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Biennale Arte: il suono della guerra in Ucraina al...

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Biennale Arte: il suono della guerra in Ucraina al Padiglione della Polonia

Biennale Arte: il suono della guerra in Ucraina al Padiglione della Polonia

"Weeeeeeeeeeeeee". "Tududududu". "Tzssgrgrgrgrgrgrgrtz". "Ssssssssss Thuukhh". "Tatatatatatatata", "Shhhhhhhssssshhhhsssh", "Uuuuuuuuuuuuuu", "TrrrrrrrrrrrrrrrrThrrrrrrrr, "Wuuuuuuufff Buuuhh Buuhhff!". "Nan Nan Nan Nan Nan Nan Nan". Il suono della guerra in Ucraina viene ripetuto, da chi lo ha vissuto ed è stato costretto a lasciare la sua casa dopo l'invasione della Russia, per un campo profughi, un ostello o un albergo, e dai visitatori del Padiglione della Polonia alla 60/a Esposizione internazionale d'Arte della Biennale di Venezia, come in un karaoke.

L'installazione concettuale del collettivo ucraino Open Group "Repeat After Me" dà voce, letteralmente, alle armi usate dalla Russia e al ricordo di chi le ha sentite. Allarme aereo. Difesa aerea. Elicotteri da combattimento. Colpi di mortaio. Fucili d'assalto. Missili balistici e da crociera, i più pericolosi perché molto più difficili da abbattere per l'esrema velocità a cui viaggiano che lascia ai civili solo un minuto o due di tempo per mettersi al riparo, le sirene, i droni di fabbricazione iraniana, altri missili, carri armati.

Il progetto degli artisti di Open Group, Yuriy Biley, Pavlo Kovach e Anton Varga, è stato selezionato lo scorso dicembre, in seguito all'insediamento del gogverno europeista di Donald Tusk. Il ministro della Cultura Bartłomiej Sienkiewicz, Commissario del Padiglione curato da Marta Czyż, aveva cestinato la proposta approvata dal precedente governo di centrodestra e populista del Pis nelle sue ultime settimane di vita. Due degli artisti del collettivo vivono fuori dall'Ucraina, Biley a Berlino e Breslavia, Varga a New York. Kovach ha invece scelto di rimanere in Ucraina. E' originario di Leopoli ma dal luglio del 2023 è al fronte "ed è quindi difficile dire dove si trovi".

'gli artisti danno voce alle vittime civili e ai sopravvissuti della guerra e le loro testimonianze diventano non tanto la voce della società ucraina, quando dei rifugiati in generale'

"La guerra in corso si è radicata nella loro quotidianità. La osservano sia dall'interno che dall'esterno, sono preoccupati non solo per il futuro loro e dei loro famigliari ma per la sorte dell'intera Ucraina. Al Padiglione della Polonia danno voce alle vittime civili e ai sopravvissuti della guerra e le loro testimonianze diventano non tanto la voce della società ucraina, quando dei rifugiati in generale", ha spiegato Czyz.

L'installazione in una stanza buia presenta due video e microfoni per il karaoke, un bar karaoke militare del futuro, quando, secondo gli artisti posti come questo saranno la norma, luoghi in cui gli spettatori possono sapere dell'esperienza di chi si è trovato sotto le bombe e magari apprendere cose che in futuro potrebbero servire, e farlo in una atmosfera rilassata. Il primo video Repeat After Me, del 2022, era stato girato in un campo profughi di Leopoli. La seconda parte, del 2024, in campi, alberghi e ostelli in Europa, per sfollati ucraini, l'opposto in termini di pericolo. Il karaoke diventa il mezzo di comunicazione fra i protagonisti/testimoni della guerra e chi entra nel Padiglione, il mezzo per far capire ma anche dell'incapacità di spiegare.

Tre componenti della commissione incaricata di selezionare l'opera per la Biennale - Joanna Warsza, co curatrice del Padiglione della Polonia per l'Esposizione internazionale d'arte della Biennale di Venezia del 2022, Karolina Ziębińska Lewandowska, direttrice del Museo di Varsavia, e la critica e curatrice Jagna Domżalska, si erano dimesse in seguito alla scelta dell'artista Ignacy Czwartosda parte del precedente governo, e avevano firmato, prima della decisione del governo Tusk, una nota di protesta contro il suo lavoro giudicato troppo politicizzato, teso a dare una immagine vittimistica del Paese e non in linea con l'arte contemporanea in Polonia e con il titolo dell'Esposizione curata da Adriano Pedrosa "Foreigner Everywhere". La scelta del collettivo Group One era stata accolta "con immenso sollievo".

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Banca Ifis lancia progetto Ifis art per dare valore ad...

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Nell’ambito della Biennale d’Arte 2024 di Venezia, Banca Ifis ha presentato Ifis art, progetto voluto e ideato dal Presidente, Ernesto Fürstenberg Fassio, atto a raccogliere tutte le iniziative realizzate dalla Banca per la valorizzazione dell’arte, della cultura, della creatività contemporanea e dei loro valori: dalla collezione d’arte al Parco Internazionale di Scultura, dal progetto di recupero dell’opera di Banksy e di restauro del Palazzo San Pantalon che la ospita, da Economia della Bellezza al sostegno di manifestazioni artistiche e culturali, da programmi di education a prodotti editoriali.

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‘Monte di Pietà’ alla Fondazione Prada esplora...

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A partire dalla storia stratificata del palazzo settecentesco Ca' Corner della Regina

'Monte di Pietà' alla Fondazione Prada esplora il debito

A partire dalla storia stratificata del palazzo settecentesco Ca' Corner della Regina, sede del Monte di Pietà di Venezia dal 1834 al 1969 e dal 2011 spazio permanente della Fondazione Prada, Christoph Büchel, artista svizzero noto per i suoi progetti concettuali e le sue grandi installazioni, ha costruito una complessa rete di riferimenti spaziali, economici e culturali con la mostra "Monte di Pietà", aperta al pubblico dal 20 aprile al 24 novembre 2024 in concomitanza con la Biennale Arte.

Il progetto di Büchel è un'approfondita indagine del concetto di debito come radice della società umana e veicolo primario con cui è esercitato il potere politico e culturale. Storicamente un crocevia di commistioni e scambi commerciali e artistici, Venezia è il contesto ideale per esplorare le relazioni tra questi temi complessi e le profonde dinamiche della società contemporanea.

"Monte di Pietà" si sviluppa come un’installazione immersiva che si articola nel palazzo di Ca' Corner e, in particolare, nel piano terra, mezzanino e primo piano nobile. Il progetto consiste in un banco dei pegni in fallimento basato sull’aspetto originale del Monte di Pietà di Venezia. In questo contesto è esposta l’opera "The Diamond Maker" (2020) che Christoph Büchel ha concepito come una valigia contenente diamanti realizzati in laboratorio. I diamanti sono il risultato di un processo fisico e simbolico di distruzione e trasformazione dell’intero corpus di opere in possesso dell’artista, comprese quelle create nel corso della sua infanzia e giovinezza così come quelle non ancora realizzate. Sono stati prodotti da Algordanza AG, un’azienda globale fondata in Svizzera nel 2004 che realizza diamanti della memoria.

"Monte di Pietà" incorpora nuove produzioni, riferimenti a installazioni realizzate in precedenza da Büchel, una selezione eterogenea di oggetti, opere d’arte storiche e contemporanee e documenti legati alla storia della proprietà, al credito e alla finanza, allo sviluppo di collezioni e archivi, alla creazione e al significato di ricchezza reale o artificiale.

L'antemprima del progetto si è svolto alla presenza di Miuccia Prada, presidente e direttrice della Fondazione. Hanno preso parte all’evento gli artisti Christoph Büchel, Sophia Al-Maria, Hans Berg, Sophie Calle, Maurizio Cattelan, Jamie Diamond, Michael Elmgreen, Cao Fei, Carsten Höller, Anne Imhof, Joep van Lieshout, Hito Steyerl e Francesco Vezzoli; gli architetti e designer Alejandro Aravena, Irma Boom, Carlo Ratti e Michael Rock; i curatori Francesco Bonami, Carolyn Christov-Bakargiev, Maya El Khalil, Alison M. Gingeras, Mark Godfrey, Udo Kittelmann, Sook-Kyung Lee e Kathleen Soriano; i presidenti e direttori di musei e istituzioni culturali Maria Balshaw (Tate Gallery), Philippe Bischof (Pro Helvetia), Nicholas Cullinan (British Museum), Cécile Debray (Musée national Picasso), Ann Demeester (Kunsthaus Zurich), Chris Dercon (Fondation Cartier), Elvira Dyangani Ose (MACBA Barcellona), Laurence des Cars (Musée du Louvre), Elena Filipovic (Kunstmuseum Basel), Maya Hoffmann (LUMA Foundation), Michael Govan (LACMA), Donatien Grau (Musée du Louvre), Sam Keller (Fondation Beyeler), Jörg Heiser (Institute of the Arts in Context), Tristram Hunt (Victoria and Albert Museum), Francesco Manacorda (Castello di Rivoli), Gianfranco Maraniello (Polo Museale del Moderno e Contemporaneo, Milano), Humberto Moro (Dia Art Foundation), Andrew Perchuk (Getty Research Institute), Susanne Pfeffer (Museum MMK Frankfurt), Andrea Viliani (Museo delle Civiltà, Roma), Mariët Westermann (Guggenheim Museum) e Rein Wolfs (Stedelijk Museum); le personalità del mondo dell’arte e della cultura come Sheikha Al-Mayassa, Sandra Brant, Roberto Cicutto, Lauren Cornell, Vincenzo De Bellis, Clément Delépine, Wendy Fisher, Henry R. e Marie-Josée Kravis, Gió Marconi, Almine Rech, Bernard Ruiz-Picasso, Raf Simons, Marc Spiegler e Paolo Zannoni.

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Jorit e il murale di Mariupol: “Lo distruggono? Era...

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"Sono orgoglioso, ha acceso i riflettori sui bambini del Donbass"

Il murales rimosso

"La distruzione del mio murales a Mariupol era una cosa programmata, quindi non mi ha sorpreso. Già mentre lo facevo sapevo che avrebbe avuto una durata limitata. Anzi, semmai è durato molto più di quanto era programmato, perché mi avevano detto che sarebbe andato via quasi subito. Forse, a questo punto, l'hanno fatto durare appositamente di più". A dirlo in un'intervista all'Adnkronos è lo street artist Jorit, che commenta i video e le immagini che circolano sui social e raffigurano l'inizio della 'distruzione' del murales che l'artista napoletano ha realizzato nella città di Mariupol. L'opera, che occupa l'intera facciata di un palazzo della città del sud - est dell'Ucraina, è stata al centro di molte polemiche: rappresenta il volto di una bimba del Donbass, con i colori della bandiera russa dipinti nelle iridi e circondata da due missili con la scritta Nato.

"Anche se ora verrà distrutto, il murale è sicuramente servito per accendere i riflettori e sollevare la questione - spiega l'artista, al secolo Ciro Cerullo -. Sono orgoglioso che si sia parlato dei bambini del Donbass e dei suoi cittadini, che sono esclusi da qualsiasi decisione politica, non vengono considerati proprio come entità, il loro volere è completamente escluso, come se non esistessero. Loro non vogliono stare con Kiev. Le opere d'arte a volte sono come degli incendi, il vento li diffonde e anche se vengono spenti sono comunque serviti a qualcosa". Ora che il murale non ci sarà più, "mi piacerebbe farne un altro, se ci saranno le condizioni. Ma è già stato molto difficile fare quello, l'abbiamo fatto in condizioni veramente precarie, abbiamo dormito in un rifugio con degli sfollati, in mezzo agli scarafaggi. Una cosa pesante, non so se sarebbe possibile farne un altro, ma se fosse possibile lo rifarei".

Infine, Jorit fa una riflessione più generale: "Colgo l'occasione per sottolineare che tutti i bambini nelle guerre dovrebbero essere sempre considerati -scandisce-. In questi ultimi anni di guerra leggevo che sono morti 220 bambini ucraini, e a Gaza nel giro di pochi mesi ne sono morti quasi 11mila. C'è come sempre un doppio standard: alcuni bambini sono più importanti di altri, alcuni vengono utilizzati per degli interessi geopolitici, altri non fanno testo ed è come se non esistessero. Questo non dovrebbe più accadere", è il monito di Jorit.

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