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Israele libera due ostaggi, il blitz di un’ora e...
Israele libera due ostaggi, il blitz di un’ora e mezza a Rafah: cosa è successo
La liberazione di Marman e Har è solo la seconda operazione di successo di questo tipo dall'inizio della guerra. L'annuncio di Hamas: "Tre ostaggi israeliani morti per raid su Striscia"
E' durata un'ora e mezza e ha coinvolto servizi d'intelligence, reparti d'elite e forze aeree l'operazione con la quale sono stati liberati a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, i due ostaggi israeliani Fernando Marman, 61 anni, e Louis Har, 70. L'intera operazione è stata coordinata da una war room dei servizi d'intelligence interni dello Shin Bet, riferiscono i media israeliani.
Il raid ha coinvolto le unità di elite dell'unità antiterrorismo Yamam della polizia, dello Shin Bet e delle Forze di difesa israeliane (Idf). Alle 01:49, ha spiegato il capo di Stato maggiore dell'Idf Herzi Halevi, le forze israeliane hanno fatto irruzione con degli esplosivi nell'appartamento al secondo piano di una palazzina dove erano detenuti i due ostaggi. I tre carcerieri sono stati immediatamente uccisi, mentre le forze speciali "facevano da scudo con i propri corpi" agli ostaggi.
Il capo della Yamam ha detto ad Haaretz che gli ostaggi sono stati portati via dal secondo piano con l'aiuto di corde. Entrambi hanno partecipato attivamente. Le truppe, ha sottolineato, avevano avuto istruzioni di non sparare a nessuna persona disarmata e di evitare ogni atto che potesse mettere in pericolo possibili ostaggi.
Dato che il raid si svolgeva a Rafah, un aspetto chiave era anche assicurare il ritorno degli ostaggi in Israele. Subito dopo l'irruzione delle forze speciali, gli uomini di Hamas hanno aperto il fuoco da edifici vicini, mentre l'aviazione israeliana entrava in azione bombardando siti militari e centri di comando di Hamas. Le forze di Hamas hanno tentato di raggrupparsi per riprendere gli ostaggi ma senza successo. Un loro veicolo che si era lanciato all'inseguimento è stato attaccato dal cielo. A terra la copertura della fuga è stata assicurata dal commando Shayetet 13 della marina e la settima Brigata corazzata. "Molti terroristi sono stati eliminati nell'azione della scorsa notte" oltre ai tre uccisi nell'appartamento, ha detto Halevi. Hamas parla di 100 persone uccise.
Circa un'ora dopo essere stati tirati fuori dall'appartamento, Marman e Har sono stati portati fuori da Rafah su veicoli blindati e poi caricati su un elicottero che li ha portati in Israele, al centro medico Sheba di Ramat Gan. Sottoposti ad esami medici, i due sono stati trovati in buone condizioni e hanno potuto riabbracciare le loro famiglie. Degli uomini coinvolti nel raid, solo uno è rimasto leggermente ferito.
L'operazione è stata seguita minuto per minuto nella war room dove erano riuniti Halevi, il capo dello Shin Bet Ronen Bar, i capi della polizia, l'intelligence militare e l'aviazione, il responsabile delle operazioni dell'Idf. In un secondo tempo si sono aggiunti anche il primo ministro Benyamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant. L'Idf e lo Shin Bet hanno lavorato "molto tempo" al piano di salvataggio, basato su informazioni di intelligence. "Stavamo aspettando le condizioni giuste per poterlo mettere in pratica", ha detto Halevi.
Chi sono gli ostaggi liberati
I due ostaggi, entrambi israeliani con doppia nazionalità argentina, erano stati rapiti nel kibbutz Nir Yiyzhak durante il violento attacco di Hamas del 7 ottobre, quando furono massacrate 1.200 persone e rapite altre 253. Marman, 61 anni, e Har, 70, sono stati rapiti assieme a Clara Marman, 62, sorella del primo e compagna del secondo. Sequestrata anche una terza sorella, Gabriela, e la figlia 17enne Mia Leimberg. Le tre donne sono state liberate a fine novembre, nell'ambito dello scambio organizzato con Hamas. Marman, la sorella Gabriela e Mia, erano in visita al kibbutz in occasione della festività ebraica di Simchat Torah.
La liberazione di Marman e Har è solo la seconda operazione di successo di questo tipo dall'inizio della guerra. Ad ottobre le Idf erano riusciti a liberare la soldatessa Ori Megidish. Un'altra operazione è fallita e si è risolta con l'uccisone di uno ostaggio. In un altro drammatico episodio, tre ostaggi che erano riusciti a liberarsi sono stati uccisi per errore dai soldati israeliani.
L'annuncio di Hamas: "Tre ostaggi israeliani morti per raid su Striscia"
Hamas dal canto suo ha fatto sapere che sono morti tre degli ostaggi israeliani rimasti feriti nei raid israeliani nella Striscia di Gaza. Ad affermarlo in un messaggio audio Abu Obaida, portavoce del braccio armato del gruppo, le Brigate al-Qassam. Domenica Hamas aveva parlato di due ostaggi morti e altri otto feriti a causa di operazioni israeliane.
Secondo Abu Obaida, Hamas non rivelerà i nomi degli ostaggi che afferma essere deceduti fin quando non saranno "chiare le sorti" degli altri ostaggi feriti.
Al Mayadeen: "100 morti in raid a Rafah". Hamas: "Genocidio"
Il bilancio delle vittime del massiccio attacco delle forze di difesa israeliane sulla città di Rafah sarebbe salito a 100 morti. Lo ha riferito il canale televisivo libanese Al Mayadeen, aggiungendo che più di 230 persone sono rimaste ferite. La maggior parte delle vittime dell'attacco sono donne e bambini.
In precedenza era stato riferito che gli aerei dell'aeronautica israeliana stavano effettuando attacchi mirati sulle moschee di Al-Huda e Al-Rahma, dove si trovano molti rifugiati. La Mezzaluna Rossa Palestinese ha riferito di bombardamenti su edifici residenziali nell'area circostante e sul quartier generale dell'organizzazione.
Hamas ha condannato gli ultimi attacchi aerei israeliani su Rafah, affermando che rappresentano “un ampliamento della portata dei massacri che sta commettendo contro il nostro popolo”. “L’attacco dell’esercito di occupazione nazista stasera contro la città di Rafah, che finora ha causato la morte di più di un centinaio di martiri, è considerato una continuazione della guerra genocida e dei tentativi di sfollamento forzato che sta conducendo contro il nostro popolo palestinese”, ha scritto il gruppo terroristico in un comunicato stampa.
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Ucraina, Crosetto: “Italia ha fornito tutto quello...
"Noi veniamo da 40 anni con l'idea che la difesa fosse qualcosa di cui non avevamo bisogno"
"Noi domani avremo una incontro, una call, a cui presumo ci sarà lo stesso Zelensky, per fare il punto" sugli aiuti all'Ucraina. "Mi pare che l'Europa e l'Italia in particolare abbiano fornito in questo periodo tutto quello che riuscivano a dare". Lo ha detto il ministro della Difesa Guido Crosetto, intervenendo all'incontro promosso da PwC Italia in collaborazione con il gruppo editoriale Gedi, dal titolo 'Il ruolo della ricerca militare nello sviluppo economico italiano'.
"Il problema - ha spiegato - è che noi veniamo da 40 anni con l'idea che la difesa fosse qualcosa di cui non avevamo bisogno, che le scorte e gli investimenti per la difesa non servissero, per cui non abbiamo magazzini pieni con cui possiamo aiutare. Quello che potevamo dare fino ad adesso l'Italia lo ha dato quasi integralmente. La parte che non ha ancora dato la darà prossimamente", ha detto il ministro.
"Sono talmente arrabbiato che dico una cosa pubblicamente: l'Italia ha ordinato alcuni sistemi di difesa aerea Samp-T due anni fa, l'industria che ha la commessa mi dice che li consegnerà tra tre anni. Un ordine di Samp-T per la difesa italiana fatto due anni fa, l'industria mi dice che lo consegna tra tre anni", ha proseguito.
"Voi pensate che uno possa fare il ministro della difesa o difendere un Paese con questi tempi? Non riesco a capire come sia possibile metterci tre anni per costruire una qualunque cosa, anche la più complessa che esiste al mondo", ha osservato Crosetto, spiegando che il problema è che "noi abbiamo un'industria che si era tarata su una capacità produttiva in cui lo Stato fa l'appalto, dà i soldi, quando li dà si inizia a costruire e poi quando si riesce, si consegna. Invece viviamo tempi in cui avremmo bisogno delle cose subito". Il problema - ha riferito il ministro - "non è solo italiano, ma europeo. Lo ha anche il ministro francese, con cui stiamo facendo una battaglia a due".
A differenza di quanto accade in Europa, "in Russia, in Cina e in Iran alzano il telefono e l'azienda che prima faceva frigoriferi" viene convertita per la produzione della difesa. "Noi invece ci confrontiamo con regole costruite in tempi di pace e in tempi normali in tempi che non sono di pace e non sono normali".
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India al voto, Armellini: “Grande democrazia? Con...
L'ex ambasciatore a Nuova Delhi: "Il Paese è cresciuto, ma stretta autoritaria sempre più opprimente"
L'India resta un grande Paese, ma non è detto che resterà una grande democrazia. Alla vigilia della prima tornata elettorale nel gigante asiatico - dove da domani al primo giugno poco meno di un miliardo di elettori andrà a votare in 28 Stati federali e otto territori - l'ex ambasciatore italiano a Nuova Delhi, Antonio Armellini, parla con l'Adnkronos dell'India di Narendra Modi, che si avvia al suo terzo mandato, dopo dieci anni già al governo.
Con il leader del Bjp "l'India è molto cambiata, è cresciuta economicamente, è migliorata al suo interno, il programma di investimenti sulle infrastrutture ha portato risultati ed il sistema finanziario è stato ammodernato", riconosce Armellini. Che tra i 'meriti' cita "la presa sull'elettorato, che si è ampliato e non è più solo quello tradizionale del Bjp", il partito dei commercianti e degli imprenditori.
Parallelamente, osserva l'ex ambasciatore, "la stretta autoritaria del governo Modi è diventata sempre più opprimente, figlia di un controllo e di un meccanismo del consenso molto sofisticati", mentre l'opposizione divisa e frammentata "è in difficoltà nel trasmettere un qualche tipo di messaggio che possa essere recepito dagli elettori".
L'India cresce "ma crescono anche le diseguaglianze", sottolinea ancora Armellini, mentre si avvia a diventare "una democrazia autoritaria sempre più lontana dal modello che ne aveva fatto un unicum nel continente asiatico, una grande democrazia liberale, figlia del pensiero politico del 19mo secolo, che aveva avuto anche Giuseppe Mazzini tra gli ispiratori della lotta per l'indipendenza". "L'India laica, tollerante, multietnica, rispettosa dello stato di diritto non è l'India di Modi, fortemente identitaria - ragiona l'ex ambasciatore - L'India è un grande Paese, ma che resti una grande democrazia è un punto interrogativo".
Quanto alla politica estera di Nuova Delhi, che "ha una percezione di sé come grande potenza sullo stesso piano di Stati Uniti e Cina, il punto da cui partire è che l'India non ha alleanze, ma relazioni, è partner di molti, ma nel proprio interesse". Che è quello di "grande potenza autonomia con due punti di riferimento imprescindibili: il contrasto con la Cina e il conflitto con il Pakistan", spiega Armellini. E chi, "come a tratti cercano di fare gli Stati Uniti, pensa di poterla legare in una vera e propria alleanza, rischia di restare fortemente deluso".
Infine l'ex ambasciatore si dice convinto che Nuova Delhi abbia "una maggiore capacità di attrazione per diventare il punto di riferimento del Sud globale", in particolare rispetto a Pechino, che agli altri Paesi "richiede di schierarsi", laddove l'India ha un approccio meno identitario.
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G7, Tajani: “Tutti insieme dobbiamo dare messaggio di...
Le parole del ministro degli Esteri al summit di Capri
"Tutti insieme credo che dobbiamo dare un messaggio di pace". Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, nel corso del G7 Esteri a Capri.