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Distrutti 5mila embrioni in vitro a Gaza City: “Il prezzo...
Distrutti 5mila embrioni in vitro a Gaza City: “Il prezzo invisibile della guerra”
A dicembre una granata ha colpito, tra le altre cose, la più grande clinica di fertilità di Gaza. L’esplosione ha fatto saltare i coperchi di cinque serbatoi di azoto liquido conservati nell’unità di embriologia. A rendere nota la notizia è Reuters, agenzia di stampa alla quale è stato concesso l’accesso alla clinica, o quello che ne resta, per visionare i danni e le conseguenze dell’esplosione. Il liquido degli embrioni è evaporato e all’interno dei serbatoi, la temperatura ha superato quella dovuta causando la perdita totale degli embrioni e, quindi, potenziali future nascite cancellate in un secondo.
Sono più di 5mila tra embrioni e campioni di sperma e ovuli non fecondati ad essere andati persi. L’accaduto si è verificato al centro Ivf Al Basma di Gaza City ed è uno degli esempi del prezzo invisibile che pagheranno le vittime della guerra.
A dicembre una granata ha colpito, tra le altre cose, la più grande clinica di fertilità di Gaza. L’esplosione ha fatto saltare i coperchi di cinque serbatoi di azoto liquido conservati nell’unità di embriologia. A rendere nota la notizia è Reuters, agenzia di stampa alla quale è stato concesso l’accesso alla clinica, o quello che ne resta, per visionare i danni e le conseguenze dell’esplosione. Il liquido degli embrioni è evaporato e all’interno dei serbatoi, la temperatura ha superato quella dovuta causando la perdita totale degli embrioni e, quindi, potenziali future nascite cancellate in un secondo.
Sono più di 5mila tra embrioni e campioni di sperma e ovuli non fecondati ad essere andati persi. L’accaduto si è verificato al centro Ivf Al Basma di Gaza City ed è uno degli esempi del prezzo invisibile che pagheranno le vittime della guerra.
Demografia a rischio?
Secondo l’ufficio palestinese di statistica, il tasso di natalità della zona è pari a 3,38 nati per donna. È un numero relativamente elevato se si pensa all’1,2 italiano. Eppure, l’infertilità a Gaza City è in aumento come nel resto del mondo. Centinaia di coppie palestinesi, infatti, si sono rivolte a Bahaeldeen Ghalayini, ostetrico e ginecologo formatosi a Cambridge che ha fondato la clinica nel 1997.
“Sappiamo profondamente cosa hanno significato queste 5000 vite, o potenziali, andate in fumo, per i genitori, sia per il futuro che per il passato – ha affermato Bahaeldeen Ghalayini -. Il mio cuore è diviso in un milione di pezzi”.
Secondo le stime, almeno la metà delle coppie che si erano rivolte alla clinica hanno visto sfumata la possibilità futura di avere figli. Nonostante il tasso di povertà di Gaza, le coppie a rischio di infertilità perseguono la fecondazione in vitro, alcune vendendo persino “televisori e gioielli per pagare le tasse”, ha detto Ghalayini.
A dicembre una granata ha colpito, tra le altre cose, la più grande clinica di fertilità di Gaza. L’esplosione ha fatto saltare i coperchi di cinque serbatoi di azoto liquido conservati nell’unità di embriologia. A rendere nota la notizia è Reuters, agenzia di stampa alla quale è stato concesso l’accesso alla clinica, o quello che ne resta, per visionare i danni e le conseguenze dell’esplosione. Il liquido degli embrioni è evaporato e all’interno dei serbatoi, la temperatura ha superato quella dovuta causando la perdita totale degli embrioni e, quindi, potenziali future nascite cancellate in un secondo.
Sono più di 5mila tra embrioni e campioni di sperma e ovuli non fecondati ad essere andati persi. L’accaduto si è verificato al centro Ivf Al Basma di Gaza City ed è uno degli esempi del prezzo invisibile che pagheranno le vittime della guerra.
Demografia a rischio?
Secondo l’ufficio palestinese di statistica, il tasso di natalità della zona è pari a 3,38 nati per donna. È un numero relativamente elevato se si pensa all’1,2 italiano. Eppure, l’infertilità a Gaza City è in aumento come nel resto del mondo. Centinaia di coppie palestinesi, infatti, si sono rivolte a Bahaeldeen Ghalayini, ostetrico e ginecologo formatosi a Cambridge che ha fondato la clinica nel 1997.
“Sappiamo profondamente cosa hanno significato queste 5000 vite, o potenziali, andate in fumo, per i genitori, sia per il futuro che per il passato – ha affermato Bahaeldeen Ghalayini -. Il mio cuore è diviso in un milione di pezzi”.
Secondo le stime, almeno la metà delle coppie che si erano rivolte alla clinica hanno visto sfumata la possibilità futura di avere figli. Nonostante il tasso di povertà di Gaza, le coppie a rischio di infertilità perseguono la fecondazione in vitro, alcune vendendo persino “televisori e gioielli per pagare le tasse”, ha detto Ghalayini.
Migliaia di vite potenziali distrutte
Nove cliniche a Gaza eseguono la fecondazione in vitro. Gli ovuli fecondati, cioè gli embrioni, vengono congelati fino al momento ottimale per il trasferimento nell’utero della donna. La maggior parte degli embrioni congelati a Gaza erano conservati nel centro di Al Basma. Con l’intensificarsi degli attacchi israeliani, Mohammed Ajjour, capo embriologo di Al Basma, aveva iniziato a preoccuparsi dei livelli di azoto liquido nei cinque serbatoi contenenti i campioni. Erano necessarie ricariche ogni mese circa, per mantenere la temperatura al di sotto dei 180 gradi in ciascun serbatoio, che funziona indipendentemente dall’elettricità. Dopo l’inizio della guerra, Ajjour era riuscito a procurarsi una fornitura di azoto liquido, ma col taglio dell’elettricità e del carburante a Gaza da parte di Israele, la maggior parte dei fornitori ha chiuso anche la distribuzione del liquido.
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Iran, Tajani: “Da Israele no reazione per...
"Al momento non c'è nessuna criticità per gli italiani che vivono nel Paese", ha assicurato il titolare della Farnesina
''Da Israele non c'è stata una reazione che puntava alla escalation''. Lo ha dichiarato il vice premier e ministro degli Esteri Antonio Tajani a Sky Tg24, commentando il raid di Tel Aviv contro una base militare a Esfahan.
"Si tratta di una situazione in continua evoluzione, speriamo sia una evoluzione positiva'', ha aggiunto il titolare della Farnesina, augurandosi che "possa concludersi qui questo capitolo complicato della situazione in Medioriente''. ''Come G7 spingiamo perché possa concludersi qui il conflitto tra Iran e Israele'', ha aggiunto Tajani.
Ci sono ''una dozzina di italiani che vivono a Isfahan, sono stati tutti contattati e per loro non c'è nessun pericolo, voglio tranquillizzare le famiglie e tutti'', ha assicurato il vice premier e ministro degli Esteri italiano, sottolineando che ''al momento non c'è nessuna criticità per gli italiani che vivono in Iran''. Su 'X' Tajani ha detto di aver ''appena parlato con la nostra Ambasciatrice in Iran e sto seguendo gli sviluppi della situazione dopo le esplosioni notturne a Isfahan. Ne parleremo con i Ministri degli Esteri nella sessione del G7 di Capri di stamani''.
Salute e Benessere
Malattie rare, Uniamo: “Con diario fari accesi su...
Scopinaro, "Vademecum per pazienti e specialisti che vogliono conoscere patologia misconosciuta"
“L’anemia emolitica autoimmune da anticorpi freddi (Cad) è una malattia ultra-rara e di conseguenza molto poco conosciuta. Il fatto della rarità comporta anche che non ci sia una diagnosi appropriata e di conseguenza i pazienti devono attraversare un iter diagnostico che passa dal momento della comparsa dei primi sintomi a un'effettiva diagnosi che può tardare anche anni con una situazione di incertezza, di non comprensione, di frustrazione, a volte anche di rabbia”. Lo ha detto Annalisa Scopinaro, presidente Uniamo Federazione italiana malattie rare in occasione della presentazione del Diario “Una vita senza inverno” con storie di pazienti e caregiver nato da una iniziativa di Sanofi in collaborazione FB&Associati, e con il contributo di Cittadinanzattiva e Uniamo Federazione italiana malattie rare.
Il diario “è una sorta di vademecum - sottolinea Scopinaro - un libro a disposizione dei clinici che vogliono approfondire la patologia ma anche di altri pazienti che possono trovare una similitudine nelle storie che leggono e quindi avere poi il desiderio di unirsi in comunità perché sarebbe anche molto importante che queste persone potessero trovare una comunità di riferimento proprio per tutte le nuove diagnosi". Davvero, "mi auguro che questo diario, dedicato ad una patologia misconosciuta possa essere fonte di informazione per gli specialisti, di sensibilizzazione per tutti e di stimolo per le istituzioni per cercare, anche per queste persone, i migliori percorsi per rendere la loro vita meno difficile” conclude.
Salute e Benessere
Malattie rare, ematologa Sau: “Per anemia emolitica...
‘Diagnosi tardiva tra i 50 e i 70 anni ma esordio patologia avviene prima. Aspettativa vita pazienti ridotta per mancanza terapie’
“L'età in cui viene diagnosticata per la prima volta” l’anemia emolitica autoimmune da anticorpi freddi (Cad) è in genere “tra i 50 e 70 anni, ma probabilmente l'esordio” della malattia ultra-rara del sangue “avviene in età più giovanile”. La difficoltà nella diagnosi “ritarda la stessa e quindi abbiamo un'incidenza della malattia nella popolazione più anziana. L'aspettativa di vita dei pazienti con Cad è chiaramente ridotta soprattutto perché ancora oggi mancano terapie specifiche approvate”. Lo ha detto Antonella Sau del Dipartimento di Ematologia Ausl Pescara, intervenendo oggi a Roma alla presentazione di 'Una vita senza inverno', il diario che racconta il desiderio dei pazienti con Cad.
È una malattia “invalidante perché presenta sintomi che difficilmente possono essere curati – spiega l’ematologa – ovvero, astenia, debolezza, malessere generale. Inoltre, questi pazienti risultano essere molto più a rischio di eventi tromboembolici che mettono in pericolo la loro stessa vita”. Caratteristica della Cad è soprattutto “la fatica cronica che non è solo correlata al grado di anemia ma anche alla patogenesi della Cad, un’astenia profonda che rende difficile fare le normali attività quotidiane, compreso lavorare”. I paziente con Cad sono “stanchi, anemici, se si espongono al freddo hanno dei dolori anche lancinanti alle estremità di mani e piedi”, una condizione “che li costringe spesso anche a non uscire più di casa, se non nelle ore più calde” conclude.