Salute e Benessere
Il medico risponde: Salute fegato, paracetamolo e alimenti...
Il medico risponde: Salute fegato, paracetamolo e alimenti sconsigliati
“Il Medico risponde”
Salute fegato, paracetamolo e alimenti Sconsigliati
DOMANDA
Buongiorno dottore, per favore volevo sapere se è vero che il paracetamolo fa male al fegato e quali sono gli alimenti che fanno male al fegato?
Grazie per la risposta.
Buona giornata
Federica, 26 anni
RISPOSTA
A cura del Dr. Ferdinando Martinez
ATTENZIONE: "Le informazioni contenute in questa rubrica medica, non devono ASSOLUTAMENTE, in alcun modo, sostituire il rapporto Medico di Famiglia/Assistito. Si raccomanda per buona regola, di chiedere SEMPRE il parere del proprio Medico di Famiglia, o Specialista di fiducia, il quale conosce in dettaglio la storia clinica del proprio Paziente. La nostra rubrica, non avendo fatto un'anamnesi di chi ci scrive, impossibile online, ha il solo ed esclusivo scopo informativo, decliniamo quindi tutte le responsabilità nel mettere in pratica qualsiasi chiarimento o indicazione riportata al solo scopo esplicativo e divulgativo. Qualsiasi domanda umanamente intrattabile via web, verrà automaticamente cestinata. Grazie per la gentile comprensione."
Salve Federica, a dosi terapeutiche, il paracetamolo è sicuro perché viene scomposto in metaboliti non tossici da una molecola presente nell’organismo chiamata glutatione che si lega alle tossine per eliminarle dall’organismo.
Ma un sovradosaggio di paracetamolo o un’assunzione elevata e frequente di questo antidolorifico diminuisce le riserve di glutatione del fegato, rendendolo più vulnerabile.Anche altri farmaci possono avere effetti deleteri sul fegato: statine (per regolare i livelli di colesterolo), corticosteroidi, antimicotici (per curare infezioni causate da funghi) oltre ad alcune pillole anticoncezionali e trattamenti ormonali.
Il fegato, Neutralizza le tossine, purifica i rifiuti del corpo e presiede alla buona attività del cervello, del cuore e della tiroide. Tuttavia, il nostro fegato è un organo di cui abusiamo spesso, per garantire una buona salute, eccole un elenco degli alimenti da mangiare con grande moderazione che mi ha gentilmente richiesto.
ZUCCHERI
Il nostro corpo ha bisogno di carboidrati Federica. Ma quando ne consumiamo troppo, vengono convertiti direttamente in grasso nel fegato. Quando questo grasso rappresenta più del 5-10% del peso totale del nostro fegato, si ha una “steatosi epatica non alcolica“. Nel tempo, questa infiammazione progredisce in fibrosi e quindi in cirrosi. Il fegato diventa quindi incapace di svolgere le sue funzioni.
Evitare quindi lo zucchero ma anche il miele, i succhi di frutta concentrati e, una piccola chicca che le faciliterà di ricordare, tutti gli zuccheri aggiunti il cui nome termina con osio (fruttosio, glucosio …) che hanno un effetto deleterio sul fegato .
CEREALI BIANCHI
Pane, pasta, biscotti di farina bianca, riso … vanno abbandonati perché provocano un rapido e repentino innalzamento dei livelli di glucosio e insulina nel sangue, seguito da un abbassamento di questi livelli anche veloce. Nel tempo, questo “effetto montagne russe” provoca insulino-resistenza che danneggia il fegato.
ACIDI GRASSI TRANS
Sono presenti in molti prodotti trasformati , pasticcini, fritture: gli acidi grassi trans favoriscono la formazione di fibrosi, tessuto cicatriziale che, a poco a poco, prende il posto delle cellule epatiche danneggiate . Tuttavia, la fibrosi può causare gravi complicazioni: cirrosi e persino cancro al fegato.
SODIO
Nelle persone che hanno già un fegato malato (epatite o malattia del fegato grasso per esempio) consumare troppo sodio peggiora solo il danno arrecato a questo organo. Federica per ridurre l’assunzione di sale, con erbe aromatiche nell’acqua di cottura delle verdure o sulla carne, oppure con il limone sul pesce. Pensi anche all’utilizzo delle spezie , che hanno anche effetti benefici sul fegato grazie alle loro proprietà antiossidanti e antinfiammatorie.
L’ALCOL
Può tranquillamente bere un bicchiere di vino rosso di tanto in tanto Federica se preferisce. Tuttavia, si ricordi che il consumo eccessivo di alcol ha effetti deleteri sul fegato.
Grazie e buona giornata a lei.
Aspettiamo le vostre domande, inviatecele via mail a info@sbircialanotizia.it
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25 aprile, il pediatra: “Ecco come spiegarlo ai...
"Per ogni età c'è il giusto modo di raccontarlo, a seconda della fase evolutiva"
25 aprile data importante per gli italiani. E, come tutti gli anni, al centro in questi giorni di dibattiti, ricordi, commemorazioni. Ma come spiegarlo ai bambini che ci chiedono chiarimenti? "Per ogni età c'è il giusto modo di raccontarlo, a seconda della fase evolutiva", spiega all'Adnkronos Salute Italo Farnetani, docente di Pediatria dell'Università Ludes-United Campus of Malta.
"Ai bambini di meno di 10 anni, per esempio - suggerisce il medico - direi semplicemente che in questo giorno è finita la guerra che veniva combattuta in Italia. Bisogna tener conto del fatto che in questa fascia di età i bambini ragionano per operazioni concrete, su ciò che vedono e che gli va spiegato nella sua concretezza. Possiamo raccontargli, quindi, che nel nostro Paese c'era una guerra come quelle che vedono in televisione e il 25 aprile se ne festeggia la fine". Dagli 11 anni in poi, soprattutto a chi frequenta le scuole superiori, prosegue Farnetani, "si può parlare con i ragazzi dei contenuti ideali, politici, legati alla Festa della liberazione". Mentre "dai 14 anni in su, cioè quando l'adolescente entra nella fase delle 'operazioni formali', il discorso può ampliarsi ai concetti di pace, guerra, libertà, dittatura, diritti umani, cioè fare un discorso formativo. In questa fase dell'adolescenza, in cui predominano i concetti di bene e male, giustizia e ingiustizia - sottolinea il pediatra - si fa strada una visione utopica della realtà. Gli adulti, considerando questa particolare fase dello sviluppo del ragionamento degli adolescenti, possono aiutare i ragazzi a fare un'analisi oggettiva di ciò che è avvenuto il 25 aprile perché possa partire da una valutazione storica, etica e politica dei fatti per farsi, autonomamente, un'idea precisa dell'origine e delle motivazioni del significato simbolico della data. Successivamente potrà esaminare i decenni successivi della storia della politica italiana".
Un'informazione che tenga conto delle fasi evolutive, conclude Farnetani, è una modalità utile a fornire "all'adolescente strumenti per capire le problematiche alla radice. In caso contrario, si rischia di proporre concetti preconfezionati o di parte che non aiutano lo sviluppo della persona".
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Alimenti, Nas e Icorf sequestrano 200 tonnellate di latte e...
La procura di Pesaro ha delegato al comando carabinieri Nas di Ancona e all'Unità investigativa centrale dell'Icorf le attività di perquisizione e sequestro a carico di 10 persone fisiche e 3 società, al fine di bloccare un complesso fenomeno di adulterazione nel settore lattiero caseario.
Le attività di ricerca e sequestro sono state eseguite nella provincia di Pesaro e in altre località della regione Marche, oltre che in altri obiettivi sul territorio nazionale, e hanno impegnato oltre 60 ufficiali di polizia giudiziaria tra carabinieri del Nas e ispettori dell'Ispettorato repressione frodi. Nel corso dell'attività la polizia giudiziaria delegata ha rinvenuto e sequestrato circa 90 tonnellate di latte e circa 110 tonnellate di prodotti lattiero caseari, oltre che circa 2,5 tonnellate sostanze sofisticanti per un valore complessivo pari a poco meno di 800mila euro.
Le indagini dirette dalla procura mirano ad accertare l'utilizzo di sostanze sofisticanti e adulteranti nel circuito produttivo di prodotti lattiero caseari di grande distribuzione.
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Tumori, esperti: “Contro mielofibrosi studi per...
"Combinazione di molecole per agire su target differenti"
"Nei prossimi anni probabilmente avremo la personalizzazione, almeno in larga parte, della gestione del paziente. Stiamo facendo degli studi che vanno verso una combinazione di target differenti per colpire la mielofibrosi". Così Francesco Passamonti, professore ordinario di Ematologia, Università degli Studi di Milano e direttore di Struttura complessa, dipartimento di Oncologia e Onco-Ematologia del Policlinico di Milano, insieme ad Alessandro Maria Vannucchi, professore ordinario di Ematologia, Università di Firenze e direttore della Struttura complessa di Ematologia, Azienda ospedaliera universitaria Careggi, intervenendo oggi a Verona a un incontro con la stampa organizzato da Gsk, in cui sono state presentate le ultime novità terapeutiche per la cura di questa neoplasia del midollo osseo caratterizzato dalla proliferazione di globuli rossi anomali e dall'accumulo di tessuto fibroso.
La mielofibrosi - hanno spiegato gli esperti - colpisce circa 20mila pazienti negli Stati Uniti e, a livello globale, circa 1 paziente su 500mila. Sebbene la causa non sia del tutto nota, diversi fattori influenzano l'incidenza della malattia che può insorgere a causa della disregolazione della via Jak-Stat causata da mutazioni driver di 3 geni: Jak2, Calr e Mpl. La malattia si caratterizza per sintomi invalidanti come stanchezza, splenomegalia (ingrossamento della milza), sintomi sistemici e anemia. Quest'ultima, molto impattante nella qualità della vita, può peggiorare anche a causa di alcuni farmaci Jak inibitori impiegati. Recentemente in Europa è stato approvato un nuovo Jak inibitore, momelotinib, che migliora anche il sintomo dell'anemia, rendendo il paziente quindi meno soggetto alle trasfusioni, che possono arrivare anche a 2 a settimana.
"Stiamo disegnando studi clinici contro target sempre più specifici per personalizzare sempre di più la cura - sottolinea Passamonti - quindi per pensare a una terapia di combinazione o di soli Jak inibitori in base alle caratteristiche del singolo paziente", come ad esempio la presenza o meno "della forma anemica".
Attualmente "non abbiamo alcuna evidenza che una terapia farmacologica di oggi o di qui a 3 anni possa avere la capacità di modificare quella che è la naturale evoluzione della mielofibrosi - precisa Vannucchi - ma questi approcci, ancora meglio se personalizzati, sicuramente hanno migliorato la qualità della vita dei pazienti e la loro sopravvivenza. Ma la malattia resta lì e soprattutto resta il rischio di progressione e il rischio di evoluzione in leucemia acuta, che è quello che rappresenta veramente il prossimo impegno per il futuro. Questo, allo stato attuale, è difficile da intravedere perché, nonostante tutte le nostre conoscenze sui meccanismi molecolari della malattia, ancora qualcosa ci manca. Ma soprattutto, vista la complessità genetica di queste malattie, è difficile immaginare che un singolo agente possa modificarne la storia naturale. Quindi - conclude l'oncoematologo - è un lavoro importante e molto impegnativo quello che ci aspetta".