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Sostenibilità

Che cosa è il green hushing e perché è un problema

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Come non comunicare il proprio impegno sostenibile rallenta il progresso Esg

Green hushing - Canva

Dopo il caso Ferragni-Balocco ci si è chiesti se sia giusto rendere pubblica la beneficenza fatta o sia meglio tenerla per sé stessi. Da una parte, c’è chi ritiene che comunicare queste attività solidali spinga altri a imitarne l’esempio, dall’altra chi sostiene che la beneficenza debba restare privata e che esplicitarla sia solo un modo per migliorare la reputazione del proprio personal brand.

Questo dibattito torna utile per parlare di green hushing, un fenomeno poco conosciuto ma molto frequente tra le aziende italiane.

Il green hushing consiste nel non comunicare o comunicare poco le proprie iniziative e i propri obiettivi in materia di sostenibilità ambientale. Si tratta di una pratica opposta al greenwashing, che consiste nel presentare come sostenibili attività o prodotti che in realtà hanno un impatto negativo sull’ambiente o nel renderle esplicite per “ripulire” la reputazione del brand, spesso sporcata da pratica di sfruttamento sociale e/o ambientale.

Perché le aziende fanno green hushing?

Le aziende possono avere diverse motivazioni per fare green hushing, ma spesso le ragioni sono:

- timore di essere criticati o accusati di greenwashing se le azioni sostenibili non sono sufficienti o coerenti con il settore di appartenenza;

- incertezza sull’efficacia e sulla misurabilità delle proprie politiche ambientali;

- scarsa consapevolezza o importanza attribuita al tema della sostenibilità, considerato come un costo e non come un investimento;

- volontà di mantenere un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti, evitando di rivelare le proprie strategie e i propri risultati.

Quali sono le conseguenze del green hushing?

Nonostante i timori delle aziende, il green hushing è una scelta che non fa bene a niente e a nessuno.

Le aziende, infatti, perdono l’opportunità di migliorare la reputazione e la fiducia dei consumatori, che nel frattempo sono sempre più attenti alla sostenibilità dei propri acquisti; mentre le buone pratiche e i benefici che la sostenibilità può portare in termini di efficienza, risparmio, qualità e differenziazione restano celati.

È innegabile che le politiche responsabili adottati da aziende più o meno grandi, spesso diventino un modello da seguire per le altre imprese del settore, contribuendo così a creare uno standard migliore per la sostenibilità, come confermano gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Onu.

Il green hushing, di fatti, appiattisce la competitività e l’innovazione tra le aziende, che non si stimolano a migliorare le proprie pratiche sostenibili e a collaborare tra loro per affrontare le sfide ambientali.

Come contrastare il green hushing?

Per contrastare il green hushing è necessario un cambiamento di mentalità e di comportamento da parte delle aziende, dei consumatori e delle istituzioni.

Le aziende devono essere sensibilizzate sull’importanza e sul valore della sostenibilità, non solo come un dovere etico e sociale, ma anche come un fattore di crescita e di competitività. Devono anche essere promosse una maggiore trasparenza sulle performance ambientali delle aziende, attraverso l’adozione di standard, indicatori e certificazioni riconosciuti e verificabili.

I consumatori devono e chiedono di essere coinvolti e informati sui criteri e sugli strumenti per riconoscere e scegliere prodotti e servizi realmente sostenibili, evitando di cadere in trappole di marketing ingannevoli. Le istituzioni devono sostenere e incentivare le aziende che si impegnano per la sostenibilità, creando un contesto normativo e fiscale favorevole. In questa direzione vanno i numerosi interventi dell’Ue, ultimo in ordine cronologico la direttiva sulla due diligence Csddd.

Il fenomeno del green hushing in Italia

Trattandosi di un comportamento omissivo, il fenomeno del green hushing non è facile da quantificare. Tuttavia, alcune fonti hanno cercato di stimare il livello di trasparenza e di impegno delle aziende italiane in materia ambientale.

Secondo il report GreenItaly 2020 della Fondazione Symbola e di Unioncamere, il 57% delle imprese italiane ha adottato almeno una misura per ridurre l’impatto ambientale della propria attività, ma solo il 18% ha comunicato le proprie azioni verdi ai propri clienti, fornitori o partner. Questo significa che il 39% delle imprese italiane ha fatto green hushing, non rendendo noti i propri sforzi per la sostenibilità.

Secondo il report Carbon Disclosure Project 2020 del Cdp, un’organizzazione internazionale che valuta le performance ambientali delle aziende, solo il 18% delle aziende italiane quotate in borsa ha risposto al questionario del Cdp, fornendo informazioni dettagliate sulle proprie emissioni di gas serra, sui rischi e sulle opportunità legati al cambiamento climatico.

Secondo il report Greenwashing e Greenhushing di LifeGate, nota organizzazione che promuove la sostenibilità, il 25% delle aziende intervistate a livello globale ha stabilito degli obiettivi di riduzione delle emissioni basati sulla scienza, ma non li ha comunicati. In Italia, il 23% delle aziende ha fatto lo stesso, mostrando un livello di green hushing nella media mondiale.

Cosa ci aspetta

Con l’arrivo del nuovo anno, qualcosa cambierà anche in materia di green hushing dato che dal 2024, l’Europa introdurrà la pubblicazione obbligatoria dei dati sull’impatto ambientale delle aziende tramite il bilancio di sostenibilità Csrd.

Il Parlamento e il Consiglio hanno inoltre raggiunto un accordo provvisorio su nuove regole per vietare le pubblicità ingannevoli e fornire ai consumatori migliori informazioni sui prodotti.

Insomma, se comunicare il proprio impegno sostenibile al solo fine di migliorare la reputazione del brand è immorale, non comunicarlo affatto è nocivo per il progresso. Sempre purché si tratti di un impegno veritiero e concreto, altrimenti la bufera Ferragni-Balocco non avrà insegnato nulla.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Sostenibilità

Il Mediterraneo è a rischio soffocamento: ecco cause e...

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L’Osservatorio Climatico Enea “Madonie – Piano Battaglia” prosegue la sua attività di monitoraggio denunciando l’aumento di metano e Co2 nel mare

Mar Mediterraneo - - Canva

L’area del Mediterraneo è sempre più a rischio per l’aumento delle emissioni di Co2 e metano. Questo è quanto è emerso dal Report dell’Osservatorio Climatico Enea “Madonie – Piano Battaglia” che dal 2005 effettua costanti misure della concentrazione dei gas nel mare.

I dati hanno evidenziato la crescente minaccia per il Mediterraneo. Lo stesso è emerso anche dall’Osservatorio Enea di Lampedusa e da differenti istituzioni internazionali. In sintesi, il Mediterraneo sta soffocando. L’Osservatorio, con il supporto di Ente Parco delle Madonie e Comune di Petralia Sottana, prosegue la sua attività di analisi e ricerca, anche grazie alla sua posizione strategica.

L’alta quota e l’assenza di contaminazioni hanno permesso di misurare che a Madonie – Piano Battaglia, in Sicilia, la concentrazione di Co2 è aumentata con un tasso di crescita di 2.16 ppm/anno dal 2005 ad oggi. Un aumento altrettanto preoccupante è quello del metano che accelera ogni anno, da oltre un decennio, la sua concentrazione nelle acque della zona.

Quali conseguenze

A confermare questo preoccupante fenomeno è anche la World Meteorological Organization che ha pubblicato i dati globali raccolti in occasione del World Meteorological Day 2024. Il 2023 è così risultato l’anno più caldo mai registrato con una temperatura media globale di circa 1,45 gradi superiore alla media del periodo che andava tra la metà dell’800 e i primi del ‘900.

A contribuire particolarmente a questo fenomeno, oltre i danni derivanti dall’attività umana, vi è El Nino, il fenomeno di surriscaldamento che negli ultimi due anni ha avvolto l’area dell’Europa Occidentale e non solo. Questi cambiamenti, però, non sono stati lenti e graduali, ma hanno visto un’accelerata nell’ultimo decennio. Sono proprio le concentrazioni di gas serra che hanno alimentato l’aumento delle temperature su terra e oceani, con conseguente innalzamento delle acque e scioglimento dei ghiacciai.

In altre parole, quello a cui stiamo assistendo è l’aumento del 50% delle concentrazioni di Co2 che hanno raggiunto 417,9 ppm nel 2022 a causa dell’uso di combustibili fossili, della deforestazione e dei cambiamenti nell’uso del suolo. Questo genera l’aumento delle temperature con eventi estremi come ondate di caldo, siccità, incendi, cicloni tropicali

Cosa fare?

In un panorama climatico destinato a peggiorare, le attività di monitoraggio e prevenzione assumono più che in altre occasioni, ruoli di rilevanza indispensabile. Proprio questo tipo di attività, infatti, consente di gestire tempestivamente catastrofi ambientali e danni a persone e oggetti materiali, come si è verificato nel Centro e Nord Italia nell’ultimo anno. I finanziamenti pubblici e privati, secondo gli scienziati internazionali, dovrebbero aumentare di almeno sette volte entro la fine del decennio per raggiungere gli obiettivi climatici imposti dai tavoli tecnici transnazionali.

Un ruolo cruciale, in tal senso, è giocato dalle energie rinnovabili che potrebbero ridurre di molto la produzione di Co2 e far sì che si possa abbandonare l’uso dei combustibili fossili.

Anche le città e aree urbane offrono significative opportunità di riduzione delle emissioni.

L’importanza della ricerca e del confronto

Per le sue specificità l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) nel 2021 ha conferito all’Osservatorio Enea delle Madonie il riconoscimento ufficiale di stazione regionale, rappresentativa per tutta l’area del Mediterraneo centrale, nell’ambito del Global Atmosphere Watch (GAW), la rete mondiale per lo studio del clima globale.

A settembre 2024, grazie a questi dati e a quelli internazionali, l’Onu si riunirà per il Summit del Futuro per accelerare il rispetto degli impegni internazionali intensificando risorse e mezzi e adottare quindi misure volte a rispondere con tempestività alle sfide e alle opportunità emergenti. Il “Patto per il futuro” è atteso per la fine dell’anno.

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Sostenibilità

Il Mediterraneo è a rischio soffocamento: ecco cause e...

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Mar Mediterraneo - - Canva

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I dati hanno evidenziato la crescente minaccia per il Mediterraneo. Lo stesso è emerso anche dall’Osservatorio Enea di Lampedusa e da differenti istituzioni internazionali. In sintesi, il Mediterraneo sta soffocando. L’Osservatorio, con il supporto di Ente Parco delle Madonie e Comune di Petralia Sottana, prosegue la sua attività di analisi e ricerca, anche grazie alla sua posizione strategica.

L’alta quota e l’assenza di contaminazioni hanno permesso di misurare che a Madonie – Piano Battaglia, in Sicilia, la concentrazione di Co2 è aumentata con un tasso di crescita di 2.16 ppm/anno dal 2005 ad oggi. Un aumento altrettanto preoccupante è quello del metano che accelera ogni anno, da oltre un decennio, la sua concentrazione nelle acque della zona.

Quali conseguenze

A confermare questo preoccupante fenomeno è anche la World Meteorological Organization che ha pubblicato i dati globali raccolti in occasione del World Meteorological Day 2024. Il 2023 è così risultato l’anno più caldo mai registrato con una temperatura media globale di circa 1,45 gradi superiore alla media del periodo che andava tra la metà dell’800 e i primi del ‘900.

A contribuire particolarmente a questo fenomeno, oltre i danni derivanti dall’attività umana, vi è El Nino, il fenomeno di surriscaldamento che negli ultimi due anni ha avvolto l’area dell’Europa Occidentale e non solo. Questi cambiamenti, però, non sono stati lenti e graduali, ma hanno visto un’accelerata nell’ultimo decennio. Sono proprio le concentrazioni di gas serra che hanno alimentato l’aumento delle temperature su terra e oceani, con conseguente innalzamento delle acque e scioglimento dei ghiacciai.

In altre parole, quello a cui stiamo assistendo è l’aumento del 50% delle concentrazioni di Co2 che hanno raggiunto 417,9 ppm nel 2022 a causa dell’uso di combustibili fossili, della deforestazione e dei cambiamenti nell’uso del suolo. Questo genera l’aumento delle temperature con eventi estremi come ondate di caldo, siccità, incendi, cicloni tropicali

Cosa fare?

In un panorama climatico destinato a peggiorare, le attività di monitoraggio e prevenzione assumono più che in altre occasioni, ruoli di rilevanza indispensabile. Proprio questo tipo di attività, infatti, consente di gestire tempestivamente catastrofi ambientali e danni a persone e oggetti materiali, come si è verificato nel Centro e Nord Italia nell’ultimo anno. I finanziamenti pubblici e privati, secondo gli scienziati internazionali, dovrebbero aumentare di almeno sette volte entro la fine del decennio per raggiungere gli obiettivi climatici imposti dai tavoli tecnici transnazionali.

Un ruolo cruciale, in tal senso, è giocato dalle energie rinnovabili che potrebbero ridurre di molto la produzione di Co2 e far sì che si possa abbandonare l’uso dei combustibili fossili.

Anche le città e aree urbane offrono significative opportunità di riduzione delle emissioni.

L’importanza della ricerca e del confronto

Per le sue specificità l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) nel 2021 ha conferito all’Osservatorio Enea delle Madonie il riconoscimento ufficiale di stazione regionale, rappresentativa per tutta l’area del Mediterraneo centrale, nell’ambito del Global Atmosphere Watch (GAW), la rete mondiale per lo studio del clima globale.

A settembre 2024, grazie a questi dati e a quelli internazionali, l’Onu si riunirà per il Summit del Futuro per accelerare il rispetto degli impegni internazionali intensificando risorse e mezzi e adottare quindi misure volte a rispondere con tempestività alle sfide e alle opportunità emergenti. Il “Patto per il futuro” è atteso per la fine dell’anno.

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I dati hanno evidenziato la crescente minaccia per il Mediterraneo. Lo stesso è emerso anche dall’Osservatorio Enea di Lampedusa e da differenti istituzioni internazionali. In sintesi, il Mediterraneo sta soffocando. L’Osservatorio, con il supporto di Ente Parco delle Madonie e Comune di Petralia Sottana, prosegue la sua attività di analisi e ricerca, anche grazie alla sua posizione strategica.

L’alta quota e l’assenza di contaminazioni hanno permesso di misurare che a Madonie – Piano Battaglia, in Sicilia, la concentrazione di Co2 è aumentata con un tasso di crescita di 2.16 ppm/anno dal 2005 ad oggi. Un aumento altrettanto preoccupante è quello del metano che accelera ogni anno, da oltre un decennio, la sua concentrazione nelle acque della zona.

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A confermare questo preoccupante fenomeno è anche la World Meteorological Organization che ha pubblicato i dati globali raccolti in occasione del World Meteorological Day 2024. Il 2023 è così risultato l’anno più caldo mai registrato con una temperatura media globale di circa 1,45 gradi superiore alla media del periodo che andava tra la metà dell’800 e i primi del ‘900.

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