando all’Adnkronos Salute l’autorizzazione in Ue di Arexvy*, primo vaccino per proteggere gli adulti, dai 60 anni d’età in su, da questa infezione del tratto respiratorio inferiore.

Il via libera della Commissione europea “è la premessa – continua – perché il vaccino venga presto riconosciuto dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e possa essere disponibile anche in Italia. Tecnicamente potrebbe essere già disponibile per la prossima stagione. I tempi sono stretti e sempre imprevedibili, ma auspichiamo che per l’arrivo dell’autunno possiamo anche a noi averlo a disposizione”.

Nella prevenzione “possiamo fare la differenza – continua Andreoni – L’Rsv è uno dei virus responsabili di polmoniti estremamente gravi non solo nel bambino ma anche nel soggetto adulto. E’ un virus respiratorio che si trasmette facilmente per via aerea ed è la causa, insieme a quello influenzale, della metà delle polmoniti virali”. La gravità “è dovuta alle scarse armi farmacologiche a disposizione per queste forme estremamente severe che comportano l’ospedalizzazione e anche un rischio di morte – aggiunge – soprattutto nei soggetti più fragili che non sono solo cardiopatici, neuropatici e diabetici, ma anche gli immunodepressi”.

L’infezione da Rsv, è “un malattia seria che abbiamo imparato a conoscere nei bambini – riflette l’esperto Simit – ma che stiamo vedendo anche negli anziani. È una cosa nuova in questa popolazione, ma causa 15mila decessi solo negli Usa e, in circa l’80% dei casi, sono soggetti con più di 65 anni. L’età – ribadisce Andreoni – è un fattore di rischio. Ce ne stiamo accorgendo adesso perché abbiamo tecnologie diagnostiche più accurate, la diagnosi di polmonite virale era poco rilevabile perché non avevamo test diagnostici adeguati al di là dell’influenzale e del coronavirus. Avendo tecnologie che ci permettono la diagnosi eziologica abbiamo visto che il virus sinciziale ha un impatto importante, tra tutte le polmonite virali”.

Questa è una vaccinazione in più che si potrà fare, insieme all’antinfluenzale e all’anti-Covid. “C’è il timore delle troppe vaccinazioni – riflette Andreoni -. Dobbiamo partire da un altro concetto. Nei bambini facciamo 5-6 vaccini contemporaneamente. Il nostro organismo è abituato a venire a contato con tanti antigeni. Ci dobbiamo preoccupare di prevenire malattie che si possono evitare. In questo momento – aggiunge l’esperto – non ci sarà l’indicazione della somministrazione contemporanea, si procede a piccoli passi. Per influenza e Covid abbiamo già questa indicazione, per quello contro l’Rsv molto presto avremo i dati. In questo momento, averlo a disposizione – conclude – è già un traguardo importante, si avvicina il tempo in cui potremo avere un’arma contro un’infezione che non è rara”, anche nell’anziano.

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Vaccini: Vitale (UniPa), ‘entusiasta di avere nuovo strumento contro Rsv’

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“Come operatore di sanità pubblica sono entusiasta di avere a disposizione questo nuovo strumento”. L’infezione da virus respiratorio sinciziale (Rsv) è “una patologia poco conosciuta e invece prevalente, soprattutto durante il periodo invernale, e che si può confondere con l’influenza perché fa parte delle Ili (Influenza Like Illness). E’ una patologia che può avere serie conseguenze, soprattutto per la fascia di popolazione più anziana e più fragile con immunocompromissione, contro la quale non abbiamo avuto finora né una terapia specifica né una possibilità di prevenzione”. Così Francesco Vitale, docente di Igiene e Medicina preventiva e direttore di Epidemiologia clinica all’ospedale Policlinico di Palermo, all’Adnkronos Salute, commentando l’autorizzazione, da parte della Commissione europea, del primo vaccino per proteggere gli adulti, dai 60 anni d’età in su, dall’Rsv.

“Oggi, finalmente – aggiunge Vitale – abbiamo un vaccino che è adeguato dal punto di vista dei dati tecnici e delle valutazioni scientifiche: nei trial autorizzativi ha dato prova di grande efficacia. Spero che possa essere disponibile già per la prossima stagione invernale quando sarà importante cominciare a vaccinare le persone”.

Riflettendo sull’impatto che la patologia ha sulla popolazione anziana rispetto a quella infantile, Vitale osserva che “la popolazione dei bambini, nei primi due anni di vita, è una popolazione che, in Italia, è inferiore a 1 milione mentre la popolazione italiana con più di 65 anni è composta da circa 14 milioni di persone. Pertanto – continua – se è vero che l’incidenza dell’infezione della malattia da Rsv è più alta nei bambini molto piccoli, è anche vero che pure una minore incidenza nella popolazione over 65 anni significa un numero di casi molto superiore, anche perché interessa persone anziane con comorbosità. Questo significa che se noi usassimo bene questo vaccino – sottolinea – così come anche gli altri ovviamente, potremmo risparmiare davvero migliaia di casi, di ospedalizzazioni ma anche di morti”.

“In occasione dell’ultimo congresso mondiale di sanità pubblica che si è svolto a Roma lo scorso maggio – prosegue il professore – abbiamo presentato una stima ottenuta con un modello matematico sulla base di dati americani, che sono in grado di conteggiare i casi di Rsv in maniera molto più precisa. Ebbene, se noi avessimo le stesse incidenze che si osservano negli Stati Uniti – spiega – in Italia dovremmo aspettarci di avere, negli adulti over 65 anni, circa 420mila casi di infezione da Rsv, circa 21mila ospedalizzazioni e circa 3.500 morti per anno. Questo è il carico di malattia che potremmo evitare o per lo meno limitare utilizzando bene uno strumento come quello vaccinale”.

“La mia maggiore preoccupazione – osserva Vitale – sta nel fatto che ancora non abbiamo il Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2023-2025 che è pronto dalla fine del 2021, ha già passato il vaglio degli organi tecnico-scientifici, ma è bloccato in Conferenza Stato-Regioni a causa dell’aumentato costo della prevenzione vaccinale. In questo piano ancora non c’è questo vaccino, che costerà quindi qualcosa in più, ma quando il Piano già viene bloccato perché si discute di un aumento di costi di circa 200 milioni di euro all’anno per tutta Italia, per tutti i vaccini – che è una cifra veramente minima rispetto a quanto costano alcuni farmaci – ebbene sono preoccupato perché abbiamo uno strumento importante per una prevenzione importante ma se poi non potremo utilizzare questo vaccino sarà un fallimento”, conclude l’esperto.

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Salute e Benessere

Alimenti, controlli Nas in grossisti e distributori cibi etnici, irregolarità nel 50%

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Controlli mirati, nelle ultime settimane, da parte del Comando dei carabinieri per la Tutela della Salute contro forme illecite di commercializzazione di prodotti etnici importati e distribuiti su ampie aree del territorio nazionale. I carabinieri Nas hanno effettuato circa 700 ispezioni dalle quali sono emerse irregolarità in 329 strutture, pari al 50% circa degli obiettivi controllati. Sono state segnalati all’autorità giudiziaria e sanitaria oltre 300 operatori di settore e contestate 540 sanzioni amministrative, per un valore complessivo di oltre 500mila euro.

Come fa sapere il Nas, sono stati trovati alimenti con la data di scadenza superata, cancellata e successivamente modificata in modo da procrastinarne la validità. Scoperte anche 25 tonnellate di carni in pessimo stato di conservazione e in presenza di escrementi di roditori, altri prodotti di origine extra comunitaria completamente ricoperti da liquido congelato, percolato dal soffitto a causa del malfunzionamento dell’impianto di refrigerazione.

Nel complesso, sono state sequestrate 2000 tonnellate di prodotti alimentari non idonei al consumo in quanto privi di tracciabilità, in cattivo stato di conservazione e o detenuti in locali interessati da carenze igieniche e/o con etichettatura irregolare, per un valore commerciale di circa 4 milioni di euro. E’ emerso anche l’uso di magazzini abusivi di stoccaggio dei prodotti, depositi in pessime condizioni igienico-sanitarie, ambienti mancanti dei minimi requisiti sanitari, strutturali e di sicurezza per i lavoratori, che hanno comportato l’applicazione di provvedimenti di chiusura o sospensione dell’attività a carico di 15 imprese commerciali.

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