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Israele, portavoce governo: “Maggior parte del mondo...
Israele, portavoce governo: “Maggior parte del mondo ci sostiene, avanti fino a distruzione Hamas”
Eylon Levy all'Adnkronos: "Non c'è rischio di isolamento, l'appoggio Usa è incrollabile"
Israele non rischia l'isolamento a livello internazionale come sostenuto dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden ma anzi (come affermato dal capo della Casa Bianca nella stessa dichiarazione) "ha il sostegno della maggior parte del mondo perché tutte le nazioni libere hanno compreso che dopo le barbare atrocità perpetrate il 7 ottobre, questa guerra deve concludersi con la fine di Hamas". Così in un'intervista all'Adnkronos il portavoce del governo israeliano, Eylon Levy.
"L'Amministrazione Biden - afferma Levy - ha mostrato un sostegno incrollabile. Si tratta di un sostegno diplomatico, militare, morale e materiale che rende chiaro che questa guerra deve finire con una vittoria totale di Israele sul regime terroristico che ha perpetrato il più sanguinoso massacro di ebrei dai tempi dell'Olocausto".
"Hamas fabbrica la crisi umanitaria"
"Ora Hamas sta facendo del suo meglio per cercare di esercitare pressioni diplomatiche su Israele affinché smetta di difendersi". Inoltre sta cercando di "massimizzare le vittime civili all'interno di Gaza e di fabbricare una crisi umanitaria per cercare di suscitare la simpatia internazionale", afferma Levy sottolineando che "se questa guerra finisse con Hamas ancora in piedi, sarebbe una vittoria per le organizzazioni terroristiche che hanno perpetrato l'attacco terroristico più mortale dall'11 settembre".
Fine guerra col raggiungimento di 3 obiettivi
Per questo, insiste Levy, "questa guerra continuerà finché non raggiungeremo tutti e tre gli obiettivi: la distruzione di Hamas, la restituzione di tutti gli ostaggi e il ritorno della sicurezza per il popolo di Israele affinché la Striscia di Gaza non possa mai più costituire una minaccia". Solo quando "sarà di nuovo sicuro dormire nei loro letti per i bambini di Kfar Aza, Beeri e Nahal Oz (tre dei kibbutz al confine con Gaza devastati da Hamas il 7 ottobre, ndr). E perché ciò accada - sottolinea ancora il portavoce israeliano - il regime terroristico di Hamas non può più essere il loro vicino".
"Acqua in tunnel? Nulla che danneggi ostaggi"
Quanto alla notizia, pubblicata dal Wall Street Journal secondo cui Israele starebbe pompando acqua di mare nei tunnel di Hamas a Gaza, Levy ricorda che l'esercito israeliano "non ha confermato" ma, sottolinea, "abbiamo a che fare con la sfida unica di un'intera città sotterranea che Hamas ha costruito sotto Gaza per cercare di usare i civili palestinesi come scudi umani. E per affrontare questa minaccia e distruggere quella rete di tunnel, dobbiamo escogitare nuovi modi creativi e innovativi. Non posso entrare nei dettagli su come lo stiamo facendo, ma ovviamente non faremo nulla per danneggiare gli ostaggi perché l'obiettivo centrale di questa guerra è riportarli a casa sani e salvi".
da Houthi minaccia seria, la affronteremo'
Levy parla anche degli Houti dopo che negli ultimi giorni la tensione nel Mar Rosso è salita a livelli di guardia a causa degli attacchi con missili e droni sferrati contro le navi dal gruppo filo-iraniano che controlla alcune parti dello Yemen. "Gli Houthi sostenuti dall'Iran rappresentano una minaccia chiara e attuale alla pace e alla sicurezza internazionale e al commercio globale. Come ha affermato ieri il nostro presidente Herzog, gli attacchi degli Houthi nel Mar Rosso rappresentano una linea rossa. Si tratta di una minaccia seria e tale minaccia verrà affrontata", afferma. Secondo Levy, questi attacchi nel Mar Rosso sono "un campanello d'allarme per il mondo intero".
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Ucraina, Crosetto: “Italia ha fornito tutto quello...
"Noi veniamo da 40 anni con l'idea che la difesa fosse qualcosa di cui non avevamo bisogno"
"Noi domani avremo una incontro, una call, a cui presumo ci sarà lo stesso Zelensky, per fare il punto" sugli aiuti all'Ucraina. "Mi pare che l'Europa e l'Italia in particolare abbiano fornito in questo periodo tutto quello che riuscivano a dare". Lo ha detto il ministro della Difesa Guido Crosetto, intervenendo all'incontro promosso da PwC Italia in collaborazione con il gruppo editoriale Gedi, dal titolo 'Il ruolo della ricerca militare nello sviluppo economico italiano'.
"Il problema - ha spiegato - è che noi veniamo da 40 anni con l'idea che la difesa fosse qualcosa di cui non avevamo bisogno, che le scorte e gli investimenti per la difesa non servissero, per cui non abbiamo magazzini pieni con cui possiamo aiutare. Quello che potevamo dare fino ad adesso l'Italia lo ha dato quasi integralmente. La parte che non ha ancora dato la darà prossimamente", ha detto il ministro.
"Sono talmente arrabbiato che dico una cosa pubblicamente: l'Italia ha ordinato alcuni sistemi di difesa aerea Samp-T due anni fa, l'industria che ha la commessa mi dice che li consegnerà tra tre anni. Un ordine di Samp-T per la difesa italiana fatto due anni fa, l'industria mi dice che lo consegna tra tre anni", ha proseguito.
"Voi pensate che uno possa fare il ministro della difesa o difendere un Paese con questi tempi? Non riesco a capire come sia possibile metterci tre anni per costruire una qualunque cosa, anche la più complessa che esiste al mondo", ha osservato Crosetto, spiegando che il problema è che "noi abbiamo un'industria che si era tarata su una capacità produttiva in cui lo Stato fa l'appalto, dà i soldi, quando li dà si inizia a costruire e poi quando si riesce, si consegna. Invece viviamo tempi in cui avremmo bisogno delle cose subito". Il problema - ha riferito il ministro - "non è solo italiano, ma europeo. Lo ha anche il ministro francese, con cui stiamo facendo una battaglia a due".
A differenza di quanto accade in Europa, "in Russia, in Cina e in Iran alzano il telefono e l'azienda che prima faceva frigoriferi" viene convertita per la produzione della difesa. "Noi invece ci confrontiamo con regole costruite in tempi di pace e in tempi normali in tempi che non sono di pace e non sono normali".
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India al voto, Armellini: “Grande democrazia? Con...
L'ex ambasciatore a Nuova Delhi: "Il Paese è cresciuto, ma stretta autoritaria sempre più opprimente"
L'India resta un grande Paese, ma non è detto che resterà una grande democrazia. Alla vigilia della prima tornata elettorale nel gigante asiatico - dove da domani al primo giugno poco meno di un miliardo di elettori andrà a votare in 28 Stati federali e otto territori - l'ex ambasciatore italiano a Nuova Delhi, Antonio Armellini, parla con l'Adnkronos dell'India di Narendra Modi, che si avvia al suo terzo mandato, dopo dieci anni già al governo.
Con il leader del Bjp "l'India è molto cambiata, è cresciuta economicamente, è migliorata al suo interno, il programma di investimenti sulle infrastrutture ha portato risultati ed il sistema finanziario è stato ammodernato", riconosce Armellini. Che tra i 'meriti' cita "la presa sull'elettorato, che si è ampliato e non è più solo quello tradizionale del Bjp", il partito dei commercianti e degli imprenditori.
Parallelamente, osserva l'ex ambasciatore, "la stretta autoritaria del governo Modi è diventata sempre più opprimente, figlia di un controllo e di un meccanismo del consenso molto sofisticati", mentre l'opposizione divisa e frammentata "è in difficoltà nel trasmettere un qualche tipo di messaggio che possa essere recepito dagli elettori".
L'India cresce "ma crescono anche le diseguaglianze", sottolinea ancora Armellini, mentre si avvia a diventare "una democrazia autoritaria sempre più lontana dal modello che ne aveva fatto un unicum nel continente asiatico, una grande democrazia liberale, figlia del pensiero politico del 19mo secolo, che aveva avuto anche Giuseppe Mazzini tra gli ispiratori della lotta per l'indipendenza". "L'India laica, tollerante, multietnica, rispettosa dello stato di diritto non è l'India di Modi, fortemente identitaria - ragiona l'ex ambasciatore - L'India è un grande Paese, ma che resti una grande democrazia è un punto interrogativo".
Quanto alla politica estera di Nuova Delhi, che "ha una percezione di sé come grande potenza sullo stesso piano di Stati Uniti e Cina, il punto da cui partire è che l'India non ha alleanze, ma relazioni, è partner di molti, ma nel proprio interesse". Che è quello di "grande potenza autonomia con due punti di riferimento imprescindibili: il contrasto con la Cina e il conflitto con il Pakistan", spiega Armellini. E chi, "come a tratti cercano di fare gli Stati Uniti, pensa di poterla legare in una vera e propria alleanza, rischia di restare fortemente deluso".
Infine l'ex ambasciatore si dice convinto che Nuova Delhi abbia "una maggiore capacità di attrazione per diventare il punto di riferimento del Sud globale", in particolare rispetto a Pechino, che agli altri Paesi "richiede di schierarsi", laddove l'India ha un approccio meno identitario.
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G7, Tajani: “Tutti insieme dobbiamo dare messaggio di...
Le parole del ministro degli Esteri al summit di Capri
"Tutti insieme credo che dobbiamo dare un messaggio di pace". Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, nel corso del G7 Esteri a Capri.