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Putin, intervista a Tucker Carlson: “Ucraina ha...

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Putin, intervista a Tucker Carlson: “Ucraina ha iniziato guerra nel 2014”

Il presidente russo parla per 2 ore con il giornalista statunitense a Mosca

Tucker Carlson e Vladimir Putin

"L'Ucraina ha iniziato la guerra nel 2014. Non l'ha iniziata la Russia nel 2022. Il nostro è un tentativo di fermare la guerra. Noi vogliamo trattare, l'Ucraina rifiuta di negoziare. A Istanbul eravamo pronti a firmare e la guerra sarebbe finita 15 mesi fa". Vladimir Putin si esprime così nell'intervista fiume a Tucker Carlson. Il presidente della Russia accoglie il giornalista statunitense al Cremlino e parla per 2 ore in una chiacchierata che, per larghi tratti, è un monologo nel quale Carlson non riesce a intervenire.

La partenza è tutta una programma. Putin mette subito in riga l'interlocutore: "E' un talk show o una conversazione seria?". La prima mezz'ora dell'intervista è una lunga premessa storica con cui Putin evidenzia i legami tra Ucraina e Russia e, di base, la natura artificiale dello stato ucraino. "Abbiamo tutti i motivi per affermare che l'Ucraina è uno stato artificiale", dice Putin nell'approfondito excursus che coglie di sorpresa Carlson, incapace di fermare la lezione di storia. "Non ho mai detto al premier ungherese che può prendersi un pezzo di Ucraina. Non abbiamo mai parlato dell'argomento, ma so che gli ungheresi vorrebbero tornare nelle terre che storicamente gli appartengono", dice Putin rispondendo ad una delle poche domande.

"Il collasso dell'Unione Sovietica è stato provocato dalla leadership russa. Si riteneva che i legami con l'Ucraina fossero solidi per lingua, religione, legami familiari e rapporti economici. La Russia si aspettava di essere accolta a braccia aperte dalla comunità internazionale, Stati Uniti compresi", aggiunge il presidente descrivendo lo scenario che ha portato gradualmente al panorama attuale.

"Qui al Cremlino in un meeting con il presidente Bill Clinton gli chiesi 'Bill, credi che se la Russia chiedesse di entrare nella Nato, succederebbe?'. Sul momento, ha risposto 'Sai, credo di sì'. Più tardi, quando ci siamo rivisti per cena, mi ha detto 'ho parlato con il mio team, ora non è possibile'. Chiedeteglielo...", racconta Putin. "Io ho chiesto se fosse possibile, la risposta è stata 'no'. Se lui avesse detto sì, sarebbe iniziato il processo di avvicinamento. Ma no significa no", aggiunge chiudendo il capitolo.

"L'Ucraina ha iniziato la guerra nel 2014"

"L'Ucraina nasce come paese neutrale secondo la propria dichiarazione d'indipendenza, ma nel 2008 vengono aperte le porte della Nato...", dice Putin proponendo la propria ricostruzione dei rapporti tra Mosca e Kiev, parallelamente all'evoluzione interna della situazione in Ucraina. "Nel 2014 c'è stato un golpe, hanno portato una minaccia alla Crimea e hanno avviato una guerra in Donbass. E' iniziato tutto da lì, con un'operazione militare dopo l'altra. Come potevamo non mostrare preoccupazione per quello che stava accadendo?", afferma, accusando "l'attuale leadership ucraina" di non aver attuato gli accordi di Minsk.

"Abbiamo detto agli Usa e ai paesi europei" di attuare gli accordi, che "erano complicati per l'Ucraina. Io credevo che se avessimo convinto la gente del Donbass a tornare nell'ambito dell'Ucraina - avremmo dovuto lavorare duramente - le ferite avrebbero cominciato a guarire. Ma tutti volevano risolvere le questioni con la forza militare e noi non potevamo permetterle. L'Ucraina ha iniziato a preparare azioni militari, l'Ucraina ha iniziato la guerra nel 2014. Il nostro obiettivo è fermare questa guerra che noi non abbiamo iniziato nel 2022: il nostro è un tentativo di fermarla. Abbiamo proposto più volte di risolvere pacificamente i problemi sorti in Ucraina dopo il 2014, ma nessuno ci ha dato retta", afferma Putin.

La Russia ha raggiunto i suoi obiettivi? "Non ancora, perché uno di questi è la denazificazione" dell'Ucraina. "Hitler è morto da 80 anni, ma il suo esempio esiste ancora. L'attuale presidente dell'Ucraina ha applaudito un nazista nel parlamento canadese", dice Putin ricordando un episodio che ha coinvolto Volodymyr Zelensky in un viaggio in Canada, con la presenza di un reduce di guerra ucraino-canadese in Parlamento.

Il messaggio a Biden: "Basta armi a Kiev e la guerra finisce subito"

Come si esce dall'impasse ora? "Il presidente ucraino ha firmato un decreto che impedisce di negoziare con la Russia. Lui ha alcune idee, ma serve un dialogo, no?", dice Putin. Secondo Carlson, un negoziato passa per i contatti tra Putin e Joe Biden.

Quando ha parlato per l'ultima volta con il presidente americano? "Non ricordo, devo ricordare per forza quando è successo? Gli ho parlato prima dell'inizio dell'operazione militare speciale e gli ho detto che avrebbe commesso un errore enorme, di proporzioni storiche, sostenendo quello che c'è in Ucraina. Cosa mi ha detto? Chiedetelo a lui, lei è un cittadino americano... Ripeto, alla leadership americana diciamo che se vuole porre fine alla guerra deve smettere di fornire in poche settimane e poi potremo trovare un accordo. Cosa c'è di più semplice? -dice Putin-. Cosa dovrei dirgli ora? 'Per favore, smetti di mandare armi?'".

I rapporti con gli Stati Uniti cambierebbero se alla Casa Bianca ci fosse un altro presidente? "Non è una questione di leader o di una persona specifica. Ho avuto un ottimo rapporto con Bush, che negli Usa era descritto come un cowboy poco brillante. Avevo un ottimo rapporto con lui a livello umano, sapeva cosa faceva. Ho avuto rapporti personali anche con Trump", dice Putin. "Non è questione di personalità del leader ma di atteggiamento dell'elite: se l'idea di dominare ad ogni costo regolerà ancora la società americana, non cambierà nulla. Ma se si fa largo che il mondo sta cambiando e gli Stati Uniti si vogliono adattare a questa situazione, le cose potrebbero cambiare".

Si può trattare con Zelensky? La risposta di Putin

Volodymyr Zelensky può essere un interlocutore e negoziare? "Perché no? Si considera un capo di stato, ha vinto le elezioni, gode del riconoscimento degli Usa e dell'Europa. Suo padre ha combattuto contro i nazisti. Una volta gli ho detto: 'Perché supporti i neonazisti in Ucraina?'. Non dirò cosa mi ha risposto... Ha la libertà di giudicare? Perché no? Ha vinto le elezioni. Poi però deve aver realizzato che è meglio non andare in contrasto con i neonazisti, perché sono aggressivi. Secondo, ha capito che gli Stati Uniti sosterranno sempre chi si schiera contro la Russia. Ha ingannato la sua gente, a cui aveva promesso di porre fine alla guerra", dice Putin.

"Abbiamo trattato con l'Ucraina in Turchia" 15 mesi fa, "hanno firmato i documenti preliminari. Poi, come hanno dichiarato pubblicamente, il premier britannico Boris Johnson è intervenuto dicendo che era meglio combattere la Russia. Il presidente dell'Ucraina ha firmato un decreto che vieta di negoziare con la Russia: cancelli il decreto e trattiamo, non abbiamo mai rifiutato di trattare. Dov'è finito il signor Johnson? Intanto la guerra continua... Noi vogliamo negoziare".

"Se l'amministrazione Zelensky rifiuta di negoziare, deduco lo faccia su indicazione di Washington: l'Ucraina è uno stato satellite degli Usa", dice Putin, convinto che la Russia non possa essere sconfitta sul campo. "Si è parlato di infliggere una sconfitta alla Russia. Per me, è impossibile, Non succederà mai. Chi comanda in Occidente sta realizzando che non è possibile sconfiggere la Russia. Ora bisogna pensare a cosa fare, noi siamo pronti al dialogo. Loro vogliono trattare, ma non sanno come farlo. Hanno portato la situazione ad un punto estremo, non siamo stati noi. Ora devono capire come invertire la marcia".

"Nessuna minaccia per Polonia e altri paesi"

Esiste la minaccia di una guerra nucleare? "E' qualcosa di cui parlano loro, nel tentativo di intimidire la propria popolazione con un'immaginaria minaccia russa. E' falso", afferma puntando ancora il dito contro l'Ucraina. Altra fake news per Putin è la prospettiva di un'ulteriore offensiva russa al di là dell'Ucraina: "Non abbiamo nessun interesse per la Polonia, la Lettonia o per altri paesi. Attaccheremmo la Polonia solo in un caso: se la Polonia attaccasse la Russia. Non bisogna essere analisti per capire che una guerra globale porterebbe l'umanità sull'orlo della distruzione".

"Ci sono mercenari di Polonia in primo luogo, poi Usa e Georgia in Ucraina. Se qualcuno volesse mandare truppe regolari, porterebbe l'umanità verso un conflitto globale. Gli Usa hanno bisogno di questo? A migliaia di chilometri dal proprio territorio? Non avete altri problemi? Non avete niente di meglio da fare? Non sarebbe meglio trovare un accordo con la Russia, sapendo che la Russia combatterà fino alla fine per i propri interessi?", si chiede Putin.

Domanda a bruciapelo: chi ha fatto saltare il gasdotto Nord Stream? Ha prove sulla Cia o la Nato? "Non scenderò nei dettagli, ma in questi casi si dice 'pensate a chi avrebbe interesse'. E pensate a chi ha le capacità di fare una cosa del genere. Pensate a chi ha interesse e capacità di scendere nel mar Baltico e provocare un'esplosione", la risposta sibillina del presidente russo.

Putin e i rapporti con la Cina

La Cina è una minaccia per la Russia? " La Cina è un nostro vicino. Non si possono scegliere i vicini, così come non si scelgono i parenti. Condividiamo un confine di migliaia di chilometri, abbiamo una storia pluricentenaria di convivenza. Terzo, la filosofia della Cina in politica estera non è aggressiva, è improntata al compromesso", dice Putin come premessa.

"La cooperazione con la Cina aumenta. Gli europei sono preoccupati? Non lo so, chiedetelo a loro. Cercano sempre di entrare nel mercato cinese", aggiunge. "Con l'amico collega Xi Jinping abbiamo fissato l'obiettivo di 200 miliardi di dollari di scambi commerciali. Siamo già arrivati a 230 miliardi. Gli scambi sono equilibrati e complementari", dice ancora Putin delineando un quadro globale in cui "i Brics crescono e non c'entra la guerra in Ucraina".

Il caso Gershkovich

Come ultima domanda, Carlson chiede a Putin un gesto distensivo: il rilascio del giornalista Evan Gershkovich, del Wall Street Journal, in carcere in Russia da circa un anno per spionaggio: "Abbiamo fatto tanti gesti di buona volontà, li abbiamo esauriti. Non siamo stati ricambiati... Possiamo risolvere la questione se vengono adottati passi in modo reciproco. Non c'è un tabù, ci sono questioni che vengono discusse attraverso i canali dei servizi. Penso si possa trovare un accordo. Ci sono tanti esempi di contatti che hanno portato risultati".

"Probabilmente ci saranno risultati anche in questo caso, ma dobbiamo arrivare ad un accordo. Anche io voglio che lui torni a casa, il dialogo continua", dice lasciando aperta la porta ad un'intesa ma ribadendo le accuse: "E' stato colto sul fatto mentre riceveva documenti classificati. Non so per chi lavorasse, ma ricevere documenti classificati in modo segreto è spionaggio. Non è solo un giornalista". Dopo un ultimo segmento in cui ribadisce che la Russia è pronta a trattare per fermare la guerra, Putin fischia la fine dell'intervista: "C'è altro?". No, sipario.

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Biennale Arte, Arabia Saudita, il canto di battaglia delle...

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Biennale Arte, Arabia Saudita, il canto di battaglia delle donne per sfidare i pregiudizi

Le voci di oltre mille donne saudite riunite dal'artista Manal AlDowayan per una serie di seminari organizzati a Khobar, Gedda e Riad e registrate per l'installazione multimediale "Shifting Sands: A Battle Song" è stata presentata al Padiglione dell'Arabia Saudita della 60/a Esposizione internazionale d'Arte della Biennale di Venezia che aprirà al pubblico da domani fino al 24 novembre.

"Un'espressione collettiva che sfida anche i pregiudizi sulle loro vite". Per Andare oltre "l'ossessione per la presenza o assenza del velo, per ciò che le donne possono o non possono fare, oltre a molteplici supposizioni sulle loro richieste e desideri mentre molto poco viene detto su come esse si identificano". Come ha sottolineato l'artista, il lavoro è ispirato "al ruolo in evoluzione delle donne nella sfera pubblica in Arbia Saudita e al viaggio che hanno intrapreso per definire lo spazio fisico in cui abitano e le narrazioni che storicamente le hanno definite".

Le loro voci sono cadenzate dal rumore della sabbia nel deserto, suono in arrivo in cuffia nel momento della registrazione che risuona nel Padiglione nazionale all'Arsenale, fra sagome imponenti di seta stampata a rappresentare rose del deserto, con incisi disegni e scritti delle partecipanti ai seminari o con testi di donne saudite estratti dai quotidiani locali e internazionali.

Attraverso i seminari, AlDowayan, "ha offerto alle donne e alle ragazze una piattaforma per far sentire la propria voce, sia individualmente che collettivamente", anche con il caratteristico "canto delle sabbie" del Rub al-Khali, il deserto in cui le dune mormorano e rombano allo spostarsi della sabbia", usato anche come metafora, con "il suono dei minuscoli granelli di sabbia che interagiscono fra loro che cresce fino a diventare un boato collettivo".

Scultura e suono quindi "raccontano una storia che trascende le culture e le geografie e rivendica una autonomia e una solidarietà fra le donne dell'Arabia Saudita che trova risonanza in tutto il mondo", sottolineano gli organizzatori della Mostra "Sussurra il deserto e si leva la voce" - questa è il titolo scelto n italiano - curata da Jessica Cerasi e Maya El Khalil, e l'assistente Shadin AlBulaihed.

L'Arabia Saudita partecipa alla Biennale Arte per la Quarta volta e per la terza volta il Padiglione nazionale espone opere di artiste donne.

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Israele-Iran, Tajani: “Obiettivo politico del G7 è...

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Il comunicato conclusivo dei ministri riuniti a Capri: "Teheran e Tel Aviv evitino ulteriore escalation, pronti ad adottare ulteriori sanzioni contro l'Iran"

Antonio Tajani - Afp

Sulla questione Israele-Iran "ho voluto subito che ci fosse un messaggio chiaro da parte del G7: l'obiettivo politico del G7 si chiama de-escalation, abbiamo lavorato, lavoriamo e continueremo a lavorare per una de-escalation in tutta l'area del Medio Oriente. Per quanto mi riguarda è da stanotte che sono in contatto con le ambasciate italiane a Teheran e Tel Aviv. Non c'è alcun problema per nostri connazionali". Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, nel corso della conferenza stampa finale del G7 Esteri a Capri.

I ministri del G7: "Iran e Israele evitino ulteriore escalation"

I ministri degli Esteri del G7 riuniti a Capri hanno invitato Iran e Israele a ''lavorare per prevenire un'ulteriore escalation'' ''alla luce delle notizie sui raid del 19 aprile''. Come si legge nel comunicato conclusivo della riunione, ''il G7 continuerà a lavorare a tal fine'' e rivolge un appello ''a tutte le parti, sia nella regione che oltre, a offrire il loro contributo positivo a questo sforzo collettivo''.

I ministri degli Esteridi Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti d'America, insieme all'Alto Rappresentante dell'Unione Europea, hanno ''chiesto che l'Iran e i gruppi alleati cessino i loro attacchi''. Nel comunicato al termine della riunione i ministri hanno sottolineato che ''il governo iraniano verrà considerato responsabile delle sue azioni destabilizzanti''. I ministri degli Esteri del G7 si sono poi detti ''pronti ad adottare ulteriori sanzioni o altre misure, ora e in risposta a diverse iniziative destabilizzanti''.

I ministri hanno quindi condannato ''con la massima fermezza l'attacco diretto e senza precedenti dell'Iran contro Israele nell'aprile scorso''. In un comunicato al termine della riunione a Capri i ministri hanno sottolineato che ''si è trattato di un'escalation pericolosa, poiché l’Iran ha lanciato centinaia di missili balistici, missili da crociera e droni''. Viene quindi espresso la condanna per ''il sequestro iraniano, in violazione del diritto internazionale, della nave mercantile battente bandiera portoghese Msc Aries vicino allo Stretto di Hormuz. Chiediamo il rilascio immediato della nave, del suo equipaggio e del carico''.

I ministri riuniti a Capri hanno quindi chiesto ''all'Iran di astenersi dal fornire sostegno ad Hamas'' così come a Hezbollah e agli Houthi, e ''dall'intraprendere ulteriori azioni che destabilizzino il Medio Oriente''. Nella nota si legge che ''la continua fornitura di armi e materiale correlato da parte dell’'ran agli Houthi e ad altri attori non statali nella regione sta aumentando pericolosamente le tensioni''.

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Esteri

Israele, attacco limitato contro l’Iran

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Teheran non precede una reazione immediata

Israele ha attaccato con danni limitati una base militare di Isfahan, nel sud dell'Iran. L'azione di Tel Aviv avvenuta nel giorno del compleanno della Guida Suprema iraniana Khamenei, come dimostrazione della piena capacità di poter rispondere alle minacce iraniane. Teheran non precede una reazione immediata.

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