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Sostenibilità

Case Green, gli italiani spenderanno dai 20.000 ai 50.000...

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Case Green, gli italiani spenderanno dai 20.000 ai 50.000 euro per efficientare l’immobile

La Direttiva verrà discussa a metà marzo, a rischio il 43% del patrimonio residenziale italiano

Signora tiene in mano casa verde - Canva

Milioni di famiglie italiane potrebbero dover spendere tra i 20.000 e i 50.000 euro per ristrutturare casa. Questo è lo scenario che si prospetta con la Direttiva Case Green che sarà discussa dal Parlamento europeo tra l’11 e il 14 marzo. Una situazione che dovrebbe riguardare ben 5 dei 12 milioni di edifici residenziali presenti sul territorio della penisola, in netto ritardo sull’efficientamento energetico degli immobili.

Cosa prevede la Direttiva Case Green

Secondo la prima proposta del Parlamento, che ha fatto scaturire diverse polemiche, le case avrebbero dovuto raggiungere almeno la classe di prestazione energetica E entro il 2030, e poi la classe D entro il 2033.

Dopo un lungo tira e molla si è deciso di stabilire degli obiettivi diversi: la nuova bozza della direttiva si limita a fissare degli obiettivi intermedi di riduzione dei consumi. Così, la Direttiva Case Green ( (Energy Performance of Buildings Directive) prevederebbe una riduzione dei consumi del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035. L’unico vincolo è che almeno il 43% delle ristrutturazioni dovrà riguardare le case meno efficienti.

Saranno poi i singoli Paesi membri a definire i piani per rendere più efficiente il proprio patrimonio edilizio residenziale.

Quali lavori per migliorare efficientamento energetico di casa

Come si è avuto modo di imparare con il (contestato) Superbonus, l’intervento più importante per migliorare l’efficientamento energetico è il rifacimento del cappotto termico. Questa tecnica, nota anche come “isolamento a cappotto” consiste nel limitare la dispersione di calore nelle abitazioni con l’ausilio di pannelli isolanti installati sulla superficie esterna delle pareti perimetrali dell’edificio.

Ma quanto costerà questo agli italiani? Secondo i calcoli che Scenari Immobiliari ha realizzato per il Sole 24 Ore, il costo delle singole ristrutturazioni potrebbe andare dai 20 ai 55 mila euro circa.

Un assist per valutare il costo del cappotto termico la si può fare proprio partendo dal tetto di spesa del Superbonus relativo a questa installazione. La spesa massima ammissibile per residenza è 50.000 euro per gli immobili unifamiliari o indipendenti all’interno di edifici plurifamiliari, 40.000 euro per gli edifici da uno a otto unità immobiliari e 30.000 euro se gli edifici hanno più di otto unità. Verosimilmente, la spesa per l’isolamento termico oscillerà tra queste cifre.

Come è cambiata la Direttiva

Rispetto al testo precedente, la Direttiva Case Green dà molta più discrezionalità agli Stati membri, anche qualora vogliano prevedere delle deroghe. L’unico vero vincolo fissato dalla bozza della direttiva è che “almeno il 55% della riduzione del consumo di energia primaria sia raggiunto attraverso il rinnovo degli edifici più energivori”. Questi edifici, secondo il testo, corrispondono al 43% degli immobili meno efficienti e quindi a circa 5 milioni su 12 milioni di case nel caso dell’Italia.

Non mancano le perplessità per il parziale dietrofront maturato in seno all’Ue. Infatti, nel primo testo della Direttiva Case Green si legge che:

– entro il 2026 i nuovi edifici di proprietà pubblica dovranno essere a emissioni zero; la scadenza per tutti gli altri edifici è al 2028;

– entro il 2028 tutti gli edifici in cui sia possibile, da un punto di vista economico e tecnologico, dovranno dotarsi di tecnologie solari. Il termine slitta al 2032 per gli edifici residenziali sottoposti a ristrutturazioni importanti;

– entro il 2030 gli edifici residenziali dovranno raggiungere la classe E, termine anticipato al 2027 per quelli pubblici.

– entro il 2033 gli edifici residenziali dovranno raggiungere la classe D, termine anticipato al 2030 per gli edifici pubblici;

– dal 2035 dovranno essere vietati i sistemi di riscaldamento a combustibili fossili. Il divieto subentra ancora prima per gli edifici che vengano costruiti ex novo o ristrutturati profondamente dopo il recepimento della Direttiva da parte del singolo Stato.

Per molti proprietari di casa, sarebbe stato molto esoso, se non insostenibile, rispettare questi criteri, dal momento che la maggior parte degli immobili italiani sono in classe energetica G e, quando va bene, F.

L’enorme impatto che queste misure avrebbero avuto su milioni di famiglie europee ha portato ad un alleggerimento degli obiettivi: consumi al -16% entro il 2030 e -20/22% entro il 2035.

Direttiva Case Green, quali sono le deroghe?

Sono esclusi da queste misure i monumenti per il loro valore storico. Inoltre, i singoli Paesi potranno esentare dalla Direttiva Case Green gli edifici dal significativo valore storico o architettonico, le chiese e i luoghi di culto. I singoli Stati potranno esonerare dai nuovi obblighi anche gli immobili di edilizia sociale, qualora gli interventi di riqualificazione portassero a un aumento dell’affitto non compensato dai risparmi in bolletta.

Sono previste deroghe anche per particolari categorie di edifici residenziali, considerando la fattibilità economica e tecnica delle ristrutturazioni e la concreta disponibilità di manodopera qualificata.

Case green, a che punto è l’Italia?

Anche se lentamente, qualcosa sta cambiando sul fronte dei consumi domestici. Lo dimostra il IV Rapporto annuale sulla certificazione energetica degli edifici realizzato da Enea e dal Comitato Termotecnico Italiano Energia e Ambiente dove si evidenza un netto miglioramento delle prestazioni energetiche sul territorio italiano. In particolare, diminuiscono gli immobili nelle classi energetiche F e G, mentre aumentano quelle nelle classi A4-B.

L’analisi ha coinvolto un campione di circa 1,3 milioni di attestati di prestazione energetica (Ape) registrati nel Siape (Sistema Informativo sugli Attestati di Prestazione Energetica) ed emessi nel 2022 in 17 regioni e 2 province autonome.

Il Rapporto Arera spiega che, nonostante costituiscano l’80% del campione analizzato, gli attestati di prestazione energetica stanno diminuendo mentre aumentano le riqualificazioni energetiche e le ristrutturazioni profonde che costituiscono rispettivamente il 5,7% e il 4,1% degli Ape emessi nel 2022.

Per quanto riguarda la classe energetica degli immobili in Italia, secondo i dati di Enea, il 35,2% degli edifici residenziali appartiene alla classe G e il 24,5% alla classe F.

Insomma: in Italia quasi 6 immobili su 10 rientrano nelle due peggiori classi energetiche. Si tratta quindi di circa 5 milioni di edifici, ognuno dei quali composto da una o più unità immobiliari, che dovranno essere riqualificati entro il 2030 e il 2033, secondo la Direttiva Case Green.

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Piantare alberi nel modo giusto, la scienza in soccorso del...

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Piantare alberi nel modo giusto, la scienza in soccorso del policy-making

Non c’è organizzazione, governo nazionale o locale che negli ultimi anni non abbia promesso di piantare degli alberi per combattere il riscaldamento globale. Gli esperti di The Nature Conservancy, ente non profit con sede ad Arlington, negli Stati Uniti, li mettono in guardia: non tutte queste iniziative contribuiscono al benessere del Pianeta. I progetti che non tengono conto dell’albedo, il potere riflettente di una superficie, rischiano di sovrastimare i loro effetti positivi del 20-80%. Lo riporta Agence France-Presse.

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Contrastare il cambiamento climatico è una priorità per gli...

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I dati del sondaggio Euronews-Ipsos

cambiamento climatico - storyblocks

Si avvicina la data delle elezioni europee, che in Italia si svolgeranno l’8 e il 9 giugno 2024, ma quali sono i temi più sentiti dagli elettori europei? Agire per contrastare il cambiamento climatico è una delle priorità per oltre la metà dei cittadini del Vecchio Continente. Per contro, meno di un terzo di essi ritiene che sinora l’UE abbia avuto un impatto positivo in difesa dell’ambiente. È quanto emerge dal primo sondaggio paneuropeo di questo genere svolto da Euronews e Ipsos su un campione di quasi 26 mila persone di 18 diversi Paesi. Dunque, se da un lato i cittadini sentono forte la necessità di dover fare qualcosa di concreto per limitare i danni degli eventi climatici sempre più disastrosi, dall’altro emergono non poche perplessità circa l’operato dell’UE in difesa dell’ambiente e delle persone.

I dati dei singoli Paesi

Contrastare il cambiamento climatico non è però sentito come una priorità allo stesso modo dai cittadini dei diversi Stati membri dell’UE. Sono soprattutto danesi (69% degli interpellati) portoghesi (67%) e svedesi (62%) a considerarlo come un tema centrale di cui dovrebbe occuparsi maggiormente il Governo centrale europeo. Al contrario, polacchi, cechi e finlandesi ritengono la questione non prioritaria: nel complesso solo il 34% del totale degli elettori di questi tre Paesi pensano sia un tema fondamentale. In particolare, in Polonia il 35% degli intervistati ritiene che la lotta al cambiamento climatico sia una questione secondaria. A livello di genere e fascia d’età, le donne europee sono più propense a pensare che le questioni inerenti al cambiamento climatico siano prioritarie, il 55% contro il 45% degli uomini. Il sondaggio sottolinea che, invece, l’età non rappresenta un elemento fondamentale nelle scelte dei cittadini europei, infatti, circa la metà di tutte le fasce ritiene la questione del clima prioritaria, circa un terzo la considera “solo” importante.

L’azione dell’UE in difesa dell’ambiente

Se da un lato le nuove direttive europee introdotte negli ultimi anni hanno portato notevoli cambiamenti anche mediante l’applicazione di misure drastiche per cercare di ridurre le emissioni del 55% entro il 2030, dall’altro la percezione dei cittadini sull’impatto di tali norme non è molto positiva. Solo il 32% degli elettori europei ritiene che l’UE abbia avuto effetti favorevoli sulla protezione dell’ambiente. Tra i cittadini che hanno un parere positivo circa l’operato del Governo europeo su tali temi vi sono al primo posto i rumeni (48%), seguiti dai portoghesi (47%) e dai finlandesi (45%). All’opposto, tra i più critici ci sono i francesi: il 39% di loro ritiene che Bruxelles abbia addirittura avuto un impatto negativo sul contrasto al cambiamento climatico. Molto critici anche gli olandesi, solo uno su quattro ha una visione positiva dell’azione ambientale dell’Unione. Proprio in Francia e Paesi Bassi, infatti, si sono di recente tenute grandi manifestazioni di protesta, specie degli agricoltori, contro il Green Deal che sarebbe la causa dell’aumento dei prezzi dei prodotti comunitari a discapito di quelli extra UE.

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Il Mediterraneo è a rischio soffocamento: ecco cause e...

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L’Osservatorio Climatico Enea “Madonie – Piano Battaglia” prosegue la sua attività di monitoraggio denunciando l’aumento di metano e Co2 nel mare

Mar Mediterraneo - - Canva

L’area del Mediterraneo è sempre più a rischio per l’aumento delle emissioni di Co2 e metano. Questo è quanto è emerso dal Report dell’Osservatorio Climatico Enea “Madonie – Piano Battaglia” che dal 2005 effettua costanti misure della concentrazione dei gas nel mare.

I dati hanno evidenziato la crescente minaccia per il Mediterraneo. Lo stesso è emerso anche dall’Osservatorio Enea di Lampedusa e da differenti istituzioni internazionali. In sintesi, il Mediterraneo sta soffocando. L’Osservatorio, con il supporto di Ente Parco delle Madonie e Comune di Petralia Sottana, prosegue la sua attività di analisi e ricerca, anche grazie alla sua posizione strategica.

L’alta quota e l’assenza di contaminazioni hanno permesso di misurare che a Madonie – Piano Battaglia, in Sicilia, la concentrazione di Co2 è aumentata con un tasso di crescita di 2.16 ppm/anno dal 2005 ad oggi. Un aumento altrettanto preoccupante è quello del metano che accelera ogni anno, da oltre un decennio, la sua concentrazione nelle acque della zona.

Quali conseguenze

A confermare questo preoccupante fenomeno è anche la World Meteorological Organization che ha pubblicato i dati globali raccolti in occasione del World Meteorological Day 2024. Il 2023 è così risultato l’anno più caldo mai registrato con una temperatura media globale di circa 1,45 gradi superiore alla media del periodo che andava tra la metà dell’800 e i primi del ‘900.

A contribuire particolarmente a questo fenomeno, oltre i danni derivanti dall’attività umana, vi è El Nino, il fenomeno di surriscaldamento che negli ultimi due anni ha avvolto l’area dell’Europa Occidentale e non solo. Questi cambiamenti, però, non sono stati lenti e graduali, ma hanno visto un’accelerata nell’ultimo decennio. Sono proprio le concentrazioni di gas serra che hanno alimentato l’aumento delle temperature su terra e oceani, con conseguente innalzamento delle acque e scioglimento dei ghiacciai.

In altre parole, quello a cui stiamo assistendo è l’aumento del 50% delle concentrazioni di Co2 che hanno raggiunto 417,9 ppm nel 2022 a causa dell’uso di combustibili fossili, della deforestazione e dei cambiamenti nell’uso del suolo. Questo genera l’aumento delle temperature con eventi estremi come ondate di caldo, siccità, incendi, cicloni tropicali

Cosa fare?

In un panorama climatico destinato a peggiorare, le attività di monitoraggio e prevenzione assumono più che in altre occasioni, ruoli di rilevanza indispensabile. Proprio questo tipo di attività, infatti, consente di gestire tempestivamente catastrofi ambientali e danni a persone e oggetti materiali, come si è verificato nel Centro e Nord Italia nell’ultimo anno. I finanziamenti pubblici e privati, secondo gli scienziati internazionali, dovrebbero aumentare di almeno sette volte entro la fine del decennio per raggiungere gli obiettivi climatici imposti dai tavoli tecnici transnazionali.

Un ruolo cruciale, in tal senso, è giocato dalle energie rinnovabili che potrebbero ridurre di molto la produzione di Co2 e far sì che si possa abbandonare l’uso dei combustibili fossili.

Anche le città e aree urbane offrono significative opportunità di riduzione delle emissioni.

L’importanza della ricerca e del confronto

Per le sue specificità l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) nel 2021 ha conferito all’Osservatorio Enea delle Madonie il riconoscimento ufficiale di stazione regionale, rappresentativa per tutta l’area del Mediterraneo centrale, nell’ambito del Global Atmosphere Watch (GAW), la rete mondiale per lo studio del clima globale.

A settembre 2024, grazie a questi dati e a quelli internazionali, l’Onu si riunirà per il Summit del Futuro per accelerare il rispetto degli impegni internazionali intensificando risorse e mezzi e adottare quindi misure volte a rispondere con tempestività alle sfide e alle opportunità emergenti. Il “Patto per il futuro” è atteso per la fine dell’anno.

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