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Gwyneth Paltrow, processo per incidente sugli sci: cosa rischia

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Gwyneth Paltrow rischia di dover pagare 300mila dollari di risarcimento per un incidente sugli sci avvenuto nel 2016 nello Utah. L’attrice, 50 anni, ha testimoniato nel processo che la coinvolge dopo il ‘tamponamento’ avvenuto il 26 febbraio 2016 su una pista di Deer Valley. A intentare causa contro la star è stato Terry Sanderson, 76enne optometrista in pensione. L’uomo ha citato in giudizio l’attrice sostenendo di essere stato travolto, con gravi conseguenze: Sanderson ha subito la frattura di alcune costole e lamenta danni cerebrali. Inizialmente, nel 2019, aveva chiesto un risarcimento di 3 milioni di dollari. Poi, la richiesta è stata sensibilmente ridotta. Paltrow respinge ogni addebito e sostiene a sua volta di essere stata colpita: “Il signor Sanderson mi è piombato alle spalle e mi ha colpito alla schiena. Sono rimasta di sasso, un paio di secondi dopo ero furibonda”. Il processo si concluderà la prossima settimana con la decisione della giuria.

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Coronavirus

Papi (UniFe), ‘prevenire virus sinciziale in over 60 riduce ricoveri’

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‘Atteso da 60 anni, l’anti-Rsv ha efficacia tra 80 e 90% proprio nei più fragili’

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“Nei pazienti a rischio, fragili per età o presenza di altre malattie croniche come la broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco), il diabete o il rischio cardiovascolare, è più facile avere una infezione che porti a ospedalizzazione. Prevenire l’infezione da virus respiratorio sinciziale (Rsv) significa prevenire le forme più gravi della malattia e il peggioramento del quadro clinico generale”. Così Alberto Papi, professore ordinario di Malattie apparato respiratorio, università di Ferrara, commenta l’autorizzazione, da parte della Commissione europea, di Arexvy*, primo vaccino per proteggere gli adulti, dai 60 anni d’età in su, dalla malattia del tratto respiratorio inferiore.

“Lo abbiamo atteso per 60 anni. Oggi abbiamo un vaccino per l’Rsv che previene l’infezione con un’efficacia superiore all’80% e fino al 90%, soprattutto nelle persone fragili e più a rischio di malattia grave”, aggiunge Papi, primo autore dello studio registrativo che ha portato all’approvazione dell’anti-Rsv negli over 60. “Il 70% dei soggetti considerati, aveva almeno una comorbidità, quindi una malattia come la Bpco o il diabete, e proprio su questa popolazione la risposta è stata addirittura del 90%”.

Le persone che hanno un’immunità compromessa, come “gli anziani con Bpco, diabete o malattia cardiovascolare – spiega il professore – in seguito all’infezione da virus respiratorio sinciziale, hanno un rischio più alto di sviluppare forme gravi di questa patologia, tanto da richiedere l’ospedalizzazione che, in questi pazienti, è dalle 3 alle 10 volte più frequente.” Avere uno strumento, come il vaccino, che riduce il rischio di ricovero è molto importane. “In pazienti con già una patologia cronica come la Bpco, per esempio – continua Papi – un’infezione come la Rsv può scatenare una riacutizzazione dei sintomi, nonostante un buon controllo farmacologico. Tale condizione può richiedere l’ospedalizzazione e peggiorare il quadro clinico generale: ogni riacutizzazione, infatti, aggrava la progressione della malattia cronica. Dobbiamo prevenire quello che possiamo”.

Tornando allo studio registrativo “già i dati della prima stagione – sottolinea il primo autore – mostravano una significativa differenza di incidenza dell’infezione, parliamo di 7 mesi di vaccinazione: significa che è molto efficace. Arriveranno i dati della seconda stagione e poi ne attendiamo una terza: step necessari per capire con che frequenza vaccinare – aggiunge Papi – Nella formulazione c’è un adiuvante che favorisce la risposta immunitaria anche nell’anziano, tanto che è simile a quella dei giovani e quindi efficace”.

Un aspetto che ha particolarmente colpito Papi è la sensibilità dimostrata dai pazienti fragili nei riguardi di questa forma di prevenzione. “Su questo – osserva – il Covid ha fatto la differenza. Ho visto pazienti bussare alla porta chiedendo di essere arruolati nello studio clinico, non era mai accaduto. C’è un cambiamento nella percezione di una prevenzione attiva – conclude lo pneumologo – le misure per la prevenzione che si possono mettere in atto, vanno messe in atto”.

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Politica

Emilia Romagna, Meloni: “Tavolo permanente su alluvione in attesa commissario”

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Premier durante incontro con presidenti Regioni, Province e sindaci comuni alluvionati: "Continuiamo a collaborare, sta funzionando"

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Un tavolo operativo permanente “che serve per stabilire gli interventi necessari per fronteggiare i danni” provocati dall’alluvione dell’Emilia Romagna e per quelle zone più colpite dal maltempo “per discutere su cosa fare e su come agire al meglio. Sarà un tavolo permanente che, in attesa della definizione della struttura commissariale, sarà coordinato all’interno del governo dal ministro Musumeci”. Così il premier Giorgia Meloni durante l’incontro a Palazzo Chigi tra il governo con i presidenti delle Regioni, delle Province e i sindaci dei comuni alluvionati.

“Credo che questo momento di confronto sia molto importante, dico subito che non considero questo contesto occasionale, intendo rendere questo tavolo permanente, finché sarà necessario – ha sottolineato Meloni – Sappiamo tutti che abbiamo a che fare con un evento particolarmente complesso, non che le Regioni coinvolte non siano già state teatro di altre situazioni emergenziali. In questo caso specifico ci rendiamo conto che l’evento è non solo particolarmente vasto per l’estensione ma particolarmente vasto nei fenomeni che produce, e quindi ha bisogno di molti piani di intervento diversi fra loro”.

“Dovremo far ricorso a delle vere e proprie bonifiche – ha rimarcato il presidente del Consiglio – i terreni sono completamente ricoperti di fango, chiaramente questo sta anche asfissiando le colture. Ancora oggi continuiamo a scoprire nuove conseguenze, nuovi eventi, è una specie di domino quello che sta accadendo sul territorio che rende tutto molto complesso, piove di nuovo e abbiamo nuovi smottamenti, nuove frane”. “Insomma ci confrontiamo tutti con una cosa abbastanza nuova e complessa, per questo per noi è fondamentale il contatto con il territorio, la quotidianità nel contatto che deve essere per forza di cose costante – ha proseguito – Però a me piace soprattutto immaginare questo confronto come tavolo operativo: noi dobbiamo parlare soprattutto di che cosa bisogna fare e come bisogna farlo. E’ importante secondo me la collaborazione, come è stato finora, perché finora mi pare che la collaborazione abbia funzionato. Sarà un tavolo permanete e, in attesa della definizione della struttura commissariale, il riferimento all’interno del governo sarà il ministro Musumeci”.

“Credo che questo appuntamento possa servire per un lavoro di miglioramento, di affinamento del decreto legge del Governo che ha voluto dare il segnale di uno sforzo importante – ha detto ancora Meloni – Un decreto stilato in 72 ore e quindi sicuramente nella sua conversione parlamentare può essere oggetto di miglioramento e affinamento. Su questo ovviamente attendo il vostro contributo: penso ad esempio alle zone e ai comuni che potrebbero essere state escluse in prima battuta sulla base delle indicazioni che arrivavano dai territori perché anche i territori non avevano contezza di quanto avvenuto”.

“Su questo si può lavorare in sede di conversione” del decreto, “chiaramente il lavoro deve essere un lavoro certosino, e questa serietà io la chiedo a me stessa per chiederla a tutti, perché più noi siamo precisi più facciamo interventi giusti, più siamo precisi nella ricognizione dei territori per dare a chi ha bisogno e non disperdere quelle risorse, più quelle risorse andranno dove devono andare. Così come più si sarà capaci di distinguere quello che è il frutto dell’evento alluvionale dai problemi che erano preesistenti, più si avranno risorse per avvicinarsi a indennizzi che siano il più possibile alti con obiettivo 100%. Però siccome le risorse – e lo sappiamo tutti – non sono infinite, anzi, tutti siamo chiamati a un lavoro di grande accuratezza e responsabilità”, le parole del presidente del Consiglio.

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Coronavirus

Andreoni (Simit), ‘anti-Rsv era atteso, virus causa polmoniti anche in adulti’

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‘Autorizzazione europea premessa per ok Aifa entro prossima stagione’

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“L’autorizzazione europea era molto attesa e risolve un grande problema di sanità pubblica perché il virus respiratorio sinciziale (Rsv) è molto importante per le polmonite virali non solo nel bambino ma anche nel soggetto adulto”. Lo ha detto Massimo Andreoni, professore di Malattie infettive all’Università Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), commentando all’Adnkronos Salute l’autorizzazione in Ue di Arexvy*, primo vaccino per proteggere gli adulti, dai 60 anni d’età in su, da questa infezione del tratto respiratorio inferiore.

Il via libera della Commissione europea “è la premessa – continua – perché il vaccino venga presto riconosciuto dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e possa essere disponibile anche in Italia. Tecnicamente potrebbe essere già disponibile per la prossima stagione. I tempi sono stretti e sempre imprevedibili, ma auspichiamo che per l’arrivo dell’autunno possiamo anche a noi averlo a disposizione”.

Nella prevenzione “possiamo fare la differenza – continua Andreoni – L’Rsv è uno dei virus responsabili di polmoniti estremamente gravi non solo nel bambino ma anche nel soggetto adulto. E’ un virus respiratorio che si trasmette facilmente per via aerea ed è la causa, insieme a quello influenzale, della metà delle polmoniti virali”. La gravità “è dovuta alle scarse armi farmacologiche a disposizione per queste forme estremamente severe che comportano l’ospedalizzazione e anche un rischio di morte – aggiunge – soprattutto nei soggetti più fragili che non sono solo cardiopatici, neuropatici e diabetici, ma anche gli immunodepressi”.

L’infezione da Rsv, è “un malattia seria che abbiamo imparato a conoscere nei bambini – riflette l’esperto Simit – ma che stiamo vedendo anche negli anziani. È una cosa nuova in questa popolazione, ma causa 15mila decessi solo negli Usa e, in circa l’80% dei casi, sono soggetti con più di 65 anni. L’età – ribadisce Andreoni – è un fattore di rischio. Ce ne stiamo accorgendo adesso perché abbiamo tecnologie diagnostiche più accurate, la diagnosi di polmonite virale era poco rilevabile perché non avevamo test diagnostici adeguati al di là dell’influenzale e del coronavirus. Avendo tecnologie che ci permettono la diagnosi eziologica abbiamo visto che il virus sinciziale ha un impatto importante, tra tutte le polmonite virali”.

Questa è una vaccinazione in più che si potrà fare, insieme all’antinfluenzale e all’anti-Covid. “C’è il timore delle troppe vaccinazioni – riflette Andreoni -. Dobbiamo partire da un altro concetto. Nei bambini facciamo 5-6 vaccini contemporaneamente. Il nostro organismo è abituato a venire a contato con tanti antigeni. Ci dobbiamo preoccupare di prevenire malattie che si possono evitare. In questo momento – aggiunge l’esperto – non ci sarà l’indicazione della somministrazione contemporanea, si procede a piccoli passi. Per influenza e Covid abbiamo già questa indicazione, per quello contro l’Rsv molto presto avremo i dati. In questo momento, averlo a disposizione – conclude – è già un traguardo importante, si avvicina il tempo in cui potremo avere un’arma contro un’infezione che non è rara”, anche nell’anziano.

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Sostenibilità

Rinnovabili, “Italia in ritardo, nel 2022 3,4 GW di nuovo installato”

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I dati del Report 'Comuni Rinnovabili' 2023 di Legambiente

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In Italia nel 2022 si registrano appena 3,4 GW di nuovo installato da fonti rinnovabili per un totale di 206.600 impianti installati, di cui 206.167 di solare fotovoltaico, 215 eolico, 145 idroelettrico e 73 bioenergie. Per un totale complessivo di 1,3 milioni di impianti. Un passo avanti rispetto agli anni passati (nel 2021 di 1,35 GW), ma una crescita lenta e numeri ancora troppo lontani dalla media annuale europea per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030, classifica che vede l’Italia al 22° posto. Considerando, infatti, la media delle installazioni degli ultimi 3 anni, nel 2030 l’Italia riuscirà a raggiungere solo il 25% degli obiettivi climatici in tema di sviluppo delle fonti rinnovabili, centrando l’obiettivo di 85 GW di nuova capacità non prima di 40 anni. Sempre nel 2022, cala ai livelli registrati nel 2012, la copertura da fonti rinnovabili rispetto ai consumi elettrici complessivi, pari al 31%. Una conseguenza della siccità che sta colpendo il nostro Paese e che ha portato ad una riduzione nella produzione da idroelettrico del 37,7% rispetto al 2021. Questa, in estrema sintesi, la fotografia della XVII edizione del Rapporto ‘Comuni Rinnovabili’ di Legambiente.

Nel dettaglio, sono 7.317 i Comuni che nel 2022 hanno visto nei loro territori la realizzazione di nuovi impianti da fonti rinnovabili (+14,4% rispetto al 2021 in cui erano 6.397). Un movimento lento che coinvolge, complessivamente, 7.879 Comuni italiani in cui è presente almeno un impianto di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile. Di questi, 3.535, pari al 45% del totale, quelli che possono essere definiti, Comuni 100% Rinnovabili Elettrici. Un aumento complessivo di soli 42 Comuni rispetto al 2020, segnala Legambiente. A crescere di più i Comuni del solare fotovoltaico, sono oltre 7.300 i Comuni nei quali sono stati installati i 205mila nuovi impianti di fotovoltaico (+ 14,6% rispetto al 2021 in cui erano 6.370) di cui il 44% con una potenza media di 12 kW. Sono 2.163 i Comuni che, grazie al contributo di questa tecnologia, si possono definire 100% elettrici. Sono, invece, 84 i Comuni dell’eolico che nel 2022 hanno fatto registrare installazioni, tra grandi e piccoli impianti, e 342 i Comuni 100% elettrici grazie a questa tecnologia. Fermi al palo la geotermia ad alta entalpia, le bioenergie e l’idroelettrico.

“Chiediamo al governo Meloni – ha commentato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – un’inversione di rotta immediata, come impone da un lato la crisi climatica che sta accelerando il passo con impatti sempre più negativi sui nostri territori, ultima l’alluvione in Emilia-Romagna; dall’altro l’Europa con il RePowerEu. Il Paese, approfittando della revisione del Pniec, non deve diventare l’hub del gas, ma quello delle rinnovabili. Serve snellire e velocizzare gli iter autorizzativi, a partire dai nuovi progetti di eolico a terra e a mare, accelerare sulla realizzazione dei grandi impianti a fonti pulite, sull’agrivoltaico, su reti elettriche e accumuli, sulla diffusione delle comunità energetiche e degli impianti di digestione anaerobica; senza dimenticare una seria politica di riqualificazione del patrimonio edilizio e la messa in sicurezza. Questa è la rotta giusta per accelerare la transizione energetica ed ecologica del Paese”.

Le installazioni hanno riguardato i territori di tutte le Regioni italiane, con 8 a giocare un ruolo da protagonista: tra queste la Lombardia quella con la maggior potenza installata, 420 MW di cui 405 MW di fotovoltaico, seguita dalla Puglia con 338 MW, di cui 237,7 di eolico, e dalla Sicilia con 321 MW, di cui 207,8 MW di fotovoltaico. Per il solare fotovoltaico è ancora la Lombardia a registrare la maggiore installazione di MW sul territorio, seguita dal Veneto con 257 MW e dall’Emilia Romagna con 225,5 MW. Per l’eolico, invece, dopo la Puglia che fa registrare 237,7 MW di nuove installazioni, seguono Sicilia con 113 MW e Campania con 71 MW. Per l’idroelettrico primato per il Piemonte e Trentino-Alto Adige, rispettivamente con 18,5 MW e 12,3 MW. Infine, per le bioenergie ancora la Lombardia con un nuovo installato di 5,6 MW, seguita dalla Campania con 3 MW e dal Piemonte con 2,6 MW.

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Economia

“Mancano 480mila lavoratori”: allarme di Confcommercio

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Sangalli: "40% posti rimarranno vuoti per assenza competenze". Arrancano i consumi: 20 miliardi in meno sul 2019

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Nonostante il tasso di occupazione non sia mai stato così alto in Italia, il terziario di mercato, che occupa il 76,4% della forza lavoro, “sta vivendo una persistente carenza di personale. Nel turismo e nel commercio, mancano, ad esempio, rispetto al 2022, circa 480 mila lavoratori. E per oltre il 40%, vi è un concreto rischio che la domanda non possa essere soddisfatta, soprattutto per la mancanza di competenze”. A sottolinearlo è il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli nella sua relazione all’assemblea generale di Confcommercio. “Occorre, allora, intervenire – aggiunge – per colmare la distanza tra formazione ed esigenze delle imprese, così come per programmare adeguati flussi di lavoratori immigrati”.

“Condividiamo l’ambizione del disegno di legge delega di una riforma complessiva del nostro sistema fiscale. Una riforma volta a sostenere la crescita attraverso la riduzione del carico impositivo, il contrasto di evasione ed elusione, la semplificazione degli adempimenti, la certezza del diritto. Perché non è più tempo di ‘manutenzioni ordinarie’! Si apre, dunque, un cantiere di lavoro complesso e occorre proseguire il confronto con le parti sociali”, ha poi sostenuto Sangalli. “Certo, il sistema fiscale deve essere coerente con le regole europee ed internazionali. – sottolinea – In questo quadro va considerata la stessa web tax. E qui non capiamo perché un piccolo commerciante debba pagare le tasse, tutte e subito, mentre questo non succede per le grandi piattaforme globali”.

“Nello scenario della “permacrisi”, i risultati dell’economia italiana battono costantemente al rialzo, nell’ultimo triennio, tutte le previsioni. Oggi, il nostro livello del Pil è superiore del 2,5 per cento rispetto a quello del quarto trimestre del 2019. Insomma, abbiamo più che recuperato i livelli pre-pandemici, facendo meglio delle altre maggiori economie europee e addirittura degli Stati Uniti. Restano, però, ancora indietro i consumi che, nella media dello scorso anno, risultano inferiori di circa venti miliardi di euro rispetto al 2019”. “Proprio i consumi rallentano, a partire da quelli alimentari, per quell’inflazione che – sottolinea Sangalli – continua a mordere. Inflazione, che erode il potere d’acquisto, sia dei redditi correnti, sia della ricchezza detenuta in forma liquida. Abbiamo mostrato una straordinaria capacità di adattamento e di reazione, da parte di imprese, lavoro e reti di sicurezza sociale. È il risultato della collaborazione tra buone politiche pubbliche ed iniziativa privata. Collaborazione che ha funzionato anche sul versante dell’occupazione”.

“Una realtà così importante non può essere lasciata senza certezze sul proprio futuro!”, afferma è il presidente di Confcommercio a proposito dei “balneari, che hanno investito e contribuito alla qualità turistica del Paese” sottolineando che bisogna pensare “alla mappatura delle concessioni, al giusto indennizzo, alla valorizzazione delle tante imprese”. Per Sangalli inoltre “va ripensato anche il modello della ristorazione in concessione, i cui costi non sono più sostenibili”.

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Economia

Salario minimo, in Italia non c’è: Lussemburgo e Germania al top

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Qual è la situazione in Europa: da un lato chi non ha introdotto il salario minimo, dall'altro chi ha alzato le cifre

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In Italia il salario minimo è argomento di discussione ma nel 2023 non è ancora previsto e il livello della retribuzione è affidato alla negoziazione dei contratti collettivi. Pochi altri paesi in Europa non contemplano il salario minimo. In alcune nazioni, le cifre sono state aumentate di recente.

Secondo l’analisi dello studio legale Daverio&Florio, specializzato nel diritto del lavoro e nel diritto della previdenza sociale, che in Italia rappresenta il network internazionale Innangard, il salario minimo è presente in quasi tutti i Paesi europei, ad eccezione dell’Italia, della Danimarca, dell’Austria, della Finlandia e della Svezia, ma con valori e applicazioni molto differenti. Considerando esclusivamente i Paesi analizzati, in Francia e in Spagna esiste già da tempo, rispettivamente dal 1950 e dal 1963, mentre i valori più alti si registrano in Lussemburgo (2.387,40 euro/ mese) e in Germania (2.080/ mese). La Spagna e l’Olanda hanno aumentato l’importo nel 2023 e la Germania a fine 2022, mentre il Belgio e l’Irlanda hanno già previsto un aumento nei prossimi anni. Svezia e Danimarca, così come l’Italia, seguono modelli basati sulla negoziazione dei contratti collettivi e dei livelli salariali da parte dei sindacati.

Entrando nell’analisi, in Germania, il salario minimo è stato introdotto nel 2015 e a fine 2022 è aumentato da 10,45 a 12 euro lordi all’ora, per un totale di 2.080 lordi mensili. Si applica a tutti i dipendenti, con alcune eccezioni, e un ulteriore aumento è in arrivo nel 2024.

In Belgio, sin dal 1975 esiste il reddito minimo mensile medio garantito (Gammi), che in seguito all’ultima indicizzazione del dicembre 2022 ammonta effettivamente a 1.954,99 euro lordi. È rivolto ai dipendenti con un contratto di lavoro dai 18 anni in su e che lavorano a tempo pieno. Anche qui il salario è spesso soggetto a riforme, ed è previsto un aumento di 35 € lordi (soggetto a indicizzazione) il 1° aprile del 2024 e del 2026.

L’Olanda è uno dei Paesi “storici”, con il salario minimo che esiste da ben il 1969. Attualmente il salario minimo mensile ammonta a €1.934,40 lordi grazie al recente aumento del 10,15%. Il salario minimo si applica solo nel caso in cui un dipendente sia assunto con un contratto di lavoro ed è progressivo: dai 15 ai 21 anni aumenta in base all’età, diventando successivamente fisso. Dal 2024, inoltre, l’Olanda introdurrà un salario minimo orario (attualmente è mensile), al fine di renderlo ancora più equo.

In Irlanda il salario minimo nazionale è stabilito dal National Minimum Wage Act 2000 (11,30 euro/ora lordi e 1.909,70 euro/mese lordi), ma verrà sostituito con il salario di sussistenza a partire dal 2026. Per determinare la cifra, il governo irlandese sta adottando un approccio a soglia fissa del 60% del salario mediano, che si stima comporterà un aumento del reddito da euro 11,30 a euro 13,10 lordi all’ora. Attualmente hanno diritto al salario minimo i lavoratori a tempo pieno, a tempo parziale, temporanei, occasionali e stagionali di età superiore ai 20 anni. Ai dipendenti di età inferiore ai 20 anni si applicano aliquote salariali minime diverse.

Il primo salario minimo in Spagna (SMI) risale al 1963. Recentemente il salario minimo è aumentato dell’8% rispetto al 2022, frutto di un accordo tra il governo spagnolo e i due sindacati più rappresentativi a livello nazionale (CCOO e UGT). L’importo attuale è di 1.080 euro al mese lordi ed è determinato su base mensile o giornaliera (36 euro/giorno lordi), ma con valori inferiori per i lavoratori temporanei, stagionali e domestici.

La Francia è senza dubbio uno dei primi Paesi ad aver introdotto il minimo salariale (attivo dal 1950), valido a tutti i dipendenti che hanno almeno 18 anni, indipendentemente dal contenuto e dalla forma del contratto di lavoro e della retribuzione. Il “salario minimo di crescita interprofessionale” (SMIC) è di 11,52 euro lordi all’ora, pari a 1.747,20 euro lordi mensili (per 35 ore), e si rivaluta in base all’aumento dei prezzi e all’aumento del salario medio.

Spostandoci nei Paesi extra UE ma sul territorio europeo, in UK dal 1998 esiste il National Minimum Wage Act, con un valore che viene deciso ogni anno dal governo sulla base delle raccomandazioni della Low Pay Commission, basandosi sull’andamento dell’economia, del costo della vita e degli stipendi. Il salario minimo è calcolato considerando una tariffa oraria e l’importo varia in base all’età. Attualmente va da dai 5,28 sterline (6,07 euro) lorde per i lavoratori sotto i 18 anni, 7,49 sterline (8,58 euro) da 18 a 20 anni, 10,18 sterline (11,66 €) da 21 a 22 anni e 10,42 sterline (11,94 euro) da 23 anni e oltre (National Living Wage).

Concludiamo infine con la Svizzera, per cui va fatto un discorso a parte. Secondo la legge federale svizzera, infatti, non esiste un salario minimo mensile nazionale. Tuttavia, ci sono cinque cantoni che hanno implementato i salari minimi: si va da circa 19,75 (20,31 € ca.) franchi lordi all’ora definiti dal Canton Ticino ai 24 franchi dal Cantone di Ginevra (24,45 €). Inoltre, ci sono periodicamente iniziative cantonali per l’introduzione di un salario minimo, come avvenuto recentemente a Zurigo dove il primo consiglio comunale ha detto sì all’introduzione di un salario minimo di 23,90 franchi lordi (24,35 euro) all’ora. In contrasto, un’iniziativa nazionale per il salario minimo nazionale fu respinta nel 2014.

E negli altri Paesi del mondo? In Messico la National Commission of Minimum Wages (NCMW) ha stabilito per il 2023 il salario minimo di 344,93 euro lordi, che arriva fino a 519,48 euro per i dipendenti che si trovano e lavorano negli Stati vicini al confine con gli Stati Uniti, considerando che il costo della vita in quelle zone è più alto che in qualsiasi altro Stato.

In Australia il salario minimo nazionale viene rivisto ogni anno ed è attualmente di 21,38 AUD all’ora (circa 13,17 euro) o 812,60 AUD (circa 500,49 euro) a settimana lordi. Esistono inoltre tariffe minime nazionali speciali per i dipendenti giovani (di età inferiore ai 21 anni), per i dipendenti in formazione e per i dipendenti disabili.

In Argentina, a causa dell’elevato tasso di inflazione nel Paese, il NBEPM stabilisce un calendario di aumenti del salario minimo, almeno due volte l’anno, che prevede una tariffa mensile e una tariffa oraria. Ad esempio, i dipendenti a tempo pieno per il mese di maggio 2023 hanno come valore mensile 84.512 pesos argentini (circa 338,56 euro). Per chi viene pagato al giorno, sono 422,56 pesos argentini (circa 1,69 euro) all’ora.

Chiude l’analisi la Cina, dove non esiste uno standard salariale minimo unificato e i dipartimenti amministrativi competenti delle regioni amministrative provinciali possono stabilire gli standard salariali minimi corrispondenti in base alle condizioni economiche locali.

Il salario minimo in Cina è generalmente suddiviso in due categorie: il salario minimo mensile e il salario minimo orario. Il salario minimo mensile si applica ai lavoratori dipendenti a tempo pieno, mentre il salario minimo orario si applica ai lavoratori dipendenti a tempo parziale. Ma per beneficiarne devono essere soddisfatte alcune condizioni, come avere almeno 16 anni e non essere in pensione, ma non solo.

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Sostenibilità

Maggio 2023 è stato il secondo più caldo a livello globale

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I dati del Servizio per il Cambiamento Climatico di Copernicus: la temperatura della superficie del mare e la temperatura dell'aria marina, calcolate in media su tutti i mari liberi dai ghiacci, sono state le più alte mai registrate nel mese di maggio

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Il mese di maggio 2023 è stato il secondo maggio più caldo a livello globale, con una temperatura inferiore di 0,1°C rispetto al maggio più caldo mai registrato. La temperatura della superficie del mare e la temperatura dell’aria marina, calcolate in media su tutti i mari liberi dai ghiacci, sono state le più alte mai registrate nel mese di maggio. E’ quanto rileva il Servizio per il Cambiamento Climatico di Copernicus (Copernicus Climate Change Service – C3S), implementato dal centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine per conto della Commissione europea con il finanziamento dell’Ue.

Nel dettaglio, le temperature medie si sono avvicinate alla media nella maggior parte dell’Europa. Alcune aree del Canada, dell’Africa e del Sud-Est asiatico sono state significativamente più calde del normale. Nelle zone che vanno dall’India nord-occidentale alla Siberia meridionale e in Australia, la temperatura è stata notevolmente più bassa del normale.

“Il mese di maggio 2023 è stato il secondo più caldo a livello globale, dal momento che le condizioni di El Niño continuano a manifestarsi nel Pacifico equatoriale. Le temperature oceaniche stanno già raggiungendo livelli record e i nostri dati indicano che la temperatura media di tutti i mari privi di ghiacci nel maggio 2023 è stata più alta di qualsiasi altro maggio”, spiega Samantha Burgess, vicedirettore del Servizio per il Cambiamento Climatico di Copernicus.

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Salute e Benessere

Vaccini: Vitale (UniPa), ‘entusiasta di avere nuovo strumento contro Rsv’

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“Come operatore di sanità pubblica sono entusiasta di avere a disposizione questo nuovo strumento”. L’infezione da virus respiratorio sinciziale (Rsv) è “una patologia poco conosciuta e invece prevalente, soprattutto durante il periodo invernale, e che si può confondere con l’influenza perché fa parte delle Ili (Influenza Like Illness). E’ una patologia che può avere serie conseguenze, soprattutto per la fascia di popolazione più anziana e più fragile con immunocompromissione, contro la quale non abbiamo avuto finora né una terapia specifica né una possibilità di prevenzione”. Così Francesco Vitale, docente di Igiene e Medicina preventiva e direttore di Epidemiologia clinica all’ospedale Policlinico di Palermo, all’Adnkronos Salute, commentando l’autorizzazione, da parte della Commissione europea, del primo vaccino per proteggere gli adulti, dai 60 anni d’età in su, dall’Rsv.

“Oggi, finalmente – aggiunge Vitale – abbiamo un vaccino che è adeguato dal punto di vista dei dati tecnici e delle valutazioni scientifiche: nei trial autorizzativi ha dato prova di grande efficacia. Spero che possa essere disponibile già per la prossima stagione invernale quando sarà importante cominciare a vaccinare le persone”.

Riflettendo sull’impatto che la patologia ha sulla popolazione anziana rispetto a quella infantile, Vitale osserva che “la popolazione dei bambini, nei primi due anni di vita, è una popolazione che, in Italia, è inferiore a 1 milione mentre la popolazione italiana con più di 65 anni è composta da circa 14 milioni di persone. Pertanto – continua – se è vero che l’incidenza dell’infezione della malattia da Rsv è più alta nei bambini molto piccoli, è anche vero che pure una minore incidenza nella popolazione over 65 anni significa un numero di casi molto superiore, anche perché interessa persone anziane con comorbosità. Questo significa che se noi usassimo bene questo vaccino – sottolinea – così come anche gli altri ovviamente, potremmo risparmiare davvero migliaia di casi, di ospedalizzazioni ma anche di morti”.

“In occasione dell’ultimo congresso mondiale di sanità pubblica che si è svolto a Roma lo scorso maggio – prosegue il professore – abbiamo presentato una stima ottenuta con un modello matematico sulla base di dati americani, che sono in grado di conteggiare i casi di Rsv in maniera molto più precisa. Ebbene, se noi avessimo le stesse incidenze che si osservano negli Stati Uniti – spiega – in Italia dovremmo aspettarci di avere, negli adulti over 65 anni, circa 420mila casi di infezione da Rsv, circa 21mila ospedalizzazioni e circa 3.500 morti per anno. Questo è il carico di malattia che potremmo evitare o per lo meno limitare utilizzando bene uno strumento come quello vaccinale”.

“La mia maggiore preoccupazione – osserva Vitale – sta nel fatto che ancora non abbiamo il Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2023-2025 che è pronto dalla fine del 2021, ha già passato il vaglio degli organi tecnico-scientifici, ma è bloccato in Conferenza Stato-Regioni a causa dell’aumentato costo della prevenzione vaccinale. In questo piano ancora non c’è questo vaccino, che costerà quindi qualcosa in più, ma quando il Piano già viene bloccato perché si discute di un aumento di costi di circa 200 milioni di euro all’anno per tutta Italia, per tutti i vaccini – che è una cifra veramente minima rispetto a quanto costano alcuni farmaci – ebbene sono preoccupato perché abbiamo uno strumento importante per una prevenzione importante ma se poi non potremo utilizzare questo vaccino sarà un fallimento”, conclude l’esperto.

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Sostenibilità

Italia-Kenya, Barbaro: “Verso rinnovo protocollo d’intesa su sviluppo sostenibile”

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Bilaterale con Viceministro Energia Wachira

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“L’Italia vuole rinnovare il protocollo d’intesa con Nairobi scaduto a gennaio 2023″. Lo ha annunciato il Sottosegretario di Stato all’Ambiente e alla Sicurezza energetica Claudio Barbaro nel corso del bilaterale tra Italia e Kenya, rappresentato dal Viceministro dell’Energia, Alex K. Wachira alla presenza dell’ambasciatore italiano Roberto Natali. Allo scopo di affrontare la sfida del passaggio alle rinnovabili come fonti primarie di energia il Kenya ha confermato l’importanza che riveste la cooperazione tra i due Paesi. Sui social Barbaro ha parlato di un incontro “cordiale per confermare l’importanza che riveste la cooperazione tra i due Paesi in materia di energia rinnovabile” con un focus in particolare “sul geotermico di cui il Kenya è ricco e rispetto al quale, d’altra parte, l’Italia detiene il know-how e la tecnologia”. “All’Italia il Kenya si rivolge per la conoscenza acquisita – ha spiegato il Viceministro Wachira – in termini di sviluppo sostenibile. Entro il 2030 il nostro Paese vuole raggiungere il 100% di utilizzo di energia pulita. Ed entro il 2050 il 100% di accesso della popolazione ai servizi energetici. Una sfida per la quale consideriamo l’Italia un partner importante”.

Sempre sui social Barbaro ha ricordato come oggi riparte “oggi una fitta serie di incontri e bilaterali a Nairobi, per UN Habitat, il Programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani” una iniziativa nella quale l’Italia ha dato un contributo ” nell’ambito del progetto Waste Wise City sulla gestione dei rifiuti in una delle baraccopoli più grandi al Mondo, quella di Korogocho con anche la conseguenza positiva della creazione di posti di lavoro”.

Proprio sul fronte occupazionale e ambientale il Sottosegretario ha ricordato la visita fatta ieri, all’azienda agricola Marula, insieme con l’ambasciatore Natali: una realtà “di impresa ecosostenibile” dove “lavorano oltre 5mila persone e sono migliaia i capi selvatici protetti”. “Lo sviluppo economico aziendale degli ultimi anni ha consentito di investire parte dei profitti in un progetto ambientale, avviato nel 2009 e legato al ripristino di un’area umida pre-esistente che nel tempo si era andata prosciugando con un incremento del 45% delle specie di uccelli e del 92% delle specie di mammiferi presenti” spiega Barbaro.L’azienda è di proprietà di un imprenditore italiano, Francesco Natta, “che ha raccolto la passione della sua famiglia e portato questa azienda a essere un punto di riferimento in questo Paese. Del quale andare orgogliosi”.

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Lavoro

Sostenibilità, Aragno (Eikon): “Tema del momento in azienda e driver di crescita”

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La Senior Partner Eikon Strategic Consulting è intervenuta al Forum Comunicazione Italiana presso il Palazzo dell'Informazione a Roma

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Sostenibilità come tema sempre più emergente nella comunicazione aziendale e come driver di crescita. Paola Aragno, Senior Partner Eikon Strategic Consulting, intervenendo al Forum Comunicazione Italiana presso il Palazzo dell’Informazione a Roma, racconta l’analisi fatta da Eikon, in collaborazione con Adnkronos, sui temi Esg e il contributo delle persone nella trasformazione sostenibile.

Dall’analisi semantica della comunicazione Corporate dei social proprietari di 30 aziende, nel 2022, risulta che “sostenibilità può essere considerata la parola del momento, la terza dopo Italia ed energia. Questo trend che nasceva dal basso si sta posizionando ad un livello sempre più alto”, spiega Aragno.

“Ma quali sono le parole associate all’area semantica della sostenibilità? E’ legata al tema dell’energia e alla mobilità ma è ancora molto legata ai temi ambientali ed è un driver essenziale su cui fare investimenti per il raggiungimento di obiettivi di business. Quindi non è più solo una moda ma qualcosa che spinge verso una crescita, quindi un driver di crescita economico-finanziaria. Ma anche un valore che richiede un impegno collettivo”. In evidenza nell’analisi anche la parola ‘transizione’, perché “è ancora un processo”.

Non solo. Attraverso il ‘Primo rapporto annuale 2022 – La cultura della sostenibilità in Italia – Esg Culture Lab’ è stato analizzato il livello di coinvolgimento attribuito all’organizzazione. Due le evidenze principali: da una parte, “una maggioranza, più del 50%, che considera la propria organizzazione impegnata nel raggiungimento degli obiettivi sostenibili” e, dall’altra, “un maggiore scetticismo della fascia più giovane nella volontà dell’organizzazione di promuovere un cambiamento reale”. In sintesi si ricava “una polarizzazione generazionale: gli under 40 sono più critici sia nel loro coinvolgimento nella sfera professionale sia nel coinvolgimento dell’azienda”.

In prospettiva, il futuro “è visto in maniera positiva ma anche qui il 14% del campione 18-29 anni non è convinto” della trasformazione sostenibile; “dobbiamo coinvolgere i giovani”.

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