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Sostenibilità

Triplicata la produzione di carburanti sostenibili nel...

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Triplicata la produzione di carburanti sostenibili nel 2022: trasporto aereo verso l’impatto zero?

Il brief di Cassa Depositi e Prestiti apre spiragli sul futuro

Ala di aereo sfondo cielo - Canva

“Negli anni Ottanta pensavo che oggi saremmo andati in giro col jet-pack, invece resto bloccato e produco solfato nel traffico della città”. Cantava così un brano del rapper J-Ax, alludendo alle differenze tra sogno e realtà e restituendo un’immagine chiara di come il trasporto incida sull’aria che respiriamo noi e l’ambiente.

In tal senso la maggiore diffusione dei carburanti sostenibili comunicata da Cassa Depositi e Prestiti rappresenta un’ottima notizia dal momento che oggi, più che volare col jet-pack, la vera sfida è volare riducendo al minimo le emissioni.

Un primo efficace contributo per conseguire la neutralità climatica – sottolinea il nuovo brief degli analisti di Cassa Depositi e Prestiti sullo stato del trasporto aereo - è rappresentato dall’adozione di nuovi carburanti sostenibili per l’aviazione che sono in grado di contribuire per quasi 2/3 all’obiettivo grazie alla riduzione delle emissioni di CO2 fino all’80% rispetto ai combustibili tradizionali.

La sfida cruciale per vettori e gestori di scali aeroportuali è proprio la decarbonizzazione, in risposta alla ripresa post-pandemia da Covid-19 nei settori del Turismo e dell’Export Manifatturiero. Nonostante il suo peso relativamente ridotto (circa 2,5% delle emissioni CO2 globali), il settore ha visto un notevole aumento delle emissioni negli ultimi anni, il che assegna ancora più importanza allo sviluppo di carburanti sostenibili.

Se nel breve termine il beneficio può derivare dall’uso di SAF, nel lungo il beneficio può essere tratto dallo sviluppo di nuovi sistemi di propulsione (elettrici o a idrogeno) ancora in fase di studio.

Oltre ai carburanti sostenibili, “un obbiettivo raggiungibile con investimenti attivabili in tempi più rapidi – scrive CdP – è la transizione delle infrastrutture aeroportuali da realtà energivore a veri e propri hub energetici, iniziando dalla realizzazione di infrastrutture per lo stoccaggio e la distribuzione di carburanti sostenibili”. Un’altra tattica per implementare la transizione, inoltre, può essere l’evoluzione degli scali in ottica di autoproduzione, con l’installazione di sistemi fotovoltaici o a idrogeno che consentano di soddisfare l’alto fabbisogno energetico degli asset delle aree aeroportuali e di tutte le operazioni di terra in modo sostenibile.

Cosa sono i SAF

Pur considerando le prospettive future e il loro ruolo, i carburanti sostenibili per l’aviazione “rappresentano la via più promettente per la decarbonizzazione”, spiega CdP aggiungendo che, ad oggi, costituiscono l’unica tecnologia disponibile per promuovere voli a emissioni prossime allo zero entro il 2050 e l’unica risposta percorribile per i voli a lungo raggio.

Si tratta di carburanti che derivano da scarti di produzione, olii esausti e derivati vegetali, in grado di ridurre drasticamente le emissioni. Una caratteristica fondamentale dei SAF è che, a differenza di altre soluzioni, sono una soluzione “drop-in”, ovvero utilizzabile senza apportare alcuna modifica all’aeromobile.

Ostacoli e incentivi ai SAF

L’ostacolo più grande allo sviluppo dei carburanti sostenibili è il loro costo, che oscilla da due a sei volte in più rispetto al carburante fossile.

Anche per questo la produzione dei SAF è ancora limitata (solo lo 0,1% dei combustibili totali), ma negli ultimi si sta registrando una forte accelerazione: solo nel 2022, la produzione di SAF è triplicata rispetto all’anno precedente.

Ancora una volta, per accelerare la transizione è stato fondamentale il ruolo delle istituzioni pubbliche: nel brief di CdP risulta che l’anno scorso diversi Paesi hanno incentivato la produzione e adozione di questi carburanti:

- gli Stati Uniti hanno messo sul tavolo crediti d’imposta e sovvenzioni, per un totale di 3,3 miliardi di dollari;

- nel Regno Unito è stato aperto l’Advanced Fuels Fund, che mette a disposizione 165 milioni di sterline con l’obiettivo di costruire almeno cinque impianti SAF entro il 2025;

- nell’Ue il regolamento ReFuelEU Aviation prevede una quota minima di SAF nelle miscele.

Più nello specifico sul regolamento, il provvedimento Ue prevede una quota minima di carburanti sostenibili per l'aviazione a partire dal 2025 e una quota minima di carburanti sintetici a partire dal 2030, con un aumento progressivo di tali quote fino al 2050. I fornitori di carburante dovranno incorporare il 2% di carburanti sostenibili per l'aviazione nel 2025, il 6% nel 2030 e il 70% nel 2050. A partire dal 2030, anche l'1,2% dei carburanti deve essere un carburante sintetico, per arrivare al 35% nel 2050.

Come migliorare il trasporto aereo italiano

Il recente studio di CdP suggerisce alcune azioni chiave per il trasporto aereo italiano:

- migliorare la connettività degli scali nazionali per sostenere il turismo e l'export;

- potenziare la ricerca sui carburanti sostenibili e sistemi alternativi di propulsione;

- garantire un contesto normativo favorevole e promuovere investimenti green e digitali nel settore.

Cassa Depositi e Prestiti evidenzia inoltre che il Piano nazionale aeroporti (Pna), in attesa di revisione, può guidare i gestori aeroportuali verso la sostenibilità, la digitalizzazione e l'intermodalità, considerando la coesistenza di scali di diverse dimensioni nel quadro strategico del sistema aeroportuale nazionale.

Sotto il profilo degli investimenti, CdP riporta che nel 2022 i gestori aeroportuali italiani hanno finanziato la transizione green e digitale del settore con circa 510 milioni di euro complessivi, di cui quasi 69 milioni riconducibili agli assi portanti di Next Generation Eu (digitalizzazione, transizione ecologica e intermodalità, ovvero l'utilizzo combinato di differenti mezzi di trasporto).

Conclusioni

Gli sforzi globali per evitare che il cambiamento climatico diventi irreversibile sono ancora insufficienti, ma l’approccio di CdP nel presentare l’implementazione dei SAF nel trasporto aereo è un modello da seguire per convincere anche i più scettici.

Analogamente a quanto avviene per tutte le aziende, infatti, la decarbonizzazione costa, ma non farla costa di più. Un rilievo da non ignorare considerando che il settore dell’aviazione in Italia vale il 3,8% di Pil e dà lavoro a quasi 1,3 milioni di addetti di cui 165 mila diretti.

La notizia del primo volo transatlantico alimentato al 100% con SAF è stata, a ragione, accolta con grande clamore. In un periodo storico dove la disillusione regna sovrana, non sogneremo certo di volare col jet-pack, ma già volare senza inquinare ci renderebbe felici.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Sostenibilità

Clima ed energia: obiettivi 2030 ancora alla portata...

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A che punto siamo secondo quanto rilevato da Italy for Climate

jonny-clow-unsplash

Il 22 aprile 2024 si è celebrata la Giornata Internazionale della Terra. Tra le tante iniziative ed eventi organizzati in ogni angolo del Mondo, è stato anche il momento di condividere bilanci e analisi sullo stato attuale in tema di clima ed energia. Con riguardo al nostro Paese, in occasione della Giornata della Terra, Italy for Climate ha pubblicato la quinta edizione del rapporto “10 Key trend sul clima” che analizza le principali tendenze registrate nel 2023 in Italia con riferimento alla lotta al cambiamento climatico e alla transizione energetica. Tra i dati principali, emerge che nell'ultimo anno il nostro Paese ha prodotto uno sforzo davvero considerevole nel tagliare le emissioni di gas serra con una diminuzione del 6,5% rispetto all'anno precedente, percentuale che corrisponde a una diminuzione di circa 27 milioni di tonnellate di gas serra prodotti. Il dato, qualora confermato, significherebbe che il nostro Paese si trova nella condizione di raggiungere ancora gli obiettivi di decarbonizzazione fissati per il 2030. Tra i principali fattori che hanno influito sulla diminuzione registrata nel 2023 vi sono il minore utilizzo di carbone per produrre energia, i consumi energetici ridotti anche dovuti a un inverno piuttosto mite, un calo della produzione industriale, ma anche un'accelerazione nelle rinnovabili.

I principali trend sul clima in Italia

Oltre al primo trend che, come detto, riguarda la drastica riduzione delle emissioni, le altre principali tendenze in tema di clima ed energia segnalate da Italy for Climate non sono tutte esattamente positive. A cominciare dal numero di eventi climatici, drammaticamente aumentato nel 2023, che secondo le stime di Ispra risulta essere stato il secondo anno più caldo mai registrato in Italia. Non solo, l'anno passato, sul nostro territorio sono stati registrati 3.400 eventi climatici estremi. In quanto all'energia, secondo le stime Enea è calata del 3% l'intensità energetica del Pil ovvero del fabbisogno energetico necessario a produrre una unità di Pil. In calo, nel valore assoluto, anche i consumi di energia negli edifici (-2,3 Mtep) e nell'industria (-1,2% Mtep). Sempre secondo Enea, il calo delle emissioni globali di cui sopra è dovuto principalmente all'evoluzione del settore elettrico che sempre più si basa sulle fonti rinnovabili (+15 Twh) e meno su quelle fossili (-33 Twh). In particolare, la quota complessiva di energia prodotta da eolico e fotovoltaico è pari al 20%, mentre la quota di tutte le rinnovabili sfiora il 44% della produzione, il tetto massimo mai raggiunto. Meno bene invece gli indicatori sulla dipendenza energetica che vedono l'Italia tra i Paesi europei a più elevata dipendenza, seppur in lieve calo rispetto al 2022. Parlando di riqualificazione degli edifici, una questione di grande portata visto l'impatto che il parco immobiliare ha sul clima, nel 2023 sono state riqualificate oltre 700 mila abitazioni grazie agli incentivi introdotti dal Superbonus, il triplo in più rispetto alla media degli anni precedenti. Inoltre, a fine anno risultano installati 1,3 milioni di impianti fotovoltaici nel settore residenziale. Il mercato dell'auto elettrica seppur lentamente appare in crescita e ad oggi rappresenta il 4,2% del totale immatricolazioni. Dati comunque molto contenuti rispetto alla media europea del 14,6% con punte del 18,4% in Germania. Da segnalare infine il deficit medio nazionale del 60% sulle scorte di acqua nevosa nei principali bacini del Paese, con punte fino a -70% nel bacino dell'Adige e -67% in quello del Po. Proprio la crisi idrica rappresenta uno dei temi che andranno affrontati con maggiore attenzione, rapidità ed efficacia.

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Sostenibilità

“Recycle me”, lo spot di Coca-Cola per la...

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Lo scopo del nuovo spot sostenibile è l’invito all’azione: “Riciclami” è la scritta sulle lattine che ricorderà al consumatore di gettarla correttamente

Lattine di Coca-Cola

Recycle Me” è il nome della campagna pubblicitaria di Coca-Cola Company. Al centro dello spot: la sostenibilità e il riciclo. Lanciata in America Latina, i pubblicitari della campagna hanno pensato di usare il potere del logo, riconosciuto in tutto il mondo, e di modificarlo. La scritta bianca su sfondo rosso si “accartoccia”: raffigura, cioè, il modo in cui assomiglierebbe il logo se le lattine vuote venissero schiacciate per essere gettate e poi riciclate.

“Come parte dell'impegno della Coca-Cola di riciclare tutti i loro packaging entro il 2030, WPP Open X, guidato da Ogilvy New York, ha usato il potere dell'iconico logo della sceneggiatura del marchio per ispirare le persone a rendere il riciclo parte della loro esperienza quotidiana”, si legge su Instagram.

Visualizza questo post su Instagram

Un post condiviso da Ogilvy New York (@ogilvyny)

Lo spot pubblicitario

Coca-Cola crede che un futuro migliore si raggiunga attraverso pratiche sostenibili dal punto di vista sociale e ambientale. Nell'ambito dei suoi obiettivi di sostenibilità, si impegna a riciclare tutti i suoi imballaggi entro il 2030. Volevamo sfruttare il potere dell'iconico logo del marchio per ispirare le persone a rendere il riciclo parte della loro esperienza quotidiana con Coca-Cola – scrive Laurent Ezekiel, WPP Chief Marketing Officer & CEO -. Abbiamo iniziato con l'intramontabile abitudine di schiacciare una lattina prima di riciclarla. Quindi abbiamo creato un'immagine estremamente telegrafica e potente con l'invito all'azione RECYCLE ME preso direttamente dal lato della lattina. Naturalmente, non esistono due lattine riciclate esattamente uguali, e nemmeno le nostre stampe e i nostri poster. Sviluppate da WPP Open X, sotto la guida di Ogilvy New York, le pubblicità creative saranno presenti a Buenos Aires, in Argentina, Brasile e Messico, oltre che sui canali sociali”.

Islam ElDessouky, vicepresidente globale per la strategia creativa e i contenuti di Coca-Cola, ha commentato: “Noi di Coca-Cola puntiamo ad avere un mondo senza rifiuti. Stiamo lavorando per innovare i nostri prodotti verso il nostro obiettivo globale di rendere riciclabile il 100% delle nostre confezioni entro il 2025. Inoltre, puntiamo a raccogliere e riciclare una bottiglia o una lattina per ogni bottiglia venduta entro il 2030 e abbiamo l’opportunità unica di utilizzare il nostro marketing per inviare un messaggio potente. ‘Riciclami’ invita tutti noi a riciclare ovunque sia possibile”.

Le iniziative Coca-Cola

Non è la prima volta che l’azienda lancia un’iniziativa del genere. Per l’obiettivo "World Waste Free", missione lanciata da Coca-Cola nel 2018 per contribuire alla lotta contro i rifiuti di plastica, si propose: imballaggi senza etichetta, tappo attaccato alla bottiglia come già avviene per la maggior parte delle bottiglie in plastica oggi e progetto di packaging completamente riciclabile. Nell’ultimo report di sostenibilità, la Company ha precisato di aver raggiunto il 90% dell’obiettivo. Il nuovo è raccogliere e riciclare una bottiglia o lattina per ogni bottiglia o lattina venduta entro il 2030.

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Sostenibilità

Lionello (Unisalento): “Continente europeo più...

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Il professore spiega le tendenze climatiche a margine del rapporto Copernicus

Europa sulla cartina - Canva

In Europa le temperature medie sono aumentate più che in ogni altro continente ma, pur restando allarmanti, i risultati del rapporto Copernicus sono anche la conseguenza di “tendenze intrinseche al cambiamento climatico”.

Lo spiega all’Adnkronos Piero Lionello, professore ordinario di Fisica dell’Atmosfera e Oceanografia presso l’Università del Salento e presidente del network MedCLIVAR (Mediterranean CLImate Variability).

“La considerazione più importante ed essenziale da fare – esordisce Lionello – è che i gas serra si distribuiscono in modo approssimativamente uniforme su scala globale. In pratica, le emissioni dell’Italia non interessano solo il territorio italiano, lo stesso dicasi per quelle europee e così via. Un andamento completamente diverso rispetto, per esempio, alle emissioni di aerosol che tendono ad avere una persistenza breve in atmosfera e quindi un effetto più regionale e più limitato alle zone di emissione”.

Per questo occorre interessarsi non solo alle decisioni di casa propria: “Questo andamento dimostra una volta per tutte come il problema del cambiamento climatico sia una questione globale”.

C’è poi un altro aspetto da considerare: “Durante una transizione, le alte latitudini tendono a scaldarsi di più delle zone tropicali. Allo stesso tempo, a livello superficiale, le masse continentali si scaldano di più delle masse oceaniche. Anche quando ci sono stati eventi caldi interglaciali in passato e le glaciazioni, il cambiamento climatico è stato molto più ampio in queste zone.

Si tratta di tendenze intrinseche al sistema climatico, quindi mi sorprenderei nel vedere il contrario in questa fase di riscaldamento che ha sicuramente una importante componente antropogenica”, spiega il professore che ha contribuito alla redazione del sesto rapporto Ipcc (Intergovermental Panel on Climate Change), pubblicato lo scorso anno.

L’Unione europea si sta muovendo nella direzione e alla velocità giusta o le resistenze di alcune parti politiche rischiano di compromettere il cammino green dell’Ue?

“Quello che si può osservare è una progressiva attenzione a livello normativo e tecnologico da parte dell'Unione Europea nei confronti del cambiamento climatico che ha portato effettivamente a una riduzione delle emissioni. Le emissioni negli ultimi venti, trenta anni nel complesso stanno diminuendo anche negli Stati Uniti”.

Si tratta di un miglioramento sufficiente in prospettiva?

“No. Infatti, nonostante l’impegno di Ue e Usa, le emissioni su scala globale stanno aumentando”. Ancora una volta, quindi, il passaggio cruciale sta nella consapevolezza che ci troviamo di fronte a una sfida comune: “La consapevolezza che il clima sia una questione globale è fondamentale. Il contrasto al cambiamento climatico – prosegue il professor Lionello – non può che passare attraverso strategie condivise a livello internazionale almeno dai principali emettitori che in questo momento sono l’Unione Europea, gli Stati Uniti, la Cina e l’India. Al tempo stesso però è importante essere consapevoli delle differenze tra i problemi ambientali e l’inquinamento”, sottolinea.

Dunque, se è vero che per contrastare il cambiamento climatico serve una sinergia internazionale, bisogna osservare che i singoli interventi dei Paesi sono fondamentali per i cittadini che vivono quei territori: “Da un punto di vista decisionale, è difficile che chi dà priorità al contrasto del cambiamento climatico non dia anche priorità alla lotta all’inquinamento e alla tutela degli ecosistemi. È vero che queste misure devono essere condivise a livello internazionale per contrastare l’aumento della concentrazione di gas serra in atmosfera. È anche vero, però, che le strategie e le decisioni anti inquinamento prese dalle istituzioni hanno effetti molto positivi sull’ambiente e sui servizi ecosistemici che riguardano i cittadini europei”.

Siccità, rischio desertificazione ed eventi atmosferici estremi: ci sono alcune zone dell’Italia a rischio nel prossimo futuro?

“Eviterei catastrofismi privi di fondamento scientifico. Sicuramente i dati testimoniano aumenti delle temperature medie importanti per gli ecosistemi e per l’ambiente in cui viviamo, ma non al punto da rendere inabitabili alcune zone d’Italia almeno nel medio termine. C’è una alterazione del ciclo idrologico, ma non tale da compromettere la sostenibilità delle risorse idriche, soprattutto se gestite in modo opportuno”.

Non ci sono e non ci saranno mai più le mezze stagioni?

“Tendiamo ad attribuire qualsiasi evento meteorologico al cambiamento climatico senza un'opportuna interfaccia scientifica. Spesso ci basiamo sui nostri ricordi, ma i nostri ricordi sono dei fallaci indicatori dei cambiamenti perché tendono a trascurare la variabilità e ricostruire dei paradigmi del nostro passato. Il fatto che questa interruzione della ciclicità delle stagioni venga concepita descritta ormai come ‘evidente’ non ha alcun riscontro nelle evidenze scientifiche”.

Delle prove scientifiche dell’alterazione non mancano, ma vanno trattate nella loro specificità: “Il riscaldamento è evidente; il cambiamento delle precipitazioni in alcuni territori è evidente; gli aumenti delle statistiche delle ondate di calore sono evidenti”, spiega il prof. Lionello, che aggiunge: “Anche l’alterazione del ciclo della stagionalità è evidente: l'inverno arriva un po’ dopo e finisce un po’ prima, l'estate comincia un po’ prima e finisce un po’ dopo. Ma non possiamo farne una deduzione scientifica perché abbiamo ancora pochissimi cicli stagionali su cui basare le nostre osservazioni”.

Il professore ci tiene però a sottolineare: “Molti effetti del cambiamento climatico sono evidenti e hanno natura antropogenica. Nel caso delle stagioni, la statistica è ancora insufficiente per dire che c'è un cambiamento definitivo del ciclo”.

Le variazioni nel Mediterraneo

A margine del rapporto sullo stato europeo del clima 2023 del Copernicus Climate Change Service e dell’Organizzazione meteorologica mondiale, l’appello del professore a valutare con rigore i fenomeni climatici è ancora più utile se si parla del Mediterraneo. La causa è scientifica: “Il Mediterraneo è una zona di transizione tra il clima subtropicale a sud, in gran parte del Nord Africa, e un clima oceanico umido o continentale-temperato a Nord”.

In cosa si traduce questa particolare condizione?

“Nel fatto che ogni piccolo spostamento di questa linea di transizione genera una variabilità. In particolare la variabilità della precipitazione è sempre stata una caratteristica della regione mediterranea, quindi della parte dell'Italia centro meridionale. Ci sono sempre stati lunghi periodi di scarse precipitazioni e lunghi periodi di intense precipitazioni.

Sicuramente stiamo alterando il clima rendendolo più caldo e meno piovoso su gran parte dell'Italia, le evidenze del riscaldamento ci sono tutte e da molti anni.

Le evidenze delle alterazioni dei regimi di precipitazione – conclude il professor Lionello – sono più sottili anche se cominciano a emergere e vanno nella direzione di una diminuzione delle precipitazioni su gran parte dell'Italia e di un aumento degli eventi estremi sul Nord Italia vanno in questa direzione”.

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