Intervista esclusiva a Raffaele Poggio: tra musica e recitazione, il messaggio di “Egualmente Colpevoli”
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E’ in rotazione in radio e disponibile in tutti gli store digitali Egualmente Colpevoli, il nuovo singolo di Raffaele Poggio. Un lavoro ricercato che lancia un messaggio ben specifico, proprio come il cantante ci ha svelato in questa intervista, dove ha parlato anche della sua passione per la recitazione, che presto lo porterà in una fiction Rai.
Intervista a cura di Roberto Mallò.
Raffaele, lo scorso 6 marzo è uscito Egualmente Colpevoli, il tuo nuovo singolo. Il videoclip è abbastanza particolare. Come ti è venuta l’idea?
“Nel videoclip volevo raccontare le emozioni provate e non i personaggi della storia. Nel brano si parla di un argomento scomodo, ossia il tradimento, che non è solo quello fisico, capace di scatenare varie dinamiche. Volevo descrivere in modo simbolico e artistico le emozioni provate dai personaggi coinvolti. Non a caso, il videoclip è suddiviso in capitoli, dove ogni emozione ha un determinato titolo. Parlo di un tradimento con una persona del proprio sesso perché la storia è incentrata su un uomo e una donna che hanno poi delle dinamiche con un altro uomo e un’altra donna. Ho pensato dunque che il modo più semplice per fare apprendere alle persone ciò di cui stavo parlando fosse quello di utilizzare un linguaggio universale, come lo sono appunto le emozioni e gli stati d’animo. Aspetti che le persone possono recepire meglio, a differenza di una cosa, magari, troppo trasgressiva o forte. Ho cercato, così come è il mio modo generale di comunicare, di analizzare l’essere umano secondo quei punti là, evitando di esagerare. Si toccano vari punti, come la demascolinizzazione dell’uomo da parte della donna, che porta la coppia protagonista del video ad allargare le loro dinamiche. Un lavoro che è stato diretto da Gianfranco Busanca”.
L’idea del video è completamente tua o è stata studiata insieme a Busanca?
“Le storyboard di ogni video sono sempre mie; la storia la creo sempre io, anche se ovviamente Busanca dà il suo apporto per strutturarla tramite le immagini”.
Come ti sei avvicinato al mondo della musica? So che è cominciato tutto quanto in un periodo non proprio felice della tua vita…
“Sì, esatto. Fondamentalmente, la musica c’è sempre stata. Nel momento in cui attraversavo una frase di depressione a casa da solo senza più alcun punto di riferimento, quando si sono verificati sulla mia persona dei fenomeni di bullismo e così via, la musica era un modo per viaggiare lontano. In seguito, quando ho iniziato ad essere artista e a creare note e parole, quella è stata una cosa diversa e consapevole perché volevo parlare di argomenti che potessero arrivare a persone che avevano bisogno di una voce o, più semplicemente, di qualcuno che parlasse di loro. Si può trattare un argomento, come la violenza in casa o sulle donne passando per il bullismo o la depressione, ma non si capisce mai fino in fondo cosa si prova se non lo si è vissuto in prima persona. Se lo si vive personalmente, le cose cambiano”.
Però è vero che si può parlare di un argomento anche attraverso dei lavori di ricerca, no? Non si deve per forza vivere tutto quanto…
“Certo, anche se le mie canzoni sono un po’ più impegnate, come Egualmente Colpevoli. Non narro sempre un argomento. Tendo, attraverso le strofe, ad essere un po’ ermetico, in modo tale che quella strofa possa voler dire una cosa, ma anche un’altra. Così facendo, posso arrivare a più persone diverse, perché dipende da come ciascun ascoltatore la interpreta”.

Hai avuto dei modelli di riferimento cantautoriali ai quali ti sei ispirato?
“Come tendenze musicali, sono cresciuto con la musica pop classica degli anni ’80 e ’90. Amo il mondo latino e i suoi vari generi, come il reggaeton e la bachata. La produzione che sto portando avanti, da un anno a questa parte, è prevalentemente latina. Lì lo scrivere si basa molto sulla ritmica, bisogna fare molta attenzione a questo aspetto. Gli artisti che generalmente apprezzo sono tanti; nel reggaeton cito sicuramente Maluma. Tuttavia, nello scrivere, visto che nei brani parlo prevalentemente di me, non ho mai preso ispirazione da altri, perché dovevo raccontare ciò che ho vissuto a modo mio”.
Lo scorso anno hai rilasciato il singolo Quedate conmigo, che è andato molto bene ed è stato ai primi posti della classifica europea delle etichette indipendenti.
“E’ un singolo che è nato da un incontro con Angelo Divino, un cantautore cubano che mi ha aiutato a scrivere la parte del brano in spagnolo. Questa è una cosa a cui tengo parecchio: facendo musica latina, voglio che si respiri il vero cuore latino. Purtroppo, in Italia il reggaeton viene spesso storpiato. Invece, avere un ragazzo che, con la chitarra, butta giù la musica latina vera, com’è, è un’altra cosa. Si respira l’aria di quei paesi lontani. Poi è logico che si aggiungono anche tutti quegli elementi moderni per rendere il brano più appetibile e commerciale. In passato, io e Angelo abbiamo anche cantato un brano insieme, Te Estoy Amando. In genere, i miei brani sono quasi sempre italo-spagnoli, che posso scrivere grazie alla collaborazione con Angelo, ed Egualmente Colpevoli è un’eccezione. Volevo fare un testo italiano anche perché me ne serviva uno da presentare a tutti gli eventi collaterali di Sanremo”.
A proposito di Sanremo, come è andata l’esperienza lì?
“E’ stata un’esperienza carica di energia; attraverso le interviste ho avuto modo di fare arrivare meglio la mia percezione, il mio bisogno di comunicazione, oltre che le mie canzoni”.
Lì ti sei presentato con un look decisamente particolare…
“Esatto. Il look aveva un significato ben preciso, perché volevo fare in modo che l’artista venisse visto come un uccello che vuole prendere il volo verso il suo sogno, per arrivare con la musica in modo planetario alle persone. Per questo ho indossato delle piume. Tuttavia, bisogna tenere conto delle varie problematiche che si creano. In primis, i problemi economici nell’autofinanziarsi quando si è degli artisti indipendenti. Ostacoli che ho concretizzato poi con delle catene che mi avvolgevano. Ecco perché avevo una giacca con queste piume di uccello ed ero incatenato. Avevo, infine, un cielo di plastica, che è legato al video. La plastica era intesa come il soffocamento. Nel videoclip di Egualmente Colpevoli, se ci pensi, la plastica soffoca la relazione a quattro; ma può soffocare anche l’artista. Tra l’altro, c’è anche tutta una problematica ambientale legata alla plastica”.

Sono previste delle date in cui porterai la tua musica in giro?
“In questo momento, io ed Angelo stiamo lavorando su una scaletta di brani latini, dove porteremo i miei, i suoi brani e i classici latini che tutti conoscono. Dobbiamo ancora capire se fare un progetto solo acustico o se mettere insieme una band”.
Che feedback hai da chi segue la tua musica?
“Chi mi segue da anni, e questo mi fa piacere, è sempre più affezionato ai brani un po’ più introversi. Quelli che magari sono meno commerciali ma che parlano più di me, delle cose forti, e che collegano a loro. La canzone che è piaciuta maggiormente è quella dedicata a mia mamma, Cuore Rosa, scomparsa nel 2017. In fondo, tutti nella vita abbiamo provato il lutto per una persona cara. E in un testo, dove non parli di cose molto specifiche, tutti possono riconoscersi. Le persone che mi seguono sanno come ragiono, conoscono il mio modo d’espressione. Anche se non disdegnano dei brani dove magari si balla e ci si diverte. Per anni ho sperimentato, spaziando tra la pop, la dance, il reggaeton. Ultimamente mi piace esprimermi con il genere latino; chissà in futuro che cosa accadrà”.
Forse non tutti sanno che sei anche un attore; ci sono dei progetti legati a quest’altra professione?
“Sono impegnato nelle riprese di una serie Rai. Non posso dire nello specifico di che cosa si tratta, ma ne sentirete presto parlare”.
Com’è alternarsi tra il lavoro di cantante e quello dell’attore, visto che sono due professioni diverse?
“Diciamo che nella musica non ho bisogno di un lavoro di ricerca, nel senso che c’è lo studio, ma quello che esce da me si concretizza nella musica. Nella recitazione, invece, mi arriva il copione con il personaggio, devo capire la storia, analizzarla. E, dopo, devo immaginare come Raffaele vivrebbe quello che sta vivendo quel personaggio per essere il più vero possibile e non interpretare qualcun altro. Diciamo che c’è un lavoro ulteriore perché devi andare a scavare dentro di te, dentro i tuoi stati d’animo, gli atteggiamenti corretti da poter applicare e portare poi in scena, sia che sia davanti alla camera, sia che sia sul palco di un tetro. Inoltre, ho sempre due sogni nel cassetto: vorrei essere in un film di Ferzan Ozpetek, perché anni fa avevo fatto un casting ma non avevo ancora nessuna esperienza. Sono stato mandato a Roma all’improvviso, senza aver studiato. Mi sono ritrovato da solo, con Ferzan, nel suo ufficio. E’ stata un’esperienza fantastica. E vorrei fare anche un reality, perché a me piacciono le dinamiche delle persone. Mi piace provocare e smuovere le coscienze, poiché spesso le persone sono limitate. E sarebbe pure un modo per farmi conoscere ulteriormente”.
Da cosa nasce questo interesse per i reality?
“Spesso guardando programmi come l’Isola dei Famosi o il Grande Fratello Vip, così come la televisione in generale, mi rendo conto che ci sono dei punti di vista superficiali, di coscienze dormienti. Visto che lavoro molto su me stesso, penso che se le persone conoscessero di più riuscirebbero ad affrontare meglio le sfide che possono capitare. Mi viene in mente, ad esempio, la filosofia orientale, con il lavoro che una persona può fare su se stessa per migliorare e apprendere di più consapevolmente la vita. Si dovrebbe parlare pure di questo, ma c’è poca conoscenza, che forse è voluta. Non la considero però giusta: in un mondo ci devono essere delle voci differenti che spiegano i diversi modi di affrontare e vivere la vita, di passare le giornate. Chi guarda la tv può dunque restare incuriosito da una cosa che non conosceva e che magari potrebbe essere il suo tassello di svolta come è stato con me”.
La tua è una riflessione personale, giusto?
“Esatto. Quando io stavo male ed ho vissuto una depressione che mi ha portato ad usare degli psicofarmaci, ero nel baratro più profondo. Se un mio amico non mi avesse fatto leggere i libri di Osho, non avrei mai approfondito quel mondo lì. E non avrei avuto in mano degli strumenti che, successivamente, sono stati vitali per risolvere cose molto grosse. A volte basta che ci sia qualcuno che ti parli di qualcosa affinché tu possa avere uno switch”.
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Interviste
Gianni Franco tra favole, cinema e buoni sentimenti: un viaggio leggendario tra passato e futuro

Da giovedì 23 marzo 2023 sarà in tutte le sale cinematografiche con il film Il Viaggio Leggendario, nuova opera del regista di successo Alessio Liguori che ha per protagonisti i DinsiemE, il duo di youtuber composto da Erick Parisi e Dominick Alaimo. Un ruolo, quello di Platone, di cui l’attore Gianni Franco è davvero molto soddisfatto, e che l’ha portato a condividere il set con Herbert Ballerina, Ladislao Liverani e tanti altri attori. Un film che fa da preludio anche ad un altro progetto importante: sarà infatti nel cast della seconda stagione di Vita da Carlo, la serie scritta e diretta da Carlo Verdone. Ecco, quindi, che cosa ci ha raccontato Gianni Franco.
Intervista a cura di Roberto Mallò
Salve Gianni, è tra i protagonisti de Il Viaggio Leggendario, in uscita nelle sale il prossimo 23 marzo. Che cosa dobbiamo aspettarci dal film?
“Una gran bella favola, che ha per protagonisti due ragazzi che si vogliono bene. Gli stessi che verranno catapultati all’interno di un videogioco e viaggeranno in tre mondi leggendari: Camelot, Atlantide e Diamante. Si troveranno dunque a vivere mille disavventure: incontreranno i pirati nel mondo di Atlantide, con il buon Platone che cercherà di aiutarli; interagiranno con Ginevra a Camelot e non mancherà Re Artù. Tutti personaggi da favola che saranno un vero e proprio toccasana per i bambini; sono sicuro che andranno pazzi per la storia che abbiamo raccontato. Quelli che hanno potuto assistere all’anteprima erano eccitatissimi, ridevano, giocavano e si divertivano come pazzi. Si sono affezionati ai personaggi, persino al cattivo, il capitan Sarrangia. Un nome comico, che nasconde un cattivone che, ad un certo punto, verrà sconfitto”.

Lei interpreta Platone. Quali caratteristiche ha il personaggio?
“E’ un Platone diverso da quello che conosciamo; è simpatico e riservato ai bambini, non è quello storico. Non mi sono trovato certamente a fare un’interpretazione per i grandi. Il film parla ai bambini; direi che ha come target un pubblico dai 5 ai 10 anni. E ho constatato che il cinema Adriano, dove è stata fatta la prima, era veramente strapieno. Abbiamo avuto un continuo applauso. Un tripudio, con autografi da tutte le parti, che ci ha reso felicissimi”.
A proposito della presentazione, si è detto soddisfatto di questo nuovo film perché parla di buoni sentimenti.
“Sì, penso che nel 2023 sia arrivato il momento di tornare ai buoni sentimenti. La favola che raccontiamo ne Il Viaggio Leggendariofa sognare grandi e piccoli. Anche se il target, dal mio punto di vista, arriva fino ai 10 anni d’età, ritengo che la pellicola possa rivolgersi anche alle madri e ai padri dei bambini. D’altronde, siamo stufi tutti quanti di cattiverie, di assassinii, di morti ammazzati all’interno dei prodotti audiovisivi. Non voglio fare i nomi delle produzioni, che sono realmente fatte bene, ma ritengo che inducano i giovani all’imitazione. Quei giovani che vogliono emulare, secondo loro, quelli che ritengono eroi, ossia personaggi negativi che hanno trasformato in veri e propri miti a cui devono somigliare. Per questo c’è tanta violenza nel mondo. Dal canto mio, penso invece che si debbano raccontare i buoni sentimenti, come l’amore. Se si torna ad assistere alle favole, con delle persone che si amano ed hanno il giusto lieto fine, si può dare l’input per essere propensi a fare del bene”.
Se non sbaglio non è la prima volta che si confronta con una favola per bambini, no?
“Esatto, quando avevo trent’anni ne dimostravo circa diciotto, al massimo venti. Ero biondo con dei capelli lunghi, con gli occhi azzurri ed ero magro. E in quel periodo ho fatto una favola per Rai Tre che si intitolava Stretta la foglia, larga la via. Il mio ruolo era quello del principe azzurro su un cavallo bianco che andava a dare un bacio alla bella addormentata nel bosco. Parliamo di circa quarant’anni fa, con la regia di Mario Procopio, persona squisita e un grande professionista. Era una favola stupenda. Genere che in quegli anni andava in voga, come Fantaghirò e così via”.

Il viaggio Leggendario è stato diretto da Alessio Liguori. Aveva mai lavorato con lui?
“Non avevo mai lavorato con Alessio, che è stato una bella scoperta. Sono davvero felice di aver trovato una brava persona e un bravo regista come lui. Tra l’altro, anche Liguori ha detto la stessa cosa di me. Per Il Viaggio Leggendario ho fatto un provino, che è piaciuto ad Alessio. Ed è una cosa bellissima, perché mi ha confessato, quando ci siamo incontrati la prima volta, di non aver voluto vedere poi altri attori. Ha capito fin dal primo istante che dovevo essere io Platone. Ha detto subito: ‘Il mio Platone è lui’. E’ davvero una bravissima persona, umana e squisita, oltre che un bravissimo regista. Fa dei bei film e sa passare con maestria da un genere a un altro: dai thriller alla favola per bambini”.
A quali altri progetti si sta dedicando in questo periodo?
“C’è la seconda stagione di Vita da Carlo, la serie di Carlo Verdone. Mi ha fatto fare un provino, che non pensavo di vincere, così come è stato. Interpreto un prete che racconta una barzelletta molto scurrile e che fa ridere. Non a caso, mi dice: ‘Eh, eh Padre, raccontare una barzelletta così’. Un ruolo molto difficile da recitare poiché si svolge il tutto in una frazione di secondi. Se ne sbagliavo soltanto uno, la barzelletta non faceva più ridere. Una questione di tempistiche difficilissime, dove non si poteva sbagliare e c’era di fronte tutta la produzione. Compreso Christian De Sica, che era vicino a Carlo. E’ stata un’ansia terribile, veramente”.

Non è la prima volta che incontra Carlo Verdone nel suo percorso d’attore, giusto?
“Esatto. Feci con lui I due carabinieri, Si vive una volta sola e Maledetto il giorno che t’ho incontrato. In quest’ultimo c’era Asia Argento, mentre nel primo Enrico Montesano. Inoltre, tanti anni fa, quando avevo circa 35 anni, feci il protagonista di uno spot per le caramelle alla menta Polo. E la regia, anche in quel caso, era di Verdone. E penso sia l’unico che lui ha fatto come regista”.
C’è poi lo spot di Poste Italiane…
“Sì. Lì sono Nonno Fausto di Poste Italiane, il protagonista assoluto dello spot, che fa parte del progetto Polis. C’è stata la presentazione con il Presidente Sergio Mattarella, con il Premier Giorgia Meloni, con Matteo Salvini. Lo hanno proiettato alla sala dei congressi La Nuvola. E’ uno spot davvero molto bello”.
In virtù delle considerazioni che abbiamo fatto prima, cosa pensa del cinema di oggi? C’è qualcosa che si potrebbe fare per migliorarlo?
“Il cinema di oggi andrebbe valorizzato con delle storie un po’ meno violente. Non c’è bisogno di parlare sempre di sparatorie. Ad esempio, trovo molto bella la fiction Cuori, ambientata a Torino nell’ospedale Le Molinette. Vorrei che il cinema trattasse anche storie di sentimenti. Ci possono essere anche dei prodotti, con degli attori bravissimi, che fanno commuovere e tra questi rientra Cuori. Ce ne sono anche altre, ma questa fiction mi piace davvero molto. Vorrei davvero che si tornasse a quella tipologia lì, pure nel cinema. Ci sono dei giovani registi molto bravi, che dovrebbero scrivere però delle storie con il lieto fine e l’amore come fulcro. Il fulcro deve essere l’amore; ci dobbiamo voler bene. Ma, purtroppo, il cinema di oggi è diverso”.
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Interviste
Tra Forum e Radio, Turchese Baracchi svela i segreti del suo successo e la nuova avventura con J&T Show

E’ stata per anni uno dei volti quotidiani di Forum, il celebre programma Mediaset condotto nelle ultime stagioni da Barbara Palombelli. Parliamo della scrittrice e conduttrice Turchese Baracchi, attualmente in onda su Radio Cusano Campus con il suo format storico Turchesando e la novità J&T Show, dove ha al suo fianco l’amica Jessica Selassiè. Un’esperienza, frutto della sua lunga carriera, di cui ci ha parlato in questa intervista.
Intervista a cura di Roberto Mallò
Turchese, in questo periodo è impegnata con diversi progetti…
“Sì, innanzitutto c’è Turchesando, un format che mi segue ovunque io vada. E’ una trasmissione radiofonica, condotta in precedenza sul web. Da lì, mi ha sempre seguito in vari emittenti radiofoniche, fino ad arrivare ad oggi, su Radio Cusano Campus. Una realtà splendida, piena di gente volenterosa, in gamba e capace. L’editore Stefano Bandecchi ci crede e investe energie e soldi nei giovani. Sono molto contenta perché Turchesando, si può dire, è una delle trasmissioni di punta della radio, che è una radio nazionale”.
Spesso le interviste che si svolgono all’interno di Turchesando anche una grossa risonanza mediatica e vengono riprese da vari blog e siti…
“Esattamente. Sono sempre tutti attenti e con le orecchie dritte quando c’è un’intervista su Turchesando. In qualche modo riesco a mettere a mio agio gli ospiti, che vengono, si confessano e fanno, in mia compagnia, quella che amo definire una chiacchierata rilassata. Sono, infatti, dell’idea che ci debba essere un’armonia, uno scambio allegro, divertente, frizzante e, a volte, profondo ed intenso. Tutti elementi che non devono mancare quando si fa una chiacchierata con qualcuno. Alla fine, Turchesando non è una fredda e mera intervista, ma uno scambio tra amici come se fossero in un bar o sul divano di casa. Il pubblico che ci segue è super partecipativo, così come i giornali. Ad esempio, è venuta ospite da me Taylor Mega, che ha fatto delle dichiarazioni molto forti, che puntualmente sono state riprese. Forte di ciò, Turchesando continua ad andare in onda tutti i sabati e le domeniche dalle 13 alle 14 con ospiti eccezionali, che sono anche nella maggior parte dei casi dei miei grandi amici”.
Sceglie personalmente gli ospiti di Turchesando? In basi a quali caratteristiche?
“Li scelgo tenendo conto di alcuni criteri, ma anche in base al momento in cui l’ospitata viene realizzata. Se c’è un argomento caldo cerco di chiamare i protagonisti diretti o indiretti legati allo stesso per poterne parlare insieme. Capita anche di alzarmi una mattina con un argomento che mi frulla per la testa e penso a chi chiamare. Infine, ogni tanto do l’opportunità a degli amici che devono promuovere qualcosa, che sia un libro, un disco, un singolo, un film, uno spettacolo teatrale e così via. E pure questo mi fa piacere. Perché credo che ci debba essere sinergia, un aiutarsi reciprocamente”.

Turchesando ha dunque fortemente la sua impronta?
“Sicuramente a Turchesando faccio tutto io; scelgo gli ospiti, faccio la scaletta. Anche se, sinceramente, vado molto a braccio, non mi preparo quasi nulla. Prendo giusto delle informazioni su alcuni dettagli della vita degli ospiti che si susseguono nelle varie puntate che possono sfuggirmi o che posso non sapere. In generale, però, mi piace la spontaneità che si viene a creare con gli ospiti, insieme allo scambio umano e alla fiducia. Le persone vengono da me con piacere perché sanno che non gli farò mai un’imboscata. Se mi chiedono di non parlare di un argomento, non li farò mai trovare di fronte al fatto compiuto. Non voglio approfittare di una diretta, con i microfoni aperti, per fare una domanda scomoda. Questo non l’ho mai fatto e credo che ripaghi. Le domande non vengono mai concordate in precedenza, ma mi faccio lo scrupolo di chiedere ai miei ospiti se c’è qualcosa di cui non vogliono parlare. E se me lo espongono, non tratto quell’argomento”.
E su Radio Cusano Campus è partito di recente J&T Show, il programma che conduce con Jessica Selassiè.
“Proprio così. Da me, ho avuto varie volte ospiti, a Turchesando, le principesse Selassiè. E’ nata così una bellissima sinergia che mi ha portato a proporre all’editore, al direttore e a tutti i miei collaboratori l’idea di poter fare un altro programma, insieme a Jessica. Mi hanno detto subito sì con entusiasmo e dallo scorso 24 gennaio, tutti i martedì dalle 18.30 alle 19.30 in diretta in radiovisione sul canale del digitale terrestre televisivo Cusano Italia, è partito appunto J&T Show. Un titolo che, letto con la e normale invece di quella commerciale, rimanda al jet, perché il programma è pronto a spiccare il volo, a decollare. E’ questo il doppio significato che abbiamo voluto dargli, perché J&T in realtà nasce come Jessica e Turchese”.
Com’è strutturata questa nuova proposta radiofonica?
“Ci sono tre momenti importanti all’interno della trasmissione. Parliamo di perle d’amore, un segmento dove è richiesta la partecipazione attiva del pubblico, visto che è chiamato a mandarci dei vocali di circa 15 secondi ed i più accattivanti vengono mandati in onda. Non manca nemmeno il momento gossip, come quello legato a Harry e Meghan sul loro presunto divorzio, a cui segue quello fashion. Di volta in volta, man mano che le puntate andranno avanti, ci saranno delle grandissimesorprese, oltre ai collegamenti con degli ospiti. Inoltre, lasceremo frasi importanti ai nostri amici in ascolto”.

Siete entusiaste lei e Jessica di questa trasmissione?
“C’è allegria, positività e voglia di fare. E, per quanto mi riguarda, ci sono dei futuri progetti televisivi in fase di partenza. Ma ne riparleremo più avanti, quando ci sarà un po’ più di concretezza. Inoltre, un po’ di scaramanzia non fa mai male”.
J&T Show segna il debutto in radio di Jessica Selassiè. E’ diventata una sorta di tutor per lei? Le sta dando tanti consigli, immagino…
“Proprio così. E sono contenta perché a me gratifica dare una mano alle persone. Cerco sempre di dare delle occasioni a chi vale. L’ho fatto tante volte, anche se in rari casi ho ricevuto poi un po’ di gratitudine, che purtroppo non fa parte di questo mondo. Tuttavia, di Jessica sono molto contenta perché credo che sia una ragazza davvero per bene, oltre che simpatica. Quando serve, inoltre, è spregiudicata, nel senso che dice quello che pensa senza filtri, ma in modo carino ed elegante. Le sto dando, ovviamente, dei consigli, ma abbiamo cominciato a divertirci insieme già dalla registrazione dei promo. Ed è una bella cosa, perché quando ti diverti tu per prima poi trasmetti agli altri la serenità e l’armonia a chi ti ascolta. Parlando di Jessica, è davvero amatissima. Ha un esercito di fan meravigliosi, perché ognuno ha davvero quelli che si merita. In base a come sei, i fan ti rispecchiano. Questa è una grandissima verità”.
Che tipo di feedback hai da parte di chi ti segue?
“Sono felicissima perché, per me, la stima e l’affetto delle persone che mi seguono sono davvero la più grande soddisfazione. Fin da tempi di Forum, devo dire, le persone mi trasmettono un affetto, una stima, una costanza incredibile, commovente. Nonostante ci siano dei rapporti solo virtuali tramite i social, con persone che non ho mai visto dal vivo, noto che in tanti mi seguono da anni. E li posso definire, veramente, quasi amici. E questo mi fa stare veramente bene, mi riempie il cuore”.
Quando è nata la sua passione per la radio? C’è sempre stata o è arrivata in un momento preciso della sua vita?
“Vengo da una famiglia di spettacolo. Mio nonno era un produttore cinematografico della commedia all’italiana. Senza dubbio, il senso dello spettacolo e l’amore per il pubblico ce li ho sempre avuti dentro. Poi, un giorno, ho fatto per caso il provino per andare a fare l’opinionista a Forum. Una cosa che ho fatto, più che altro, per imparare a scrivere. Volevo toccare con mano quello che succedeva in uno studio televisivo per imparare a sviluppare meglio dei format miei. La scrittura, infatti, è una mia passione, visto che ho scritto un libro, dei teen drama. Comunque sia, è proprio grazie a Forum che è scoppiato il mio amore per la televisione. E, dopo i sette anni come opinionista di punta nel tribunale di Canale 5, ho cominciato in radio con delle puntate che mi ha fatto fare Maurizio Costanzo su Radio Rai1 con L’uomo nella notte. E lì è cresciuto ancora di più l’amore folgorante per la radio e la televisione. Appena è stato possibile, ho cominciato a fare la mia piccola trasmissione televisiva sul web, sul divano di casa mia, che era seguitissima. Avevo 150mila connessi all’epoca in cui gli algoritmi di Facebook funzionavano ancora in un certo modo. Prima ancora dell’avvento di Instagram. Era il mio programma televisivo fai da te. I social sono un mezzo davvero democratico, perché il periodo non avevo opportunità di avere uno spazio televisivo tutto mio. Sicuramente facevo l’ospite, come capita tutt’ora, visto che vado tranquillamente sia alla Rai, sia a Mediaset per fare l’opinionista”.
A proposito dei programmi televisivi a cui ha preso parte, quali ricorda maggiormente?
“Ho fatto per diversi anni Mattino Cinque. C’è stato poi, su Rete 4, Ieri oggi italiani, dove ero l’unica opinionista di studio al fianco di Roberto Olla e Rita Dalla Chiesa. Un programma scritto e ideato da Maurizio Costanzo. Attualmente, vado spesso da Eleonora Daniele, su Rai1, a Storie Italiane. Diciamo che tra la tv e la radio, sicuramente, ho trovato la mia dimensione. Ogni tanto mi butto nella scrittura e, quando ho voglia di socializzazione, organizzo degli eventi nel casale che ha mia mamma a Roma e che si chiama Casale Saraceni”.

Quando si pensa a lei è impossibile non ricordare Forum, visto che era ed è tutt’oggi un volto popolarissimo della trasmissione.
“Sì, ed è sempre un piacere continuare ad andarci come ospite.Ancora oggi mi fermano per Forum. Nonostante i miei due anni e mezzo a Mattino Cinque, le mie ospitate su Rai1, tutti mi ricordano lì con affetto me e dicono che manco. Per me, Forum è sempre casa e famiglia. C’è una squadra pazzesca di autori, truccatori, parrucchieri. Inoltre, voglio un bene incredibile a Barbara Palombelli, che stimo profondamente. E’ una professionista veramente di livello. Ed è una persona profondamente umana. Molto di più rispetto a tantissime persone che sembrano maggiormente dolci, amabili. Barbara sta lì, sembra tutta d’un pezzo per via del suo apparente atteggiamento distaccato, ma invece non è per niente così. E’ una persona che se deve aiutare aiuta, se deve consolare consola. Le voglio davvero molto bene. Ha l’animo grande ed una professionalità davvero unica”.
Importante nel suo percorso è stato anche Maurizio Costanzo, che ha nominato più volte…
“Senza dubbio. Costanzo è stato un punto di riferimento, un vero consigliere. Conosceva mio nonno, con cui aveva lavorato, e mio papà. Mi sono laureata con lui. Indubbiamente, è una persona che, come Barbara Palombelli, stimo profondamente. Ho avuto la fortuna di vivere certi momenti con lui; ho potuto ‘rubare’ dal suo immenso cervello degli insegnamenti che mi porterò sempre avanti”.
Si è prefissata qualche sogno o obiettivo da raggiungere nella sua carriera?
“Sogno di avere, prima o poi, un mio bellissimo programma televisivo da condurre. Mi piacerebbe avere un talk show o un approfondimento. Ho scritto tanti format, vediamo. Sicuramente, bisogna bussare alle porte e non rimanere a casa. Altrimenti non succede niente. E sono del parere che chi merita forse riesce. Se si rimane chiusi a casa vanno avanti soltanto le persone che cercano scorciatoie. Che ci sono anche quando esci di casa, ma chi la dura la vince. In qualche modo, le qualità di una persona, probabilmente, riescono ad uscire fuori. Infine, vorrei scrivere un altro libro. Del primo che ho scritto – Il manuale della conquista certa. Non esistono uomini inconquistabili – mi hanno proposto di farci una serie, ma chissà. La prefazione è stata scritta da Maurizio Costanzo.
Insomma, si muove su vari campi…
“Mi piace la comunicazione a tutti i livelli; chi lo sa, magari in futuro potrei pure fare un singolo, visto che amo cantare sotto la doccia, in chiave dance. Sarebbe anche questa una bella esperienza da raccontare”.
Chi è Turchese Baracchi nella vita di tutti i giorni? Che cosa fa quando ha un po’ di tempo libero per sé?
“Ritengo di essere molto simile alla Turchese che si vede in tv e in radio; amo lo sport, prendermi cura di me stessa con la palestra e le lunghe passeggiate. Adoro viaggiare. Sono della bilancia, ragione per cui mi ritengo un animale socievole e sociale. Pur avendo pochi amici veri, ho tantissimi conoscenti con i quali mi piace trascorrere il tempo sia davanti al camino, sia ai grandi eventi. Mi piace approfondire sempre di più le idee che mi passano per la testa; sono sempre in fermento”.
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Interviste
Ginevra Lamborghini: «Mia sorella Elettra? Io tifo per la famiglia. Con Marco Bellavia solo rapporti formali»

Un cognome importante, quello dei Lamborghini. Nella bellissima serata evento di Nemea a Cardito (NA), abbiamo incontrato anche Ginevra Lamborghini, reduce dal Grande Fratello VIP, un’amicizia speciale con Antonino Spinalbese che è ancora nella casa del reality e adesso concentrata sui suoi progetti musicali. Ecco la nostra intervista esclusiva!
Prima domanda direi d’obbligo: un bilancio del tuo Grande Fratello tra le mille polemiche per adesso sopite… Come va?
“Direi bilancio positivo, alla fine anzi estremamente positivo. Abbiamo chiuso in bellezza. Mi sono divertita tantissimo, è stata un’esperienza superlativa. Io ancora ringrazio dell’occasione Alfonso Signorini che mi ha concesso di vivere questo piccolo sogno.”

Sognavi il reality?
“Sì. Perché da quando sono piccolina, l’ho sempre seguito, e mi sono sempre immaginata in quella casa. Viverci è un qualcosa di molto emozionante, unico ed irripetibile.”
Come va con Marco Bellavia dopo le tante polemiche che ti hanno vista coinvolta?
“Non abbiamo mai instaurato un rapporto idilliaco con Marco. Lo vedo in studio, abbiamo un rapporto fatto di questo… molto formale. Buongiorno e buonasera. Niente di più e va bene così.”

E come va con tua sorella Elettra Lamborghini? Meglio? O tutto tace?
“Io tifo per la famiglia ma questa domanda su mia sorella dovresti farla a lei. Chissà cosa risponderebbe lei!”
Cosa ti porterai di questa esperienza?
“Tanti ricordi ma anche tutto quello che mi ha portato il Grande Fratello una volta uscita dalla casa. Ovvero la possibilità di essere conosciuta, ovviamente, avere un legame con le persone che mi seguono.”
Quali sono i tuoi progetti futuri?
“Musica, musica, musica ed ancora tanta musica. Non posso svelarvi nulla di preciso… ma sono in fase di progettazione, produco, sto andando avanti con tante canzoni nuove.”

Il tuo cuore come sta?
“Il mio cuore sta bene! Il mio San Valentino di quest’anno sono stata io… per adesso mi reputo una donna libera, focalizzata su di me. È questo è il regalo più bello che io possa farmi. Darmi il tempo e vivermi questa nuova situazione che spero duri tantissimo.” E quando Antonino uscirà, si vedrà (ndr).
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Interviste
Intervista esclusiva a Marina Tagliaferri: «Io e Giulia abbiamo in comune un forte significato dell’ingiustizia»

Romana, attrice poliedrica e doppiatrice, diplomata all’Accademia nazionale di Arte Drammatica Silvio D’amico. Vanta un curriculum che va dal teatro, dove ha lavorato, tra gli altri, con Carmelo Bene, Mario Scaccia, Enrico Maria Salerno e Giorgio Albertazzi, al cinema e alla tv, dove è stata diretta da Francesca Archibugi, Alessandro D’Alatri, Carlo Vanzina e Giorgio Capitani. Parliamo di Marina Tagliaferri, interprete di uno dei personaggi più amati, apprezzati e longevi della fiction di Rai 3 “Un Posto al Sole”: Giulia Poggi. Benvenuta Marina! Grazie per aver accettato il nostro invito.
Vogliamo subito iniziare questa nostra chiacchierata analizzando due parole che, avendo analizzato la sua biografia, sembrano avere per lei un significato molto particolare: pianoforte e Bricca. Che sentimenti, emozioni rievocano alla sua mente?
“Per quanto riguarda il pianoforte è una cosa legata alla mia infanzia. Nella mia famiglia dalla parte delle donne abbiamo tutte studiato il pianoforte. Io ho continuato a farlo anche se non sono bravissima. E’ un oggetto a cui sono molto legata. Non potrei privarmene. Bricca è il nome della mia cagnolina. Era un nomignolo dato a me da alcuni amici napoletani e che ho poi regalato alla mia cagnetta.”
Bene, ora possiamo entrare nel vivo della nostra intervista, durante la quale cercheremo di approfondire aspetti privati e professionali della nostra ospite.
Com’era Marina da bambina, ovvero, di solito l’indole artistica è ben evidente già in tenera età; lei, quando ha iniziato a manifestare interesse per la recitazione e, soprattutto, è stata appoggiata dai suoi familiari o ha dovuto “lottare” per il suo sogno?
“La mia passione per il teatro nasce a 7 anni. Andavo a scuola dalle suore. Loro avevano un piccolo teatro. Scoprii la meravigliosa sensazione del palcoscenico, anche se piccolo e non l’ho più dimenticata. Non posso dire che la mia famiglia mi abbia ostacolato. Diciamo che è stata a guardare. Poi, naturalmente ne è stata fiera.”

Ha iniziato la sua carriera recitando a teatro; quali sono gli aspetti della recitazione teatrale che le sono stati utili, se lo sono stati, anche nel cinema e nella fiction?
“La recitazione è di per se’ una forma di analisi. Questo è forse l’aspetto più utile. Si può fare a meno dell’analista!”
Teatro, cinema, Tv, doppiaggio, pubblicità. Una carriera costellata di successi, ma se dovesse dichiarare la sua preferenza, a quale di queste arti la accorderebbe e perché?
“Sono nata con il teatro. Ne ho fatto tanto in una età di formazione, dai 20 ai 35. Quindi la mia casa resta il teatro, affettivamente ed emotivamente. Ma amo anche tutto il resto.”
Come venne a conoscenza della possibilità di recitare in “Un Posto al Sole”?
“Non sapevo che ci fosse in preparazione “Un posto al sole”. Avevo mandato alcune scene dai “Ragazzi del muretto” per un provino per un’altra produzione. Il produttore australiano di UPAS vide per caso quelle scene e volle convocarmi. Il resto è storia.”
Quando ha iniziato la sua avventura ad Upas, immaginava che avrebbe tenuto compagnia a milioni di italiani per 27 anni?
“Sicuramente no.”
E dopo 27 anni com’è il rapporto con i suoi colleghi?
“Ottimo, come sempre.”

Pensa che il ruolo di Giulia Poggi le abbia precluso altre opportunità, ad esempio nel mondo del cinema?
“Non saprei. E’ molto difficile giudicare un ruolo che vanta così tanti anni di attività. I pro e i contro possono essere molteplici.”
Cosa deve Marina Tagliaferri a Giulia Poggi e cosa, invece, Giulia Poggi deve a Marina Tagliaferri?
“Ci siamo trovate bene insieme. Giulia mi ha dato una parte della vita che non avevo e viceversa.”
Nella soap, Giulia è un’agguerrita femminista, inoltre, ha molto a cuore gli aspetti sociali, visto appunto il suo lavoro come assistente sociale. Da questo punto di vista, com’è Marina nella vita quotidiana?
“Io e Giulia abbiamo in comune un forte significato dell’ingiustizia. Non la sopportiamo e reagiamo con veemenza.”
Ha mai avuto il sentore che talune tematiche sociali, tratate ad Upas, siano state particolarmente apprezzate dal pubblico? Se sì, ne ha ricevuto manifestazione fuori dal set?
“Sicuramente. Una volta sono stata avvicinata da una “vera” assistente sociale che mi ha confidato che una loro assistita aveva trovato il coraggio di reagire ad una situazione molto pesante perchè aveva preso coraggio guardando come nelle nostre puntate avevamo affrontato lo stesso problema.”
Nell’Aprile del 2014 è stata insignita del premio “Donna dell’anno” dall’Associazione Italiana Culturale di New York. Cosa ha provato nel ricevere questo riconoscimento?
“E’ stato emozionante ma non tanto per il premio in se stesso. Sono stata molto felice di conoscere la comunità italiana di New York, il loro entusiasmo e la loro italianità… vera.”
Lei è anche un’apprezzata doppiatrice, non solo di cinema, ma anche di film d’animazione, fiction e telefilm; ricordiamo che ha prestato la sua voce, tra le altre, a Meryl Streep, Melanie Griffith, Whoopi Goldberg e Mariah Carey. Se ne avesse avuto la possibilità, quale attrice, in quale film e perché avrebbe voluto doppiare?
“Ho doppiato tante attrici ma sicuramente quella che sognavo di doppiare e che poi ho doppiato è Meryl Streep. E’ stata da sempre la mia attrice di riferimento sin dall’inizio.”
Che progetti ha Marina Tagliaferri per il futuro? In particolare, sappiamo che ha un sogno nel casseto cioè fare un musical: a che punto siamo?
“Il mio sogno di fare il musical nasce quando ero una ragazza. All’epoca però i musical italiani erano pochi. Poi sono stata presa dalle lunghe tourneé teatrali e poi da Upas e quindi è diventato più difficile ma… mai dire mai!”

Se avesse la possibilità, oggi, di dare un consiglio alla ragazza che nel 1974 calcava il palcoscenico teatrale al fianco di Carmelo Bene, nell’Amleto, cosa le direbbe?
“Goditi ogni attimo di quello che fai. Non dare niente per scontato. Vivi il ricordo prima che diventi tale!”
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Interviste
Da Mare Fuori a Sopravvissuti, intervista esclusiva a Giacomo Giorgio

Da Mare Fuori a Sopravvissuti, davvero Giacomo Giorgio è il più promettente dei nuovi interpreti della fiction italiana. E noi lo abbiamo intervistato a Sanremo in esclusiva.
Giovane attore, già tante esperienze in tv, a Sanremo come ospite. Quali sono le tue sensazioni?
“Sto molto bene, sono molto felice ed anche molto emozionato e soprattutto è anche una rivalsa ed un premio essere qui, su uno dei palchi più importanti del mondo ed essere riusciti a toccare il cuore di, pare, 80 milioni di persone.”
Mare fuori è un prodotto napoletano che è diventato ormai internazionale. Le emozioni che hai provato nell’avere anche qui, a Sanremo, questa accoglienza?
“L’affetto del pubblico è commuovente. Ovunque andiamo è sempre così, non solo qui a Sanremo dove, ovviamente, siamo molto felici. Questa ormai è la nostra routine e questo vuol dire che abbiamo fatto qualcosa di davvero molto buono. È una serie napoletana, ma da Napoli è riuscita ad universale, con un linguaggio che viene compreso in tutto il mondo. Si raccontano storie di ragazzi difficili attraverso gli adulti, non c’è un’apologia alla camorra o al male, ma c’è il tentativo di raccontare questi ragazzi a specchio sugli adulti. Ovviamente senza giustificare queste azioni ma anche senza giustiziarle. Credo che questo messaggio ed in più l’unione, inteso come gruppo, che traspare, sia stata la magia, la formula vincente per Mare Fuori.”

Quanta umanità di Ciro c’è in Giacomo e quanto di Giacomo c’è in Ciro?
“È molto difficile stabilire quando si interpreta un personaggio quanto c’è di proprio. Sicuramente Ciro è un personaggio molto lontano da me. Però per raccontare quella cattiveria ho dovuto fare i conti con la mia cattiveria, ed ho dovuto scovare delle chiavi dentro di me che ancora non avevo scoperto. Forse anche conoscermi meglio. Ci sono delle cause che ti fanno diventare come sei. Ciro è il più cattivo di tutti probabilmente perché è il più debole e fragile di tutti. È quello più prigioniero. Ho scoperto che la parola cattivo, in latino deriva da captivus che significa “prigioniero”. Questa cosa mi ha spostato l’ottica, ed è stato molto interessante ed un’opportunità incredibile poiché sin da piccolo sognavo di interpretarli. Non sapevo però quando sarebbe stato il momento. Mi sono divertito molto anche se non è stato facile.”
Raccontiamo il primo giorno, la prima emozione in Mare Fuori.
“Si facevano i provini per questa serie. Il ruolo di Ciro è stato provato da 2500 ragazzi. Ero disincantato. È accaduto tutto nel giro di pochissimo, fin quando non ho conosciuto il regista della prima stagione Carmine Lia, con il quale ho avuto subito una sintonia. Poi mi arrivò la telefonata dal mio agente che mi ha comunicato che ero stato preso e la mia prima reazione è stata quella di andare in lacrime da mia madre e dai miei nonni per dire loro che ce l’avevo fatta. L’inizio delle riprese è partito con una scena, in cui Ciro uccide il suo migliore amico che l’aveva tradito e perché il padre gli aveva detto che era arrivato il momento e la serie finisce con la morte di Ciro che torna bambino. Torna quell’umanità che gli fa dire ,io non voglio morire’.”

Questo successo è stato totalmente inaspettato?
“Ti sono sincero, si è stato tutto inaspettato anche se sin dal primo giorno si percepiva una certa aria di importanza. In questa serie eravamo tutti in questa bolla magica, con la consapevolezza che stavamo raccontando cose molte importanti, certo non avremmo mai immaginato di salire sul palco dell’Ariston.”
Tre aggettivi per descriverti fuori dal set.
“Sarò banale ma… quello che sono è un attore. In quanto tale non so minimamente chi sono. Sono sempre, per fortuna, in panni di personaggi ed è molto bello. Ti senti al sicuro, perché sei coperto da un qualcosa, da un personaggio.”
Tra l’inizio della passione per lo spettacolo ed i primi ruoli, cosa c’è stato?
“Sicuramente c’è stato tanto studio ed è molto importante nello studio della recitazione. C’è una parte di istinto importante, che non si impara, è innata. Io nel tempo ho imparato a fare degli spettacoli a teatro e quando avevo 15 anni ho scoperto l’esistenza di questo metodo Stanislavskij, questo metodo che ti apriva ad un mondo introspettivo nei personaggi, un po’ distante dal mondo tecnico del teatro. E da lì mi sono trasferito a Milano dove ho iniziato a studiare con diversi insegnanti, come Maicol Margotta, Susane Bazzo in America, Francesca de Sapio a Roma e da lì non ho mai lasciato questo metodo. Ci sono ovviamente varie fasi. Personalmente è stata la chiave. Il primo ruolo che ho interpretato, all’età di 17 anni, è stato The Happy Prince, di Rupert Everett. Un film americano che racconta gli ultimi anni di vita di Oscar Wilde con tantissimi attori ed attrici di assoluto livello. Un battesimo folgorante. L’incontro con Colin Firth è stato incredibile. Io sono riuscito a stento a dirgli… “nice to meet you”… tremavo!”

A proposito di sogni… altri?
“Se proprio devo spararla grossa, mi piacerebbe arrivare in America, all’Academy, agli Oscar … ma ho questo piccolo problema di essere italiano e nono americano… quindi mi accontento anche dell’Italia. Ho fatto una promessa a mia nonna, che non c’è più, che un giorno avrei vinto un David di Donatello per un film. Per lei era una cosa bellissima ed importantissima. Ed il primissimo sogno che vorrei realizzare è questo e dedicarlo a lei. Per poi andare oltre!”
Prossimi progetti?
“Diabolik 3 al cinema tra qualche giorno, “Noi siamo Leggenda” una serie per Rai 2 ed Amazon Prime. E “il Caso Claps” per Rai 1 e BBC una serie sul caso di cronaca di Elisa Claps.”
Abbiamo parlato tanto di lavoro… ora una curiosità: hai tantissime fan. Cosa è cambiato attorno a te, cosa succede e come ti rapporti a questa nuova situazione?
“Sulle ragazze ti dico… NO COMMENT!”
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Interviste
Intervista esclusiva a Stefano Sarcinelli, in tournée con Francesco Paolantoni in “o Tello o…. Io”

Stefano Sarcinelli è un mondo da scoprire. Attore e autore, fra teatro e tv, è lui una delle firme del successo di “Stasera tutto è possibile” e intanto si divide fra tre impegni teatrali. Porta avanti lo spettacolo con Marco Marzocca “Ciao signò”, ha poi debuttato con Veronica Mazza e Eduardo Tartaglia con “Altro giro, altra corsa” e sarà in tournée con l’amico Francesco Paolantoni in “o Tello o…. Io”. Questa è la nostra intervista esclusiva, a cura di Roberto Mallò e Stefano Telese.
Come nasce la passione per il mondo dello spettacolo tanto da diventare poi il tuo lavoro?
“Mi sono avvicinato al mondo dello spettacolo piano piano, di nascosto. È cominciata questa passione frequentando piccoli gruppi teatrali di quando ero molto più giovane. Adesso sono ancora giovanissimo, però quando ero proprio bambino diciamo e anche signorino. Frequentavo i gruppi di teatro perché eravamo certi che col teatro si poteva cambiare il mondo, si poteva cambiare… e non abbiamo cambiato quasi niente però io ho cambiato la mia prospettiva, nel senso che il teatro mi ha cambiato moltissimo, mi ha dato innanzitutto una forma di disciplina che altrimenti, forse, non avrei avuto e quindi devo molto a questo, e poi mi ha soddisfatto in qualche modo un sogno, una passione. Ho cominciato a farlo di professione. Sono passato dai gruppi in cui si faceva Makbeth (credo abbia detto questo) in maniera ovviamente molto amatoriale, nel senso pieno d’amore ma forse con pochi soldi e poca professionalità a un teatro più leggero, probabilmente, però fatta con grande professionalità e grande passione. Ho iniziato con Nello Mascio, a Napoli, con Rigillo (credo), sono stato il suo aiuto regista per tre quattro anni; è stata la mia formazione. E poi, nel 1986/1987, sono stato a Milano, allo Zelig, e con Francesco Paolantoni debuttammo con uno spettacolo comico e ci rendemmo conto che, per fare meglio il teatro, era il momento di fare uscire dei nomi importanti e riconoscibili dal pubblico, che all’epoca era l’unico modo. Oggi con i social e con la televisione si può avere lo stesso risultato. La soluzione era quella di fare la televisone, in maniera allegra; era una parte della passione che prendeva un’altra strada.”

Quale è stata la tua prima esperienza da professionista?
“La prima esperienza vera da professionista, mi ricordo ancora il giorno in cui l’impresario mi diede i primi soldi, è stata La gondola fantasma di Gianni Rodari, uno spettacolo che feci a Napoli con la regia di Nello Mascia, che considero quello che mi ha dato questa grande opportunità. Poi ho avuto molta fortuna perché ho incontrato da lì Mariano Rigillo, dopo due anni che è stato un altro mio grande maestro a cui devo molto, e la televisione è stato Fate il vostro gioco, programma che facemmo per Raidue con Francesco Paolantoni nell’87/88. Con un giovanissimo Fabio Fazio che conduceva, insieme a Elvire Audray, con un cast che era composta da Malandrino e Veronica, Roberto Citran, Daniele Luttazzi, Lella Costa… Era tutto un gruppo di giovani attori comici, una grande esperienza per me.”
C’è stato un momento nella tua carriera che l’ha segnata in maniera importante?
“Nel 96/97 un’altra cosa importante è stato, per me, passare a fare l’autore in maniera più decisa. Con Macao, con Gianni Boncompagni, che è stata una grande professionalità. È stato molto impegnativo però è stata anche una scommessa. Attraverso un altro mio amico collega e autore, mi chiamò perché Gianni aveva bisogno di avere un confronto con uno che si occupasse più di comicità e quindi mi buttai un po’ a peso morto nel vuoto. Perché così io penso che questo lavoro debba essere fatto, con un po’ di fiducia verso il futuro, anche se non stai bene dove stai andando.”
Come ti descriveresti?
“Sono un posto che sta ancora cercando. Pigro, pelato e, come si può dire, umile. E anche passionale. Sono un appassionato, anche se non riesco a seguirla sempre, di pallacanestro. Ho giocato, una mezza schiappa, ma mi è sempre piaciuto tanto. Molto divertente, è uno sport di squadra, uno sport elegante, anche però bello duro. È spettacolare, ha molto a che fare con lo spettacolo il basket; le azioni velocissime, una dietro l’altra, e ogni giocatore… Poi la musica, fino a poco tempo fa compravo un sacco di dischi ecc. Adesso, con questa cosa di Spotify, ne compro meno; mi dispiace un po’ perché comunque l’oggetto disco era proprio bello. È bello sfogliare una copertina, leggere cosa l’artista in realtà ha voluto dire, ascoltare la musica e vedere chi suona, cosa suona, chi ha fatto gli arrangiamenti. Mi ha sempre appassionato molto questa cosa e quindi vado spesso ai concerti quando posso, suono malissimo la chitarra ma mi piace tantissimo. Volevo fare il chitarrista rock da grande, vorrei farlo ancora e credo che lo farò.”

Programmi e progetti futuri?
“A livello personale, vorrei perdere una 15ina di kg. Professionalmente mi piacerebbe molto fare più teatro. Ne parlavo con un amico e collega soprattutto; sarebbe bello recuperare col teatro quell’entusiasmo e quella passione di qualche anno fa, con la quale vivere soprattutto pensando alla bellezza di quello che stai facendo, che ha un valore di per sé perché mentre lo fai assume valore, non perché necessariamente bello o brutto. È come un po’ il ruolo delle anatre di Guccini… Cinque anatre volano a sud e la canzone finisce con queste anatre che non tutte arrivano a destinazione, ma l’importante era volare.”
C’è un collega che stimi particolarmente?
“Stefano De Martino è stata una piacevolissima sorpresa; e anche un punto di stimolo personale; è un gran lavoratore molto determinato, nel senso positivo del termine, è attento a quello che fa. Dedica la propria arte, nel senso sia mentale che fisica, al raggiungimento dello scopo non pensando soltanto al glamour che la televisione comunque ti dà, la visibilità. È anche un uomo disponibile, una persona veramente attenta al prossimo, arriva sempre in televisione ed è molto cordiale con tutti; c’è sempre spazio per un sorriso e una stretta di mano, per una chiacchiera. Spero che questa cosa, siccome lui è molto giovane, la conservi perché è un valore aggiunto alla professione.”
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Interviste
Aldo Montano in esclusiva: «Tifo per la Fiordelisi sportiva come me! Alex Belli? Non lo sento, abbiamo vite diverse…»

Aldo Montano, campione della scherma e protagonista delle Olimpiadi, è anche reduce dalla penultima edizione del Grande Fratello Vip. E Montano è stato tra gli ospiti del grande evento Nemea di Cardito (NA). Ecco la nostra intervista in esclusiva assoluta!
Aldo, è un momento di deriva sociale anche tra i giovani in assoluti ed è brutto quanto ci raccontano le cronache. Quanto secondo te può aiutare lo Sport?
“Lo Sport è importante per quello che le piccole generazioni possono capire ed apprendere da esso. È un mondo sano, ti tiene lontano da brutte situazioni che purtroppo oggi sono presenti ed il più delle volte fanno breccia nei nostri ragazzi. Poi che possa diventare professione o un piccolo passaggio di vita è una cosa che fa bene comunque. Fa bene alla crescita dei ragazzi. Impari a superare tante difficoltà che la vita ti mette davanti. Lo Sport ti mette davanti un avversario, un tempo, una misura da battere e quindi ti educa a tirare fuori il meglio per superare le difficoltà.”

Tre aggettivi per descriverti come uomo, marito, papà?
“Premuroso ed ansioso in quanto papà. Marito fedele. Sportivo ed appassionato. Ne ho messa tanta nella mia vita… è stata la mia benzina in tutti questi anni in pedana!”
Cosa ti ha conquistato di tua moglie Olga?
“Gli occhi mi hanno conquistato. Ci siamo conosciuti in una discoteca… Poi dopo il seguito è stato più profondo. Abbiamo costruito qualcosa di bello e solido.”

A cosa ti stai dedicando in questi giorni?
“Sto portando in giro la mia Academy, che porta il mio nome. Mi diverte. Mi dà la possibilità di portare alle classi più giovani ciò che lo sport mia regalato ed insegnato. Dico regalo, perché anche se quello che ho raccolto me lo sono sudato, è stato un vero e proprio regalo la passione che mi è venuta da dentro. Restituire ciò che la scherma mi ha dato credo sia un compito oltre che un dovere che devo assumermi.”
Il momento più bello?
“L’ultimo, a Tokyo, l’argento… Venivamo dalla pandemia, in una Olimpiade che ha rischiato di non farsi. Per me aggiungere un anno è stato incredibile oltre che complicato. E chiudere così è stato stupendo!”

Parliamo di grande fratello vip… Oggi come va con la tua amica Katia ed il tuo ‘nemico‘ Alex Belli che ricordiamo nei vostri forti scontri nel reality? Sei in contatto con loro?
“Nooooo!!! (ride, ndr) non li sento… Sono sincero. Sento solo Katia ogni tanto, Alex non lo sento. Ognuno ha la sua vita e la sua è diversissima dalla mia.”
Stai vedendo la nuova edizione del Grande Fratello?
“Si, la sto seguendo. Seguo la Fiordelisi… è campana, è una schermitrice… non potrei non seguirla, fa parte della famiglia! Faccio il tifo per lei!”

Il rapporto con il tuo grande amico Manuel Bortuzzo invece come procede?
“Ci sentiamo spesso. Io ultimamente da Roma mi sono trasferito. Lì ci vedevamo spesso ora un po’ meno per via della distanza. Sta bene, sta preparando una paralimpiade ed una qualificazione ad essa. E facciamo tutti il tifo per lui.”
Il tuo rapporto con i social?
“Non sono un furibondo della tastiera o dei social network. So che è un mezzo di comunicazione importante oggi, però non ne sono schiavo. Mi piace “ciaciare”, mettere una storiella, una foto ma non sono un addict.”

Due consigli per mantenersi sempre in forma?
“Mangiare bene, poco e sano e soprattutto fare sport. Se non c’è la voglia di farlo… è importante farlo! Anche solo un’oretta tre volte a settimana è importante…”
Un desiderio che vuoi realizzare?
“Non so dirti… spero solo che la vita sorrida a chiunque. Che sia materiale, un pensiero, una situazione… importante che sorrida a tutti.”

Immagini un futuro televisivo?
“Non è la mia professione e lo so. Sono state pillole che ho preso con simpatia. Ma più di questo… non si sa mai però. Mi sto occupando di altro ora.”
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Interviste
Due chiacchiere con Alfonso Signorini: «Io, il grande fratello e il futuro…»

In esclusiva assoluta abbiamo incontrato Alfonso Signorini, ospite d’onore al reopening del Complesso Nemea di Cardito (NA) in una serata molto glamour, e piena di tanti vip. Il direttore di Chi e conduttore del Grande fratello vip si racconta a cuore aperto e con grande disponibilità, parlando anche del Grande Fratello Vip.
Direttore, quanta sensibilità e quanta verità ci vuole per affrontare i momenti più difficili del Grande Fratello, che è uno spaccato di vita ed in assoluto quali sono stati i due momenti che ti hanno colpito di più?
“Bella domanda… più che una questione di sensibilità, direi che è una questione di ascolto. È importante saper ascoltare e capire ed avere l’intuito di capire dove c’è una difficoltà. Non è facile. È in diretta… e questo fa tanto. Non siamo preconfenzionati. È facile fare programmi decorosi tagliando tutto quello che non va. Noi offriamo uno spaccato della realtà. È chiaro che questo comporta delle responsabilità maggiori. Se devo citarti degli episodi particolari, sicuramente ti cito il caso Bellavia che è stato clamoroso e reale. Era uno spaccato di quello che poi succede nella vita di tutti i giorni. L’ultimo con lo sbrocco di Oriana, piuttosto che la mancanza di empatia tra le persone. Quest’anno c’è un cast molto complicato, fatto di persone estremamente difficili. Per cui anche il fatto che Oriana disprezzi così tanto Antonino, non è un fatto umano, ed è giusto sottolinearlo, però poi sono presi dalle dinamiche del gioco.”

Come ci si prepara a cinque ore di diretta ogni volta?
“Semplice… non mi preparo. Io sono quello che vedete in tv. Vado di pancia. Non ho copione, non ho gobbo, non leggo. Se mi hanno dato un programma, il programma diventa mio e devo viverlo per quello che penso. Se hanno bisogno di uno che legge come i somarelli a scuola, prendessero altre persone.”
Oggi sei uno dei personaggi più popolari della tv e un bravo conduttore, oltre ad aver fatto già tante cose oltre ad essere uno dei più importanti direttori e giornalisti in Italia. Cosa ti piacerebbe fare in futuro?
“Io diversifico molto la mia attività. Ad esempio curo la regia dei teatri d’opera. E per me fare la regia di uno spettacolo lirico è una boccata di ossigeno. Trovo la musica ed un altro mondo.”

E cosa farai poi?
“Scriverò un libro, ed anche questo è un altro mondo. Dirigere un giornale è un altro mondo ancora. Fare televisione… un altro mondo. Se facessi solo tv assomiglierei a tante persone schiave dello strumento. Io preferisco diversificare. Quindi non c’è niente che non mi piace e che non possa fare.”
E’ una volontà ed anche un messaggio di determinazione che lanci?
“Tutti i desideri che ho so che prima o poi, con volontà, posso realizzarli.”

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Interviste
Intervista esclusiva a LDA, in gara alla 73ª edizione del Festival di Sanremo

Abbiamo incontrato LDA a Sanremo dove figura tra i big in gara. Figlio d’arte e lanciato da Amici di Maria De Filippi, Luca D’Alessio è un grande talento ed un bravo ragazzo.
Intervista a cura del nostro inviato Sante Cossentino, in esclusiva per Sbircia la Notizia Magazine. Con la collaborazione di Stefano Telese per Massmedia Comunicazione.

Ciao Luca, quali sono le tue emozioni per questo tuo primo Festival di Sanremo?
“Sto vivendo una cifra di emozioni contrastanti. C’è da un lato tanta serenità ma anche tantissima ansia. Una combo davvero strana: divertimento e stress, in combo. Ma devo dirti che mi sto divertendo molto.”
Le cose più belle che ti sono capitate in queste ore? Magari hai incontrato degli idoli…
“Ho conosciuto tantissimi artisti che di norma ascolto sotto la doccia, sento in macchina… di cui sono proprio fan! Poi ad un tratto, mi fermo e penso che devo spogliarmi dei vestiti da fan ed assumere anche un atteggiamento più serio!”

Raccontaci il tuo incontro con Amadeus. Il momento in cui hai saputo che ci saresti stato, qui, a Sanremo.
“La prima volta che ci siamo visti è stato sul palco praticamente. Mi ha trasmesso una sicurezza che non ti so spiegare. Mi sembra tipo un papà… è stato molto carino nei miei confronti. Anche dopo quando ci siamo salutati dietro le quinte. È stato veramente “un amore di persona”. Proprio come lo si vede in tv.”
Cosa ti aspetti da questo Sanremo?
“Di norma non sono una persona che si fa tante aspettative, anche perché ho paura, poi, di rimanerci male. Spero solo di godermelo e divertirmi e che vada tutto bene.”

È tradizione che Maria De Filippi in queste occasioni mandi un po’ di sms… è arrivato anche a te?
“Si! è arrivato il messaggino, è arrivata la chiamata… Maria è una seconda mamma per me. L’ho sempre detto e continuerò a dirlo! E sono certo che in qualità di seconda mamma mi vuole davvero bene.”
Per quanto riguarda, invece, papà, qual è l’ultima cosa che ti ha detto e cosa ti sta dicendo in queste ore?
“L’ultima cosa che mi ha detto è stata: “Tè mis a’ sciarpa? ( hai indossato la sciarpa?)”… me l’ha detto proprio poco fa. Mi ha detto di godermela, mi ha dato consigli da papà professionista. Di divertirmi e di non pensare.”
Come è cambiata la tua vita con Amici? Il rapporto, ad esempio, con le ragazze? Lo sto chiedendo al ragazzo ventenne…
“Comunque ne ho ancora 19, non mi far invecchiare prima… È sicuramente cambiata in meglio. Sono fidanzato… quindi te lo dirò in privato… scherzo! Bisogna sempre stare attenti, ho avuto la fortuna di incontrare una persona che mi fa stare veramente bene, che mi da serenità. Molto bella sia esteticamente che interiormente. È una persona che mi sprona.”

Per me tu sei umile e talentuoso. Aggiungi tu un terzo aggettivo per descriverti.
“Io direi… Semplice! Anzi… direi narciso!”
Qual è il tuo sogno dopo Sanremo?
“Volendo sognare in grande, dico Eurovision ed un Grammy!”
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Interviste
Kne – I Kustodi di Napoli Est, intervista all’autore Ivan Orrico

E’ quasi tutto pronto per la presentazione di Kne – I Kustodi di Napoli Est, il film di Ivan Orrico la cui anteprima, per la stampa, è prevista per il prossimo 23 febbraio 2023 a Napoli. Con le musiche del Maestro Vincenzo Sorrentino, l’opera sarà incentrata sulla storia di una famiglia criminale del quartiere Ponticelli. Un ritratto nudo e crudo della criminalità organizzata della Camorra dal sapore neorealista, di cui Orrico ci ha parlato in questa intervista.

A cura di Roberto Mallò per MassMedia Comunicazione
Ivan, com’è nata l’idea di Kne – I Kustodi di Napoli Est?
“L’idea è nata durante il periodo di permanenza su Napoli per la realizzazione di un altro progetto. Parliamo del 2017-2018 circa.La storia di una famiglia criminale di Ponticelli, a Napoli Est, da cui ho voluto prendere ispirazione. Mi ha colpito, infatti, come queste persone, nonostante i loro affari con la malavita, avessero il consenso della gente. Questo mi ha spinto a riflettere. Perché davvero in alcuni quartieri, vige veramente l’Antistato, che fa da padrone. Mi sono quindi fatto raccontare come queste persone vivevano, quello che facevano per avere il consenso della gente, che li idolatrava e si metteva al loro servizio facendoli diventare I Kustodi del Territorio .E da queste premesse ho preso spunto per scrivere la storia di Kne – I Kustodi di Napoli Est. Con la famiglia protagonista del film ho avuto modo di portare in scena la differenza tra il modo di vivere dei camorristi di oggi rispetto a quelli di ieri. Pur essendo ambientato ai giorni nostri, i criminali si muovono seguendo il vecchio stampo. Mi piaceva raccontare entrambi i modi di pensare di questa gente, di come mettono in gioco la vita della famiglia e dei figli per il Dio Denaro. Racconto ciò dunque mettendo tutto a nudo, senza romanzare, a tratti in maniera cruda. In Kne è molto importante anche la figura dello Stato, rappresentato dall’ispettore Galletti, che combatte con ogni mezzo il malaffare. Un servitore della giustizia, anche egli realmente esistito, che lascia la firma su ogni sua operazione scrivendo sui muri delle abitazioni dei criminali Arrestato per rimarcare la forza e la presenza delle istituzioni. Il suo è un modo per ricordare ai giovani ‘adulatori’ che questo mondo puzza di morte, ed è assolutamente da evitare. Il film appunto racconta e illustra senza alcuna censura la sofferenza a cui porta la strada della Malavita”.
Entriamo nel vivo della trama. Al centro ci sono quattro fratelli in antitesi con il loro mondo, perché sono in contrasto con un altro capoclan, e con lo stato.
“Sono personaggi che ho scritto interamente io. Nella realtà, si trattava di quattro fratelli maschi, mentre ho voluto inserire la figura femminile, che in questo mondo è molto forte e presente. Le donne di mafia e di camorra in moltissimi casi detengono il potere; sono per alcuni versi più sanguinarie e feroci degli uomini. Riescono a gestire e comandare decine e decine di soldati per aizzarli contro la vendetta dei propri mariti e figli. Riescono ad essere maggiormente spregiudicate. Ho dunque ritenuto necessario mettere in risalto anche una figura femminile, che incarnasse le tante donne che purtroppo, come dicevo,comandano veri e propri clan al posto dei mariti carcerati o defunti”.

E poi poteva dare luogo, come ha già detto, ad altre sfumature del mondo che racconta.
“Sì, dava molteplici sfumature alla narrazione. Ovviamente, pur partendo da una storia vera, ho inserito aneddoti e nito altri eventi realmente accaduti nella provincia di Napoli ottenendo una storia,dal punto di vista criminale, direi completa, mettendo in risalto anche la loro mentalità ed il loro codice d’onore. Ad esempio, c’è una scena molto forte, in cui questi criminali giustiziano due pedofili che hanno ucciso una bambina dopo averne abusato perché nel loro regolamento i bambini sono intoccabili (che fa riferimento alla tragedia di una bimba della periferia a nord di Napoli lanciata da un balcone dai suoi aguzzini). Così come alcuni episodi risalenti agli anni 80 in cui la criminalità era organizzata in vere e proprie bande, da uomini armati fino ai denti, che si scontravano ogni giorno con i rivali o con le forze dell’ordine che provavano a fermarli e dove sono caduti anche decine e decine di innocenti come la Strage di Ponticelli, dove soltanto per un affronto scaturito da uno schiaffo si innescò una faida . In Kne chiunque conosce la storia può rivedere fatti ed episodi realmente accaduti e capire così la gravità di quelle circostanze, lavorando insieme perché questo non possa più accadere”.
Com’è avvenuta la scelta del cast? E’ stato lei a scegliere gli attori?
“Li ho scelti insieme all’aiuto di diverse figure che hanno da subito creduto nel progetto, come l’attore Tommaso Palladino,facendo tantissimi provìni. Per quanto riguarda il cast principale,il primo che ho scelto è stato proprio lui. Un attore che ha fatto oltre cinquanta film, tra cui alcuni diventati dei veri e propri cult, come Napoli Spara!, Napoli Violenta. L’ho scelto perché era quello che rappresentava la vecchia frangia dei camorristi; un caratterista con uno sguardo, a mio avviso, non replicabile. Non è certamente una tipologia di boss disposto ad uccidere per 2.000 euro o un bracciale. Questa nuova frangia, di cui stiamo parlando, l’ho dunque affidata a Carmine Monaco, che nel film rappresenta Toni De Marco ed è ispirato sempre ad un personaggio realmente esistito, condizionato dalla madre nelle sue decisioni, visto che era lei a spingerlo verso il malaffare, l’azione criminale. Poi la scelta di Walter Lippa, dapprima chiamato per coprire il ruolo di un altro dei fratelli e invece, dopo le prime battute, ho voluto dare a lui – poiché secondo me è il più carismatico – il ruolo del capofamiglia. Una volta trovato con Adriano Piccolo e Rosa Miranda il giusto mix che equilibrava l’azione corale recitativa sono partiti i provini per gli attori secondari. Abbiamo visto migliaia e migliaia di persone. Il risultato alla fine è stato eccellente . Un equilibrio che ha portato la scelta di puntare su attori emergenti ad essere vincente, seguendo la politica di uno dei miei registi preferiti come Stefano Sollima che in Gomorra ha dimostrato che non serve un nome per fare grande una persona e quindi un progetto .C’è una scena nel film , che proprio per questo considero una fra le più belle , dove la Figurazione alla sua prima esperienza ha comunicato con la sua espressione qualcosa di speciale, di sorprendente. E’ riuscito ad esprimere quella sensazione di paura che la scena prevedeva, alla stregua di un attore professionista, in un modo che magari quest’ultimo non sarebbe mai riuscito . C’è stata una sinergia tale, dove ogni interprete è riuscito a rendere al meglio il personaggio che rappresentava, a prescindere dalla esperienza, bilanciando o escludendo totalmente il gap che naturalmente sì sarebbe dovuto verificare”.
Una cosa bella, no?
“Sono molto critico. Penso davvero che non ci sia un attimo dove lo spettatore possa perdere l’attenzione sulla storia per qualcosa che lo faccia distogliere dalla realtà del film .Un ritmo costante in un progetto corale dove ogni personaggio ha avuto la possibilità di esprimersi e di venire fuori, di emergere. E assicuro che non è cosa semplice dare spazio ad ogni interprete, che a sua volta ha saputo ricambiare con il massimo delle potenzialità. La mia è stata una sfida il cui obiettivo non era solo vincere ma arrivare alla fine superando degli schemi convenzionali, preimpostati e dei pregiudizi. Penso di esserci riuscito risolvendo problemi e a virare, recuperando la rotta, arrivando all’obiettivo”.
Anche lei interpreta un ruolo nel film, giusto?
“Esatto, sono uno dei protagonisti. Interpreto Uacchi e Brillante , tenebroso e carismatico criminale che detiene le redini di un piccolo ma efficiente clan. Un professionista del crimine realmente esistito. Un leader spietato che, insieme al suo fedelissimo Tito Arpea, si vuole avvicinare al boss che raccontava Tornatore , di ‘altri tempi’. Ho visto tante volte il Camorrista ed era quello a cui, secondo me, bisognava ispirarsi per far uscire ancor più la differenza tra la camorra con organizzazione gangsteristica e quella di oggi che subisce di più la pressione microcriminale. Spero di esser riuscito ad interpretare nel miglior dei modi il personaggio e che la sua diversa ‘estrazione’ arrivi al pubblico con tutte le sue peculiarità .
In precedenza, ha detto che il film serve anche a far capire che “il sano resta sano”. Cosa intendeva con questo concetto?
“Il nostro compito, pur raccontando l’esaltazione di chi intraprende questa strada, è fare arrivare il messaggio che “il sano resta sano “. E’ proprio la vendetta, perpetrata e realizzata attraverso un sistema calcolatore e vessatorio, quell’attenuante che “muove e smuove”, individualmente , gli animi dei fratelli, che rappresentano, nella loro veste meno tecnica, i diversi archetipi dei camorristi. Essa rappresenta il tragico epilogo di un racconto di persone deviate dal bene che, private dei loro affetti più cari, provati dalla precarietà socioeconomica hanno progettato azioni criminose e crudeli con spargimento di sangue, anche di innocenti. E’, dunque, “l’apoteosi distorsiva” di un gruppo di persone che ha scelto come “ultima speme”, di uscire dalle proprie difficoltà personali, utilizzando mezzi da veri e propri aguzzini, frutto della “degenerazione” di una società che ha omologato a valori la vita criminale. Per capire chi è sano, bisogna capire che cos’è il male. Se riesci a vedere il male per com’è realmente ti attacchi al sano. Sono molto credente. Ritengo che la fede si acquisisca maggiormente solo se conosci ed individui il male. Più quest’ultimo ti è vicino e più capisci quanto è grande Dio. Solo così hai consapevolezza di qual è la differenza tra il bene e il male. Se il male si presenta sai almeno la strada giusta da seguire”.
Da regista, che giudizio dà a Kne – I Kustodi di Napoli Est?
“E’ un film come dicevo corale, ben bilanciato e con un grande ritmo. L’azione è il suo cuore pulsante; è un action Movie da cardiopalma. Però non vorrei continuare a dare giudizi perché sarei troppo di parte. Sono grato a tutto il cast perché, secondo me, ha contribuito a formare una grande famiglia con cui è stato un piacere lavorare ed il risultato ne è la prova. Ringrazio a chi ha creduto nel progetto e in me; hanno capito l’importanza dei ruoli che avrebbero interpretato. E ad alcuni che avevo già visto in Gomorra, come nel caso di Monaco e Lippa, mi ero già interessato per come avevano saputo interpretare i personaggi. E’ come se avessi voluto dare ancor più spazio alla loro bravura e interpretazione attoriale, per non parlare di Tommaso Palladino, figura emblematica del genere che stavo trattando. E, mi permetta di dirlo, sono anche delle grandi persone con tanta umiltà e dei valori che, in questo mondo vortice, è sempre più raro trovare. Sono del parere che anche il nome più importante del panorama cinematografico se non ha questo mix non è completo e, personalmente, preferisco lavorare con chi ha queste caratteristiche e devo dire che così i risultati sono garantiti .
Il film è prodotto dalla Move produzione indipendente e distribuito dalla Mediterranea Production. E’ stato difficile portare avanti questo progetto?
“Non è stato sicuramente semplice. Era però mia premura dimostrare che anche con un low budget si possono realizzare delle belle opere. Chi lo potrà vedere noterà gli accorgimenti stilistici, dal punto di vista della regia, degli effetti speciali e del trucco, che sono stati fatti. Abbiamo avuto un maestro d’armi dal vero e vfx. Ci siamo impegnati per rendere il film altamente qualitativo . Ed anche questo è un modo per far capire che, con un piccolo budget, si possono comunque realizzare prodotti audiovisivi di un certo livello se c’è la volontà, la forza e una squadra di persone capaci. Anche perché penso che le produzioni indipendenti debbano essere aiutate maggiormente. Se avessi dovuto aspettare il finanziamento della regione, le Film Commission varie e l’aiuto di altre produzioni, credo che ancora non sarebbe uscito. Con tanto lavoro e sudore, se si considera la pandemia, Kne sarà disponibile dopo due anni di realizzazione. E’ un grande risultato per noi, che abbiamo realizzato tutto in seisettimane. Consideri che molte produzioni in tante occasioni non riescono a ultimare i lavori, anche se ricevono soldi dalle Film Commission. Il fatto che noi ci siamo riusciti, senza ricorrere alle stesse, può essere d’esempio per chi vuole realmente fare cinema e svolgere la professione in maniera professionale”.
A che punto è il cinema di oggi?
“Penso che il cinema, purtroppo, sia diventato soltanto un modo dove veicolare i soldi e regalarli a persone che veramente non sono interessate all’audiovisivo o al prodotto in sé per sé, ma a fare cassa. Per questo dobbiamo farci una domanda e capire perché il cinema sta scomparendo. In Italia non diamo più spazio alle produzioni indipendenti; pensiamo soltanto a fare i film kolossal, che costano tantissimo, invece di dare spazio a tutti. Non bisogna dare la colpa alla pandemia, alla guerra, alla crisi. La colpa è soltanto di chi gestisce i fondi, di chi decide come e in che maniera darli alle piccole produzioni. Questo fa sì che i produttori indipendenti non esistano quasi più”.
In quali sale uscirà il film?
“Come ha già detto, il film verrà distribuito dalla Mediterranea Production, che è una società molto forte e solida nell’ambito della distribuzione. Il fondatore Angelo Bassi, che è un caro amico, ha creduto molto nel progetto ed ha voluto distribuirlo. E’ stato il primo a visionarlo, quando ancora giravamo, ed ha scelto di entrare a far parte di Kne – I Kustodi di Napoli Est tramite la distribuzione. Il film uscirà in tutta Italia, in quasi tutte le regioni dove la Mediterranea ha la sua lente distributiva. Anche se siamo amanti dei cinema, ci sarà poi il passaggio sulle piattaforme, con cui attualmente stiamo prendendo accordi”.
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