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Rapporto Cnr, in Italia pochi strumenti per competitività e innovazione, indietro sui brevetti

La presidente Carrozza: "L'indagine è un’utile occasione di stimolo a migliorare rivolto a tutta la comunità di ricercatori, studiosi e innovatori"

 (Milano - 2021-03-09, Marco Passaro)

L'Italia è ancora indietro sugli strumenti competitivi per la ricerca e l'innovazione e, nel periodo 2012-2021, pochi ne sono stati attivati, rispetto agli altri Paesi europei in cui, negli ultimi decenni, l’offerta di strumenti competitivi nazionali si è invece ampliata e diversificata. Ma non solo. Siamo indietro anche sui brevetti, nel 2020 sono stati 4.460 i brevetti rilasciati, prodotti principalmente nel Nord Italia, inoltre in Italia c'è anche un ridotto orientamento degli strumenti di finanziamento verso obiettivi di ricerca collegati alle grandi sfide sociale - Societal Challenges - e alle Tecnologie Abilitanti. La speranza è che il Pnrr possa fare la differenza e spingere l'Italia a ridurre anche la forbice sul gender gap, ancora vivo nel settore della ricerca. A rilevarlo è la "Relazione sulla ricerca e l’innovazione in Italia. Analisi e dati di politica della scienza e della tecnologia", presentata oggi al Cnr.

Il Rapporto è una 'fotografia' dei settori della ricerca scientifica e dell’innovazione nel nostro Paese ed è giunto alla sua quarta edizione illustrata questa mattina, nella sede centrale del Consiglio nazionale delle ricerche a Roma, alla presenza della presidente Maria Chiara Carrozza e del Direttore del Dipartimento scienze umane e sociali, patrimonio culturale (Dsu) del Cnr Salvatore Capasso. Dalla Relazione emerge inoltre che l'Italia è uno dei Paesi più 'immobili' fra i dottorandi anche se le donne rappresentano una maggioranza per mobilità, hanno rilevato i ricercatori indicando che la transizione digitale è ben lontana da essere finita e l'Italia si colloca bene nelle nanotecnologie anche se permangono criticità nelle tecnologie emergenti.

Il Rapporto è nato dalla collaborazione fra l’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali (Cnr-Irpps), l’Istituto di ricerca sulla crescita economica sostenibile (Cnr-Ircres), e Istituto per gli studi sui sistemi regionali federali e sulle autonomie (Cnr-Issirfa): esso delinea, mediante dati quantitativi, la posizione del nostro Paese rispetto al contesto internazionale, approfondendo tematiche di interesse nell’attuale dibattito sulla politica della scienza e dell’innovazione.

Intervendo alla presentazione, la presidente del Cnr, Maria Chiara Carrozza, ha sottolineato che "nel momento di profonda trasformazione che il mondo della ricerca sta attraversando a livello globale, è particolarmente importante fermarsi a riflettere sul contesto nazionale in cui operiamo, prendere coscienza dei dati, dei 'numeri' e poter misurare il grado di innovazione anche in rapporto ad altre realtà internazionali". "Questa Relazione rappresenta, pertanto, un’utile occasione di confronto e uno stimolo a migliorare rivolto a tutta la comunità di ricercatori e ricercatrici, studiosi e innovatori del nostro Paese" ha indicato inoltre Carrozza.

Cinque i capitoli in cui la Relazione è articolata: il primo riguarda il tema dell’assegnazione competitiva di finanziamenti pubblici per lo svolgimento di progetti di ricerca e sviluppo presentati in risposta a bandi pubblici competitivi, analizzati nel periodo 2012-2021 e comparati con programmi analoghi in Austria, Germania, Svizzera e Regno Unito. Tale strumento, hanno indicato i ricercatori, "rappresenta un’importante occasione per ottenere risorse addizionali per lo svolgimento di attività di ricerca, sopperendo all’inadeguatezza del finanziamento pubblico ordinario. Relativamente al quadro italiano, dall’analisi emerge una bassa numerosità degli strumenti competitivi attivati, contrariamente a quanto avvenuto in altri Paesi europei, in cui negli ultimi decenni l’offerta di strumenti competitivi nazionali si è ampliata e diversificata.

A ciò, hanno indicato i ricercatori, si aggiunge un ridotto orientamento degli strumenti di finanziamento verso obiettivi di ricerca collegati alle grandi “Societal Challenges” – o sfide sociali- e alle Tecnologie Abilitanti lanciate dai Programmi Quadro Europei e recentemente confermate anche nell’ambito del programma pluriennale dell’Unione Europea “Horizon Europe”. Una novità è, tuttavia, rappresentata dal PNRR, che sta fornendo risorse per una massiccia quantità di nuovi investimenti: una scommessa importante che darà i suoi frutti quanto più permetterà di generare opportunità a lungo termine, attivando un circolo virtuoso in grado di creare nuova innovazione da cui scaturirà un ri-finanziamento per lo sviluppo di nuove conoscenze scientifiche.

Il secondo capitolo della Relazione affronta l’impatto della mobilità dei dottorandi – che rappresentano le risorse umane cruciali per la futura società della conoscenza - offrendo una riflessione su quanto sia importante, nel mondo globalizzato, svolgere un’esperienza internazionale già durante il dottorato di ricerca. I dati, acquisiti attraverso il database "Mobility Survey of the Higher Education Sector" (More), prendono in esame ricercatori e dottorandi in oltre trenta Paesi europei, di cui il 35% italiani. Emerge come la mobilità favorisca le opportunità di formazione e di crescita personale, la conoscenza diretta di ambiti lavorativi diversi da quelli nazionali, la creazione e il consolidamento di una rete di contatti personali, di fatto ampliando le possibilità di trovare lavoro e accedere a salari più alti. Viene, insomma, confermato che viaggiare per conoscere e imparare è un elemento decisivo nella creazione di competenze. I dati attestano, inoltre, che le esperienze internazionali non rallentano significativamente l’ingresso nel mondo professionale (accesso alla carriera accademica o a una posizione di ricercatore).

Oggetto del terzo capitolo sono le tendenze brevettuali. I brevetti anticipano di qualche anno quelli che saranno i prodotti, processi e servizi introdotto nell’economia e nella società. L’analisi comparata dei profili di specializzazione tecnologica con i principali Paesi dell’area OCSE mostra come l’Italia sia prevalentemente specializzata in industrie tradizionali, quelli associati al Made in Italy, non avendo ancora sviluppato adeguate competenze in quei settori ad alto contenuto tecnologico che presentano maggiori opportunità economiche. Fa eccezione il settore delle "microstrutture e nanotecnologie", in cui il nostro Paese vanta una quota brevettuale superiore al 3% del totale mondiale.

Il Rapporto indica inoltre che il profilo di specializzazione italiano è in linea con quelli degli altri Paesi europei, sebbene il numero complessivo dei brevetti italiani (nel 2020, 4.460 i brevetti rilasciati dall’Ufficio europeo dei brevetti, e 3.238 rilasciati negli Stati Uniti) sia inferiore a quello dei nostri partner commerciali: meno della metà di quelli registrati dagli inventori francesi, e meno di un quinto di quelli registrati dagli inventori tedeschi. Anche l’attività brevettuale italiana riflette il ristretto numero di grandi imprese moderne e, al contempo, la presenza di un numero elevato di imprese di piccole e medie dimensioni. A livello regionale, la maggior parte della base industriale italiana rimane concentrata al Nord, anche se si identifica uno spostamento di capacità innovativa, tra il 1999 e il 2019, dal Nord-Ovest verso il Nord-Est, con aumenti in particolare in Emilia-Romagna e Veneto (rispettivamente, +3.2 e +2.9). L’Emilia-Romagna si attesta come regione con la più elevata intensità brevettuale (161 brevetti per milione di abitanti), superando la Lombardia (111 brevetti per milione), il Veneto (109 per milione) e il Piemonte (89 brevetti per milione).

Strettamente legato al tema dei brevetti è quello del trasferimento tecnologico della ricerca pubblica, analizzato attraverso la lente delle strutture impegnate a gestirne l’attuazione e l’efficacia (Uffici di Trasferimento Tecnologico o “TTO”), il cui compito è appunto quello di mettere in connessione mondo accademico e imprese mediante una collaborazione proficua e duratura: al tema è dedicato il quarto capitolo della Relazione. L’analisi si sofferma su esperienze e modelli di successo quali l’Oxford University Innovation Office (Regno Unito), la KU Leuven Research & Development - Tech Transfer Office (Belgio), la società Max Planck Innovation di supporto al Max Planck Institute (Germania), il Dipartimento Innovazione e Relazioni con le Imprese (Dire) del Centre National de la Recherche Scientifique (Francia).

In questo capitolo, complessivamente emerge un progressivo miglioramento delle prestazioni dei TTO che operano a livello nazionale a sostegno di Università ed Enti Pubblici di Ricerca, anche se permane ancora un divario in termini di risorse destinate a sostenere l’interazione pubblico-privato in materia di processi di innovazione. Anche in questo caso, un ruolo strategico può essere svolto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che ha stanziato importanti risorse a favore del trasferimento tecnologico per incoraggiare e sostenere la collaborazione sia tra università e centri di ricerca, sia tra l’accademia e l’industria.

Il capitolo dedicato a "Visioni di scienza e fiducia nei vaccini" prende in esame dati di indagini internazionali - in particolare gli Eurobarometri sui vaccini e su Scienza e Tecnologia e il Wellcome Global Monitor – facendo emergere alcune questioni legate alle relazioni tra scienza e società: dalla propensione a vaccinarsi alla relazione tra efficacia e sicurezza nella percezione dei vaccini, all’individuazione di diverse visioni di scienza nell’opinione pubblica, passando per la fiducia nella scienza e nelle istituzioni.

Con specifico riferimento alla fiducia nei vaccini, dal Rapporto del Cnr emerge come la percentuale di popolazione italiana che ritiene che i vaccini siano efficaci, registrata dalle indagini Eurobarometro tra 2019 e 2022, sia aumentata in seguito alla pandemia di ben 14 punti percentuali, raggiungendo il 92% e superando così la media europea; mentre per la maggior parte degli altri Paesi considerati non sono state registrate variazioni di rilievo. La posizione della popolazione italiana rispetto ai vaccini e la limitata quota di persone contrarie a vaccinarsi contro il Covid-19 - del 4%, la metà rispetto alla media europea - deve far riflettere sulla trappola che le “scorciatoie cognitive” possono innescare a tutti i livelli e sul ruolo dei media nei processi informativi.

A livello più generale, inoltre, il Rapporto del Cnr rileva due diverse visioni di scienza. Una prima definita di "scienza tangibile", cioè in grado di rendere le nostre vite più semplici, confortevoli e sane, visione che si rafforza con le conoscenze scientifiche e l’istruzione. Per contro, i ricercatori sottolineano nell'indagine che rimane in parte della società anche l’immagine di una scienza "salvifica", in grado cioè di fornire risposta a qualsiasi tipo di problema: una visione, questa, che non favorisce la partecipazione ai temi tecno-scientifici.

Dunque, investire sulla crescita delle conoscenze nella società si conferma un obiettivo essenziale di policy, per valorizzare una fiducia costante e matura nella scienza e per alimentare una relazione costruttiva tra scienza e società, che non sia di disinteresse e distanza, ma di vicinanza e dialogo; per una scienza alla portata di tutti, da cui ci si aspettino benefici e non miracoli; una scienza che mostri non solo il proprio ruolo cruciale nella crescita di conoscenze, ma espliciti anche i processi di confronto e rettifica che ne attestano la solidità. Completano la Relazione una serie di figure e tabelle che sintetizzano i principali indicatori su scienza, tecnologia e innovazione in Italia e in altri Paesi europei e non europei.

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Orlandini (Aixia): “Sensibilizzare tutte le fasce di...

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"Sarebbe utile creare filiere di trasferimento tecnologico dotate di meccanismi che colleghino le esigenze di mercato, aziendali e dei cittadini"

Orlandini (Aixia):

“Dobbiamo lavorare sulla sensibilizzazione e sul coinvolgimento di tutte le fasce di età, sociali e di reddito”. Così Andrea Orlandini, rappresentante Aixia e ricercatore senior Cnr, in occasione del XVIII Convegno Nazionale Asstra, in corso a Roma.

“Secondo il comparto accademico – ha detto Orlandini - nel campo della mobilità pubblica sarebbe utile creare filiere di trasferimento tecnologico dotate di meccanismi che colleghino le esigenze di mercato, aziendali e dei cittadini”. “Il contesto – ha sottolineato Orlandini - del trasporto pubblico, oltre a tenere il passo con l’evoluzione tecnologica, in particolare con l’AI, deve modificare ambienti e compiti”.

“Inoltre – ha ribadito Orlandini - un aspetto da non trascurare è quello del retaggio culturale”. “Negli Stati Uniti – ha precisato Orlandini - sono sempre più diffusi i veicoli a guida autonoma, come taxi o metro”. “Dobbiamo – ha concluso l’esperto – educare la cittadinanza ad accettare e accogliere queste nuove applicazioni nel campo della mobilità pubblica”, ha concluso.

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Trasporti, Poledrini (Arst Cagliari): “I Territori...

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A margine del XVIII Convegno Nazionale di Asstra

Trasporti, Poledrini (Arst Cagliari):

“I nuovi territori devono cogliere la sfida di adottare nuove tecnologie. Certamente vi sono i vantaggi di tipo ambientale nell’avere una trazione elettrica perché riduce notevolmente le emissioni nocive. Questo significa una maggiore qualità della vita, attrattività per il territorio e nuove possibilità di lavoro ma non vanno dimenticati alcuni altri aspetti”. Lo ha detto il Direttore Centrale di Arst S.p.a. di Cagliari, Carlo Poledrini, a margine del XVIII Convegno Nazionale di Asstra tenutosi a Roma. “Si possono creare occasioni di sviluppo culturale - ha proseguito - perché le tecnologie portano con sé anche la necessità di competenze nuove. Poi infine non dimentichiamo che avere la possibilità di avere una qualità di servizio con autobus elettrici consente anche dei vantaggi in termini di costi per la collettività”, ha aggiunto.

“Gli investimenti ferroviari sono quelli più lunghi da realizzare insieme a quelli autostradali e stradali ma secondo i dati dell’agenzia del governo la durata di un’opera pubblica cresce al crescere del volume e del corso d’opera pubblica. Vale a dire che più le opere sono costose più durano. Questo sarebbe intuitivo - ha continuato il Direttore Centrale di Arst - ma ciò che è poco intuitivo è che, per esempio, non tutte le regioni hanno la stessa tempistica”.

“Esiste un gap e occorre riallinearsi. Non si focalizza a sufficienza neanche il tempo che intercorre nel passaggio tra una fase e l’altra, burocratica amministrativa. In questo senso uno degli sforzi da fare è migliorare la qualità delle competenze dei nostri colleghi, per evitare che questi tempi incidano così tanto sui progetti”, ha concluso.

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Belardinelli (Contram): “La flessibilizzazione del...

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A margine del XVIII Convegno Nazionale di Asstra: “Bisogna costruire un modello diverso di compensazione degli oneri”

Belardinelli (Contram):

‘’Certamente la ‘flessibilizzazione’ del trasporto pubblico locale può garantire un miglioramento delle performance delle aziende. Per favorire l’efficientamento serve un cambiamento culturale. Oggi l’ente committente ci paga un corrispettivo a km questo non va in linea con il trasporto a chiamata. Bisogna costruire un modello diverso di compensazione degli oneri”. Così il presidente di Contram S.p.a. di Camerino, Stefano Belardinelli, a margine del XVIII Convegno Nazionale di Asstra in corso a Roma.

“Direi che molte delle aziende hanno una grossa esperienza. Fare trasporto in aree di montagna – ha continuato il presidente Contram - significa mettere a disposizione i mezzi speciali. Quindi l’azienda di trasporto va a realizzare forse il vero must cioè un servizio completo per l’utenza, servizi che si adattino ai momenti, stagioni, temperature e dimensioni di quei territori”, ha concluso.

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