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Salute e Benessere

Il paziente al centro, le sfide della sanità di oggi nel...

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Il paziente al centro, le sfide della sanità di oggi nel convegno Adnkronos a Roma

Focus su prevenzione, nuove tecnologie, eccellenze e criticità del sistema salute

Il paziente al centro, le sfide della sanità di oggi nel convegno Adnkronos a Roma

Prevenzione, nuove tecnologie, eccellenze e criticità del sistema salute italiano, tenendo sempre a mente che al centro deve esserci il paziente. Questi i temi, attuali e complessi, che sono stati approfonditi durante il convegno ‘Salute e Sanità, una sfida condivisa’ , organizzata da Adnkronos presso il Palazzo dell’Informazione a Roma . Un incontro che si è incentrato su due direttrici: la gestione delle risorse, quindi di problemi quali le liste d’attesa e l’accesso ai pronto soccorso, e l’innovazione tecnologica, che richiede una costante formazione e un nuovo approccio al paziente. Sullo sfondo, una medicina che cambia.

Risorse e organizzazione, un binomio inscindibile

Si parte da un presupposto, messo subito in chiaro da Francesco Rocca, governatore della Regione Lazio: “Il sistema sanitario italiano è uno dei migliori del mondo”. Fondamentale è il suo universalismo, ha sottolineato Rocca: “Io credo nel servizio sanitario universale, perché ho conosciuto gli altri sistemi sanitari avendo girato il mondo in un’ottica di chi cerca di servire le persone più vulnerabili. E quindi in questo senso il mio servizio sanitario me lo tengo stretto e lo proteggo e faccio di tutto per rafforzarlo”

Cosa serve per mantenerlo a sua volta in salute e migliorarlo? Servono risorse ma, a monte, un’organizzazione adeguata, altrimenti diventa impossibile spendere bene i fondi di cui si dispone.

D’accordo il direttore generale del Policlinico romano Umberto I, Fabrizio D’Alba, intervenuto su Pronto soccorso e liste d’attesa e che ha sottolineato come il tema delle risorse non possa essere svincolato da quello dell’organizzazione, perché il sistema sanitario è a risorse ‘scarse’, ovvero definite, quindi da gestire al meglio: “Una risorsa è adeguata o meno anche in base a quello che si decide di offrire”. Tutto passa attraverso la definizione dell’offerta assistenziale perché o si adeguano e ottimizzano le risorse oppure si rimodula l’offerta.

Ma, ha precisato D’Alba, occorre anche lavorare sull’appropriatezza che condiziona l’accesso alle strutture e i percorsi assistenziali. Sulle liste d’attesa, “dobbiamo far capire ai cittadini che la risposta a un bisogno ambulatoriale deve darlo il sistema, non una struttura singola”.

Il sistema sanitario come pilastro della democrazia

Un altro aspetto evidenziato nella mattinata è stato il ruolo del sistema sanitario come pilastro della democrazia, secondo i principi fondanti di universalismo, equità e uguaglianza. “Se non è più così, perché non ce li si può più permettere, occorre pensare a strade alternative governandole politicamente”, ha spiegato Nino Cartabellotta, presidente Fondazione Gimbe. “Ci illudiamo di poter avere la spesa sanitaria pro capite più bassa d’Europa e con un ampio paniere di servizi Lea. Risultato: metà del Paese non ha avuto servizi e il personale sanitario è stato mortificato, ora non li ricompri nemmeno coi soldi: la spesa per il personale andrebbe tolta dal deficit dei Paesi, che permetterebbe a tutti di investire adeguatamente nel personale”, ha chiarito il presidente che auspica “un patto sociale: ognuno deve rinunciare a un pezzo di privilegio, a regole immutate non se viene fuori”.

Inoltre, ha continuato Cartabellotta, occorre ridefinire i Lea, perché se ad esempio la diagnostica di bassa complessità ormai la fanno i privati, quindi i cittadini la pagano di tasca propria o attraverso le assicurazioni, “perché non levarla dai Lea”? Sicuramente, ha riconosciuto il presidente Fondazione Gimbe, si tratterebbe di una misura impopolare, ma è importante tenere a mente che “il livello di salute e benessere della popolazione condiziona la crescita economica del Paese”.

Anche Paolo Petralia, vice presidente vicario Fiaso, ha parlato di patti e accordi. Medici, pazienti, stakeholders, politica, aziende dovrebbero mettersi insieme e trovare una sintesi: “E’ tempo di una grande alleanza per fare una grande riforma, culturale prima che organizzativa”, con alla base un pensiero sostenibile e condiviso “con il paziente, o meglio la persona, al centro, in una logica complessiva di tenuta”.

La medicina territoriale: medici, farmacie, Case della Comunità

Si è poi parlato di medicina territoriale: “E’ fondamentale – ha detto Rocca -, è uno dei temi che deve essere accompagnato con attenzione a riprendersi, perché comunque è stato trascurato troppo a lungo. È la presa in carico del paziente, l’accompagnamento dei nostri cittadini nel momento di cui hanno necessità di un’attenzione medica, quindi su questo c’è un grande investimento programmato sulle Case della salute, gli Ospedali di comunità. E poi, ovviamente, una buona medicina del territoriale è un ottimo filtro soprattutto per i nostri pronto soccorso cittadini”.

Il governatore della Regione Lazio ha fatto riferimento alle case di comunità, le nuove strutture socio-sanitarie che entreranno a far parte del Servizio Sanitario Nazionale per potenziare e sviluppare l’assistenza territoriale e che prevedono un modello di intervento multidisciplinare, riunendo specialisti di vari settori per garantire servizi correlati al bisogno di diagnosi e cure della popolazione.

Sul tema concorde Loreto Gesualdo, presidente Fism, per il quale anche le società scientifiche possono fare molto per mettere al cento il paziente e per il quale le case di comunità “devono fare multidisciplinarietà nello stesso posto, di concerto con RSA e ospedali”, perché spesso “il paziente è multidimensionale”, ha più patologie. Un tipo di organizzazione che, ha evidenziato, avrebbe ricasco sul decongestionamento dei Pronto soccorso e degli ospedali stessi.

E nel contesto della territorialità anche le farmacie possono avere un ruolo significativo come punti di riferimento di prossimità, quindi rimettendo al centro i bisogni del paziente. Ne ha parlato Marco Cossolo, presidente Federfarma, chiarendo che questo ruolo non è in alternativa a quello del medico di famiglia, bensì in team: le farmacie possono essere vicine alle persone non solo fisicamente ma anche come orari e professionalità. In particolare, gli ha fatto eco Sabrina De Camillis, head government affairs & communications GSK Italia, i pazienti più anziani che, tra le altre cose, potrebbero accedere alla prevenzione, quindi alle vaccinazioni, in un luogo conosciuto e di facile accesso.

Notevole anche il contributo che possono dare i medici di famiglia. Fiorenzo Corti, vice segretario nazionale Fimmg, oltre a sottolineare come non sempre sia garantito al cittadino il diritto di scegliere o cambiare il medico territoriale, ha spiegato anche il valore aggiunto di questa figura che potrebbe intervenire, tra le altre cose, nella gestione della patologia cronica e dell’assistenza domiciliare. O anche procedere a una diagnostica per immagine negli studi. Corti però ha tirato anche un po’ le orecchie ai pazienti, che devono cambiare il loro approccio e non vedere più il medico di famiglia solo come quello che fa le ricette.

Medicina difensiva e prevenzione, il ministro Schillaci

Corti è tornato poi su un tema caldo già sfiorato, quello dell’appropriatezza delle prestazioni: “Non è detto che aumentando l’offerta il sistema migliori il servizio, molte volte si fanno esami non si sa perché”.

Ed è stato il ministro Schillaci ad approfondire questo punto: in Italia si ricorre molto alla medicina difensiva che porta a “over prestazioni per 8-9 miliardi l’anno”. Invece, ha evidenziato Schillaci, “chi ha bisogno deve poter fare gli esami giusti nel momento giusto”. Ecco perché il ministero ha messo in piedi lo scudo penale per i medici, calcolando anche che nel 98% dei contenziosi non si ravvisa un illecito di questo tipo nel loro comportamento. Stando questo dato, diventa invece importante garantire agli operatori sanitari la serenità per poter svolgere il proprio lavoro.

Schillaci ha poi messo in luce la necessità di non abbandonare il paziente dopo la diagnosi o l’intervento, ma di realizzare un adeguato follow up: “Non lasciarlo solo”.

Il ministro è intervenuto anche sulla prevenzione, sottolineando come in questo campo “non si spende ma si investe”. L’obiettivo è sì vivere di più, e l’Italia ha una delle aspettative di vita più alte del mondo, ma anche di invecchiare meglio e in salute, o oggi non è sempre così. Un obiettivo che parte da lontano, “dall’educazione ai corretti stili di vita fin dalle elementari”.

Un aspetto già toccato da De Camillis, per la quale “la prevenzione deve essere la star”, a cominciare dalle vaccinazioni che possono contribuire a mantenere in salute l’anziano e portare a un invecchiamento attivo. “Non servono più risorse ma una loro organizzazione più efficiente, usando anche le farmacie, ha affermato”. Anche perché maggiore salute significa anche meno esami e meno ricoveri quindi meno ingolfamento del sistema e liste di attesa più snelle. A vantaggio dei pazienti.

Il ruolo delle nuove tecnologie: un nuovo approccio per tutti

Infine, le nuove tecnologie sono fondamentali per mettere il paziente al centro: innovazioni che, ha sottolineato Francesco Gabrielli, professore di eHealth all’Università San Raffaele, stiamo imparando man mano ad usare: oggi abbiamo una serie di dati dall’interno del corpo umano che ci consente una visione molto diversa rispetto alla medicina ‘800 e ‘900esca. Servono però la sperimentazione clinica e un cambio di approccio, perché se continuiamo con i tempi di 50 o 100 anni fa abbiamo un sistema vecchio, non adatto alle esigenze attuali.

Anche per D’Alba il ruolo della tecnologia è fondamentale, perché “consente di regolare in modo alternativo la prestazione e rendere più snelli e trasparenti i percorsi di prenotazione”.

Paziente al centro anche attraverso la medicina predittiva, come ha rimarcato Gaetano Marrocco, Director of the Medical Engineering School  all’Università di Roma Tor Vergata, pensando da una parte al fenomeno della dematerializzazione del dispositivo medico che “diventa non più esterno ma spalmato sul corpo come una seconda pelle”, che fa analisi sui parametri vitali e trasmette i dati, e dall’altra alla digitalizzazione delle protesi, diffusissime (basi pensare alle capsule dentarie).

Innovazioni che portano a una migliore qualità della vita: la digitalizzazione del dispositivo medico “potrebbe rilevare la temperatura corretta e anche la pressione, più precisa, senza l’effetto camice bianco”, che la fa innalzare quando è il medico a misurarla. “Si tratta di un cambiamento epocale – ha concluso Marrocco – perché dà una visione completamente differente” della salute del singolo, “ma anche permette di applicare le cure in maniera più adeguata”.

In sintesi, il fil rouge tra i tanti interventi che si sono susseguiti durante i lavori è che per una sanità che metta al centro il paziente occorre la collaborazione di tutti: dalla politica alle aziende farmaceutiche, dalle società scientifiche ai medici e agli infermieri, fino alle farmacie sul territorio. Ma anche c’è bisogno del paziente stesso, perché, come ha sottolineato Pietro Giurdanella, consigliere Comitato centrale Fnopi (Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche), in un’epoca digitale il cittadino non può più essere passivo ma deve svolgere un ruolo attivo.

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Salute e Benessere

Boom morbillo e pertosse in Ue. “Malattie super...

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Cosa dicono gli esperti sull'allarme lanciato dal Centro europeo di prevenzione e controllo delle malattie (Ecdc)

Ambulanza al Pronto soccorso (Fotogramma)

"Con la pandemia Covid c'è stata una diminuzione delle coperture vaccinali per la pertosse e il morbillo, soprattutto nel 2020 e nelle zone più colpite. Poi c'è stata una ripresa delle immunizzazioni e ci siamo riavvicinati al 95% di copertura della popolazione per la pertosse e poco sotto il 95% per il morbillo. Almeno in Italia, ma è chiaro che soprattutto per il morbillo basta scendere di pochi punti rispetto alla copertura che subito rialza la testa. Sono due malattie super contagiose e basta davvero poco. E' chiaro però che la maggior parte dei casi sono registrati nella fascia 15-64 anni, più del 50% sopra i 30 anni. Il morbillo è una malattia che si diffonde oggi più tra gli adulti non vaccinati e che se colpisce un over 60 con altre patologie diventa molto seria. Come lo è la pertosse per i bambini piccoli". Così all'Adnkronos Salute Giovanni Rezza, docente straordinario di Igiene all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, sull'allarme lanciato dal Centro europeo di prevenzione e controllo delle malattie (Ecdc), in occasione della Settimana europea dell'immunizzazione, sul boom di morbillo e pertosse in Europa.

"Forse non tutti sanno - e credo neanche tanti medici - che esiste un programma di eliminazione del morbillo dell'Oms che prevede la vaccinazione gratuita. Questo - avverte Rezza - dovrebbe spingere i medici di famiglia a promuovere una migliore conoscenza delle vaccinazioni dei loro assistiti. Siamo di fronte ad un problema non solo italiano, l'Ecdc documenta proprio questo. Dobbiamo - conclude -recuperare gli adulti che non hanno fatto la dose di richiamo e diventano la fascia di popolazione più suscettibile ai focolai di morbillo che stiamo vedendo".

"E' davvero deprimente vedere i dati europei Ecdc della pertosse e del morbillo, perché vuol dire essere tornati indietro di moltissimo - dice all'Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive dell'ospedale policlinico San Martino di Genova - Così tanti casi di morbillo e pertosse in Europa nel 2024, dopo che eravamo arrivati ad un passo da non vedere più queste malattie, è una situazione fuori dal tempo. Nel 2018-2019 eravamo davvero molto vivicini alla vittoria e all'eradicazione".

"Dobbiamo spiegare alle persone l'importanza dei vaccini, c'è stata una perdita di fiducia ma ora non stiamo lì a cercare di capire il perché ma ripartiamo come fatto negli anni '80 e '90 spiegando come i vaccini possono cambiare la nostra vita. Oggi l'anti-Hpv previene il tumore, il vaccino dell'epatite B previene una neoplasia, così come la rosolia evita le malformazione, sono questi i messaggi che vanno dati alle persone - ribadisce l'infettivologo - I numeri del morbillo cresceranno ancora, anche in Italia, perché mancando anche la copertura è evidente che torneranno focolai nel nostro Paese e in altri stati europei. Vanno sensibilizzati tutti i medici: dai quelli di famiglia a quelli del pronto soccorso affinché sappiano riconoscere le patologie e chiedere poi gli esami corretti".

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Salute e Benessere

Boom di morbillo e pertosse in Europa, rischi per bimbi e...

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Ecdc: "Servono sorveglianza e vaccinazioni. Scoraggiante osservare ancora epidemie di infezioni prevenibili coi vaccini"

Ragazza con morbillo (Fotogramma)

Boom di casi di morbillo e pertosse in Europa, con un rimbalzo delle infezioni dopo il calo registrato durante la pandemia di Covid-19. A denunciare il trend è il Centro europeo di prevenzione e controllo delle malattie (Ecdc), in occasione della Settimana europea dell'immunizzazione.

"Il numero di casi di morbillo - riporta l'Ecdc - ha iniziato ad aumentare nel 2023 e questa tendenza è continuata in diversi Stati membri dell'Unione europea. Tra marzo 2023 e fine febbraio 2024 sono stati segnalati almeno 5.770 casi di morbillo, con almeno 5 decessi. Il rischio più elevato è tra i bambini minori di un anno, che sono troppo piccoli per essere vaccinati", ma "dovrebbero essere protetti dall'immunità di comunità".

I numeri in Europa

"Il morbillo si diffonde molto facilmente, pertanto per interrompere la trasmissione è essenziale un'elevata copertura vaccinale, pari ad almeno il 95% della popolazione vaccinata con due dosi. Dalla metà del 2023 - prosegue l'Ecdc - è stato segnalato un aumento dei casi di pertosse in diversi Paesi dell'Ue e dello Spazio economico europeo, con dati preliminari che indicano casi più che decuplicati nel 2023 e nel 2024 rispetto al 2022 e al 2021. I giovani corrono un rischio maggiore di malattia grave e di morte. Per proteggerli al meglio, è essenziale garantire che tutti i vaccini raccomandati siano somministrati in tempo. La vaccinazione durante la gravidanza può anche proteggere i bambini piccoli".

"E' scoraggiante vedere che, nonostante decenni di sicurezza ed efficacia dei vaccini ben documentate, i Paesi Ue/See devono ancora affrontare epidemie di diverse malattie prevenibili con i vaccini", dichiara Andrea Ammon, direttrice dell'Ecdc. "Il raggiungimento e il mantenimento di un'elevata copertura vaccinale, la sorveglianza delle malattie e le azioni di risposta tempestive per controllare le epidemie - sottolinea - rimangono le azioni chiave contro queste malattie. I vaccini hanno protetto molte generazioni e dovremmo garantire che ciò continui a essere così".

Casi morbillo aumentati di 60 volte nella regione europea dell'Oms

"Il calo dei tassi di vaccinazione in alcuni Paesi della Regione europea" dell'Organizzazione mondiale della sanità "tra il 2020 e il 2022 mette in luce la vulnerabilità dei nostri successi" contro le malattie infettive prevenibili con i vaccini.

"Negli ultimi 3 anni, più di 1,8 milioni di bambini nella Regione europea dell'Oms hanno saltato la vaccinazione contro il morbillo. La conseguenza è un aumento di 60 volte del numero di casi di morbillo nel 2023 rispetto al 2022", segnalano Hans Kluge, direttore dell'Oms per l'Europa, Regina De Dominicis, direttrice dell'Unicef per l'Europa e l'Asia centrale, e Stella Kyriakides, commissaria europea per la Salute e la Sicurezza alimentare, in occasione della Settimana europea dell'immunizzazione.

"La nostra determinazione a fornire i benefici della vaccinazione a tutti, ovunque, non deve vacillare", ammoniscono in una nota congiunta. "In un contesto di crisi multiple e di diffusione della disinformazione nella regione, Oms, Unicef e Commissione europea si impegnano a continuare a lavorare insieme, in stretta collaborazione con gli Stati membri in tutta Europa, per sostenere i sistemi sanitari e garantire un accesso equo ai servizi di vaccinazione. Insieme - assicurano - continueremo a sensibilizzare l'opinione pubblica sui benefici della vaccinazione e a rafforzare la fiducia nei vaccini per sostenere la domanda pubblica di vaccini, ora e in futuro. Allo stesso tempo, continueremo a contribuire a garantire che i sistemi sanitari siano adeguatamente preparati per qualsiasi epidemia e pandemia futura. Nel nostro obiettivo comune di garantire vite più sane e sicure alle generazioni attuali e future - avvertono - è indispensabile che la vaccinazione rimanga una pietra miliare della salute pubblica.

Oms, Unicef e Commissione europea elencano i successi del Programma ampliato di immunizzazione (Epi). Istituto 50 anni fa, "ha rappresentato un momento cruciale nella storia della salute pubblica e ha salvato milioni di vite a livello globale ogni anno".

"Nel 1974 - evidenziano - solo il 5% dei bambini del mondo era stato vaccinato contro difterite, tetano e pertosse. Oggi questa percentuale è salita a quasi l'85% dei bambini nel mondo e al 94% nella regione europea dell'Oms. Solo 5 anni dopo l'introduzione dell'Epi, il vaiolo è stato eradicato. Da allora, il raggio d'azione geografico del poliovirus selvaggio si è ridotto a soli 2 Paesi e la minaccia di diverse gravi malattie infettive dei bambini è diminuita drasticamente. La continua innovazione nel campo dell'immunologia ha portato allo sviluppo di vaccini in grado di proteggere da un numero ancora maggiore di malattie, aprendo la possibilità nella Regione europea di eliminare l'epatite B e il cancro alla cervice uterina nel prossimo futuro". Ma "mentre celebriamo questi risultati monumentali, che hanno protetto la salute di più generazioni, rimaniamo sulla scia della pandemia da Covid-19 e del suo impatto senza precedenti sulle nostre società ed economie, sui sistemi sanitari e sulla fornitura di assistenza sanitaria".

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Salute e Benessere

Malattie rare, Graffigna (Cattolica): “Figura...

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"Il libro bianco contiene dati e proposte concrete per migliorare la qualità di vita delle donne"

Malattie rare, Graffigna (Cattolica):

Nelle malattie rare "esiste una prevalenza di genere femminile del 52,4%", che "sono 1 milione e 48mila. Il carico assistenziale dei pazienti è nel 90% dei casi assorbito dalle donne, il cui ruolo è centrale. Ecco perché abbiamo voluto realizzare un libro bianco con dati e proposte concrete non solo per migliorare la qualità di vita delle donne, ma perché c'è bisogno di accendere i riflettori sulla condizione delle donne che convivono con una malattia rara o devono assistere un familiare con una patologia rara". Lo ha detto Guendalina Graffigna, professoressa ordinaria di Psicologia dei consumi e della salute all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Cremona e direttrice del centro di ricerca EngageMinds Hub che ha curato l'indagine, intervenendo oggi in Senato alla presentazione di 'Donne e malattie rare: impatto sulla vita e aspettative per il futuro', nel corso di dell'evento conclusivo della campagna promossa da Alexion, AstraZeneca Rare Disease.

"Abbiamo curato tre fasi della ricerca - spiega Graffigna - una parte di analisi della letteratura scientifica, una di indagine qualitativa in profondità per raccogliere le storie di donne che convivono con la patologia rara e un'analisi quantitativa per quantificare il burden, il 'peso della malattia'. Il libro bianco è l'occasione per mettere nero su bianco dei numeri, ma anche di portare avanti proposte su cosa dovrebbe essere prioritario per migliorare l'assistenza e la presa in carico delle donne con malattie rare".

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